Chiesa e massoneria: centinaia di scomuniche.

“La liberazione d’Italia -opera eminentemente massonica- fu sorretta, in ogni suo passaggio fondamentale, dalla iniziativa delle Comunioni massoniche d’oltralpe”.

Ad esprimersi così, nel 1988, è il gran maestro Armando Corona che prosegue: la massoneria “fu il vero ispiratore e motore” del risorgimento “perché sua era l’idea guida della liberazione dei popoli”. Dal momento che la massoneria è stata, per bocca dei suoi più autorevoli esponenti, protagonista del risorgimento e dal momento che la popolazione italiana è da circa due millenni cattolica, vediamo cosa la chiesa cattolica pensi della società che ha animato, insieme a quella italiana, le rivoluzioni degli ultimi secoli. La Massoneria moderna nasce a Londra nel 1717 e la prima delle centinaia di scomuniche emesse dalla chiesa nei suoi confronti è solo di qualche anno posteriore.

Il 28 aprile 1738, nella bolla In eminenti, ClementeXII condanna il segreto che caratterizza le associazioni dei Liberi-Muratori, il silenzio imposto “intorno alle cose che esse compiono segretamente” (se non operassero iniquamente, “non odierebbero tanto decisamente la luce”), il disaccordo con le leggi civili e canoniche. Clemente XII vuole scongiurare il pericolo che “questa razza di uomini non saccheggi la Casa come ladri, né come le volpi rovini la Vigna; affinché, cioè, non corrompa i cuori dei semplici né ferisca occultamente gl’innocenti”. Tredici anni dopo è la volta di Benedetto XIV che, il 18 marzo del 1751, pubblica la bolla Providas Romanorum. Nulla di nuovo, si tratta semplicemente di reiterare le condanne già espresse: il papa è costretto a farlo perché “alcuni non hanno avuto difficoltà ad affermare e diffondere pubblicamente che la detta pena di scomunica imposta dal Nostro Predecessore non è più operante perché la relativa Costituzione non è poi stata da Noi confermata, quasi che sia necessaria, perché le Apostoliche Costituzioni mantengano validità, la conferma esplicita del successore”.

Il 3 settembre 1821 è la volta di Pio VII con la bolla Ecclesiam a Jesu Christo. Il papa torna sull’argomento perché i “Carbonari pretendono, erroneamente, di non essere compresi nelle due Costituzioni di Clemente XII e di Benedetto XIV né di essere soggetti alle sentenze e alle sanzioni in esse previste”. Pio VII ammonisce di non prestare “alcun credito alle parole” dei carbonari, perché “costoro simulano un singolare rispetto e un certo straordinario zelo verso la Religione Cattolica e verso la persona e l’insegnamento di Gesù Cristo Nostro Salvatore, che talvolta osano sacrilegamente chiamare Rettore e grande Maestro della loro società. Ma questi discorsi, che sembrano ammorbiditi con l’olio, non sono altro che dardi scoccati con più sicurezza da uomini astuti, per ferire i meno cauti; quegli uomini si presentano in vesti di agnello ma nell’intimo sono lupi rapaci”. Il pontefice ricorda che i carbonari sono all’origine dei tentativi rivoluzionari di quegli anni, e ribadisce che “nel sovvertire questa Sede Apostolica sono animati da un odio particolare”.

