Super Ex: non si può tacere su Ruini. Forse non ne poteva più…

di Marco Tosatti.

Con grande ritardo, ma non si può tacere sull’intervento del cardinal Ruini sul Corriere della sera di domenica. Anzitutto perché ha sollevato un salutare vespaio, destando le ire funeste di alcuni (i soliti Melloni, Riotta…) e la speranza di altri. La prima cosa da dire è che se Ruini ha parlato, è perché evidentemente non ne poteva più! In questi anni in tanti gli abbiamo chiesto e richiesto di intervenire, e il cardinale ha sempre negato. Forse per modestia, forse perché sa che la Chiesa di Bergoglio è fatta così: nessuno può parlare, tranne il capo e i suoi scherani. I cardinali stessi non sono cardine di nulla: devono essere maggiordomi e yes man. Anche per questo sono scelti tra personaggi di secondissimo piano, se possibile culturalmente scadenti come il capo. Se poi hanno qualche scheletro nell’armadio, meglio: terranno la testa bassa!

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Cari Stilumcuriali, Super Ex (Ex di Avvenire, Ex di Movimento per la Vita, Ex di catto-movimenti vari, ma non ancora ex cattolico, nonostante le tentazioni e le provocazioni messe in atto dalla maggior parte dei chierici)  ci ha inviato questa notte una riflessione sull’intervista del cardinale Camillo Ruini, e sulle reazioni scomposte che le parole pacate e di buon senso del porporato hanno scatenato nella fazione piddina, cattocomunista e nuovo-ordinista-mondiale della Chiesa e fuori. Una riflessione secondo SC condivisibile al cento per cento. Le reazioni testimoniano solo della partigianeria e della microstatura umana dei protagonisti. Non senza qualche preoccupazione di tasca e di carriera…

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Con grande ritardo, ma non si può tacere sull’intervento del cardinal Ruini sul Corriere della sera di domenica.

Anzitutto perché ha sollevato un salutare vespaio, destando le ire funeste di alcuni (i soliti Melloni, Riotta…) e la speranza di altri.

La prima cosa da dire è che se Ruini ha parlato, è perché evidentemente non ne poteva più!

In questi anni in tanti gli abbiamo chiesto e richiesto di intervenire, e il cardinale ha sempre negato.

Forse per modestia, forse perché sa che la Chiesa di Bergoglio è fatta così: nessuno può parlare, tranne il capo e i suoi scherani.

I cardinali stessi non sono cardine di nulla: devono essere maggiordomi e yes man. Anche per questo sono scelti tra personaggi di secondissimo piano, se possibile culturalmente scadenti come il capo. Se poi hanno qualche scheletro nell’armadio, meglio: terranno la testa bassa!

Ma Ruini è Ruini: è stato un uomo chiave degli ultimi pontificati, e anche chi non lo ama non può non riconoscerne la intelligenza, la devozione alla chiesa, e la cultura. Una cultura, si badi bene, non fine a se stessa, ma indirizzata ad Deum, come dimostrano per esempio i suoi ultimi libri: Intervista su Dio e C’è un dopo? La morte e la speranza (si noti che in entrambi non si parla di politica, ma di Dio, di morte, di vita eterna: un tema ormai inconseuto per gli uomini di Chiesa in età bergogliana).

Ruini, si diceva, è intervenuto dopo tanto silenzio. Posso assicurare, per la mia piccola esperienza, che in passato ha fatto il pompiere, mai l’incendiario, destando le ire di chi non si capacitava del suo silenzio davanti a tanto sfacelo.

Ad essere precisi, era già sceso in campo, qualche tempo fa, con la Fondazione Magna di Gaetano Quagliariello ed Eugenia Roccella, il 17 aprile di quest’anno: di fronte al silenzio connivente della Chiesa sull’eutanasia, aveva così cercato, presentando il libro “Eluana non deve morire”, di ricordare la necessità di una battaglia culturale per la difesa della sacralità della vita.

Ovviamente il suo allarme era caduto nel dimenticatoio: oggi nessuno nella chiesa osa riprendere in mano i “principi non negoziabili”, per tema di urtare il capo (e il segretario di stato Parolin, che ogni tanto sembra smarcarsi leggermente, ma che dimostra costantemente la sua vicinanza al Pd).

Ebbene l’intervento di Ruini è stato in due direzioni. Una religiosa, che ovviamente al giornale interessa di meno, ma forse, a Ruini, di più (ha dichiarato che prega e spera che il papa nella prossima Esortazione apostolica post-sinodale non confermi l’apertura al matrimonio dei preti) ed una politica, chiedendo in sostanza di piantarla con la ridicola demonizzazione di Matteo Salvini portata avanti da Bergoglio, Spadaro e orchestrina gesuitica. Ruini non ha santificato il leader leghista: ha chiesto solo di non farne l’unico dannato, in epoca di ponti, chiusura dell’inferno, misericordia e comunione per tutti…

Subito vari giornalisti, compresi collaboratori del quotidiano Avvenire che in passato non avrebbero mai osato tanto, si sono scagliati contro il cardinale con assoluta veemenza. La vulgata vuole che Salvini sia il nuovo Hitler, e nessuno deve ridere di fronte a tanta sfrontata faziosità e ignoranza.

Non mi interessa qui riportare le invettive piene di odio di costoro, quanto notare che quando qualcuno ha coraggio, poi altri lo seguono.

Per questo va rilanciato l’articolo scritto da Mimmo Delle Foglie, già vicedirettore di Avvenire, direttore del Sir, guida della comunicazione del Comitato Scienza & Vita nel referendum sulla procreazione assistita e coordinatore generale del Family Day del 2007, scritto non per il suo quotidiano, Avvenire, chiuso a qualsiasi dialogo, ma per il giornale online on line Formiche.

Riporto solo un passaggio, fra i tanti che fanno onore a Mimmo, rimandando per chi vuole all’intervista completa: “Chi ha memoria ricorda che nei primi Anni Novanta fu proprio il quotidiano Avvenire, ispirato dalla Cei allora guidata da Ruini, a tentare di decifrare il fenomeno leghista che stava prendendo piede soprattutto nel Nord Est del Paese. Fu il quotidiano cattolico a mandare inviati soprattutto in Veneto per capire quanto stava avvenendo e perché in una regione bianca si stessero affermando parole d’ordine nuove che sembravano in contraddizione con la tradizione moderata e cattolica di quelle popolazioni. Avvenire sdoganò la Lega non trattandola come un esercito di barbari. Infatti i barbari scesero a Roma e non fecero i danni che tutta l’intellighenzia italiana, profondamente di sinistra, paventava. Altrettanto accadde con “l’impresentabile” Berlusconi, il cui successo sancito dalle urne non fu avversato, ma accettato come semplice e naturale espressione democratica e popolare…”.

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