Com’è ridicolo indignarsi per «la mamma stira»

L’esercizio di un libro di seconda elementare, reo di suggerire accostamenti politicamente scorretti fra soggetti e verbi – «la mamma stira» e «il papà lavora» -, ha infiammato i social, notoriamente popolati da analfabeti funzionali, salvo quando la polemica è progressista. In quel caso tutto cambia e infuriarsi va benone, anzi diventa indicatore di civiltà. Devo quindi essere proprio un incivile dato che non m’accontento di non scaldarmi. Nossignore, vado oltre e rammento come, statistiche alla mano, la celebrata emancipazione della donna non abbia affatto sollevato madri e mogli dai lavori domestici.

Al contrario, negli ultimi decenni si è solo aggiunto un lavoro a quei lavori che, anche nei Paesi più egualitari, rimangono per lo più sulle spalle femminili. I numeri al riguardo sono chiarissimi. Senza dimenticare, poi, come il mito della carriera a tutti i costi, così poco saggio e così tanto calvinista, abbia reso le donne di oggi più insoddisfatte e meno gratificate di quanto non lo fossero ieri. Tutte cose che gli indignati speciali omettono o ignorano. Il punto vero non è cioè quello che dicono o non dicono i libri delle elementari. Il punto è che gli alfieri del femminismo 2.0 sembrano essersi fermati a quelli.

Giuliano Guzzo

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