La Cina a caccia dei porti dell’Adriatico. Ma Rijeka (Fiume) dice no

di Vladimir Kosic.

Ciò che né gli Stati Uniti d’America e né l’Unione Europea vogliono è che si ripeta quanto accaduto con il porto del Pireo e con la “Via della seta” (Sea&Belt Initiative) in cui è coinvolta l’autorità portuale di Trieste all’interno del disegno cinese che coinvolge non solo il nostro paese ma l’Europa intera. Il primo, sfacciato, risultato è stato segnato con l’ingresso/possesso del porto del Pireo, ormai completamente nelle mani di Pechino. Con l’accordo sottoscritto tra Xi Jinping e Kyriakos Mītsotakīs, premier greco, la Grecia è diventata l’ingresso della Cina in Europa ottenendo in cambio pochi spiccioli

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Tre articoli apparsi di recente sulla stampa croata [vedi QUIQUI e QUI ] ci informano che la richiesta cinese di ottenere una parte del principale porto merci dell’ex Iugoslavia, oggi della Croazia, Rijeka, ha ricevuto in risposta un no secco. Il 30 dicembre dello scorso anno, il Consiglio di amministrazione dell’Autorità portuale di Rijeka ha deciso di annullare la procedura di concessione per lo sviluppo, l’esercizio e la gestione del terminal container Zagreb Deep Sea nel porto di Rijeka e di indire un nuovo bando di gara. Alla domanda su quando sarà annunciato il nuovo bando e perché il precedente sia stato annullato, O. Butković (ministro dei trasporti croato) ha detto che il nuovo bando verrà emanato entro breve. “C’è stata una valutazione dell’autorità portuale che ha ritenuto che fosse meglio annullare la gara in questo momento. (…) Nella gara d’appalto non era chiaro cosa sarebbe successo tra cinque o dieci anni nel porto di Rijeka, ed a tal proposito, nel nuovo bando qualcosa cambierà. La gara uscirà tra pochi giorni e mi aspetto che avremo un nuovo concessionario entro aprile.“ (13 c.m.)

La società cinese CRBC (China Road and Bridge Corporation), che sta costruendo il ponte di Sabbioncello, finanziata in gran parte con fondi dell’Unione Europea, ha bloccato con un ricorso il bando di gara per la costruzione del doppio binario della linea ferroviaria Leskovac – Karlovac. Dagli articoli si deduce che il ricorso cinese ha tutta l’aria di un dispetto in risposta al rifiuto croato di concedere una parte del porto di Rijeka ai cinesi sebbene la proposta per ottenere la concessione del terminale risultasse la migliore. Nel bando di concessione per approdare sulla costa croata avevano partecipato il consorzio cinese composto dalle società cinesi Ningbo Zhoushan Port Company Limited (con una quota del 70% nel consorzio), Tianjin Port Overseas Holding Limited (20%) e China Road and Bridge Corporation (10%) oltreché  da una community di concorrenti composta dalla società olandese APM Terminal BV (quota del 51% del consorzio) e la società croata Enna Logic (49%).

Alla domanda sul perché la gara fosse stata annullata Butkovic ha dichiarato che “ ..si trattava di una decisione esclusivamente aziendale (leggi Autor. portuale Rijeka).” Secondo i quotidiani croati, in effetti, non è così. Se l’autorità portuale di Rijeka ha rifiutato un’offerta di 20,5 miliardi di kune (1 euro=7.3 kune) la ragione va cercata nelle pressioni che sia l’Unione Europea e sia gli Stati Uniti d’America hanno fatto sul governo croato. Per ciò che riguarda gli Stati Uniti d’America la ragione principale è connessa ai rapporti di forza createsi nell’alto Adriatico a seguito dello sbarco sulle coste italiane della Cina, mentre per l’Unione Europea le ragioni economiche sono soprattutto connesse con i finanziamenti europei che finiscono regolarmente nelle mani dei consorzi (statali) di imprese cinesi.

Riassumendo, ciò che né gli Stati Uniti d’America e né l’Unione Europea vogliono è che si ripeta quanto accaduto con il porto del Pireo e con la “ Via della seta” (Sea&Belt Initiative) in cui è coinvolta l’autorità portuale di Trieste all’interno del disegno cinese che coinvolge non solo il nostro paese ma l’Europa intera.

