Sei lezioni dalla morte in Belgio

di Michael Cook

Ti guardano con un lieve distacco, non aggressivo, non amichevole, non felice, non triste. Solo distaccato. Due belgi di mezza età con la testa rasata, la barba incolta e occhiali ovali bordati di scuro. L’orecchio sinistro dell’uomo sulla destra sporge di un angolo più acuto. Ma per il resto le due facce sono una stessa faccia. Erano i volti dei due gemelli identici quarantacinquenni, Marc e Eddy Verbessem.

Due settimane prima di Natale un medico li ha eutanasizzati all’Ospedale dell’Università di Bruxelles. È stata una procedura perfettamente legale. Tutti i riquadri erano stati compilati e tutti i documenti firmati. I due uomini erano sordi e stavano lentamente diventando ciechi. Non avevano nulla per cui vivere. Dicevano. Leggi tutto “Sei lezioni dalla morte in Belgio”

Dal Cile uno studio che distrugge un diffuso luogo comune sull’aborto

Alcune settimane fa è stato pubblicato uno studio rivoluzionario sull’aborto in Cile. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica PLoS One ha rilevato che il fatto che l’aborto sia illegale non è associato alla mortalità materna. In un momento in cui l’accesso all’aborto legale è ritenuto assolutamente necessario per tutelare la salute delle donne, questo studio fa a pezzi assunzioni ritenute vere da molto tempo. In questa intervista esclusiva, il dottor Elard S. Koch, l’autore principale dello studio, difende le sue scoperte.

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Smentita bioeticamente corretta

Come già sanno i frequentatori di questo sito, due studiosi italiani di bioetica hanno pubblicato sul Journal of Medical Ethics un articolo che, in soldoni, vuole dimostrare il “sillogisma etico” per cui, visto che l’aborto è largamente accettato e lo status di un neonato non è dissimile da quello di un feto, ne discende che l’uccisione di un neonato è moralmente equivalente ad un aborto.

Non voglio qui ulteriormente soffermarmi su quell’articolo, che è già stato egregiamente commentato da Mario Palmaro, ma su uno scritto successivo, risalente al 2 marzo scorso. Dopo le proteste levatesi in tutto il mondo contro l’articolo, che ai più è parso voler effettuare una vera e propria legittimazione dell’infanticidio (brutto termine a cui i nostri studiosi hanno preferito la locuzione più politicamente corretta aborto post-nascita), i due autori hanno scritto una lettera aperta in cui affermano di essere stati profondamente fraintesi.

A loro dire, l’articolo era un mero esercizio di logica astratta (it was meant to be a pure exercise of logic: if X, then Y), e non avevano mai inteso proporre la legalizzazione dell’aborto post-nascita (we never meant to suggest that after-birth abortion should become legal). Leggi tutto “Smentita bioeticamente corretta”

L’aborto post-partum non è più fantascienza

Philip K. Dick style=Philip Kindred Dick forse è un nome che dice poco al ‘grande pubblico’, ma è il nome di un grande scrittore di fantascienza, dai cui racconti sono stati tratti diversi film di successo come Blade Runner, Atto di Forza e Minority Report.
Nel racconto ‘Le pre-persone’, Dick descrive un’America in cui il Congresso ha legalizzato l’uccisione dei figli fino a dodici anni:

L’unica cosa reale è un orribile furgone bianco con i finestrini coperti di rete metallica, che porta via i bambini che i genitori non vogliono più.
Alcuni genitori usavano un emendamento estensivo della vecchia legge sull’aborto, che permetteva loro di uccidere un bambino indesiderato prima che nascesse: dal momento che non aveva anima o identità, poteva essere risucchiato da un sistema pneumatico in meno di due minuti. Un medico poteva eliminarne un centinaio al giorno, ed era perfettamente legale, perché il bambino non ancora nato non era umano. Era una pre-persona. Lo stesso succedeva col furgone. Solo, avevano spostato in avanti il momento in cui l’anima entrava nel corpo. (…)
Il Congresso aveva elaborato un test molto semplice per determinare il momento approssimativo dell’entrata dell’anima nel corpo: la capacità di risolvere problemi di matematica superiore, di tipo algebrico. Fino a quel momento, c’era solo il corpo, istinti animali, riflessi e risposte a stimoli esterni…. Il Presidente e il Congresso hanno deciso che, una volta superati i dodici anni, si ha un’anima.

