Tutti usiamo un doppio registro, personale e politico: sul piano personale posso avere il massimo di benevolenza verso gli stranieri che entrano nella mia vita, ma sul piano politico penso che in Italia si debba poter entrare solo legalmente. Non c’è contraddizione fra l’umanità davanti al fatto compiuto dello straniero che mi trovo davanti, e il rigore che pretendo dal governo per gestire i casi futuri. Purtroppo la mente progressista è così chiusa che non riesce a cogliere questa basilare distinzione. Questa chiusura, a sua volta, fa sì che la domanda di rigore venga sistematicamente tacciata di disumanità, come se chi pretende la fine degli sbarchi fosse pronto a lasciar annegare un naufrago».