Il primo, sfacciato, risultato è stato segnato con l’ingresso/possesso del porto del Pireo, ormai completamente nelle mani di Pechino. Con l’accordo sottoscritto tra Xi Jinping e Kyriakos Mītsotakīs, premier greco, la Grecia è diventata l’ingresso della Cina in Europa ottenendo in cambio pochi spiccioli. “L’11 novembre 2019 il premier greco ha… offerto agli investitori cinesi l’accesso privilegiato nei settori energetici e infrastrutturali del Paese ottenendo in cambio più esportazioni agricole e rotte turistiche. Xi Jinping ha definito l’accordo “un modello di cooperazione sino-europea… Dopo mesi di stallo l’azienda cinese Cosco Shipping che possiede il 51% del porto del Pireo” ha pianificato di costruire “un nuovo porto da crociera, quattro hotel e un terminal per container da 600 milioni di euro. Nell’accordo la Cosco dovrà finanziare altri 300 milioni di euro di investimenti nel porto greco entro il 2022 per l’estensione di un terminal automobilistico nel molo di Drapetsona e un terminal container. In cambio otterrà il possesso del 16% in più del Pireo. 

Tradotto: Atene ha permesso a un’azienda cinese di investire su se stessa per il suo profitto in terra straniera nonostante a inizio ottobre il segretario di Stato Usa Mike Pompeo avesse chiesto al premier greco di ridurre il piano della Cosco per limitare l’influenza cinese in Europa. Tutto legittimo ma a molti osservatori internazionali l’accordo è sembrato impari: più feta e olive nelle tavole cinesi in cambio dell’accesso a settori strategici del Paese. Fuori dall’accordo ma dentro l’economia reale del Paese c’è infatti l’interesse della State Grid Corporation of China, la più grande società elettrica al mondo che ha una quota di minoranza nella società Admie che gestisce la rete elettrica greca. L’azienda cinese ha espresso il desiderio di entrare in un progetto da un miliardo di euro con cui Admie costruirà il cavo di alimentazione sottomarina per collegare entro il 2023 l’isola di Creta alla terraferma. Per capire l’impatto di questo accordo basta notare l’annuncio fatto dalla Banca centrale greca. La Industrial and Commercial Bank of China, la prima banca al mondo nel 2017 per capitalizzazione di borsa e assets, aprirà una filiale. Così come farà la Bank of China, uno dei quattro principali istituti di credito cinesi, di proprietà dello Stato.” Xi Jinping ha definito la relazione con la Grecia una politica delle “due ruote”, in cui oltre alla cooperazione pratica vuole aprire un dialogo tra le due civiltà. (…) La Grecia, con un debito pubblico del 180%, e che ha (il) prodotto interno lordo del Lazio… non poteva essere troppo choosy. Ma se nel 2019 Atene piangeva, Roma non rideva. All’epoca, il governo gialloverde aveva siglato un memorandum di intenti con la Cina più leggero anche grazie all’intervento pesante di Washington che” aveva “chiesto di eliminare qualsiasi riferimento a una partnership per permettere alle aziende cinesi di costruire l’infrastruttura 5G nel Paese. Mentre in Italia il governo” aveva “cercato di ridimensionare la sua portata, il memorandum è stato definito dal governo cinese in patria anche come un accordo politico. Pechino” aveva già “messo gli occhi… sul porto di Trieste, decisivo per applicare la strategia della nuova Via della Seta … con cui Xi Jinping vuole collegarsi all’Europa. «La Cina sta usando le sue armi economiche per costringere i paesi con cui commercia a siglare accordi sbilanciati che beneficiano solo Pechino e lasciano i suoi clienti impantanati nel debito» aveva avvertito Pompeo nel suo viaggio in Grecia di inizio ottobre (2019), ma non è stato ascoltato.” (QUI) E con Trieste (ma non solo) è successo lo stesso. La cartina di seguito riportata andrebbe aggiornata aggiungendo a Vado Ligure anche il capoluogo giuliano.