Il racconto fu scritto all’indomani della sentenza Roe v. Wade (1973) che legalizzò l’aborto negli Stati Uniti.
Fantascienza?
Qualche giorno fa un tribunale canadese si è occupato del caso di Katrina Effert, che nel 2005 aveva partorito un bambino nella casa dei genitori e poco dopo l’aveva strangolato e aveva lanciato il suo corpicino nel giardino dei vicini.
Siamo a Edmonton, in Canada, dove l’aborto è legale per tutto il tempo della gravidanza.
Il giudice Joanne Veit (una donna) ha condannato la Effert a tre anni con sospensione della pena. La madre di quel bambino, dunque, non sconterà neppure un giorno di prigione.
Il giudice ha scritto che “se è vero che molti canadesi senza dubbio considerano l’aborto come una soluzione non certo ideale al sesso non protetto e alla gravidanza indesiderata, in genere comprendono, accettano, e provano empatia per le richieste gravose che la gravidanza e la nascita richiedono alle madri, specialmente le madri senza sostegni… Naturalmente i canadesi sono addolorati per la morte di un bambino, specialmente se avviene per mano della madre, ma i canadesi sono addolorati anche per la madre.”
La Abortion Rights Coalition of Canada ha commentato sulla sua pagina facebook: “Una situazione tragica, ma certo ci sono ragioni inoppugnabili per ritenere l’infanticidio un crimine inferiore all’omicidio”
Mark Steyn così commenta nel suo post “Aborto al quarto trimestre”

Ho capito: così un giudice di alta corte, in un sistema giuridico relativamente civile, è felice di estendere i principi sottostanti all’aborto legalizzato per sminuire l’uccisione di una persona legale, cioè qualcuno che è riuscito ad arrivare allo stadio post-fetale. Per quanto tempo si possono applicare questi fattori? Voglio dire, “richieste gravose”: giusto, il primo mese di vita di un neonato non è una scampagnata per la madre. Ma che dire dei primi sei mesi? E dei primi terribili due anni?
Parlando di “richieste gravose”, che dire se tu sei una “madre senza sostegno” che ha anche un parente anziano con una condizione cronica “gravosa” che interferisce con la tua vita?
E in che senso la Effert era una “madre senza sostegno” ? Viveva a casa dei suoi genitori, che le fornivano vitto e alloggio. Quanto dolcemente gli untuosi eufemismi “accettano, provano empatia…. richieste gravose” rendono scivoloso il piano inclinato!

Lascio le conclusioni a Philip Dick, ricordando che queste parole risalgono a quasi quarant’anni fa:

Voi e l’aborto post-partum, e le leggi sull’aborto che c’erano prima, quando il bambino non ancora nato non aveva diritti legali, e veniva estirpato come un tumore. Guardate a cosa si è arrivati. Se un bambino non ancora nato può essere ucciso senza processo, perché non fare lo stesso con un bambino già nato? Quello che io ci vedo in comune, in entrambi i casi, è il fatto che sono indifesi. L’organismo ucciso non ha nessuna possibilità, nessuna capacità di proteggersi…

L’aborto ha ucciso solo negli USA 300’000 donne

Vi propongo questo articolo che è stato pubblicato originariamente in inglese sul sito LifeNews.com. Alcune ulteriori considerazioni in fondo all’articolo stesso.

di Steven Ertelt

Un importante studioso di cancro al seno afferma che l’aborto ha causato almeno 300’000 casi di cancro al seno con conseguente morte della donna da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha legalizzato l’aborto praticamente senza limiti nel 1973 [con la famigerata sentenza Roe v. Wade, ndT].

Con decine di milioni di aborti dalla decisione della Corte ‒ e la ricerca conferma che l’aborto aumenta il rischio di contrarre il cancro al seno ‒ senza dubbio si è verificato un gran numero di casi di cancro al seno provocati dall’aborto negli ultimi 38 anni.

