ICONE CONTRO LA GUERRA

Edgar Degas, La ballerina verde, 1878-1879,
Museo Nacional Thyssen-Bornemisza

Gli articoli di Alfredo Tràdigo, che possiamo trovare sul suo Blog (Alfredo Tradigo, QUI) sono aiuto a guardare la vita con occhio contemplante, sereno e di fede, anche nei momenti di dolore. Così riesce a collegare eventi all’apparenza indipendenti, come il 25 marzo, u. s., la danza della ballarine ucraine a Milano e la Consacrazione

della Russia da parte del Papa e di tutta la Chiesa Cattolica, benché la quasi totalità della stampa, che si proclama laica, non abbia rilevato in alcun modo l’evento mariano di altissima portanza per la Chiesa e il mondo.

Con sgurado ampio sull’arco della storia, Alfredo Tràdigo non si ferma al momento presente e alle sue passioni, ma cerca il senso cristiano di una vita che si manifesta oltre particolarismi e angusti orizzonti. Per questo, gli ho domandato di potere pubblicare, per esempio, ICONE CONTRO LA GUERRA dell’ 1 aprile 2022 (L’originale QUI)

Aggiorniamo questo articolo, pubbllicato il 2 Aprile c. a., con questa poesia dedicata Boucha ed introdotta da originali parole dell’Autore.

Alla televisione i corpi di una sessantina di civili morti e lasciati sull’asfalto, a volte trascinati via con corde, sepolti in sacchi neri nelle fosse comuni  intorno alla chiesa di Bucha, dalle cupole d’oro, l’unico edificio lasciato in piedi in un mare di fango e detriti che lo circonda. Ciao Marcello. Alfredo 


BUCHA

È stato necessario
tutto il Tuo corpo dato
tutto – non l’anima lo spirito insufflato
non le parole ma il corpo tutto intero
Tuo davanti all’innocente
corpo sacrificato
da un soldato colpevole
di non fare il soldato ma assassino
Caino – macellaio
del povero cittadino che esce
allo scoperto per il cibo
le medicine per il marito malato
e anche lei hanno ucciso
questo giorno che è sera
pallida della periferia di Bucha

È stato necessario per noi
darci il Tuo corpo tutto per intero
da una croce deposto sull’asfalto
membro su membro fino all’ultimo
brandello Tuo necessario per tirarci fuori
da questo corpo di neve
da questa fossa comune scavata
nella terra rossa dietro la chiesa
dalle cupole d’oro

Un colpo alla nuca e le mani
dietro la schiena legate
con un brandello bianco di stoffa
russa o ucraìna è l’anima stanca
ma a nessuno di questa terra importa
– nessuno risorge da solo

È stato necessario il Tuo corpo – tutto
non l‘anima non le parole
ma il corpo Tuo intero qui nelle ferite
dei granai e dei corpi sotto il nevischio
che dirada e discende tra i colpi
di kalashnikov – neve sporca di strada
neve uccisa fiocco a fiocco dai colpi
neve senza più sorriso
di betulla bianca e petalo di foglia.

Di Alfredo Tràdigo

Sembrano uscite da un quadro di Degas le quindici giovani ballerine ucraìne ospiti a Milano presso la sede del corpo di ballo di Kiev. Qui le ragazze, esili come piume, dopo la paura ricominciano timidamente a ritrovare il loro equilibrio sulle punte, a distendere le lunghe gambe sulla sbarra, a snodare i corpi flessuosi in armoniose geometrie. Purezza dell’arte e dei suoi ritmi. In quello stesso giorno (25 marzo scorso, festa dell’Annunciazione) il Papa consacrava la Russia e l’Ucraina al cuore immacolato di Maria, che è madre di tutti, anche di quelle quindici giovani ballerine profughe.

Di qua la pittura, l’arte, la fiducia. Di là la guerra. Di nuovo un muro divide in due l’Occidente : est e ovest. Di qua la Parigi di Degas, di Montmartre e della vie en rose. Di là la follia di un’ideologia omicida che sembra aver mischiato, nella mente malata di un leader, tutti gli “ismi” della storia: zarismo, comunismo, imperialismo e insieme consumismo e ricchezza sfrenata, fatto di enormi yacht e immense ville ubicate nel tanto odiato regno del male.

Un nuovo muro, un’altra cortina di ferro sembra rialzarsi tra l’est e l’ovest, nel cuore dell’Europa. Vittima l’Ucraina, per la sua posizione geografica di confine. E pensare che nelle acque del fiume Dnepr, che attraversa tutta la regione, dalla Bielorussia al mar Nero passando per Kiev, i primi popoli slavi, un meticciato di variaghi e germanici, hanno ricevuto nel X secolo il battesimo dal principe Vladimir. Qui, proprio qui, nella martoriata capitale dell’Ucraina, oggi sotto assedio, è nata l’anima della Russia, il suo primo principato, la culla di quella che sarebbe poi stata la grande Russia delle città-stato: Kiev, Vladimir, Pskov, Novgord, Mosca.

Ognuno di quei principati ha avuto la sua gloriosa scuola di pittura di icone, con sede nei grandi monasteri come quello, per esempio, delle Grotte di Pskov e della Lavra della Trinità, a 60 chilometri da Mosca. Oggi quelle stesse icone tremano incerte sui muri sgretolati delle case di Kiev, fino a cadere, ad ardere e sparire in cenere, consumate dagli incendi provocati dai tizzoni delle bombe. Davanti alle icone delle città russe, invece, brillano sicure le lampade nelle chiese e nelle abitazioni: Mosca, Pskov, san Pietroburgo. Davanti alle immagini sacre il fedele ortodosso, ucraìno o russo, in tempo di pace e anche oggi – dove può – farà lo stesso segno di croce con tre dita.

Ecco, forse anziché guardare la televisione, ascoltare la voce delle sirene mediatiche, dei social e degli opinionist, anziché infiammarsi d’odio l’uno per l’altro, bisognerebbe guardare alle proprie radici comuni che hanno nelle icone il punto focale più luminoso per tutti. Forse è proprio una questione di sguardo. Stare fermi in un cessate il fuoco spirituale davanti a immagini sacre che hanno parlato per secoli a intere generazioni. Consultarsi con loro come davanti a un oracolo antico. Forse uno sguardo può sconfiggere il mostro della guerra che è dentro di noi, di tutti. Scoprire, come diceva papa san Giovanni XXIII, apostolo della pace, che bisogna guardare alle cose che uniscono (e sono tante, anche in Russia, e vengono da Dio, come un dono) anziché guardare a quelle che dividono (e sono poche, e tutte vengono dal demonio). È una questione di sguardo. Di silenzio. Di ascolto di quei messaggi che i monaci della Santa ‘Rus hanno lasciato nei colori, nell’oro, nel disegno delle sante icone. Le ballerine che danzano a Milano nei loro candidi tutu sono già una risposta.

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?

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