Pio VIII rinnova il monito nel 1829 e, sempre riferendosi alla Carboneria, afferma: “Tra tutte queste sette segrete Noi abbiamo risoluto di segnalarne alla vostra attenzione una speciale formata di recente: il cui scopo è di corrompere la gioventù educata nei ginnasii e nei licei”. Non lasciatevi “sedurre da nessuna apparenza, né ingannare da veruna arte maliziosa”, raccomanda il papa. I pronunciamenti della Chiesa contro la Massoneria si rinnovano nel tempo fino ad arrivare al più recente del 26 novembre del 1983. In questa data la Congregazione per la dottrina della fede emette un provvedimento solenne firmato dal Prefetto, card. Ratzinger, in cui si sostiene: “Rimane immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche […] e perciò l’iscrizione ad esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla santa comunione”. Cosa dire di più? Una piccola citazione può mostrare l’attualità dell’argomento. La voce Massoneria di una delle più diffuse enciclopedie mondiali su dischetto (The 1995 Grolier Multimedia Encyclopedia) dopo aver ricordato che in passato l’Istituzione è stata aspramente combattuta dalla Chiesa specifica: “A papal ban on Roman Catholic membership in Masonic lodges was rescinded in 1983” (il divieto per i cattolici di far parte di logge massoniche è stato cancellato nel 1983). L’esatto contrario di quello che la chiesa ha solennemente ribadito. Niente di nuovo sotto il sole.

Comincia la carboneria.

Passato il ciclone Napoleone, a continuarne la battaglia rivoluzionaria restano i suoi eredi: militari che hanno acquisito ricchezza e potere, borghesi arricchiti con la legale spoliazione dei beni della chiesa, cadetti delle casate nobiliari, studenti romanticamente attratti dall’ideale nazionale.

I membri delle società segrete. “Chi pensava allora all’Italia, alla sua indipendenza, alla sua rigenerazione? Meno poche eccezioni, la schiuma sopraffina della canaglia, che si riuniva misteriosamente nelle vendite dei Carbonari”: in termini così poco lusinghieri Massimo D’Azeglio descrive ne I miei ricordi la società segreta protagonista dei tentativi insurrezionali dei primi decenni dell’Ottocento.

“Figliuola della Frammassoneria”, come scrive nella Storia d’Italia pubblicata nel 1851 lo storico massone Giuseppe La Farina che parla, come sottolinea, con “cognizione di causa”, la carboneria organizza i moti del 1817 a Macerata, del 1820 a Nola, Avellino, Napoli e Milano, del 1821 a Torino, del 1831 a Modena e nelle Legazioni. Gli intenti dell’Alta Vendita, vale a dire della direzione strategica della rivoluzione in quel periodo, sono chiaramente enunciati in documenti caduti in mano della polizia pontificia.

Si tratta di un interessantissimo epistolario e di uno scritto noto col nome di Istruzione permanente redatto nel 1818. Sia l’Istruzione che le lettere sono testi estremamente significativi perché, tenendoli presente, si capisce qualcosa di più del come e del perché si sia giunti alla formazione del Regno d’Italia. Quale lo scopo della carboneria? Detto in parole povere la liberazione dell’Italia dal cattolicesimo. E l’unità e l’indipendenza? Favole, miti per gente semplice e credulona.

Proprio così scrive Felice a Nubio -i nomi di battaglia dei carbonari non sono stati divulgati- l’11 giugno 1829: “l’indipendenza e l’unità d’Italia sono chimere. Pure queste chimere producono un certo effetto sopra le masse e sopra la bollente gioventù. Noi, caro Nubio, noi sappiamo quello che valgono questi principii. Sono palloni vuoti”. Per capire con quali armi i rivoluzionari contassero di stroncare il cattolicesimo in Italia conviene citare per esteso i testi dei carbonari: si tratta di documenti che non è esagerato definire agghiaccianti. La calunnia, la maldicenza, l’infiltrazione nelle file del clero, la disintegrazione della famiglia, la corruzione, sono le armi spregiudicatamente scelte e consigliate per conseguire lo scopo prefisso.