Il professor Joel Brind, endocrinologo del Baruch College di New York, ha lavorato con diversi scienziati a un articolo del 1996, pubblicato sul Journal of Epidemiol Community Health, che mostra un “aumento del 30% di probabilità di sviluppare cancro al seno” per le donne che hanno avuto aborti procurati. Recentemente egli ha commentato sul numero di donne che ne sono rimaste vittime:

Se consideriamo attorno al 10% il rischio complessivo di cancro al seno (non considerando l’aborto), e lo aumentiamo del 30%, otteniamo un rischio del 13% complessivo riferito a tutta la vita. Considerando i 50 milioni di aborti dalla sentenza Roe v. Wade, otteniamo un eccesso di 1,5 milioni di casi di cancro al seno. Ad una mortalità media del 20% dal 1973, questo implica che l’aborto legale ha provocato circa 300’000 morti in più a causa di cancro al seno dalla sentenza Roe v. Wade.

Brind ha detto che la sua stima esclude le morti dovute all’utilizzo dell’aborto per ritardare la prima gravidanza portata a termine, un fattore di rischio riconosciuto per il cancro al seno.

Karin Malec, a capo di Coalition on Abortion/Breast Cancer, un gruppo per sensibilizzare l’opinione pubblica, dice che il numero di studi che mostra il legame tra aborto e cancro al seno continua a crescere negli anni dopo l’analisi innovativa fatta da Brind nel 1996 sui principali studi dell’epoca:

Negli ultimi 21 mesi, quattro studi epidemiologici e una recensione hanno riportato un legame tra aborto e cancro al seno. Uno studio includeva come coautrice Louise Brinton, direttrice di del settore nel National Cancer Institute. Abbiamo circa 50 studi epidemiologici pubblicati dal 1957 a oggi che riportano un legame. Vi sono anche studi biologici e sperimentali a sostenere questo legame. Gli esperti hanno dimostrato nelle riviste mediche che quasi tutti i circa 20 studi che negano il legame tra aborto e cancro al senso sono gravemente difettosi (fraudolenti). Come nel caso dell’occultamento del legame tra tabacco e cancro, essi sono usati per imbrogliare le donne e far loro credere che l’aborto sia sicuro.

Chirurghi come la dottoressa Angela Lanfranchi, Clinical Assistant Professor di Chirurgia presso la Robert Wood Johnson Medical School del New Jersey, che ha ampiamente spiegato come l’aborto aumenti il rischio di cancro al seno, hanno visto in prima persona come l’aborto faccia male alle donne.

Nel 2002 Angela Lanfranchi ha testimoniato sotto giuramento in una causa contro Planned Parenthood in California di aver avuto conversazioni private con importanti esperti che concordavano sul fatto che l’aborto aumenti il rischio di cancro al seno, ma si rifiutavano di discuterne pubblicamente dicendo che era una questione “troppo politica”.

Come co-direttore del Programma di Sanofi-Aventis Breast Care presso il Steeplechase Cancer Center, la Lanfranchi ha curato innumerevoli donne con una diagnosi di cancro al seno. La Lanfranchi è stata nominata “Top Doc” 2010 in chirurgia del seno per l’area metropolitana di New York dalla Castle Connolly.

In un articolo che ha scritto per la rivista medica Linacre Quarterly, la Lanfranchi spiega perché l’aborto comporta dei problemi per le donne e aumenta il rischio di cancro al seno:

L’aborto indotto aumenta notevolmente il rischio di cancro al seno perché interrompe i normali cambiamenti fisiologici al seno che avvengono durante una gravidanza a termine, e che abbassano il rischio di cancro al seno per la madre. Una donna che porta a termine una gravidanza a 20 anni ha una diminuzione del rischio di cancro al seno del 90% rispetto ad una donna che aspetta fino a 30 anni.

