Figli di anonimo, cercano disperatamente…

donatore

Dedicato a Enrico Rossi, governatore Toscana, Luca Zaia, governatore Veneto…

di Lorenzo Schoepflin, Avvenire

«C11». Questo il ‘nome’ con cui Lauren Burns ha chiamato suo padre per anni. Oltre al codice identificativo con cui era stato catalogato il donatore che aveva fornito il seme, Lauren conosceva poco altro: occhi celesti, capelli marroni. Quattro anni ha dovuto lottare la Burns per scoprire nome e cognome del proprio padre biologico. Leggi tutto “Figli di anonimo, cercano disperatamente…”

Custode della vita

Il cardinale Sgreccia racconta come nacque la gran battaglia di Wojtyla sull’Evangelium Vitae. Dall’aborto ai brevetti sul Dna.

Francesco D’Agostino ha scritto che le parole più appropriate per descrivere la figura e l’opera di Elio Sgreccia sono state pronunciate da un laico, Giovanni Fornero, quando ha definito il cardinale “il maggior bioeticista cattolico” presentandolo, in sede storiografica, come lo studioso che incarna nel modo più fedele, coerente e sistematico le posizioni ufficiali della chiesa odierna in materia di bioetica. E’ difficile non essere d’accordo con questo giudizio circa la statura e l’autorevolezza di Sgreccia, considerando anche le innumerevoli traduzioni che del suo “Manuale di bioetica” sono state fatte in tutto il mondo: fresca di stampa quella statunitense, in preparazione quella giapponese, solo da affinare quella coreana. Oggi Sgreccia dirige, assieme al professor Antonio Tarantino, la “Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica” (Edizioni Scientifiche Italiane), della quale è atteso il sesto volume. Leggi tutto “Custode della vita”

Storia di Feng, vittima dell’aborto forzato

Si chiama Feng Jianmei, il suo caso risale al giugno scorso, ma è tornato d’attualità perché la ragazza cinese pochi giorni fa ha deciso di parlare.
Feng è una delle tante vittime della politica del figlio unico in Cina: fu costretta ad abortire al settimo mese di gravidanza, dopo essere stata prelevata dalla propria abitazione e picchiata.

Le foto orribili che circolano su internet la ritraggono riversa su quello che pare un letto d’ospedale, con accanto il figlio morto frutto dell’interruzione di gravidanza forzata. Leggi tutto “Storia di Feng, vittima dell’aborto forzato”

Il pellegrinaggio a Medugorje lascia il segno

Ne avevo sentite di tutte su Medugorje. Dal libro di Antonio Socci, alle trasmissioni Tv di Paolo Brosio, passando per lo scetticismo, per usare un eufemismo, di alcuni secondo i quali questi impostori bosniaci sono solo dei traditori dello spirito di Fatima al servizio – Consapevole? Inconsapevole? – di Satana. Ma è come quando siamo di fronte ad una tavola imbandita. Chiunque può raccontarti quanto siano buoni quei manicaretti o quanto male si mangi in quel ristorante: finché non assaggi, è difficile capire.
Personalmente sono ripartito da Medugorje con la pancia bella piena, dopo essermi messo a tavola, lo ammetto, con più di qualche dubbio. La mia via alla Fede, impervia, da ripercorrere ogni giorno, piena di ostacoli e inciampi, si è sempre nutrita di ingredienti razionali. Medugorje è stato un piatto di un sapore quasi ignoto, per me che ero stato a Lourdes quando ero un ragazzino; quel sapore di Soprannaturale che in una vita frenetica troppo spesso si è portati a trascurare. Un gusto fondato su alcuni ingredienti, se vogliamo anche semplici, che non possono che destare stupore. Leggi tutto “Il pellegrinaggio a Medugorje lascia il segno”

«Salvare la Terra». Con l’aborto?

Dalla Royal Society un nuovo report in cui con la scusa della salute del pianeta si invita a un maggior controllo demografico e un accesso più facile alle pratiche contraccettive.

Si intitola  «People and  the planet» il  report con cui  la Royal Society  ha inteso contribuire al dibattito su sviluppo, popolazione, sostenibilità, consumi e ‘salute’ del pianeta Terra. Parole d’ordine che spesso celano richiami più o meno pressanti al controllo demografico nelle sue declinazioni più controverse: contraccezione ed aborto. Lo stesso documento della Royal Society, elaborato da un pool di 23 scienziati guidati dal Premio Nobel per la medicina del 2002, John Sulston, non fa eccezione, se è vero che continui sono gli auspici per una maggior diffusione ed un più facile accesso a pratiche contraccettive ed abortive. Leggi tutto “«Salvare la Terra». Con l’aborto?”

