La rifondazione materna e le nascivendole

di Marcello Veneziani.

E se la politica ripartisse dalla maternità, ovvero dal ruolo insostituibile delle madri nel governo della vita pubblica e dalla rifondazione materna della politica? La proposta mi giunge da Viviana Micheli, docente di Liceo Classico, ora in pensione. Ed è una proposta unita a una bozza di progetto per valorizzare il ruolo centrale della maternità non in famiglia o nella società ma soprattutto in politica. Per illustrare la sua proposta, la prof Viviana, mi manda l’immagine di una bellissima scultura di Zhang Yaxi dal titolo “Mother and Child”, qui sopra. La saggezza delle donne che regnarono o che consigliarono i potenti, la maggiore sensibilità femminile, l’attenzione all’economia domestica e il prendersi cura come attitudine naturale materna, la loro concretezza unita all’amore.

La politica fu un tempo il regno dei Padri, potrà diventare il governo delle Madri? È una domanda antica ma anche beffarda se si considera il contesto attuale: il femminismo fanatico, la psicosi del MeToo e la guerra innaturale tra i sessi; l’ossessione delle quote rosa, ma soprattutto la distruzione metodica della maternità, ora con la valorizzazione di orientamenti sessuali in contraddizione con la figura materna, ora con la piaga mortificante della maternità surrogata, col relativo losco traffico degli uteri in affitto. Modelli funzionali a un altro tipo di famiglia, e interamente centrati sul desiderio, se non il capriccio, anche di un singolo, di disporre di un figlio senza passare dal suo naturale transito da un padre, una madre e dalla loro unione.

In pieno frastuono della legge Zan, con relativa mobilitazione del circo, nell’epoca del femminismo militante, del Metoo imperante, della denuncia sistematica degli abusi, dello sfruttamento e delle violenze compiuti contro le donne, viene tollerato, accettato o solo blandamente criticato il traffico indecente sulle donne e la loro gravidanza. L’utero in affitto, ovvero il commercio di maternità. Un traffico che coinvolge i bambini, i nascituri. Ma non solo: in piena retorica umanitaria verso i migranti, si accetta senza battere ciglio questa forma grave di sfruttamento dei poveri del mondo, di esproprio della prole, da parte degli europei agiati. Una forma becera di colonizzazione dell’utero e di mercato dei bambini…

È una mortificazione e una violenza inaudita per le donne, una prostituzione e un’espropriazione non solo del proprio corpo ma della maternità e dei suoi frutti naturali e affettivi, i figli. Risponde all’egoismo benestante di coppie, spesso dello stesso sesso, o di single, che usano i corpi altrui come bucce, come gusci o container, come alveari e depositi, asserviti ai propri desideri.

La legge Zan tace sull’utero in affitto e la maternità surrogata e di fatto genera i presupposti per favorirne la diffusione. Il mondo che l’ha caldeggiata evita di pronunciarsi sulla pratica odiosa e sul business che ruota, sull’insufficienza dei divieti penali e sulle proposte per dichiarare l’utero in affitto un reato universale. Non ci sono nemmeno Fedez-Ferragni, palcoscenici e tv che denuncino questi abusi… Lucio Malan di Forza Italia ha chiesto di spiegare perché si condanna Orban e il suo governo che tutela la famiglia e non quei paesi che permettono la compravendita dei figli tramite l’utero in affitto.

La maternità surrogata tocca il paradosso della nostra società avara di figli, in cui i morti superano di gran lunga i neonati, in cui gli aborti continuano a falcidiare altre vite. E l’Italia ha il triste primato del tasso più basso di natalità, a differenza del resto del mondo, del sud del pianeta in particolare, in cui il problema è opposto, l’esplosione demografica.

In un contesto del genere succede dunque che qualcuno impossibilitato ad avere figli, per mancanza di partner, per sterilità o perché omosessuali, decida di fare shopping per avere un figlio. Non adottare chi è già nato, che sarebbe un’opera meritoria, di cui sarebbe auspicabile agevolare l’impresa, a certe condizioni di garanzia del bambino prima che dei genitori; ma “commissionarlo” a donne che per povertà e bisogno decidono di vendere il loro frutto o la loro fertilità. La maternità come un pacco arrivato da Amazon direttamente a casa tua, senza la fatica della gravidanza… Un capitolo infame, degno della tratta delle schiave e del traffico di neonati e ovociti.

In questo clima proporre alla politica un ruolo materno, ritenere cioè che si debba rifondare la politica ripartendo dalle madri suona come un risveglio di ruolo e un’inversione di rotta. Tutt’altro che maschilista, perché si presuppone un ruolo non subalterno, non di supporto domestico, delle donne ma un ruolo centrale, di guida e fondamento della società. E sarebbe anche una risposta non “regressiva” alla mortificazione della maternità con la “surrogata” e l’utero in affitto. L’Europa è largamente insensibile a questi temi, e anche le grandi forze del Parlamento europeo che pure si dicono di ispirazione cristiana, come i Popolari, sono assenti e silenziose su questa piaga. Altrettanto grave è il silenzio dei movimenti femministi che dovrebbero tutelare la dignità e la vita delle donne e avversarne lo sfruttamento e la depredazione. Salvo alcune lodevoli e solitamente individuali eccezioni, i movimenti delle donne tacciono.

Eppure sarebbe una battaglia cruciale in difesa della dignità femminile e della vita nascente contro l’umanità surrogata e la riduzione dell’utero a bancomat. Nel nome della madre, del figlio e della benedetta famiglia.

MV, Panorama (n.30)

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