Il tessuto del seno dopo la pubertà, e prima di una gravidanza a termine, è immaturo e vulnerabile al cancro. Il 75% di questo tessuto è di lobuli di tipo 1 dove inizia il cancro duttale e del 25% di lobuli del tipo 2 dove inizia il cancro lobulare. Il cancro duttale costituisce l’85% di tutti i tumori al seno mentre il cancro lobulare ne costituisce il 12-15%.

Nonappena una donna concepisce, l’embrione secerne gonadotropina corionica umana (hCG), l’ormone la cui presenza viene rilevata nei test di gravidanza.

L’hCG fa sì che le ovaie della madre aumentino i livelli di estrogeno e di progesterone nel suo corpo, provocando un raddoppiamento della quantità di tessuto mammario. In effetti, ha più lobuli di tipo 1 e 2, dove il cancro inizia.

A metà gravidanza, a 20 settimane, il feto e la placenta producono hPL, un altro ormone, che comincia a far maturare il tessuto mammario in modo che possa produrre latte. ? solo dopo 32 settimane che la madre ha abbastanza lobuli del tipo 4, maturo, che sono resistenti al cancro, così che il rischio di cancro al seno diminuisce.

L’aborto procurato prima delle 32 settimane lascia il seno materno con più tessuto vulnerabile per l’inizio del cancro. Questo è anche il perché ogni nascita prematura prima delle 32 settimane, non solo l’aborto procurato, aumenta o duplica il rischio di cancro al seno.

Aborti spontanei nel primo trimestre d’altra parte non aumentano il rischio di cancro al seno perché c’è qualcosa che non va con l’embrione, cosicché i livelli di hCG sono bassi. Un’altra possibilità è che ci sia qualcosa che non vada con le ovaie della madre e i livelli di estrogeno e progesterone siano bassi. Quando questi ormoni sono bassi il seno della madre non cresce e non cambia.

Al termine della gravidanza, l’85% del suo tessuto mammario è resistente al cancro. Ogni gravidanza successiva diminuisce il rischio di un ulteriore 10%.

Se una donna decide di abortire per qualunque ragione, dovrebbe cominciare a fare test preventivi a partire da 8-10 anni dopo l’aborto, in modo che, se si sviluppa un cancro, esso possa essere rilevato e curato precocemente per una prognosi migliore.

Due considerazioni:

1) ? abbastanza evidente che, come è esistita una lobby del tabacco che ha cercato di negare e occultare il legame tra fumo e cancro ai polmoni, esiste parimenti una lobby dell’aborto che cerca di negare e occultare i legami tra aborto e diverse patologie fisiche e psichiche che esso può comportare per la madre (come mostra la storia della ricerca effettuata dal dottor Fergusson sulle conseguenze psichiatriche dell’aborto)

2) Rapportando i numeri americani all’Italia, dal 1978 l’aborto legale ha causato in Italia la morte di 30’000 donne per cancro al seno. Anche considerando il fatto che una parte degli aborti avvenuti avrebbero avuto luogo anche se l’aborto fosse stato illegale (possiamo stimare attorno alla metà), arriviamo a un surplus di 15’000 morti dovute alla sola legalizzazione dell’aborto. Le morti per aborto clandestino erano stimate (approssimativamente) attorno a 10-30 l’anno. Arriviamo così alla conclusione che la legge 194, da una parte ha ‘salvato’ un numero di donne che si aggira attorno al migliaio, dall’altra parte ne ha uccise molte, ma molte di più. Senza ovviamente contare il dolore morale, le conseguenze psicologiche e i suicidi, la mattanza degli innocenti, e l’aver reso nelle coscienze di molti l’aborto un fatto ‘moralmente indifferente’.

‘Perle’ rosse

Su facebook si possono fare incontri imprevisti.
Mi è recentemente capitato di discutere su uno stesso thread con un consigliere regionale del principale partito d’opposizione. L’argomento era la recente bocciatura da parte del TAR del Piemonte del protocollo Cota. Questo protocollo avrebbe consentito alle associazioni pro-life di offrire aiuto, in veste ufficiale, alle donne intenzionate ad abortire. Ovviamente le forze politiche abortiste hanno esultato per questa sentenza.
Nella discussione viene riportata una dichiarazione di Mercedes Bresso (la cui impostazione pro-aborto è a tutti nota), che ha affermato (prima perla):

Da quando la legge 194 è in vigore sono drasticamente calati gli aborti e le morti causate dagli interventi clandestini sono spariti. L’applicazione di questa delibera correva il rischio di tornare indietro di decenni.

