Il virus secondo Giuseppi: il doppio inganno (e per favore riaprite il Parlamento)

di Claudio Togna.

E’ di tutta evidenza che siamo di fronte, da parte di Giuseppi e delle forze che lo sostengono, ad una sorta di regime peronista (senza Evita naturalmente ma con Rocco Casalino) non si sa se più tragica o più ridicola. Ma in Italia si sa il tragico inizia sempre con il ridicolo. La strategia di contrasto all’epidemia di coronavirus presenta due fronti di eguale drammaticità: il fronte della tenuta delle istituzioni democratiche ed il fronte economico. Su entrambi i fronti rischiamo di avere da parte di questa compagine governativa un doppio inganno

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La strategia di contrasto all’epidemia di coronavirus presenta due fronti di eguale drammaticità: il fronte della tenuta delle istituzioni democratiche ed il fronte economico.

Su entrambi i fronti rischiamo di avere da parte di questa compagine governativa un doppio inganno. Di fronte ad una situazione emergenziale, in particolare nel Nord del Paese, via via insostenibile il Premier Giuseppi, incalzato dalle opposizioni, decide di nominare un commissario di coordinamento per contrastare l’emergenza sanitaria.

Ci si aspetterebbe un Bertolaso, uno specialista virologo, un qualcuno legato al mondo medico. Spunta fuori invece tal Domenico Arcuri, già boiardo di stato, con fama di grande esperto di ristrutturazioni societarie e di operazioni mobiliari ed immobiliari.

Con l’ausilio di ministri e di titolari di incarico di sottogoverno, di cui non voglio ricordare il nome, per la maggior parte espressione di un partito che ha fatto dell’incompetenza “specialistica” la propria cifra politica portatore di stravaganti teorie dal “terrapiattismo” alla “inutilità dei vaccini”. Tale improbabile compagine governativa ha fatto proprio, con un utilizzo spregiudicato di una parte del mondo dei virologi, un “catastrofismo pandemico” strumentale e finalizzato alla propria sopravvivenza politica.

L’utilizzo del “catastrofismo pandemico” amplificato dalle truppe ascare di parte dell’informazione (spesso legata dai rapporti personali a figure apicali del regime) viene utilizzato in primo luogo contro le istituzioni democratiche impedendone, con la scusa del contrasto al contagio, il regolare funzionamento.

Con effetti risibili: gli operatori dell’agroalimentare e dei servizi essenziali possono e debbono continuare a lavorare, il Parlamento no. Nella visuale dell’attuale compagine governativa curioso coacervo di pezzentismo economico – giuridico e di nostalgia, mai sopita, di socialismo reale in chiave statale – assistenziale gli organi democratici quali il Parlamento ed il Senato sono solo d’intralcio.

Va dato atto al premier di una notevole dose di personale furbizia avendo compreso, per tempo, che la finanza internazionale (vera dominus degli stati) e quella europea ha da tempo sostituito il concetto di democrazia con quello di “governamentalità”. In buona sostanza è il premier (o leader) che decide, su parere obbligatorio ma non vincolante, della compagine governativa e si rapporta con le altre strutture governative. Applicazione alla politica dei concetti economici del “forbismo” e del “taylorismo”.

L’effetto combinato dei due processi di taylorizzazione e forbizzazione è la creazione di una sovrastruttura decisionale specializzata (governamentalità) al di sopra del livello dell’effettiva esecuzione dei compiti, associata all’esclusione degli esecutori da tutte le decisioni in cui è richiesta una competenza.

Da qui l’insofferenza della governamentalità verso le strutture parlamentari che nel regime democratico dovrebbero essere le vere arbitre tra sistema regolante (diritto ed economia) e sistema regolato (diritto ed economia). In questo particolare momento storico la debolezza del sistema democratico rappresentativo fa emergere funzioni per la sua sostituzione (presentata con i caratteri della temporaneità e della eccezionalità) con un sistema di governo dominato dalla “governamentalità” comportante la sottoposizione ai predetti due processi di taylorizzazione e forbizzazione.

E’ un calcolo cinico e disperato quello di Giuseppi: se riesce a dimostrare l’inutilità delle strutture democratiche parlamentari nel governo del “catastrofismo pandemico” gli sarà poi facile mantenere detto ruolo (avendo come punto di forza la sua attuale debolezza e cioè essere espressione di nulla e non avere un partito). Ed a quel punto nulla varrà avere, in teoria consenso elettorale in quanto assorbito e superato dalla “governamentalità”: e valgano tra gli altri i richiami del Senatore Gaetano Quagliariello e dell’Onorevole Giorgia Meloni sulla necessità della funzione operativa attuale degli organismi parlamentari.

E’ di tutta evidenza che siamo di fronte, da parte di Giuseppi e delle forze che lo sostengono, ad una sorta di regime peronista (senza Evita naturalmente ma con Rocco Casalino) non si sa se più tragica o più ridicola. Ma in Italia si sa il tragico inizia sempre con il ridicolo. Ma questo ci porta al secondo inganno.

Che è quello dell’economia. La struttura produttiva italiana nella sua componente industriale, di terziario anche avanzato, di filiera agroalimentare, di turismo e di riflesso del sistema del credito finanziario è messa in ginocchio dai provvedimenti “impapocchiati” di questo governo. Che aveva già sul groppone le non risolte crisi occupazionali dell’ILVA, dell’Alitalia, della Whirlpool, e di decine e decine di altre.

Cui si aggiungerà il deserto delle fabbriche e dei negozi chiusi dopo gli stop forzati. Tutto questo avrebbe richiesto una cura immediata ed imponente di liberazione delle aziende, dei professionisti e delle imprese sul fronte delle tasse e dei contributi. Cosa che al di là di un pezzente e penoso rinvio di due mesi non è avvenuto. Nè sono stati messi in essere provvedimenti economici aventi una strategia di “ripresa” in linea con il pezzentismo economico-giuridico del maggior partito di governo teorizzatore della “decrescita felice” che vede nell’attuale fase di generale impoverimento una sorta di avveramento del proprio programma politico.

Il decreto messo in campo dal governo sotto il profilo economico sembra teorizzare il ritorno al socialismo di stato di proprietà dei mezzi produttivi e di gestione centralizzata dell’economia in salsa di nuovo peronista.

Quella che una volta veniva chiamata la “terza via” ed ora ribattezzata da Giuseppi la “via italiana”. In tale logica interi settori potrebbero tornare in mano allo Stato sotto l’aspetto propagandistico del mantenimento dei posti di lavoro. In realtà vedrebbero al vertice una ristretta oligarchia di boiardi legati da un vincolo di fedeltà personale ed economica a favore di chi ne ha promosso la nomina. Ricordate Don Vito Corleone: “…se io oggi ti faccio un piacere e tu domani te ne ricordi che male c’è?”

Già: che male c’è? C’è di male il doppio inganno nei confronti dell’intero popolo italiano.

P.S. la popolazione italiana sta dimostrando un grado di “resilienza” incredibile. E canta anche dai balconi. Ci vorrebbe un’aria, da opera importante, dedicata a Giuseppi: “…la donna è mobile, qual piuma al vento…muta d’accento e di pensier”. Absit iniuria verbis.

Fonte: l’Occidentale

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