Morti di compassione

Quello dell’«omicidio misericordioso» – mercy killing in inglese – è un argomento molto usato dai sostenitori della legalizzazione di eutanasia e suicidio assistito. La strategia mediatica è chiara: presentare al grande pubblico casi pietosi, in cui la soppressione di un disabile o diun malato viene indicata come gesto di compassione, per porre più o meno esplicitamente una domanda: vogliamo davvero che questa persona continui a soffrire essendo illegale porre fine alla sua esistenza?

E’quanto accaduto nel programma tv «Dr.Phil Show», in onda negli Stati Uniti. Il 13 aprile è stata raccontata la storia della madre di due figli affetti dalla sindrome di Sanfilippo, rara malattia genetica che causa grave disabilità. «Pietà o omicidio?» ci si è chiesti, con la madre che reclamava il diritto di morire per i propri figli i quali a suo dire, «se fossero capaci di prendere una decisione sulla propria vita opterebbero per il suicidio». Leggi tutto “Morti di compassione”

“Di accogliere la vita non ci pentiremo mai”

La prima volta che  aiutò una mamma  a partorire fu nel  Natale del 1955,  quando, non  ancora maggiorenne, iniziava la scuola da ostetrica. Da allora Flora Gualdani ha perso il conto delle madri assistite: negli ospedali e a domicilio, nelle campagne e in mezzo alle guerre peril mondo. Conosce i travagli delle donne – non soltanto quelli del parto – e considera l’ambulatorio ostetrico «un confessionale speciale», postazione privilegiata per comprendere i bisogni della persona. Nel 1964, dentro la grotta di Betlemme, la luce di un’intuizione profonda che la spinse ad avviare la sua iniziativa in favore della vita nascente.
Leggi tutto ““Di accogliere la vita non ci pentiremo mai””

E la scienza scopre il valore dell’astinenza

“La Santa Sede […] in nessun modo promuove l’uso di tecniche contraccettive come misure di pianificazione familiare o per programmi di prevenzione dell’Aids”. Queste parole, pronunciate da Philip J. Bené il 22 novembre scorso di fronte alla terza commissione dell’Assemblea generale dell’Onu, sono l’ennesima conferma che in tema di lotta all’Aids la Chiesa cattolica continua a promuovere quell”umanizzazione della sessualità a cui Benedetto XVI ha più volte fatto riferimento. Bené fa parte dello staff vaticano presso le Nazioni unite – come è noto la Santa Sede all’Onu ricopre il ruolo di osservatore permanente – istituzione presso laquale indubbiamente prevale l’approccio che vede nell’uso del preservativo la strada maestra nella lotta all’Aids.

Le affermazioni di Bené sono ancor più dense di significato se si considera che sono arrivate a ridosso del viaggio in Benin del Santo Padre, in occasione del quale è stata resa pubblica l’esortazione apostolica Africae Munus che affronta negli stessi termini le questioni legate all’Aids. L’approccio proposto dalla Chiesa cattolica, che richiama al primato dell’educazione sulla tecnica, trova ormai pieno diritto di cittadinanza all’interno della comunità scientifica, in seno alla quale ai dubbi sui programmi finanziati dall’occidente si associano i successi registrati da campagne che puntano a veicolare messaggi sull’efficacia di comportamenti sessuali quali astinenza e fedeltà. Quest’anno, prima una pubblicazione su Plos Medicine che mostrava un calo del contagio in Zimbabwe legato ad un cambiamento delle abitudini sessuali, poi un articolo suLancet che associava all’uso di un contraccettivo ormonale femminile una maggiore probabilità di contrarre il virus dell’Hiv, hanno suonato come campanelli d’allarme per i programmi di prevenzione dell’Aids e controllo demografico elaborati a livello internazionale. Risale poi al 25 novembre scorso l’annuncio da parte del-l’Istituto nazionale di sanità statunitense dello stop deciso per un trial clinico che prevedeva l’uso di un gel vaginale per evitare il contagio da Hiv. Il gel, denominato Voice, non ha dato i risultati sperati: è stataregistrata infatti la stessa incidenza del virus tra le donne che lo usavano e quelle a cui veniva somministrato un placebo. Negli Stati Uniti, il dibattito suimodi migliori per fermare l’epidemia di Aids è sempre di stretta attualità: è del luglio scorso una lettera con cui 40 membri della Camera chiedevano che la metà dei fondi destinati all’educazione sessuale fosse dedicata a progetti basati sul concetto di ‘risk avoidance’ e dunque sull’educazione all’astinenza. A settembre, una legge che prevede la riallocazione di fondi per promuovere l’astinenza ha iniziato l’iter al Congresso degli Usa. Durante la presidenza Obama, infatti, sono stati tagliati gran parte dei fondi che con Bush erano stati stanziati per promuovere la sensibilizzazione su comportamenti sessuali responsabili. Le perplessità di chispinge sull’uso del condom sono dettate dall’effettiva capacità, soprattutto per gli adolescenti, di recepire i messaggi riguardanti il rinvio dell’inizio della propria attività sessuale. Nel febbraio 2010, uno studio condotto da ricercatori dell’Università della Pennsylvania e pubblicato su Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine, evidenziava come da interventi educativi basati solo sull’astinenza si ottenesse che gli adolescenti ritardassero il debutto sessuale. Lo studio mostrava come, nei primi due anni dopo l’educazione ricevuta, la percentuale di giovani al primo rapporto scendesse di 15 punti rispetto alla media di coloro ai quali non veniva comunicato il valore dell’astinenza. Che messaggi di questo tipo abbiano la possibilità di essere recepiti e non siano solo teorie fallaci alla prova dei fatti lo conferma Alberto Piatti, segretario generale di Avsi: “La nostra fondazione da molti anni è impegnata in Africa per la cura e la prevenzione dell’Aids e sicuramente il linguaggio che parla al cuore dell’uomo, in quanto universale, rende possibile rivolgersi al popolo africano “. Avsi ha condotto un progetto decennale di prevenzione materno-fetale che ha coinvolto circa duecentomila mamme e fatto nascere 4713 bambini non contagiati dal virus, sul quale è stata realizzata una mostra che proprio oggi verrà presentata in Campidoglio a Roma.

