Il voto disgiunto e la tempesta perfetta

di Marcello Veneziani.

Se domenica la tempesta sarà perfetta, la sinistra perderà le regionali con l’aiuto dei grillini e i grillini perderanno il referendum con l’aiuto della sinistra. Nel frattempo è andato in scena il solito copione: le inchieste giudiziarie sulla Lega, l’ombra della Russia che riciccia in vista del voto, i fascisti che ammazzano i migranti o si travestono da migranti per ammazzare i preti, il Conte Ventosa che si para le chiappe dicendo che qualunque sarà l’esito del voto lui resta lì attaccato al trono.

Non facciamo previsioni, anche se abbiamo più aspettative dal voto regionale che dal voto referendario. Ma è proprio su questo che vorrei tornare. Ho detto e ripeto che il taglio di 345 parlamentari, in sé, è una minima cosa che non cambia gli assetti istituzionali, non avvia una vera riforma, ma è fumo negli occhi degli elettori. Non pensiamo affatto che quel taglio pregiudichi la rappresentanza e la democrazia, e nemmeno il contrario, che la migliori e la rafforzi. È solo una riduzione di posti e per questo capisco che dia un minimo piacere, una sadica goduria popolare. Ma se vincessero i no, si otterrebbe un risultato obiettivamente maggiore e sospirato dai quattro quinti degli italiani: dare una mazzata ai grillini che sono un danno incalcolabile al governo. Ieri, per dire l’ultima nociva boiata di Grillo, annunciando a breve valanghe di disoccupati risolveva la questione auspicando valanghe di redditi di cittadinanza. Ma da dove li prendiamo tutti quei soldi? Un paese a carico di ignoti, una società parassitaria di massa, come dice bene Luca Ricolfi, ma come possiamo reggere una cosa del genere? Dovrebbe adottarci qualcuno, l’Europa o la Cina; ma escluse le ragioni umanitarie, non so a quale prezzo e spaventa la prospettiva. O in subordine una cosa del genere può a malapena avviarsi solo se si toglie a chi lavora per dare a chi non lavora, nel miraggio di una società livellata, comunista ma fortemente ingiusta e inegualitaria. Uno Zorro demente che toglie a chi lavora o ha maturato la pensione per dare a chi non lavora, perché disoccupato o perché sfaticato. Dopo il virus prendiamo dalla Cina anche il modello totalitario in versione inerte, secondo la visione dello sciagurato capo-comico.

Ma torniamo alla domenica bestiale che si presenta davanti e che coincide con l’anniversario tondo della Breccia di Porta Pia. Il paradosso del referendum è che quasi tutti i partiti adottano il voto disgiunto, ma non è quello che chiedono le sinistre ai grillini per votare i loro governatori. Il voto disgiunto di cui vi sto parlando è una forma particolare, clinica e patologica: dicono Sì ma sperano No sul referendum, ovvero annunciano di essere a favore del taglio, perché hanno un patto di governo con i grillini (il Pd) o perché in passato hanno sostenuto la riduzione dei parlamentari (il centro-destra) ma in cuor loro, e tra i loro ranghi ed elettori, serpeggia potente la voglia di dire no. E non per tanto salvare il posto a 345 parlamentari quanto per dare una mazzata ai grillini, alla loro demagogia e al loro governo. Che si sono aggrappati al Taio, come dice Di Maio, per arginare il loro crollo di consensi e dimostrare che loro non sono la Casta anche se ne hanno preso il posto.

Questa delle dichiarazioni di voto che confliggono con le intenzioni di voto è un caso da manuale di dissociazione psichica collettiva, un esempio tipicamente nostrano di distanziamento mentale tra il dire e il fare. O in positivo è una cura omeopatica contro un governo di trasformisti: per combattere il governo del Conte Zelig non resta che voltare la gabbana… Solo che non vogliono perdere la faccia, e per quel che riguarda i pidini rimangiarsi i patti, l’alleanza e mettere a repentaglio il governo; ma soprattutto sanno bene tutti quanti che se chiedi agli italiani se vogliono liberarsi di un po’ di politici, la risposta è sì a prescindere, e in larga misura. E loro non vogliono essere impopolari. A volte la gente nutre la stupida pretesa che risparmiando qualche centinaio di indennità si possa aiutare qualche milione di cittadini bisognosi, migranti inclusi; alla gente sfugge il senso delle proporzioni, l’aritmetica elementare, l’abissale differenza tra migliaia di euro e miliardi di euro.

Devo ammettere che in questo referendum sono allineato alla schizofrenia dei partiti, come di rado mi succede: avendo sempre auspicato un taglio del parlamento non me la sento di dire il contrario, ma la tentazione è forte e gli argomenti ci sono tutti. Se perdono i grillini è un risultato migliore di un piccolo taglio, tira un sospiro di sollievo l’Italia; non si risolvono certo i suoi problemi ma perlomeno si dà un colpo a chi li aggrava, con l’irresponsabile incompetenza che li caratterizza.

E poi la riduzione di parlamentari aveva senso dentro una riforma organica, istituzionale, che prevedesse di differenziare i ruoli delle camere, eleggere direttamente il governo, riqualificare la rappresentanza così scadente, riequilibrare l’anomalia di una democrazia in cui il potere legislativo (il Parlamento) legifera poco e i tre quarti delle leggi arrivano direttamente dal potere esecutivo (il governo e i suoi decreti). Un “taio” così, a scapocchia, è solo un furbo espediente per assecondare l’infantile sadismo popolare contro i politici. Per questo, domenica andrà in scena la farsa e la tragedia del voto disgiunto, col relativo spettacolo seguente di contorsionisti, mangiafuoco e danzatrici del ventre.

MV, La Verità 18 settembre 2020

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