Al che io ovviamente ribatto che la Bresso mente, in quanto è noto che in seguito alla legalizzazione (come facilmente prevedibile) gli aborti sono aumentati.
Interviene a questo punto il consigliere, rivolgendosi a me (seconda perla):

le statistiche sono su wikipedia alla voce aborto e fanno riferimento ai soli dati ufficiali (ovviamente). Mercedes Bresso parte da un assunto ottimistico, che gli aborti clandestini del ’77 siano pari a quelli legali del ’79 (prima e dopo la legge). Con ogni probabilita’ l’efficacia della 194 e’ stata anche superiore.

Questo mi fa pensare che il consigliere non abbia mai visto un grafico dell’andamento dell’aborto in Italia, perché se fosse vero che gli aborti clandestini del ’77 eguagliano quelli legali del ’79 ciò confermerebbe un incremento del numero di aborti in seguito alla legge 194, e quindi il consigliere cadrebbe in contraddizione da se stesso. Lo invito allora a visitare questa pagina web dove sono mostrati i seguenti grafici, che mostrano l’andamento dell’aborto legale in Italia, come dato numerico assoluto e come rapporto percentuale rispetto al numero di nascite

Come si vede, il rapporto tra bambini abortiti e bambini nati, un numero che ben sintetizza la disponibilità media di una popolazione ad accogliere la vita, è raddoppiato dal 1978 al 1983.
Ma ecco, che, dopo avere visionato la pagina da me suggerita, il consigliere risponde (terza perla rossa della giornata):

Un’ultima precisazione sui dati: il picco degli aborti e’ nel 1983. Certo, i primi anni la legge ha faticato molto ad entrare a regime, ad essere conosciuta e applicata, anche a causa degli “obiettori” che, sopratutto in certe parti del Paese hanno reso quasi impossibile l’aborto per tanti anni: ricordo che quella sull’aborto e’ l’unica obiezione di coscienza consentita anche agli infermieri e forse anche al personale delle pulizie…


Ah, ecco, i dati non tornano con il ragionamento precedente, ed ecco quindi la via d’uscita: per colpa degli “obiettori” (e quelle virgolette sottintendono la solita propaganda per cui gli obiettori di coscienza praticano aborti in privato) la legge non è entrata “a regime”. Naturalmente l’ironia sull’obiezione di coscienza sottintende una assoluta incapacità di comprendere come si possa non voler cooperare alla soppressione di un essere umano innocente.
Tanto per fare un esempio molto concreto che smentisce la tesi del consigliere, nel 2007 il Lazio è stata la seconda regione d’Italia nella triste classifica del tasso di abortività (numero di aborti rapportato a 1000 donne in età feconda), con un dato dell’11,2?, preceduta solo dall’Emilia-Romagna (12,2?). Nello stesso anno il Lazio è stata anche la regione con la più alta percentuale di ginecologi obiettori (85,6%). Questo semplice dato di fatto smentisce l’assunto che un’alta percentuale di obiettori impedisca l’accesso all’aborto legale.
C’è di più: benché durante gli anni ’70 la sua parte politica e i radicali facessero sapere che in Italia vi erano due-tre milioni di aborti clandestini l’anno, la ricerca più accurata sull’argomento (Bernardo Colombo, La Diffusione degli aborti illegali in Italia, 1977) fornisce una stima (ovviamente approssimativa perché si tratta di aborti clandestini) tra i 100’000 e i 200’000 aborti annui, propendendo per un valore probabile più vicino ai 100’000. Nei sei-sette mesi del 1978 in cui fu in vigore la legge 194 vi furono circa 70’000 aborti, che rapportati ad una annualità fanno 140’000 aborti l’anno. Non è dunque irragionevole pensare che il numero di aborti legali effettuati nei primi mesi corrispondesse grosso modo a quello degli aborti illegali effettuati in precedenza in un intervallo di tempo equivalente. Ma il numero di aborti annui crebbe velocemente e nel 1982 gli aborti legali furono 235’000. Altro che calo: un incremento in quattro anni di quasi il 70%!!!
Del resto, in tutti i paesi del mondo la legalizzazione dell’aborto ha aumentato il ricorso ad esso. In Italia, oltretutto, l’aborto oltre ad essere legale è completamente gratuito. Perché mai il numero degli aborti avrebbe dovuto diminuire in seguito alla legge 194? In base a quale strano meccanismo, che sarebbe peculiare solo del nostro paese?

