La critica di Pera e Benedetto all’Unione Europea odierna

pera

Questo libro con la sua “sobria razionalità”, la sua “ampia informazione filosofica”, la sua “conoscenza stupenda delle fonti”, la sua”logica stringente” e il suo mostrare la “contradditorietà interna” del concetto della “multiculturalità”, è “a mio parere di fondamentale importanza in quest’ora dell’Europa e del mondo”.

Sono queste le parole con cui Benedetto XVI, nell’anno 2008, introduceva “Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l’Europa, l’etica” del senatore e filosofo Marcello Pera.

Dieci anni dopo, per un cattolico che non voglia lasciarsi irretire nei tentacoli delle nuove religioni laiche di salvezza (europeismo, genderismo, immigrazionismo ecc.) è bene ritornare a quei ragionamenti, a quella lucidità con cui Pera e Benedetto: denunciavano come inevitabile, date certe premesse, il realizzarsi di un’ Unione Europea caratterizzata da “antidemocratiche, pletoriche, oscure istituzioni.

 

Oggi l’evidenza del fallimento dell’attuale Ue è sotto gli occhi di tutti, anche di quelle élite che si sono mobilitate per difendere lo status quo attraverso una massiccia propaganda volta da una parte a sacralizzare l’Unione (ultima entità sacra sopravvissuta alla “morte di Dio”!), dall’altra a demonizzare ogni critica e ogni tentativo di riforma.

Ma 10 anni fa Pera e Benedetto indicavano il fallimento come inevitabile, in re ipsa, al di là di ogni contingenza e di ogni singola scelta politica a venire.

Perché?

L’UE di oggi, argomentava il filosofo, ha due capitali che non sono tali, un inno, una bandiera, tanta retorica… ma non ha un’anima, “non perchè non ne abbia una, ma perchè rifiuta quella che la sua storia le ha dato”; perchè, obliterando le sue radici cristiane, pensa sia possibile prima fare l’Europa, poi confezionarle, per via legislativa, economica e burocratica, un’anima nuova (fatta l’Europa, facciamo gli europei, per parafrasare Massimo D’Azeglio).

E’, a ben vedere, il medesimo sogno dei totalitarismi che hanno distrutto l’Europa stessa e che si afferma continuamente di voler evitare: non furono, comunismo e nazismo, il sogno di un “mondo nuovo”, del tutto staccato dal passato? Non nacquero dall’abolizione della storia e degli ideali cristiani, dall’utopia dell’homo novus, da una proiezione futurista nel radioso futuro, ateo, dell’equità sociale e della purezza razziale?

Oggi si vuole fare qualcosa di analogo, cioè creare l’homo novus europeus, e per farlo appare necessario stradicarlo da tutto, negare la sua identità, renderlo sempre più migrante, in ogni senso; occorre slegarlo, letteralmente, dal religamen della religione, della patria, della polis, della famiglia.

Non è solo che l’Europa non ha un’anima, e quindi non ha un’identità: l’Europa di oggi è costruita sulla convinzione che l’anima e l’identità vadano cancellate, che l’anima dell’Europa sia… non avere un’anima!

Per questo si fa di tutto perchè i “cittadini europei” non si sentanto più nè cristiani, nè italiani o francesi; nè padri, nè madri (meglio genitore 1 e 2); nè maschi nè femmine (ma realtà liquide, gender fluid), e neppure appartenenti alla specie umana, dal momento che uno dei dogmi dell’ecologismo neopagano è la riduzione dell’uomo ad agente inquinante, a “microbo” che rovina e deteriora, come scriveva già Adolf Hitler nelle sue Conversazioni a tavola, la Madre Terra.

Tutto ciò, si badi bene, lo si fa tirando in ballo persino il cristianesimo, appena respinto, ma del tutto reinterpretato.

Perchè – questo è l’allarme lanciato da Benedetto XVI, così come da acuti e fedeli cardinali come Giacomo Biffi e Carlo Caffarra, ma condiviso da un laico come Pera -, la dissoluzione della religione passa più facilmente dalla corruzione della religione stessa, attraverso una sorta di parodia: non è forse vero che il rimescolamento pianificato dei popoli, per rendere tutti disgregati e smarriti “migranti”, viene trasformato, non solo da Emma Bonino e George Soros, in un atto di carità e “accoglienza”?

Non è forse vero che negli ultimi anni, in barba al magistero di Benedetto XVI e alla Tradizione bimillenaria della Chiesa, la dissoluzione del matrimonio naturale e cristiano, viene presentato dietro il nome “misercordia”, per sacralizzare il relativismo più assoluto?

Ma l’anima, dicevano già gli antichi, è la “forma” del corpo, e senza di essa può esistere soltanto un agglomerato informe, più o meno mastodontico, un corpaccione più o meno ingombrante, come l’Unione Europea di oggi: non una realtà viva, pensante ed operante, con un futuro che affonda le sue radici in un passato, per quanto umano e per ciò stesso limitato, anche glorioso, quale è quello della Cristianità, che ha dato al mondo la scuola e l’Università, le cattedrali e gli ospedali, l’idea di persona e di libertà.

*Questo articolo è uscito sul quotidiano La Verità del 9 maggio 2019.

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023.

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