Da Avvenire, 1 dicembre 2011

Africae Munus: chi ha davvero a cuore il popolo africano?

Il Papa, durante il recente viaggio in Benin, ha mostrato chi davvero ama il popolo africano. Mentre l’Occidente è preoccupato perché “gli africani sono troppi”, la Chiesa mostra vicinanza e amicizia all’Africa. E parla al cuore degli uomini: riscoprire l’amore umano e vivere la sessualità in modo responsabile. E l’Oms suona sempre lo stesso ritornello: condom-condom-condom. Un articolo da Avvenire del 24-11-2011:
Il recente viaggio in Benin compiuto da Benedetto XVI è stata l’occasione per soffermarsi ancora una volta sulla questione della diffusione dell’Aids, una piaga che affligge buona parte del continente africano. Già durante la visita in Camerun ed Angola, nel 2009, il Santo Padre aveva affrontato l’argomento, pronunciando parole che sollevarono numerose proteste: il Pontefice affermò che la lotta alla diffusione dell’Aids non poteva essere condotta con la distribuzione di preservativi, che “al contrario, aumentano il problema”. Ma il Papa, oggi come allora, va oltre e propone un netto cambio di prospettiva in chiave educativa. Due anni fa Benedetto XVI indicò nell'”umanizzazione della sessualità” e nella “vera amicizia” con i malati gli ingredienti per un approccio efficace per la prevenzione dell’Aids. Adesso, nell’esortazione apostolica Africae Munus consegnata ai vescovi africani proprio in Benin, si dice espressamente che “la prevenzione dell’AIDS deve poggiarsi su un’educazione sessuale fondata essa stessa su un’antropologia ancorata al diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e dall’insegnamento della Chiesa”. Un filo conduttore chiarissimo, che fa perno sull’impegno concreto per i sofferenti: “Ogni malato, ogni povero merita il nostro rispetto e il nostro amore” ha detto il Papa durante l’omelia pronunciata a Cotonou, la principale città del Benin. Una vicinanza spirituale, e non solo, ribadita anche nella stessa Africae Munus, dove si ricorda che la Chiesa, da tempo, sostiene ” la causa di un trattamento medico di alta qualità e a minore costo per tutte le persone coinvolte”.
Davvero questo modo di affrontare il problema da parte della Chiesa cattolica è poco realistico e scarsamente efficace?
“Sono almeno due le pubblicazioni scientifiche di rilievo che nel 2011 confermano la necessità del cambiamento di approccio proposto da Benedetto XVI”, ci ricorda Matt Hanley, autore del libro “Affirming Love, Avoiding AIDS; What Africa Can Teach the West” (Affermare l’amore, evitare l’Aids: cosa l’Africa può insegnare all’Occidente) ed esperto in materia. La prima risale a febbraio ed è apparsa sulla rivista Plos Medicine: “In questo studio si mostrava come tra il 1997 e il 2007 la diffusione dell’Aids si fosse praticamente dimezzata in Zimbabwe grazie ad un cambiamento nei comportamenti sessuali nella direzione della fedeltà e dell’astinenza”. Hanley si sofferma poi sulla pubblicazione dell’ottobre scorso su Lancet, che evidenziava una probabilità doppia di contagio per le donne che usano il Depo-Provera, il contraccettivo ormonale da iniettare periodicamente più diffuso in Africa: “Non si può fare a meno di notare che i programmi di pianificazione familiare promossi da finanziatori occidentali rischiano dunque di peggiorare la situazione”.
Nonostante questo, da sempre, l’Organizzazione mondiale della sanità punta tutto su programmi di riduzione del rischio basati sull’uso del preservativo: “L’Oms ha in calendario un meeting per gennaio dove si discuterà della strategia di prevenzione da implementare fino al 2015. C’è da chiedersi come reagirà alle evidenze scientifiche che la contraccezione aumenta il rischio di contrarre l’Aids”. Nella bozza di documento programmatico, la parola condom appare dieci volte, mentre non si parla mai esplicitamente di fedeltà e astinenza, ma solo genericamente di informazione sui comportamenti sessuali a rischio: “Gli organismi internazionali”, ribadisce Hanley, “in tutti i loro programmi non sposano mai l’impostazione proposta dalla Chiesa cattolica”.
Un’impostazione che Hanley definisce ragionevole: “In molte culture tradizionali africane, la verginità, la fedeltà, la famiglia, sono valori tenuti in grande considerazione. Il fatto che tali valori aiutino a vivere una vita pienamente umana fa dunque parte di quel bagaglio culturale e razionale riconoscibile da tutti”. Hanley, che ha viaggiato molto in Africa, racconta di realtà oggi attive e di successo, come quella da lui recentemente visitata in Sud Africa, nei pressi di Johannesburg, guidata dai Salesiani: “I giovani africani cercano un’alternativa e respingono l’idea che programmi basati sull’educazione e su un approccio umano e non tecnico siano inapplicabili”. La Chiesa non si risparmia anche da un punto di vista concreto, producendo ogni sforzo per rendere disponibili le cure necessarie, ma, conclude Hanley, ricordiamoci che gli africani, assieme a questo, “vogliono sentirsi raccontare la verità”.
PS: qui il testo dell’Esortazione apostolica http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/apost_exhortations/documents/hf_ben-xvi_exh_20111119_africae-munus_it.html

