Orban, la Costituzione ungherese e la dittatura dell’ignoranza

di Bilbo Baggins.

Forte della straordinaria autorevolezza politica e morale che le deriva dalla splendida, solidale, lungimirante ed empatica gestione della crisi pandemica in atto, l’Unione europea mette sotto osservazione il disegno di legge con il quale il premier ungherese Orban propone al Parlamento ungherese l’approvazione dello stato di emergenza, ai sensi dell’art. 53 della vigente costituzione.

Eppure, non si tratta che di legalissimo disegno di legge, sottoposto al voto del Parlamento, per prevedere il prolungamento dello stato di emergenza fino al cessare dell’emergenza sanitaria, appunto in applicazione di una chiara regola costituzionale.

Ovviamente, insieme all’Unione europea, i mainstream media gridano alla dittatura e alla fine prossima della democrazia ungherese: la quale, invece, risulta ben salda e plurale, come testimonia, ad esempio, la recente vittoria dei socialisti alle elezioni amministrative di Budapest.

In Italia, il pressapochismo conformista della stampa dominante fa naturalmente eco. La cronistoria che della vicenda fa Paolo Valentino, sulle pagine del Corriere della Sera del 25 marzo, è un buffo esempio di doppiopesismo partigiano. Scrivendo dall’Italia, paese in cui un Presidente del Consiglio cancella con propri autocratici e solitari decreti le più sacre libertà individuali ed economiche, il nostro giornalista lamenta che «una volta in vigore la nuova legislazione, Orban potrebbe governare per decreto senza approvazione parlamentare fin quando lo riterrà necessario per sconfiggere l’epidemia». Oh, stupore e meraviglia! Ma dove vive Valentino?  Avesse un piccolo momento di consapevolezza, resterebbe attonito a riflettere sul quel che sta accadendo qui da noi, non in Ungheria…

Da noi, in effetti, la giusta preoccupazione dei virologi di contrastare il virus e di attenuarne l’impatto sulle strutture sanitare ha provocato un sommovimento costituzionale e istituzionale di portata inaudita, fino a consentire a Conte di emanare, in solitudine regale, almeno cinque decreti, l’uno più liberticida dell’altro, in totale spregio dell’unica regola costituzionale che ci siamo dati per fronteggiare le emergenze, cioè l’art. 77 della Costituzione.

In Ungheria, la Costituzione prevede regole per lo stato di emergenza, e la si applica. Qui da noi, la si dimentica. Al suo posto si inventa, creativamente, un nuovo sistema delle fonti, con al centro lo strumento “duttile” e “agile” costituito dal “decreto del presidente del consiglio dei ministri”, che non passa dalle mani del Presidente della Repubblica e sfugge al controllo del Parlamento.

Passata la tragedia, tornerà, speriamo, il tempo della ragione. E bisognerà pur rendersi conto di quali guasti abbia prodotto la pandemia, anche a livello politico-istituzionale.

Lo sappiamo: i politologi seri sanno bene che anche i virus e le pestilenze hanno i loro effetti politici, e che la stessa politica ha sempre cercato di utilizzarli, per gli scopi più diversi.

Ma proprio per questo, non si può restare zitti quando sentiamo dire, da noi, che “non è questo il momento delle polemiche”. È un insidioso mantra, vagamente ricattatorio: la furia del virus deve azzerare il dissenso e la libertà di critica, e chi si permette di obiettare è un irresponsabile nella migliore delle ipotesi, mentre nella peggiore è uno sciacallo alleato del contagio.

Non è così, ovviamente. Questo deve proprio essere, al contrario, il momento della più ampia libertà di critica, quello in cui essa deve essere massimamente esercitata.

Tra l’altro, come si vede, questo insopportabile uso politico del virus vale solo se al potere ci sono “loro”. Se c’è uno come Orban, ovviamente, le cose funzionano al contrario, e non ci sono limiti alla critica demolitoria, e anche al senso del ridicolo.

Funziona più o meno così negli USA, del resto, dove i democratici fanno un tifo cinico e sfegatato per il virus, sperando di inguaiare The Donald alle elezioni di novembre. Spalleggiati, ovviamente, dai mainstream media, anche italiani.

Un solo esempio: Trump vuole mettere in quarantena lo stato di New York e il governatore democratico di quest’ultimo, Cuomo, si oppone alla chiusura? La lettura, per Repubblica.it, è semplice assai: Cuomo è «l’eroe anti-Trump».

Ma allora fate pace col cervello: per voi che supportate ligi i d.p.c.m. di Conte, gli irresponsabili non sono forse quelli che vogliono riaprire tutto, mentre i “buoni” sono solo quelli irresistibilmente irretiti dal lock-down totale?   

Fonte: l’Occidentale

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