Favori al Pd e migranti usati: la Caritas pelosa di Bergamo

di Andrea Zambrano.

Accuse pesantissime di business sui clandestini: dall’associazione a delinquere allo sfruttamento del lavoro, ma per i sacerdoti e le coop sociali indagati nell’inchiesta della Procura sul Sistema Bergamo cala il silenzio: della Diocesi, di Avvenire e dei giornali d’area cattolica. Eppure, al di là dell’aspetto giudiziario, emerge una connivenza di potere e rapporti tra Pd e Chiesa che getta più di un sospetto sui fini dell’operazione accoglienza, certificata dall’impennata nei bilanci sociali della coop fiore all’occhiello: dai richiedenti asilo sfruttati per il volantinaggio del Pd alle spese gonfiate che la Procura ritiene una truffa dei rimborsi. I protagonisti di un’inchiesta che fa tremare il cuore della cattolica Bergamo, ormai passata a Sinistra.

Le accuse sono pesantissime: si va dall’associazione a delinquere alla turbativa d’asta allo sfruttamento del lavoro e il fatto che siano indirizzate a sacerdoti o esponenti del cattolicesimo sociale dovrebbe far interrogare ancora di più le gerarchie ecclesiastiche. Invece è davvero sorprendente come stiano tutti zitti a oltre due settimane dall’esplosione dell’inchiesta sul “Sistema Bergamo”, che sta mettendo in discussione la gestione dei clandestini richiedenti asilo da parte delle coop sociali cattoliche orobiche, col sospetto che la solidarietà sia stata usata come “macchina da soldi”.

«PIU’ IMPRENDITORE CHE PRETE»
Infatti, né il vescovo Francesco Beschi né Avvenire e nemmeno il giornale più letto sotto le Orobie, l’Eco, che è di proprietà della curia, hanno ancora detto granché su quanto sta emergendo dagli atti. Atti con i quali la Procura di Bergamo ha messo sotto indagine 80 persone e agli arresti tre persone tra cui il sacerdote Padre Antonio Zanotti, della coop Rinnovamento, un cappuccino che si vantava di essere più un imprenditore che un prete.

C’è il sospetto che i clandestini siano stati utilizzati per un business poco chiaro e c’è il sospetto tutto politico, se le accuse dovessero essere confermate in sede processuale, che un pezzo di solidarismo cattolico così tanto sbandierato riveli la sua faccia più impresentabile. Sarebbe, oltre che la riprova che quello dei migranti clandestini è niente più che un affare, anche la traccia che la guerra fatta dai vescovi in questi anni a Salvini, che col decreto sicurezza ha cercato di frenare il mercato dei clandestini, non erano poi così tanto condite da nobili intenti, ma finalizzate a non togliere alle coop cattoliche il pallino del controllo sui migranti con condimenti vari di solidarietà e carità. Parlando di morti in mare come senso di colpa, quando semmai proprio il decreto sicurezza li ha fatti calare.

«CARICA ANCHE LE RISTRUTTURAZIONI»
Carità pelosa, anzi Caritas pelosa, visto che è la benemerita agenzia cattolica ad essere coinvolta con l’iscrizione nel registro degli indagati di don Claudio Visconti (in foto), ex direttore oggi a Bruxelles per seguire la pastorale italiana. Un plenipotenziario, dicono, riferisce il Corriere, che ai collaboratori che andavano in Prefettura col cappello in mano ribadiva: «La Caritas decide quello che vuole». E nel caso non fosse chiaro, ribatteva con un “leghistico”: «Dobbiamo dare un segnale che siamo padroni in casa nostra».

Il pm Fabrizio Gaverini non ha chiesto una misura cautelare per il sacerdote 56enne, ma anche per lui ipotizza l’associazione per delinquere finalizzata principalmente alla truffa sui rimborsi legati ai migranti. Sotto la lente c’è la l’associazione di coop creata nel 2017 che avrebbe comunicato alla Prefettura la presenza di ospiti inesistenti, date di uscita diverse da quelle reali e la presenza di persone che in realtà alloggiavano altrove. Si parla di alcune firme contraffate e alcune fatture false, il tutto per moltiplicare i 35 euro cad/die che poi Salvini da ministro degli Interni ha ridotto drasticamente. Secondo l’accusa, don Visconti attraverso le associazioni Diakonia e Ruah avrebbero ottenuto illecitamente 50mila euro.

