VITA E FAMIGLIA SOTTO ATTACCO – Gandolfini a Bergamo: «Denunciamo leggi e progetti contro natura e vita umana!»

Ranica (Bg) 20 gennaio 2023 – incontro con il professor Gandolfini nella sala parrocchiale

Venerdì sera 20 gennaio 2023, il teatro dell’oratorio di Ranica ha accolto il professor Gandolfini, invitato a parlare su un tema purtroppo di scottante attualità: la radicalizzazione dei progetti pensati per minare l’istituzione famigliare e attentare alla vita umana nelle situazioni di fragilità.

Dopo una breve presentazione del portavoce del Coordinamento di Bergamo ’40 Giorni per la vita’, vivace

realtà locale che ha organizzato l’incontro insieme alla sede locale di Bergamo dell’Associazione ‘Family Day – Difendiamo i nostri figli APS’, l’avvocato Gamba ha avuto il compito di introdurre la serata.

Identità sessuale e abusi

Nel suo intervento ha messo in luce alcune paradossali situazioni determinate dallo stravolgimento del concetto di identità sessuale e dagli abusi e privilegi legati alla cosiddetta ‘transizione di genere’, aggiungendo però una nota positiva: il commento alla recente sentenza della Corte di Cassazione che chiude alla possibilità di trascrivere i certificati di nascita di figli nati da maternità surrogata. Pratica considerata addirittura degradante per le donne nelle motivazioni della sentenza.

L’attacco alla vita e alla famiglia, ha concluso l’avvocato Gamba, non vengono portati da extraterrestri ma dall’uomo che ha perso il senso dell’umano.

Ha preso poi la parola il professor Gandolfini precisando subito che un tema così vasto non può certo essere esaurito in una serata ma tuttalpiù affrontato con flash mirati a suscitare riflessioni. 

Legami sessuali ‘liquidi’

Attingendo alla sua esperienza professionale e alle profonde conoscenze umane, legali, filosofiche, morali e scientifiche (in particolare neurobiologiche e psichiatriche), il professore ha illustrato una carrellata di situazioni in cui viene vilipeso l’uomo nei suoi diritti più inviolabili, sanciti peraltro dalla nostra Costituzione e riconosciuti (non creati!) dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. A partire dalla pretesa del riconoscimento giuridico delle cosiddette ‘famiglie arcobaleno’, per scalzare il concetto di famiglia naturale fondata sul matrimonio, diluendo la concezione stessa di famiglia ad ogni tipo di legame sessuale, affettivo, empatico etc. 

Cos’è la famiglia naturale?

La famiglia invece, ha rimarcato Gandolfini, è naturale perché è il luogo dove si determina in modo naturale la procreazione, per mezzo dell’incontro di un uomo con una donna. 

Particolare rilievo è stato poi dato dal relatore all’unica alternativa, moralmente accettabile, per dare una famiglia ad un figlio che non ce l’ha: l’istituto dell’adozione, particolarmente meritoria quando un bambino è disabile. Il professor Gandolfini può ben dir la sua in questo contesto avendo adottato sette figli. È quindi da condividere la sua preoccupazione per il crollo delle adozioni perché oggi è molto più comodo ricorrere alla fecondazione artificiale o all’utero in affitto, pratiche che riducono i figli ad oggetti di desiderio che si comprano, si scartano o si congelano.  

Emergenza adozioni?

Così pure è da raccogliere e diffondere l’accorata denuncia della grossa ‘balla’ di chi vuole spingere le adozioni da parte di gay sul presupposto che mancano gli adottanti e ci sono tanti bambini abbandonati che nessuno vuole. La realtà omessa è invece, secondo i dati Istat, che in Italia c’è solo un bambino adottabile a fronte di sei coppie che chiedono l’adozione. Altro che emergenza adozioni, pretesto per affrettare l’accesso di coppie omosessuali all’istituto dell’adozione! E purtroppo questa carenza di bambini adottabili deriva anche dal gran numero di aborti avvenuti in Italia negli ultimi 45 anni: oltre 6,5 milioni. E dalla mancata pubblicità alla possibilità per la madre di partorire in anonimato, specificamente prevista dalla legge 194/78 come una delle soluzioni alternative all’aborto.