Il 22 nov 2019 si è, infatti, già “svolta la seconda edizione del Belt and Road Summit: from vision to action”, organizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con il China Development Institute. (…) Da segnalare la presenza dell’ambasciatore cinese a Roma Li Junhua, e dei rappresentanti di Uzbekistan, Turchia, Azerbaijan, Iran. In prima fila anche il presidente della regione Massimiliano Fedriga (Lega), che auspica la nascita di legami economici e culturali. A detta di tutti i partecipanti la collaborazione con Pechino, dunque, è un buon affare per gli italiani. (…) Gli analisti” presenti all’incontro”, numeri alla mano, hanno cercato di dimostrare che lo sviluppo dei commerci dalla Cina all’Europa è un volano per gli investimenti su tutta la direttrice euroasiatica. L’economista Fan Gang parlando di una Via della Seta versione 2.0 ha posto l’accento “sulla connettività e le infrastrutture: strade, porti, ferrovie”. Senza tralasciare anche il tema della produttività: è necessario implementare “la capacità di produrre e generare profitto, per pagare profitti e utilizzare le infrastrutture che abbiamo costruito”. Non può  sfuggire “che il quadro disegnato dagli organizzatori di quest’evento è fin troppo idilliaco. A detta dei partecipanti al convegno sono infondate le preoccupazioni per la firma degli accordi tra porto di Trieste e autorità cinesi. Per Paolo Borzatta (Senior Partner e responsabile delle attività internazionali di The European House – Ambrosetti), la sinergia con il partner asiatico rafforzerà l’esportazione (corsivo nostro) dei nostri prodotti verso le nazioni dell’Est. Preoccupazioni di che tipo? Le ha ben riassunte l’ex presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker sottolineando che “gli investimenti non dovrebbero essere esclusivamente cinesi” e che “le aziende europee non hanno le stesse possibilità sul mercato cinese rispetto alle aziende cinesi che operano in Europa”. In occasione della sottoscrizione a Roma dell’accordo di cooperazione tra il porto di Trieste e il gruppo cinese China Communication Construction Company – CCCC, con l’intento di favorire l’infrastrutturazione in Centro Europa e aumentare le possibilità di accesso dei prodotti delle piccole e medie imprese italiane presso i mercati cinesi si è palesato che i giocatori in partita giocavano con armi tutt’altro che pari. “Con questo accordo – dichiarò il presidente dell’Autorità Zeno D’Agostino – puntiamo ad organizzare la logistica in uscita (idem) dal porto. Il nostro impegno è quello di supportare le esportazioni in Cina e nel Far East delle nostre Pmi, che non hanno le dimensioni idonee ad affrontare questo tipo di investimenti. L’Autorità di Sistema si mette a disposizione delle imprese italiane per sviluppare in Cina piattaforme logistiche e portuali che permettano al Made in Italy di raggiungere i flussi commerciali verso questo grande mercato in espansione”. (Primato Nazionale, 24 nov 2019)  Sottolineo nuovamente che la CCCC, detenuta dallo Stato cinese, è una delle più grandi imprese mondiali del settore delle infrastrutture, quotata alle borse di Hong Kong e Shanghai. CCCC è presente in 155 paesi, con un fatturato annuale di gruppo superiore ai 90 miliardi di dollari USA, in possesso di elevato know-how nel settore delle infrastrutture di trasporto. Per intenderci, non è un accordo tra pari ma tra un’autorità portuale e lo stato Cinese. La partita Autorità portuale di Trieste vs Cina è persa in partenza. Ma sembra che quanto stava per succedere a Rijeka abbia svegliato dal sonno, non tanto gli USA, quanto la sonnacchiosa UE. Speriamo che l’UE ed i paesi che ne fanno parte si siano finalmente resi conto che l’imperialismo comunista cinese, in Europa come in Africa ed in Asia, rappresenti un pericolo che va combattuto con nuove armi in primo luogo sui mercati.  Non va mai dimenticato che la Cina è una dittatura comunista e che il comunismo non è per niente una questione che appartiene al secolo passato.  Last but not least, i cinesi si stanno comprando mezza Venezia devastata dai lockdown che costringono i proprietari a svendere le loro imprese.   “A differenza del nazismo e del fascismo si parla del comunismo come di un evento archeologico. Poi ti affacci, vedi la Cina che dilaga nel mondo e da noi la sinistra che comanda anche quando perde alle elezioni e capisci che non stai parlando di preistoria e dinosauri… (M.  Veneziani, La verità, 17 gen. ’21.

Fonte: Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân

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