Le letture della III Domenica di Quaresima, che mediteremo dai Primi Vespri di Sabato 11 Febbraio con la
Antifona d’ingresso
Quando mostrerò la mia santità in voi,
vi radunerò da ogni terra; vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati da tutte le vostre impurità
e metterò dentro di voi uno spirito nuovo.
(Cf. Ez 36,23-26)
introducono alla pericope giovannea di Gesù e la Samaritana al pozzo.
La pericope intrattiene il cercatore di fede su un equivoco iniziale: la ricerca di un’acqua che si consuma,
che deve essere rinnovata, mentre Gesù allude all’acqua dello Spirito, della quale l’acqua naturale è una immagine, per quanto significativa.
La profezia di Ezechiele (Ez 36, 23-26), Vi radunerò da ogni terra e vi aspergerò con acqua pura, vi purificherò e metterò in voi uno spirito nuovo, si compie nell’evento della croce, allorché Gesù dichiara la sete della fede degli uomini, come prima della Samaritana.
La lettura di Es 17,3-7 racconta del desiderio di acqua del popolo in cammino, che si lamenta e accusa Mosè per averlo portato in quella condizione. Il popolo ha bisogno di acqua, ma non si accorge di abbisogna soprattutto di uno spirito nuovo, che lo guidi a vedere con gli occhi di Dio e chiede « Dacci acqua da bere».
Nonostante la cecità e aridità del popolo, Dio canta il desiderio di riversare nei cuori l’amore di Dio. La pericope ai Romani ci parla della pace con Dio nella fede, ma si sofferma anche ampiamente sul dramma della debolezza del popolo, che aveva sete ed era arido, aridità che fu vinta dal sacrificio del giusto, Cristo, che fu disposto a morire per tutti, benché peccatori (Rm 5,1-2.5-8).
Finalmente, Giovanni, nel Vangelo (Gv 4,5-42) mostra il Messia che porta quest’acqua superando ogni immaginazione. Sceglie una donna, certo non ritenuta all’epoca degna di fede; una samaritana donna, quando i Samaritani dai Giudei erano disprezzati e vivevano con essi un conflitto religioso, in una situazione disdicevole, quando l’uomo Gesù si intrattiene sol con lei. Ma saremmo miopi se considerassimo principalmente questi aspetti sociologici, pur veri, ma segni di un’altra realtà. La Samaritana è simbolo dell’anima, che, pur lontana da Dio, quando incontra Dio non può non correre da tutti e non annunciare: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E da quel momento quella donna divenne una testimone instancabile e la sua testimonianza fece sì che anche gli uomini, che si credevano illuminati, iniziassero veramente a vedere, avendo udito e saputo che questi è veramente il salvatore del mondo. E i loro cuori divennero sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.
Papa Benedetto, nella meditazione dell’Angelus del 27 Marzo 2011, indica nel colloquio della Samaritana, ossia nella preghiera, la condizione perché il miracolo si ripeta.
BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 27 Marzo 2011Cari fratelli e sorelle!
Questa III Domenica di Quaresima è caratterizzata dal celebre dialogo di Gesù con la donna Samaritana, raccontato dall’evangelista Giovanni. La donna si recava tutti i giorni ad attingere acqua ad un antico pozzo, risalente al patriarca Giacobbe, e quel giorno vi trovò Gesù, seduto, “affaticato per il viaggio” (Gv 4,6). Sant’Agostino commenta: “Non per nulla Gesù si stanca … La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato … Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci” (In Ioh. Ev., 15, 2). La stanchezza di Gesù, segno della sua vera umanità, può essere vista come un preludio della passione, con la quale Egli ha portato a compimento l’opera della nostra redenzione. In particolare, nell’incontro con la Samaritana al pozzo, emerge il tema della “sete” di Cristo, che culmina nel grido sulla croce: “Ho sete” (Gv 19,28). Certamente questa sete, come la stanchezza, ha una base fisica. Ma Gesù, come dice ancora Agostino, “aveva sete della fede di quella donna” (In Ioh. Ev. 15, 11), come della fede di tutti noi. Dio Padre lo ha mandato a saziare la nostra sete di vita eterna, donandoci il suo amore, ma per farci questo dono Gesù chiede la nostra fede. L’onnipotenza dell’Amore rispetta sempre la libertà dell’uomo; bussa al suo cuore e attende con pazienza la sua risposta.
Nell’incontro con la Samaritana risalta in primo piano il simbolo dell’acqua, che allude chiaramente al sacramento del Battesimo, sorgente di vita nuova per la fede nella Grazia di Dio. Questo Vangelo, infatti, – come ho ricordato nella Catechesi del Mercoledì delle Ceneri – fa parte dell’antico itinerario di preparazione dei catecumeni all’iniziazione cristiana, che avveniva nella grande Veglia della notte di Pasqua. “Chi berrà dell’acqua che io gli darò – dice Gesù – non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14). Quest’acqua rappresenta lo Spirito Santo, il “dono” per eccellenza che Gesù è venuto a portare da parte di Dio Padre. Chi rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, cioè nel Battesimo, entra in una relazione reale con Dio, una relazione filiale, e può adorarLo “in spirito e verità” (Gv 4,23.24), come rivela ancora Gesù alla donna Samaritana. Grazie all’incontro con Gesù Cristo e al dono dello Spirito Santo, la fede dell’uomo giunge al suo compimento, come risposta alla pienezza della rivelazione di Dio.
Ognuno di noi può immedesimarsi con la donna Samaritana: Gesù ci aspetta, specialmente in questo tempo di Quaresima, per parlare al nostro, al mio cuore. Fermiamoci un momento in silenzio, nella nostra stanza, o in una chiesa, o in un luogo appartato. Ascoltiamo la sua voce che ci dice: “Se tu conoscessi il dono di Dio…”. Ci aiuti la Vergine Maria a non mancare a questo appuntamento, da cui dipende la nostra vera felicità.