Disse Giancarlo Pajetta, storico esponente della nomenklatura comunista italiana: “Se devo scegliere tra la verità e la rivoluzione, scelgo la rivoluzione”. Ecco, mi pare che questo scarso amore per la realtà e per la verità sia tuttora presente in una cospicua parte della sinistra nostrana.

Dimenticavo: il consigliere ha un profilo pubblico su facebook, e come commento alla bocciatura del TAR vi ho trovato scritto:

Continuiamo insieme a portare avanti i temi della laicita’, dei diritti e dell’autodeterminazione delle donne.


Ma allora non bastava semplicemente dire: “Per me l’aborto è un diritto, punto e basta” ? Ma evidentemente c’è una versione per (tentare di) infinocchiare i pro-life ed una per i compagni abortisti: la tipica doppia morale ben sperimentata per decenni dal PCI.

Insomma: anche sull’aborto, si scrive PD, si legge PCI.


L’eclisse della ragione

Ciò che vi propongo è un terribile video tratto dal cortometraggio The Eclipse Of Reason – ‘L’eclisse della ragione’ – realizzato nel 1987 dall’ex abortista Bernard Nathanson, recentemente scomparso. In esso è raccontato e mostrato l’aborto di un bambino al secondo trimestre di gravidanza, effettuato tramite una barbara procedura denominata D&E che sta per Dilatation and Evacuation – ‘Dilatazione e svuotamento’. Questa procedura viene effettuata negli Stati Uniti mediamente 400 volte al giorno.
In Italia, le relazioni del Ministero della Salute non menzionano – forse non a caso – le procedure utilizzate nel secondo trimestre; l’ultima relazione informa però che nel 2008 vi sono stati in Italia 1207 aborti tra la 13? e la 15? settimana di gestazione, 1511 tra la 16? e la 20? settimana e 804 oltre la 20? settimana. Poiché la procedura D&E viene utilizzata particolarmente all’inizio del secondo trimestre di gravidanza, si può dedurre che in Italia questa procedura viene in media effettuata su un numero di piccoli esseri umani che va dai 3 agli 8 ogni giorno.
E alla tristezza per la atroce sorte riservata a questi nostri piccoli fratelli e concittadini, si aggiunge quella del constatare che in Italia si troverebbero molte persone disposte a scendere in piazza e a protestare se una tale macellazione, che viene effettuata senza anestesia per il bambino, fosse applicata a cani o conigli, ma molte meno per protestare contro questa barbarie a cui vengono sottoposti, nel segreto di asettiche sale operatorie, piccoli e innocenti esseri umani.

ATTENZIONE: il video, a partire dal secondo minuto, è particolarmente ‘crudo’, e molto drammatico, soprattutto perché mostra questo piccolo essere umano, nella sua bellezza, nella sua fragilità, nella sua umanità, prima di essere fatto a pezzi.

