Ieri, solennità dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo, secondo la splendida espressione liturgica della tradizione Cattolica, ho letto un articolo su Il Giornale a firma della nota grafologa Evi Crotti, Ecco chi era davvero
Giovanni Paolo II. Da Cracovia al Conclave: la storia di Giovanni Paolo II raccontata con la sua grafia, Sab, 23/05/2020 (qui).
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Consumata nello studio della personalità tramite l’analisi puntuale delle grafie, Evi Crotti traccia il profilo del Santo dal 1962 al 2001, ponendo in sintetica e puntuale relazione la sensibilità, la cultura, gli eventi, le sue scelte e stupisce là dove ella scrive:
In seguito (1992, all’ età di 72 anni), la scrittura di Giovanni Paolo II si fa più piccola, a segnalare l’andamento della sua nota malattia (morbo di Parkinson). Ma i tratti, i gesti, i legamenti e l’ordine grafico mettono in evidenza la sua permanente lucidità mentale e la sua capacità di affrontare la sofferenza con inspiegabile serenità.
In un uomo, che aveva dimostrato una grande forza d’animo, tenacia, fede, passione per l’uomo, nonostante nel fisico risultasse piegato dalla “sua nota malattia”, lo scritto mette in evidenza “la sua permanente lucidità mentale e la sua capacità di affrontare la sofferenza con inspiegabile serenità”.
Sicché, pur partendo da uno studio oggettivo, e interpretativo a un tempo, la studiosa coglie la capacità del Santo di affrontare la sofferenza con inspiegabile serenità. Serenità nella sofferenza!
Egli, da sempre dedicato a Maria, fin nel motto del suo pontificato espresso nel Tutus Tuus, Tutto Tuo, di Te, Maria, talmente si conformò a Lei da ricopiare nella profondità del proprio animo il percorso della Regina di tutti i Santi.
Maria visse nell’attesa dell’ingresso del Figlio nella Gloria del Cielo, da Giotto simboleggiata da quelle mani tagliate dalla cornice dell’affresco, per dire che Gesù compie un tuffo al rovescio nel Cielo (Roberto Filippetti), manifestando la profonda unità con il Padre. Ma cosa aveva vissuto Maria prima di questo indicibile momento di Gloria?
Nell’Annunciazione aveva provato lo stupore e il tremore per un annuncio problematico: diventare Madre senza essere ancora Sposa e per di più mutando il proposito di speciale consacrazione a Dio; nella Natività, la gioia di stringere nelle braccia il Figlio di Dio e subito turbata e angosciata dalla Fuga in Egitto; il ritrovamento nel Tempio l’aveva messa a dura prova, facendole temere per la custodia di un Figlio così speciale, da dover meditare tutte queste cose nel suo cuore.
Sotto la Croce, la pena più grande: assistere alla morte ingloriosa non solo con il cuore della madre carnale, ma della Sposa di Dio, che vede la piena umiliazione del Figlio, l’exinanivit della divinità nell’umanità (cf. Fil 2, 7 spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, sed semetipsum exinanivit, formam servi accipiens), assumendo il peccato del mondo.
Una vita, la vita mariana, attraversata dal dolore profondo: dunque, quella del Figlio, come quella della Madre.
Eppure, Maria, visitando Elisabetta, aveva cantato il canto di esplosione e tripudio del Magnificat e, secondo un’antica tradizione, ripresa anche in un’omilia da Mons. Tonino Bello, forse fu la prima ad incontrare il Risorto ancor prima della Maddalena stessa … Una vita, sì, vissuta nella Gloria del Figlio, attesa e realizzata, ma attraversata dalla sofferenza di Cristo e di Lei, che assiste impotente, sempre partecipe dell’exinanivit del Figlio! Sorretta dalla nuda fede. Anch’Ella, inspiegabilmente serena nella sofferenza.
Allora, quel Totus Tuus di San Giovanni Paolo II si è tradotto nell’unione mistica con Gesù e Maria nella fede, secondo la quale, solo chi Lo segue prendendo la sua Croce, ogni giorno, entra nel Regno dei Cieli, infatti:
23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
24Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. (Lc 9, 23-24)
Questo per dire, come abbiamo cercato di spiegare Padre Gianmarco ed io nel nostro libro Mio Signore e mio Dio (Gv. 20, 28). La forza del dolore salvifico (Edizioni Mimep-Docete, 2020), che quanto San Giovanni Paolo II scrisse nella Lettera Apostolica Salvifici doloris (virtutem), la forza del dolore salvifico, non fu solo l’esito magisteriale di uno studio delle Scritture e della Tradizione cristiana, ma anima dell’esistenza di un credente, che segna la via ai credenti, dietro Maria, dietro Gesù.