Veniamo ai testi. “Il nostro scopo finale – sostiene l’Istruzione – è quello di Voltaire e della rivoluzione francese: cioè l’annichilimento completo del cattolicismo e perfino dell’idea cristiana”; l’Alta Vendita si prefigge una “rigenerazione universale”, inconciliabile con la sopravvivenza del cristianesimo. Vindice scrive a Nubio: “Noi abbiamo intrapresa la fabbrica della corruzione alla grande; della corruzione del popolo per mezzo del clero e del clero per mezzo nostro. Questa corruzione dee condurci al seppellimento della Chiesa cattolica”. L’Istruzione prevede che, dove non si arrivi con la corruzione, si debba supplire con la calunnia: “Schiacciate il nemico, quando è potente, a forza di maldicenze e di calunnie”; una parola ben inventata, “una parola può, qualche volta, uccidere un uomo. Come l’Inghilterra e la Francia, così l’Italia non mancherà mai di penne che sappiano dire bugie utili per la buona causa. Con un giornale in mano, il popolo non avrà bisogno di altre prove”. Ancora: “Dovete sembrare semplici come colombe, ma sarete prudenti come i serpenti. I vostri genitori, i vostri figli, le vostre stesse mogli devono sempre ignorare il segreto che portate in seno, e, se per meglio ingannare l’occhio inquisitore, decideste di andare spesso a confessarvi, siete a ragione autorizzati a conservare il più rigoroso segreto su queste cose”.

Le istruzioni continuano: “dovete presentarvi con tutte le apparenze dell’uomo serio e morale. Una volta che la vostra buona reputazione sia stabilita nei collegi, nei ginnasi, nelle università e nei seminari, una volta che abbiate catturato la confidenza di professori e studenti, fate in modo che a cercare la vostra compagnia siano soprattutto quanti sono arruolati nella milizia clericale. Si tratta di stabilire il regno degli eletti sul trono della prostituta di Babilonia: che il clero marci sotto la vostra bandiera mai dubitando di seguire quella delle chiavi apostoliche”. Da sempre le élites rivoluzionarie, considerando sé stesse migliori del volgo, hanno creduto loro dovere insegnare al popolo cosa pensare. Da sempre lo hanno fatto poco a poco perché la popolazione non si ritraesse inorridita. Da sempre si è trattato di insinuarsi pian piano con abile propaganda per poi venire all’improvviso -e simultaneamente- allo scoperto. Vanno tanto diversamente le cose ai giorni nostri? Solo fino a qualche anno fa sarebbero state pensabili ostentazioni della diversità sessuale, uteri in affitto, sperimentazione sugli embrioni, clonazioni realizzate ed annunciate e via discorrendo?

Napoleone, Murat e Palmerston

Il mito del nazionalismo in Italia non è frutto della farina del nostro sacco. Abituati ad essere il centro del mondo civile e religioso, gli italiani fino a quando Napoleone non ha esportato sulle baionette la parola d’ordine dell’unità nazionale non si erano accorti di aver bisogno, per essere grandi, di inventare un risorgimento nazionale. Nazionalismo in Italia

? Fino al secolo scorso, difficile che attecchisse. Abituati ad avere pochi rivali grazie all’Impero prima e all’universalità del potere spirituale poi, per quasi due millenni al centro dello sviluppo culturale, economico e religioso, terra di santi che hanno cambiato la storia, gli italiani hanno sempre pensato alla grande, in visione mondiale. La stessa consapevolezza di una forte identità nazionale è stata da noi sempre radicatissima e, anche in questo caso, sviluppata molto prima che prendesse radici altrove: Dante e la grande letteratura italiana del Trecento insegnano. La mancanza dell’unità politica non ha mai inficiato la profonda identità collettiva fatta di lingua, di cultura, di storia, e, soprattutto, di religione. Tutto cambia all’improvviso. Nel secolo scorso passiamo dall’impianto universalistico a quello nazionale, che, nel nostro caso, è sinonimo di provinciale. l’Italia precipita quando la Francia, con Napoleone, riconquista l’impero. Papa Leone III inaugura il Sacro Romano Impero la notte di Natale dell’800 incoronando imperatore romano il re dei franchi Carlo, detto Magno. Nel 962 il primo imperatore della dinastia sassone, Ottone, stabilisce che solo principi tedeschi possano ambire alla carica di imperatore e fino al 1800 l’impero resta saldamente in mano tedesca.