La fecondazione in vitro uccide più donne dell’aborto

Mentre nel 2007 sono morte due donne come conseguenza di un aborto volontario, ne sono morte sette come conseguenza diretta della fecondazione in vitro (fivet) tra il 2003 ed il 2005, come è stato evidenziato in un recente editoriale del British Medical Journal. Tutto questo è avvenuto nonostante il numero di cicli di fivet sia in proporzione di uno a quattro rispetto al numero di aborti, secondo quanto afferma la dottoressa Susan Bewley, consulente ostetrica alla Guy’s and St. Thomas NHS Foundation Trust di Londra. Quattro morti per fivet tra il 2003 ed il 2005 sono dovute a sindrome da iperstimolazione ovarica, causata dai farmaci che aumentano la fertilità, mentre tre sono state causate da gravidanze multiple. La dottoressa Bewley ed i suoi colleghi hanno scritto che bisognerebbe che ci fosse un resoconto sistematico dei casi in cui la Fivet provoca gravi conseguenze sulla salute, così che si possa imparare la lezione ed agire di conseguenza. Un recente studio effettuato in Olanda ha mostrato che il tasso complessivo di mortalità delle gravidanze post-fivet è maggiore del tasso complessivo di mortalità nella popolazione olandese. Ci sono state 42 morti su 100’000 gravidanze post-fivet e 6 morti su 100’000 gravidanze complessive. Le statistiche del Regno Unito hanno confermato questo dato.

Fonte: articolo di Jared Yee su Bioedge

Aborto e contraccezione

Studio clinico: raddoppio degli aborti in Spagna nonostante l’aumentata diffusione dei metodi contraccettivi*

La rivista medica “Contraception” ha pubblicato i risultati di un nuovo studio che pare confutare il ritornello per cui l’impiego di metodi contraccettivi abbasserebbe il numero di aborti. Lo studio, che ha seguito donne spagnole in età fertile dal 1997, è stato effettuato rilevando ogni due anni l’utilizzo di metodi contraccettivi e se le donne fossero rimaste incinte o avessero abortito.

Lo studio ha rilevato che l’utilizzo complessivo di metodi contraccettivi è aumentato dal 49,1% al 79,9% nel decennio 1997-2007. L’utilizzo di condom è salito dal 21% al 38,8% mentre le donne utilizzano maggiormente la pillola (utilizzo salito dal 14,2% al 20,3%).

Nonostante la fiducia riposta nella contraccezione, il tasso di aborto volontario è salito da 5,52 a 11,49 aborti ogni 1000 donne [ovvero è *raddoppiato in soli dieci anni!*] Gli autori hanno scritto che “i fattori responsabili dell’aumentato tasso di aborto volontario richiedono ulteriori ricerche”.

Jill Stanek, infermiera e blogger pro-life [qui c’è una sua testimonianza in italiano: http://ow.ly/3AO0N ], ha notato lo studio e ha commentato: “I risultati erano prevedibili. Ciò che è ridicolo sono le conclusioni dei ricercatori. Chiunque sia dotato di buon senso potrebbe suggerire ai ricercatori che più rapporti sessuali casuali si hanno, maggiore è la probabilità che ne risulti una gravidanza, nonostante l’impiego di contraccettivi. L’utilizzo di contraccettivi fornisce solamente un falso senso di sicurezza. Come è stato recentemente evidenziato da uno speciale di MTV sull’aborto, le minorenni e le giovani donne sono troppo immature o irresponsabili per utilizzare adeguatamente i metodi contraccettivi, tanto per cominciare. E anche gli uomini non sono poi così bravi, visto che persino l’istituto Guttmacher, che è pro-aborto, rileva che la percentuale di fallimento del condom è ben del 17,4%”.

Come rileva lo studio, tutto questo rende chiaro che l’aborto è usato dalle donne spagnole, e verosimilmente anche dalle donne di altri paesi, come un metodo di controllo delle nascite quando l’utilizzo dei metodi contraccettivi e della pillola fallisce.

La pillola del giorno dopo è stata acclamata dai sostenitori dell’aborto come un metodo per ridurre gli aborti, ma le statistiche degli Stati Uniti e di altri paesi dimostrano il contrario. Secondo il London Daily Mail, i tassi di gravidanza delle adolescenti sono ora più alti di quanto fossero nel 1995 e il numero di gravidanze tra le ragazze sotto i 16 anni è anch’esso al massimo valore rilevato dal 1998.

