TRADIZIONI POPOLARI E RELIGIOSE DI UNA CITTÀ DEL VAL DI NOTO. La Scala (4).

Scalinata di Santa Maria del Monte Caltagirone –
Fonte Wikipedìa

C’era una volta un tempo in cui la memoria era l’anima dei popoli. Il desiderio di raccogliere e raccontare il piccolo universo calatino è germogliato da quell’ anima ed ha avuto un tempo molto lungo per maturare nel mio cuore. Ha avuto inizio ispirato dai miei nonni ed è cresciuto accudito con tenerezza

grazie all’amore per le persone e la “terra” che mi ha permesso di diventare ciò che sono. Parlare della Scala di Caltagirone è parlare dell’espansione di questo microcosmo.

Il nuovo assetto urbanistico dal secolo XVI al XIX

Alla fine del XVI secolo il paese iniziò a spostarsi verso la parte bassa delle colline e questo comportò notevoli problemi di viabilità. Gli amministratori del tempo pensarono di collegare la Città vecchia a quella nuova con una strada larga. Per farlo, fu necessario un vasto taglio di casupole esistenti lungo il versante meridionale del colle. Questa strada dal piano della Casa Senatoria avrebbe portato a quello della Chiesa Madre. Tutto ciò avveniva nel 1606 e la nuova arteria stradale fu sistemata a gradinate intercalate da piazzette.

Nel 1844 le varie rampe furono unificate e si ottenne, così, una grandiosa scala rettilinea con gradini ravvicinati, come oggi la vediamo. Si arrampica fra due fitte schiere di case con una continuità di ben 142 gradini per consentire di superare un dislivello di circa 45 metri.

 L’antica scalinata ospitò gran parte della folla in preda al panico durante il terremoto del 1693. Anche oggi, nella domenica di Pasqua, diventa un tappeto brulicante di teste umane in preda, però, all’allegria della festa.

Il rivestimento policromo

Nel 1954 la Scala ha aggiunto alla sua grandiosità e bellezza un’altra attrattiva: in occasione del rifacimento dei gradini, in ogni alzata, è stato applicato un rivestimento in maiolica policroma, che riproduce motivi usati dai maiolicari siciliani in ordine cronologico dal X al XX secolo, raccolti ed adattati dal Professor A. Ragona. Così questa importante opera fornisce uno spettacolo permanente di notevole attrazione; essa diviene quasi un museo aperto a tutti gli sguardi. I diversi motivi decorativi dei gradini sono vere note di colore che incuriosiscono ed invitano cittadini e forestieri a salire la Scala fino in cima.

Trovo molto suggestivo percorrere la salita per qualche tratto, fermarmi e girarmi verso il piano: allora, quando l’aria è particolarmente tersa e il cielo è di un blu cobalto, si domina il paesaggio e l’occhio spazia fino al mare.

La scala di luce

La Scala fa maggiormente parlare di sé quando, nel corso delle annuali feste patronali, viene illuminata artisticamente e nel modo tradizionale. La più antica notizia dell’illuminazione fatta a spese del Comune risale al 1703.  Il padre carmelitano gelese Benedetto Candioto, nel 1741 nei suoi “Saggi storici di Sicilia” nel descrivere la festa di San Giacomo, Patrono della Città, fra l’altro ci dice che

... la città di sera è tutta quanta illuminata a festa e desta su tutto grandissima attrattiva

l’illuminazione con lanterne di triplice colore nella scala della Chiesa Madre

Lungo tutti i gradini vengono disposti a disegno dei cilindri di carta bianca resistente, dell’altezza di circa trenta centimetri, con dentro una lucerna (detta “lumera”) ad olio di oliva di buona qualità in modo che, bruciando, non faccia tanto fumo; la disposizione dei lumi cambia ogni volta e l’artista, autore del disegno, riproduce figure e motivi ornamentali di un effetto incomparabile, ottenuto con soli tre colori: il bianco, il rosso ed il verde sullo sfondo nero del buio della notte.

Nelle notti di luglio, circa quattromila vivide luci brillano sui gradini della Scala e sembrano un grande arazzo di fuoco a disegno che scende dall’alto verso il basso.

La scala disegnata

In tempi più antichi, le lanterne di carta, comunemente chiamate “coppi”, avevano una disposizione semplicemente geometrica; si trattava di un vasto tappeto di luci, ma nulla di più. Il primo a tentare il disegno nella Scala fu l’architetto Bonaiuto nel tardo 1700. Nell’oscurità, tali disegni si delineano nitidi e richiamano, a chi guarda, la visione di un fiume di fuoco. Il riverbero della luce delle migliaia di fiammelle sui muri delle case, alle ali della Scala, aggiunge una visione più suggestiva come fossero bagliori d’incendio. Bisogna ammirarlo di persona per averne un’idea più realistica.

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Autore: Francesca Bronzetti

Insegnante specialista di Religione Cattolica nei licei e di Teologia alla Università Cattolica del sacro Cuore di Milano.

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