Aids e contraccezione in Africa

Un recente studio sulla contraccezione ormonale mostra come la diffusione dell’Aids sia favorita dall’uso di un contraccettivo ormonale per le donne . Il Papa parlò chiaramente in merito all’uso del preservativo in Africa per la riduzione della diffusione dell’Aids. Siamo in presenza di due cose diverse: contraccezione ormonale da una parte, meccanica dall’altra. Ma la logica che soggiace all’uso dei due metodi è la stessa: parlare ai genitali dell’uomo e non al suo cuore e al suo cervello. E i danni sono ovvi e inevitabili. Da Avvenire del 5 ottobre 2011:
Il contraccettivo ormonale più diffuso in Africa – una sostanza da iniettare ogni tre mesi – favorirebbe la diffusione dell’Aids, aumentando le probabilità di contagio. ? quanto emerge da uno studio pubblicato online sulla sezione dedicata alle malattie infettive della prestigiosa rivista scientifica Lancet. La pubblicazione, a firma dei ricercatori dell’Università di Washington Charles S. Morrison e Kavita Nanda, si intitola “Contraccezione ormonale e Hiv: una domanda senza risposta” e pone al centro dell’attenzione l’uso del contraccettivo noto con la sigla Dmpa o con il nome commerciale “Depo-Provera”. Nello studio si citano risultati ottenuti da precedenti lavori, in cui si evidenzia che, facendo uso di Dmpa, donne sane hanno una probabilità doppia di contrarre il virus dell’Hiv e che, analogamente, donne già malate aumentano la loro potenzialità infettiva nei confronti del partner. Lo studio pone il problema della apparente inconciliabilità tra controllo delle nascite e prevenzione dell’Aids. Se infatti, a detta degli autori, la contraccezione mette al riparo da gravidanze indesiderate e quindi da alti tassi di mortalità materna, non si può negare che il rischio di contrarre il virus dell’Hiv aumenta in modo considerevole. ? solo l’ennesimo, autorevole dubbio sollevato sulla reale efficacia della diffusione dei contraccettivi come strumenti per migliorare la salute della popolazione nel continente africano. A febbraio uno studio relativo alla prevenzione dell’Aids in Zimbabwe, pubblicato sulla rivista Plos Medicine, aveva fornito risultati che confermavano le parole pronunciate da Benedetto XVI durante il viaggio in Camerun e Angola nel 2009: il
preservativo non è la soluzione ai mali d’Africa. Il solo approccio vincente è invece un’educazione che promuova la sessualità responsabile e la fedeltà di coppia. “Prima di smettere di promuovere la contraccezione ormonale iniettabile dobbiamo offrire qualcos’altro”, ha affermato l’epidemiologo Ludo Lavreys sul New York Times: e se quel “qualcos’altro” fosse proprio un’educazione alla responsabilità che prevalga sugli aspetti esclusivamente tecnici?