Tutto questo nonostante il governo britannico spenda 300 milioni di sterline (360 milioni di euro) nel tentativo di dimezzare il numero di gravidanze fra le adolescenti facendosi promotore di una vasta campagna di educazione sessuale. Il tasso di aborto tra le adolescenti britanniche, secondo il giornale, ha avuto un aumento stabile dal 1999, anno in cui il governo ha messo in atto il suo programma Teenage Pregnancy Strategy [strategia (per il controllo) della gravidanza nell’adolescenza].

Nel 2008, funzionari svedesi hanno riportato che il numero di aborti in Svezia era aumentato del 17% dal 2000 al 2007 nonostante nello stesso periodo le vendite della pillola del giorno dopo fossero aumentate. La pillola del giorno dopo nel 2001 è diventata in Svezia un farmaco che può essere acquistato senza ricetta medica. Le vendite sono triplicate nella capitale e raddoppiate in tutto il paese.

Ciononostante, le nuove cifre nazionali indicano 37’205 aborti in Svezia nel 2007, circa il 17% in più rispetto ai 30’980 effettuati nel 2000. A Stoccolma sono stati effettuati 10’259 aborti, con un aumento del 6,9% in un solo anno, rispetto alle cifre del 2006. Nel frattempo, lo scorso anno il numero di aborti in Scozia è aumentato per il terzo anno consecutivo, nonostante una forte propaganda affinché le donne usino la pillola del giorno dopo. Gli aborti in Scozia sono aumentati del 4% secondo un rapporto del British National Health Service [Servizio Sanitario Britannico] ed ora ammontano a 13’703.

Questo aumento giunge dopo che lo stesso NHS aveva riportato 13’081 aborti nel 2006 e 12’603 nell’anno precedente: un aumento di circa il 3,8%. *L’aver maggiormente promosso la pillola del giorno dopo non solo ha avuto come risultato un maggiore, e non minore, numero di aborti, ma anche l’aumento del numero di donne che abortiscono più volte.* Il NHS riferisce che un quarto delle donne, il 26,3%, che hanno abortito in Scozia nel 2008 avevano abortito almeno un’altra volta in precedenza. Il che significa che 3’600 donne avevano abortito una o più volte in precedenza, secondo le statistiche governative.

Infine, una relazione di Planned Parenthood [la più ricca e potente multinazionale degli aborti, grande sponsor di Barack Obama] del West Washington mostra che gli aborti sono in aumento nello stato del Washington nonostante Planned Parenthood abbia partecipato al programma pilota “Take Charge” nello stato del Washington. Take Charge è un programma di Medicaid [un programma statunitense di assistenza per persone a basso reddito] cominciato nel 2001 per fornire gratuitamente contraccettivi a donne con basso reddito non ancora sotto copertura Medicaid. ? stato finanziato inizialmente per cinque anni nel 2001, poi esteso per altri tre anni, e nel 2009 ne è stato chiesto il rinnovo.

Tuttavia il rapporto annuale di Planned Parenthood West Washington mostra che gli aborti sono saliti del 16%, dai 7’790 del 2006 ai 9’059 del 2007. *Il fallimento del controllo delle nascite, della pillola del giorno dopo e della contraccezione come strumenti per diminuire il numero di a**borti non sorprende il dott. Joseph Stanford*, professore associato di Famiglia e Medicina Preventiva presso la Facoltà di Medicina dell’Università dello Utah. Egli dice che gli studi effettuati da lui e dai suoi colleghi mostrano un tasso di efficacia minore rispetto all’89% dichiarato dai Barr Laboratories che producono il “Plan B” [letteralmente “piano B”, “uscita d’emergenza”, significativo nome commerciale di una pillola del giorno dopo venduta negli USA]: “Abbiamo compiuto una precisa meta- analisi che mostra che è efficace solo nel 72% dei casi, ed anche questa è una valutazione ottimistica” Egli dice che studi svolti in Europa, Cina ed USA mostrano che la pillola del giorno dopo non riduce gli aborti.

Fonte: articolo di Steven Ertelt comparso il 3 gennaio 2011 su LifeNews.com http://www.lifenews.com/2011/01/03/study- abortions-double-in-spain-despite-increased-contrapcetion/