Un corpo non mio ma di un’altra persona

L’aborto è ancora oggi sostenuto ostinatamente contro ogni evidenza scientifica da un’ideologia che vorrebbe ridurlo all’eliminazione di un grumo di cellule. Eppure basterebbe vedere un’ecografia per comprendere cos’è quell’esserino che si vuole eliminare. Ma se la realtà di un’ecografia è troppo evidente diventa anche inaccettabile perché sconfessa la grande menzogna e tutti gli inganni. E allora si insiste a trincerarsi dietro slogan del tipo ‘il corpo è mio e decido io’. Ma attenzione, dice Gandolfini come qualificato scienziato: tu donna puoi anche decidere di toglierti un neo o utilizzare il tuo corpo come credi. Ma non puoi disporre di un corpo che non è tuo, con un patrimonio cromosomico diverso (si chiama DNA, lo dice la scienza!), perché la creatura che porti in grembo è una persona diversa da te.

DAT, suicidio assistito, aborto post-partum, eutanasia passiva e attiva: un cocktail micidiale di soluzioni per le persone da scartare

Il discorso di Gandolfini si è poi rivolto sul versante del fine vita, cominciando a commentare la recente proposta di legge in materia di suicidio medicalmente assistito.

L’intento di introdurre nel nostro ordinamento la legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito rappresenta, a suo avviso, un radicale e pericoloso cambio di paradigma di fronte alla malattia, alla cura e alla disciplina medica in generale. Sul piano culturale e antropologico si introduce il principio di disponibilità della vita umana, sulla base di un criterio di autodeterminazione senza limiti. 

Aborto post-partum

Gandolfini ha poi toccato un altro aspetto dell’eutanasia a dir poco agghiacciante. Sono infatti oggetto di discussione in Olanda e in Belgio proposte per permettere il cosiddetto aborto post partum, cioè la soppressione di bambini disabili alcuni mesi dopo la nascita (fattispecie giuridica presentata anche negli Stati Uniti). Lo chiamano aborto post-partum ma si tratta di infanticidio, perpetrato con mezzi eutanasici. La motivazione è pienamente coerente con le giustificazioni dell’aborto: se è legalmente ed eticamente ammissibile sopprimere un bambino down nel ventre materno sino al sesto o addirittura nono mese di gravidanza, perché non ammettere la stessa soluzione anche dopo la nascita? Cosa cambia? La coerenza di questa motivazione è essa stessa spiegazione della crudeltà dell’aborto: l’aborto al terzo o al sesto mese di gravidanza non è cosa diversa dall’infanticidio del bambino nato da sei mesi o da un anno.  E’ sempre soppressione di un essere umano.

Insomma, riepilogando il discorso sino a qui fatto, secondo Gandolfini c’è un preciso piano per minare le fondamenta della società e, per attuare questo piano, per prima cosa si mina la vita.

Suicidio “assistito”

Il professor Gandolfini in un altro flash ha poi ripreso il tema del suicidio assistito. Nel momento in cui questo si configuri come diritto, dall’altro versante corrisponderà un dovere di rendere effettivo questo diritto. E tale imposizione ricadrà su medici, calpestando i loro obblighi deontologici di salvaguardare la vita, non somministrare la morte ai pazienti e non dare esecuzione a prestazioni che contrastano con la lora coscienza o il loro convincimento clinico. Si pone quindi un grosso problema di obiezione di coscienza che le proposte di legge sino a qui succedute (peraltro il disegno di legge Bazoli nella scorsa legislatura è arrivato ad un passo dall’approvazione) hanno accuratamente omesso: o il medico accetta di farsi carnefice o quantomeno a cooperare ad una soluzione che contravviene i doveri deontologici professionali, oppure potrebbe andare incontro a sanzioni disciplinari e giuridiche. 

