Quando Pio X diceva di andarci piano con la fratellanza

di Stefano Fontana.

La Chiesa di oggi è tutta proiettata a proporre e a realizzare la fratellanza universale. L’enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti” ne è l’esempio più risonante. La Chiesa cattolica vuole collaborare con tutti – tutte le religioni, tutti i centri educativi, tutte le agenzie internazionali, tutti i movimenti sociali e politici – per un nuovo ordine mondiale, per un nuovo patto educativo globale, per un impegno di tutte le religioni per la pace mondiale, per una ricostruzione globale ecologicamente sostenibile. Questa solidarietà universale viene fondata dall’attuale magistero supremo sull’uguaglianza e, appunto, sulla fraternità. Sull’uguaglianza nel senso che la “inequità” sarebbe la causa principale dell’ingiustizia, e sulla fraternità, in quanto siamo tutti partecipi della medesima condizione umana.

A questo proposito, può essere molto utile rileggere alcuni passi dell’enciclica Notre charge apostolique di papa Pio X del 25 agosto 1910 sui “miraggi della falsa democrazia” ove invece si conduce una critica molto severa al nuovo concetto di fratellanza, vedendo in esso tutti i contenuti negativi della fraternité della rivoluzione francese. L’intervento magisteriale di Pio X – come noto – era indirizzato a condannare i presupposti di principio del movimento del “Sillon” che voleva far sposare la democrazia moderna e la fede cattolica. Dopo aver esaminato e criticato le nuove idee per quanto riguarda la libertà, l’autorità che verrebbe dal popolo e il concetto, secondo Pio X errato, di “dignità umana”, il papa prendeva in esame anche il concetto di fratellanza.

Prima di tutto Pio X dice che la fratellanza cui si vuole giungere con le nuove teorie mondane la si vuole fondare “sugli interessi comuni o, al di là di ogni filosofia o religione, sulla semplice nozione di umanità”. In questo modo si unisce “nello stesso amore e in un’inalterabile tolleranza, tutti gli uomini con tutte le loro miserie sia intellettuali che morali, fisiche e temporali”. Se si assume un criterio solo esistenziale – “siamo tutti sulla stessa barca” – si conclude con l’intendere la fratellanza in modo indistinto, indifferente, generico, comprendendo tutto quanto appartiene alla comune condizione umana in questo momento, senza distinzione. L’universalità della fratellanza diventa qualunquismo, diventa un minimo comune denominatore privo di consistenza perché depurato da tutte le caratteristiche che fanno la differenza. E questo assomiglia molto alla concezione della nuova democrazia illuministica che, alla fine, somma gli individui in una universalità indistinta e priva di radici.

Pio X ricorda quindi che “la causa dell’amore del prossimo è Dio, padre comune e fine unico di tutta la famiglia umana, e l’amore di Gesù Cristo di cui noi siamo le membra tanto che aiutare un infelice è far del bene a Gesù Cristo stesso. Ogni altro amore è un’illusione e un sentimento sterile e passeggero”. La fratellanza, allora, si fonda ultimamente su Cristo, ma se la Chiesa procede pensando di fondarla sull’uomo o su comuni interessi globali dell’intera umanità, comprese anche vere o supposte emergenze climatiche, ambientali o sanitarie, non compie il proprio dovere e contribuisce a costruire una fraternità sulla sabbia. Infatti, continua Pio X, “L’esperienza umana delle società pagane o laiche di ogni tempo sta a provare che in certi momenti la considerazione dei comuni interessi o della somiglianza di natura ha poco valore di fronte alle passioni e alla cupidigia del cuore”. La fratellanza non può quindi essere separata dalla carità cristiana, e la Chiesa non può predicare una fratellanza solo umana e non anche cristiana. Ma come è possibile predicare una fratellanza cristiana pensando la fratellanza come indifferente alle religioni e alle morali presenti nel mondo, come sembra avvenire oggi?

Secondo Pio X, “se si vuole arrivare al massimo grado di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri per mezzo della fratellanza, o come si suol dire, per mezzo dell’universale solidarietà, è necessaria l’unione degli animi nella verità, l’unione della volontà nella morale, l’unione dei cuori nell’amore di Dio e del suo figlio Gesù Cristo”. Non si può partire dalla solidarietà, che è comunque una prassi. Bisogna partire dal fondamento di quella prassi, che alla fine rimane essere il Dio di Gesù Cristo. Non si sono aspetti umani – nemmeno la tanto declamata “dignità dell’uomo” – che possano fondare la fratellanza, dato che anche per vedere quegli aspetti umani nella loro giusta prospettiva c’è bisogno dell’intervento salvifico del cristianesimo, che sana la ragione e indirizza il cuore.

Fonte: Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân

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