«Bravo e carica anche le ristrutturazioni che abbiam fatto prima», dice al suo collaboratore Luca Bassis mentre preparano le rendicontazioni da presentare in Prefettura per ricevere il rimborso delle spese legate proprio ai centri di accoglienza per richiedenti asilo. Si tratta di 1.350.000 euro che lo Stato pagherà a novembre 2018.

BRACCIA PER LAVORARE PER IL PD
D’altra parte, del profilo basso di questi giorni dei media cattolici non c’è da stupirsi dato che ad essere coinvolti sono i principali esponenti del cattolicesimo bergamasco, coccolati da Diocesi e da Comune, addirittura premiati dal sindaco Giorgio Gori (Pd) come nel caso della civica benemerenza data alla Cooperativa Ruah, fiore all’occhiello del cattosolidarismo orobico, che viene definita il braccio operativo della Caritas dato che ha ricevuto dalla Caritas diocesana bergamasca il mandato per la gestione dell’accoglienza dei profughi dell’emergenza. Insomma: la Procura di Bergamo vuole vederci chiaro e capire quanto vasta sia stata la rete che secondo le accuse avrebbe consentito ai professionisti della solidarietà di lucrare sulla diaria percepita per clandestino (i famosi 35 euro cad/die) e contemporaneamente sfruttare i poveretti.

Uno degli episodi più spiacevoli emersi infatti, vede protagonisti, in un intreccio ambiguo tra politica e solidarismo, una deputata Pd, Elena Carnevali e il già citato Goisis. In vista delle elezioni del 4 marzo 2018, che avrebbero portato poi al governo Salvini, la Carnevali chiede al direttore della coop, che ha in gestione per conto della Prefettura i Cas con i richiedenti asilo, alcune persone per poter fare volantinaggio. In realtà non parla di persone, ma di «braccia» e «esseri umani». Si tratta in realtà – fa notare il quotidiano La Verità, il più attivo a seguire l’inchiesta fin dal suo inizio -, di richiedenti asilo che vengono mandati a spese dei contribuenti a fare volantinaggio per la candidata Pd, poi eletta. Il pagamento – appena 150 euro – avviene sotto forma di donazione liberale alla cooperativa di Goisis che quei migranti addirittura definisce «miei dipendenti».

Secondo la Procura si tratta di un illecito perché quei migranti non hanno percepito alcun soldo per quel lavoro di bassa manovalanza. Rapporti di questo tipo con la politica, sempre Pd, of course, il direttore della Coop Ruah, li coltiva anche con i vertici dell’amministrazione comunale guidata da Gori. È lui al telefono con Maria Carolina Marchesi, assessore alle politiche sociali, a chiedere più soldi per la gestione dei migranti, soldi che però la Marchesi dice di non poter dare per colpa di Salvini, il quale è andato al Governo e sta facendo repulisti di un sistema molto redditizio.

Proprio i soldi che la Ruah ha ricevuto dal Comune, per progetti tra i più svariati, sono stati al centro del lavoro svolto da un consigliere comunale di Bergamo, Filippo Bianchi, che ha denunciato come la coop abbia ricevuto in pochi anni quasi 250 mila euro per vari progetti e per finanziare una rivista immigrazionista chiamata Babel. Dice alla Bussola: «Ho l’impressione che la dottrina cattolica sia stata sacrificata sull’altare dell’immigrazionismo che, più che pallino, costituisce una fonte di reddito per centinaia/migliaia di persone nella Bergamasca».

LA REDDITIVIA’ DELLA COOP
Soldi che la Ruah ha visto entrare copiosamente nelle sue casse di realtà fino a pochi anni fa piuttosto modesta. Da una visione ai bilanci sociali pubblicati on line, la Nuova BQ ha scoperto che l’impennata di ricavi coincide proprio con l’esplosione del fenomeno migratorio tra il 2016 e il 2017.

