“LA MALATTIA DELL’INFINITO”

Ieri, De Haro intitolava l’editoriale: “LA MALATTIA DELL’INFINITO”.

A ben vedere, in tutti i miei primi libri – quelli dell’altro millennio – ho parlato solo di questo. Giusto 40 anni fa,

nel mio primo libro su Ungaretti, ho parlato delle sue inestirpabili domande che s’imbattono in “Cristo, pensoso palpito, Astro incarnato nell’umane tenebre”.

In quegli anni, scorazzavo su e giù per l’Italia a tenere i “corsi maturandi”, otto lezioni sbobinate e raccolte 38 anni fa nel cofanetto “L’UOMO SPEZZATO E LA DOMANDA DI ASSOLUTO”. E sempre FACEVO CANTARE il cuore umano “malato” di DE-SIDERIO, ovvero bramoso d’imbattersi in una Beatrice/beatificante “donna de la salute”.

De Haro mostra come oggi i nuovi padroni del mondo dalla loro Silicon Valley propongano la via stoica della diminuzione del desiderio, calibrandolo sulle preconfezionate risposte reperibili nel mercato. Saremmo – dicono – “contenti” perché ci “accontenteremo” di cose finite. Ma l’esperienza dice che queste cose dapprima IN-LUDONO poi DE-LUDONO.

Sempre LUDONO, cioè ti giocano, ti risucchiano nel loro giro (ti prendono in giro) e poi ti sparano fuori per forza centrifuga, come quando si rompe la catena della giostra.

Viva la SANA MALATTIA DELL’INFINITO

Giacomo Leopardi
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