L’aumento dei boschi segna la fine del catastrofismo ecologista

Un tempo si credeva che fosse la destra, più o meno estrema, a criticare l’industrializzazione, la modernità e l’urbanizzazione, le quali avevano sottratto l’uomo dal bel “Piccolo mondo antico” (Fogazzaro).

La Bibbia di certe frange della destra italiana ed europea era “Rivolta contro il mondo moderno” del barone filosofo Julius Evola, costantemente ristampato dalle Mediterranee e ormai tradotto in tutti gli idiomi d’Europa.

Così, per alcuni intellettuali di sinistra, il “declinismo”, l’idea cioè che ci sia un declino morale, sociale e culturale da uno o più secoli, sarebbe indice di conservatorismo, di tradizionalismo e quasi quasi di neofascismo.

Da quando però Greta Thunberg e gli altri profeti di sventura hanno preso il sopravvento sulla scena mediatica mondiale, il catastrofismo, la paura del futuro e il pessimismo cosmico sono tornati là dove essi debbono albergare: a sinistra! Sebbene ci sia oggi una palese contraddizione tra il progressismo storico avito, e l’ecologismo estremista, che vede solo male nella tecnologia e nella scienza. E che predica la fine delle specie – inclusa quella umana – e la morte dell’innocente pianeta causata da uomini cattivi (specie quelli del nord, industrializzati, tecnologici, che vanno sulla luna, che prendono l’aereo…).

Per fortuna che il nostro valente Franco Battaglia e una schiera indomita di scienziati e tecnici dell’ambiente dicano che la realtà sia molto diversa dall’incubo descritto dai “terroristi psicologici”. Allarmarsi per migliorare si può e si deve, ma senza indurre panico, specie nei giovani e nei bambini (“se il mare è sporco la colpa è tua, se il ghiacciaio si scioglie è colpa dei tuoi avi, se il deserto avanza è colpa dei ricchi che hanno 2 macchine”).

Ebbene, il Ministero per le politiche agricole e forestali, in un recente comunicato stampa, ci informa che, grazie a politiche lungimiranti, “La superficie boschiva nazionale è aumentata in 10 anni di circa 587.000 ettari”. Facendo raggiungere il manto boschivo del belpaese a 11 milioni di ettari, il che è “pari al 36,7% del territorio nazionale”.

Non stiamo quindi annegando nel catrame, nell’asfalto o nella sabbia, tranquilli. Si veda in tal senso, Thomas Pedretti, Con la scusa del clima. Oltre l’ambientalismo mainstream: per un futuro consapevole, Passaggio al bosco, 2019.

Ovviamente, scrivono gli esperti del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) e dell’Infc (Inventario nazionale delle foreste), oltre all’aspetto bucolico, romantico ed estetico, boschi e foreste “svolgono un ruolo essenziale nel garantire gli equilibri naturali e ambientali globali e, contemporaneamente, nel contribuire al soddisfacimento dei bisogni del genere umano”. Non solo si può evitare di ridurre il verde, ma esso può essere aumentato nel mondo, nonostante cellulari, 5G, aeroporti e navi da crociera.

Si rassicurino dunque ecologisti e allarmisti climatici. Grazie al lavoro dei (cattivissimi) esseri umani e alle politiche messe in campo da alcuni anni – e non dell’ecosistema in sé –  si è registrato un “incremento di 290 milioni di tonnellate di CO2 stoccata e quindi sottratta all’atmosfera”. La quale secondo la narrazione sarebbe la causa prima del global warming. In pratica più boschi è uguale a meno inquinamento ambientale e meno riscaldamento della terra.

Facciamo quindi dormire sereni i nostri bambini. Avranno da lottare per un futuro migliore, a livello economico, lavorativo, democratico, eccetera. Ma nulla è perduto fino a quando esisterà un essere umano, delle menti pensanti e un ideale di bene e di prosperità che sia puro come un lago alpino. Senza angoscia e (strumentali) timori da fine del mondo.

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