Reims è una caratteristica cittadina francese di quasi 200.000 abitanti. È ricca di storia, di fede e di arte. Viene chiamata comunemente la “Città dei Re” perché qui Clodoveo fu battezzato da san Remigio nel 496, dando luogo all’unione storica tra la Chiesa di Roma e il popolo dei Franchi. Sempre qui furono consacrati e unti moltissimi re, da Luigi il Pio nell’816 sino a Carlo X nel 1825.
Ebbene, dopo 5 anni di lavori, il 14 marzo scorso è stata inaugurata in loco, la più grande o almeno la più imponente moschea di Francia. Finanziata dal Qatar ed altri paesi arabi, e sostenuta dai presidenti François Hollande e Emmanuel Macron. L’intero edificio si estende per quasi 4000 quadrati, ed è costato circa 7 milioni di euro. È dotato di una biblioteca, bar, sale di preghiera rivolte alla Mecca, eccetera.
Qualcuno noterà che proprio nell’ex regno di Gallia ogni settimana, se non di più, un edificio religioso cattolico, chiude i battenti o viene trasformato in albergo, ristorante o casa di vacanze.
Il vescovo di Reims, non avvertendo nessun contrasto tra una religione in declino (la sua) e un’altra in ascesa (l’Islam), ha accettato l’invito alla cerimonia di inaugurazione. E nell’occasione ha pronunciato parole piuttosto impegnative e ardite, specie se si pensa a cosa ha comportato e comporta ogni giorno la massiccia presenza islamica in Francia e in Europa. Ogni giorno che passa infatti si registrano delle violenze in nome di Allah.
Monsignor Eric de Moulin-Beaufort ha affermato che “i cattolici assieme a me sono contenti che voi (mussulmani) possiate in questo luogo lodare il Dio creatore e misericordioso (…). Gli uni e gli altri, vogliamo essere dei cercatori di Dio e mettere in opera la sua volontà santa e benefica (…). Le nostre chiese e le nostre moschee, i nostri luoghi di preghiera e di istruzione, devono essere dei luoghi in cui ognuno trova la forza, l’energia, la generosità per andare verso gli altri”.
Parole che paiono un tantino astratte se si pensa al fatto che non pochi attentatori che hanno distrutto decine e decine di vite umane in Francia erano assidui frequentatori di moschee, imam e sale di preghiera.
Ma sua eccellenza, successore dei 12 apostoli, nell’allocuzione citata non nomina né il Vangelo né il Cristo, divenuto ormai la pietra d’inciampo che ora va scartata per costruire il mondo laico se non ateo di domani. Del resto se il Corano – onorato nelle moschee del mondo intero come scritto direttamente da Allah – insegna il vero, è sicuro che il Vangelo insegni il falso. Specie riguardo alla (non) divinità di Gesù, alla sua missione, alla fondazione della Chiesa per evangelizzare tutti gli uomini, alla necessità del battesimo per la salvezza, ai 7 sacramenti, e a tutto il resto.
Statistiche recenti mostrano che i praticanti cattolici in Francia sono in caduta libera e toccherebbero meno del 5% dei francesi, i quali per secoli furono guidati da re cristianissimi, a volte canonizzati a Roma, come san Luigi IX. Certo, se le priorità del cristianesimo sono quelle del dialogo e del pacifismo, allora monsignor Eric fa bene a sostenere le moschee. Ma se le priorità di Gesù fossero altre?
Il pacifismo, sia detto chiaramente, non è una dottrina compatibile con il cristianesimo. La religione di Cristo anela alla pace per mezzo della lotta, dell’impegno, del sacrificio, dello zelo, della pazienza e delle virtù eroiche. Tutto questo ci viene ricordato oggi da due bei saggi di Roberto Marchesini (Codice cavalleresco per l’uomo del terzo millennio e Le Virtù. Il cammino del cavaliere, entrambi editi da Sugarco).