Dal 2011 al 2014, la Ruah ha attestato un valore di produzione tra il milione e i due milioni di euro circa. Valore che raddoppia a 4 milioni e 800 mila se si considera l’anno 2015. Ma è con il 2016 che per la coop le cose iniziano a cambiare decisamente. Ruah presenta ai soci un bilancio con un valore di produzione di 9 milioni e 200mila euro e a commento di questi numeri, Goisis non è affatto restìo nel giustificarli dato che mette nero su bianco che «nel 2016 gli aspetti economici relativi ai servizi prestati per l’accoglienza dei richiedenti asilo ha evidenziato un incremento particolarmente significativo, mentre gli altri settori dell’attività hanno sostanzialmente mantenuto le dimensioni dell’esercizio precedente». Della serie e con un linguaggio imprenditoriale: il core business è ormai diventato quello dei migranti, della solidarietà, della carità.

Nel 2017 Goisis parla addirittura di «redditività» in riferimento all’incremento dei servizi acquisiti dal sistema Cooperativo, soprattutto in relazione all’accoglienza dei richiedenti asilo. Valore di produzione: 11 milioni. È questo il dato più alto che coincide con la fine dei governi Pd prima del Decreto sicurezza. Nel 2018 infatti la Ruah “scende”, si fa per dire a 9 milioni di produzione.

LAVORETTI IN NERO O MANCE?
I protagonisti dell’inchiesta sono anche altri. Parlando di Caritas, c’è anche don Roberto Trussardi, successore di Visconti e oggi accusato di turbativa d’asta per l’assegnazione dei posti del servizio Sprar al Comune di Bergamo. Ma c’è anche un parroco, don Massimo Maffioletti che si interessa per un gruppo di richiedenti asilo arruolato da un’azienda della Celadina (un quartiere di Bergamo ndr.) a giugno 2018. Don Maffioletti fa da tramite con la Ruah per procacciare contratti di lavoro ai clandestini. Lavoretti, per lo più, ma sufficienti per far scattare un’indagine dell’Ispettorato del lavoro che, in effetti, scopre cinque immigrati della Ruah lavorare «in nero». Il direttore dell’azienda ha poi detto che li avrebbe regolarizzati, ma ci sarebbero stati dei problemi burocratici con Ruah.

Ma il caso più eclatante è quello di Padre Antonio Zanotti (in foto), che con i collaboratori, secondo gli inquirenti avrebbe sistematicamente truccato documenti per incassare più soldi del dovuto dallo Stato, sull’accoglienza. La sua cooperativa Rinnovamento, infatti, gestiva più centri d’accoglienza sul territorio, anche quello di Fontanella dove a settembre del 2018 si era verificato un tentativo di violenza sessuale da parte di un ospite su un operatrice ed è questo l’episodio che aveva dato il via a tutta l’inchiesta.

Insomma, il quadro è articolato, ma a fronte di accuse così gravi la Diocesi di Bergamo non è ancora intervenuta. Certo, si è innocenti fino a condanna passata in giudicato, ma l’assenza di prese di posizione, anche per tutelarsi rispetto ad eventuali e spiacevoli condanne, è stata notata come un’assenza pesante. I pochi giornali della galassia cattolica locale cercano di minimizzare e parlano di «una mancia» ad alcuni immigrati chiamati a fare piccoli lavori. Insomma: un nulla a fronte del grande sforzo solidaristico fatto in questi anni dal sistema. Basterà per la giustizia? Di sicuro non potrà bastare per scrollarsi di dosso il sospetto – politicamente più che legittimo – che nello scontro fortissimo tra Salvini e il cattolicesimo sociale di questi ultimi anni, la parte del demonio dipinta sul volto leader leghista, (ricordate la copertina di Famiglia Cristiana e i titoli di Avvenire?) forse era solo un’esigenza di copione.

Fonte: La nuova Bussola Quotidiana

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