Nel 1804 Napoleone mette fine al Sacro Impero Romano Germanico ed inaugura un impero di tipo nuovo, ugualmente universale (perlomeno nelle pretese), ma non più cristiano. I francesi che invadono l’Italia, la spogliano e la rapinano, pretendono di esserne i liberatori. Da cosa? Dalla tradizione cattolica che, in netta continuità con quella romana, è, al contrario, la principale artefice della gloria italiana. Un fatto per tutti: nonostante le scientifiche spoliazioni, l’Italia romano-cattolica possiede, da sola, più della metà del patrimonio artistico mondiale. Propaganda: Francia ed Inghilterra, le due potenze che nell’Ottocento si contendono il predominio mondiale, invitano gli italiani a risorgere dalla schiavitù in cui sarebbero precipitati da tanti secoli (quelli della tradizione cattolica) per attuare anche in Italia quel processo di omologazione culturale ed economica che loro conviene e che la cultura cattolica tenacemente contrasta da quando il protestantesimo ha diviso in due l’Europa. Propaganda. Al di qua e al di là della Manica i potenti di turno parlano lo stesso linguaggio, addirittura utilizzando le medesime parole. Tanto per farsi un’idea di quanto simili siano gli intenti dei grandi di allora, basti confrontare il proclama di Napoleone al momento del suo ingresso a Milano col necrologio di Cavour pronunciato da Palmerston al parlamento inglese. Nel 1796 Napoleone fa scrivere: “Noi siamo amici di tutti i popoli, ed in particolare dei discendenti dei Bruti e degli Scipioni. Ristabilire il Campidoglio, collocandovi onorevolmente le statue degli eroi che lo reser celebre: e risvegliare il Popolo Romano assopito da molti secoli di schiavitù, tale sarà il frutto delle nostre vittorie, che formeranno epoca nella posterità. Vostra sarà la gloria immortale di aver cangiato l’aspetto della più bella parte d’Europa”. Nel 1861 Palmerston afferma: “Abbiamo visto sotto la sua [di Cavour] guida e la sua autorità un popolo che sonnecchiava risvegliarsi all’improvviso vigoroso e forte. Questo popolo era in realtà addormentato, inerte, snervato dalla lussuria e dalla ricerca dei piaceri. Ora questo popolo, alla voce di un solo uomo, si risveglia da un sonno secolare, sente in se stesso la potenza e la forza del gigante, e in poco tempo ottiene quella libertà che per tanti secoli gli era stata rifiutata”. In questa propaganda ciascuno si inserisce come può, sempre però battendo sul tasto delle glorie nazionali che devono risorgere.

Basti citare il caso di Gioacchino Murat, divenuto Re di Napoli in qualità di cognato di Napoleone. Quando le sorti dell’illustre parente sono irrimediabilmente compromesse, Murat, con poco senso della misura e nessuno del ridicolo, aspirando alla corona di re d’Italia, il 30 marzo 1815 bandisce da Rimini questo proclama: “Italiani! L’ora è venuta in cui debbono compirsi gli alti destini dell’Italia; la Provvidenza vi chiama infine ad essere una nazione indipendente. Dalle Alpi allo stretto di Sicilia odasi un grido solo: L’indipendenza d’Italia. A qual titolo popoli stranieri pretendono togliervi questo primo diritto? Sgombri dal suolo italiano ogni dominazione straniera. Padroni una volta del mondo espiaste questa gloria con venti secoli d’oppressioni e di stragi. Sia oggi vostra gloria il non aver più padroni”. Propaganda. Come reagiscono gli italiani all’invasione francese fatta nel nome della gloria romana da riconquistare? Facendosi ammazzare a decine di migliaia nelle insorgenze che capillarmente e spontaneamente si diffondono su tutto il territorio nazionale. Alla propaganda napoleonica aderisce un’esigua minoranza della popolazione: i liberali che, col tempo, riprenderanno la bandiera rivoluzionaria del risorgimento nazionale.