Consenso informato e senso della sofferenza

Un ulteriore approfondimento è stato poi offerto dall’ospite in merito alla legge del 2017 intitolata ‘norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento’. Le DAT, secondo le intenzioni del legislatore, sarebbero una sorta di espressione di consenso (ad un certo trattamento od omissione di trattamento sanitario) manifestato ex ante, cioè prima che si manifesti una certa patologia.

Ma, ha spiegato Gandolfini, non funziona così. In realtà, il consenso si esprime sempre nell’attualità di una condizione medica, non in astratto per una situazione futura. E le spiegazioni del medico al paziente nonché le terapie consigliate devono essere riferite al caso clinico attuale e ai sintomi riscontrati. Oltretutto, un conto è immaginare un altro conto è vivere una certa situazione: le prospettive cambiano. Dall’alto della sua quarantennale conoscenza degli hospice bresciani,  Gandolfini ha rivelato che nel corso del tempo su oltre 4000 pazienti in fin di vita che sono stati curati solo in due casi è stata chiesta l’eutanasia, e in entrambe i casi dai parenti! I malati invocano  sempre di non essere abbandonati, di dare un senso alla sofferenza con il conforto umano e la vicinanza; e laddove non si arrivi a tanto può sopperire una corretta somministrazione della terapia del dolore. Ma anche qui l’ultima denuncia di Gandolfini: queste cure, ultimo presidio di pietà e solidarietà umana contro l’abbandono terapeutico, vengono malamente applicate o negate, nonostante siano state rese obbligatorie per legge.

Il cocktail della disperazione

Purtroppo, il rischio è che se si lasciano mescolare ingredienti come solitudine, sofferenza e abbandono ecco che si offre al malato un micidiale cocktail che si chiama disperazione. E quando una persona è disperata può essere pronta a tutto, proprio perché le è stato tolto ogni orizzonte di senso e speranza. Ma se invece c’è la possibilità di dare una risposta alla sofferenza fisica (e ce l’abbiamo, grazie alle cure palliative: oggi il dolore fisico è controllabile con una sedazione non terminale), se togliamo la sensazione di essere un peso e accompagniamo il moribondo, manifestando vicinanza e affetto, ecco che la disperazione lascia il posto ad una soluzione amorevole e dignitosa.

Il principio di tutela della vita è inderogabile, ha ribadito Gandolfini. Basta vulnerare il principio, introdurre una deroga e l’esperienza in altri Paesi dimostra che è solo questione di tempo e saltano tutti i limiti e tutti i paletti. Il male è come una slavina: inizia come una pallina piccola e diventa valanga. 

Citando un medico olandese, pentito di essere stato pro-eutanasia fino a pochi anni prima, Gandolfini ha proposto questo ammonimento: ‘ L’eutanasia è contagiosa: una volta che è sul menù la gente la ordina’. A corollario di quanto spiegato, il professore ha poi voluto ricordare una serie di pronunciamenti papali e magisteriali, tra i quali spicca questa precisazione contenuta nella Lettera del 2020 ‘Samaritanus Bonus’ della Congregazione per la Dottrina della Fede: 

L’eutanasia è un crimine contro la vita umana, un atto intrinsecamente malvagio in qualsiasi occasione o circostanza.

Un ultimo accorato appello, a conclusione dell’intervento, è stato lanciato per sottolineare l’importanza della presenza pubblica del mondo pro-life alla prossima manifestazione nazionale per la Vita, prevista a Roma il 20 maggio 2023. 

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Autore: Roberto Allieri

Nato a Pavia nel 1962, sposato e padre di quattro figli, risiede in provincia di Bergamo. Una formazione di stampo razionalista: liceo scientifico, laurea in giurisprudenza all’Università di Pavia e impiego per oltre trent’anni in primario istituto bancario. L’assidua frequentazione di templi del pensiero pragmatico e utilitarista ha favorito l’esigenza di porre la ragione al servizio della ragionevolezza e della verità. Da qui sono seguite esperienze nel volontariato pro-life, promozione di opere di culto, studi di materie in ambito bioetico, etc. Collabora al Blog Oltre il giardino QUI  Vedi tutti gli articoli di Roberto Allieri

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