“L’amministratore disonesto”

Marinus van Reymerswaele, L’amministratore disonesto, 1540,
Vienna (Kunsthistorisches Museum).
L’artista, nel cartiglio appeso sotto la finestra, esplicita quanto ha raffigurato nel dipinto

Manterrò, o Dio, i voti che ti ho fatto:
ti renderò azioni di grazie,
perché hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei piedi dalla caduta. (Sal 55/56)

Commento artistico-spirituale al Vangelo della XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C – 17 Settembre 2022

Di don Tarcisio Tironi, Direttore M.A.C.S. (Museo di Arte e Cultura Sacra) di Romano di Lombardia-Bg

Sulla destra del dipinto «L’amministratore disonesto», Marinus van Reymerswaele, nel cartiglio appeso sotto la finestra, esplicita quanto ha raffigurato sulla tavola del 1540, ora a Vienna (Kunsthistorisches Museum), scrivendo l’abbreviazione del testo latino del Vangelo secondo Luca: «Lucas XVI. Redde rationem vilicationis tuae; iam enim non poteris vilicare» («Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare»). È il secondo versetto della parabola «L’amministratore disonesto» (16,1-13).


Due personaggi occupano quasi completamente la scena: il ricco, seduto e, in piedi, il suo amministratore, convocato perché non tornano i conti della gestione del patrimonio. Gesù racconta: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. In un contesto strapieno di ricevute, di contratti, di carte di debito quasi debordanti nella fascia superiore, spicca il cenno della mano con cui il padrone dalla preziosa veste rossa e il vistoso cappello verde, indica il tavolo mentre con la sinistra chiede al dipendente ragione del suo operato. A questo gesto, l’artista contrappone quelli del manager che con la sinistra indica il cielo e, con la destra e lo sguardo, fa capire che cosa ha deciso di fare dopo aver valutato di non saper zappare e di vergognarsi di elemosinare. Oltra la finestra infatti è raffigurata la soluzione: come farsi degli amici che l’accolgano in casa. L’amministratore sta condonando i debiti dei creditori del padrone secondo la parabola: «Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Van Reymerswale dipinge proprio il primo creditore intento a riscrivere il suo debito e il secondo nel momento in cui riceve il foglio da correggere. Sorprende come Gesù concluda la parabola: «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. Vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne».
L’elogio è per l’uomo non in quanto disonesto ma perché è pronto a rinunciare a una grande somma di denaro e a investirlo per farsi degli amici proprio attraverso di esso. Gesù afferma pure oggi che, se vogliamo che il Regno di Dio e il bene s’estendano, bisogna essere avveduti.
Pier Paolo Pasolini ricorda che pure l’omissione e l’inerzia sono un peccato: «Peccare non è solo non fare il male, ma anche non fare il bene».

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Autore: Libertà e Persona

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