Sia lodato don Michele De Santi, autore de “La talare sacerdotale. Segno di fedeltà a Cristo e di rinuncia al mondo” (Fede & Cultura), un libro sulla “estrema convenienza di un abito specifico che contraddistingua il sacerdote”. Un libro che non tralascia alcun aspetto, antropologico, sociologico, simbolico, teologico, della delicata faccenda, fitto di riferimenti storici e canonici che spaziano dal concilio di Macon del 581, il primo “concilio a proibire esplicitamente al clero l’uso di indumenti secolari”, fino ai tanto numerosi quanto vani interventi di Giovanni Paolo II. Di suo, l’autore aggiunge una ragionevole avversione al clergyman, che “avvicinando maggiormente al modo di vestire del mondo di oggi, porta con sé il rischio di una confusione con esso”. Dopo la lunga lista dei codici, dei canoni, dei documenti, dei decreti rimasti o divenuti lettera morta, a pagina 200 finalmente la lettera viva ossia la lezione proveniente da Porto Novo (Benin) dove il vescovo ha recentemente imposto la talare a tutti i suoi sacerdoti. Sia lodato il sacerdote genovese don Michele De Santi ma sia lodato ancora di più il vescovo africano monsignor Aristide Gonsallo.
(Camillo Langone (il Foglio 1 febbraio 2019)
A volte per aiutare un sacerdote è più facile fargli un piccolo dono che seccarlo con una paternale. Invece che criticare un sacerdote che veste in modo sciatto o secolare, forse una buona via per aiutarlo è regalargli questo libro ben fatto che riporta in luce l’importanza storica, culturale, canonica, ma soprattutto spirituale dell’uso della veste talare…
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