«Humanae vitae, voce di santità per i nostri tempi».

sarah

Conferenza del Cardinale Robert Sarah tenuta nell’Abazia di Sant’Anna di Kergonan il 4 agosto 2018, weekend organizzato dal Centro Billings di Francia, per celebrare i 50 anni dall’enciclica di Paolo VI, considerata da Giovanni Paolo II «profetica e provvidenziale».

Traduzione iniziata il 16 agosto 2018

Cari amici, ringrazio Dio che mi ha condotto a questa casa. Ringrazio i frati Benedettini di Kergonan per la loro calorosa e fraterna accoglienza.

Ringrazio anche voi tutti per l’onore che mi fate con la vostra presenza. Per questo chiedo che il Signore apra i vostri cuori per capire ciò che Dio vuole dirvi attraverso la mia voce.

Il tema che svilupperò è: «Humanae Vitae, voce di santità».

A mo’ di introduzione, vorrei sottolineare il contesto di ostilità e di opposizione radicale nel quale è nata Humanae Vitae, e la lucidità profetica di Paolo VI, il senso acuto della sua responsabilità come Vicario di Cristo, che passa per la risposta data alla grave questione della trasmissione della vita umana, che fa degli sposi i liberi responsabili collaboratori del Creatore.

Sono passati esattamente 50 anni da quando Paolo VI ha firmato la sua ultima e più importante lettera enciclica, la “Humanae Vitae”. Era il 25 luglio 1968. Se si ricolloca questo insegnamento del venerabile Paolo VI nel suo contesto storico, ci si può render conto di quanto coraggio, quale grande fede in Dio e di quanta docilità allo Spirito Santo siano stati necessari al papa per osare un tale atto, dal momento che numerosi teologi e qualche volta anche dei cardinali e dei vescovi lo spinsero a mettere la Chiesa sotto l’osservazione del mondo e dei media. Il papa ha ricordato con forza che la Chiesa non può insegnare altro che la Risurrezione di Cristo, e cioè la verità rivelata, che, per ogni uomo, è la sola via alla felicità e alla santità.

Così, nonostante la tempesta suscitata da Humanae vitae, possiamo vedere con i nostri occhi con quanta potenza lo Spirito Santo ha assistito e sostenuto l’ufficio petrino. In un mondo reso schiavo e dominato dalle perversioni della Rivoluzione sessuale, abbandonato e isolato da molti cardinali, vescovi e teologi, Pietro è rimasto solo, Pietro è rimasto forte. Proclamare la dottrina morale sul matrimonio come è stato sempre proposto con una costante fermezza dal Magistero della Chiesa, far rispettare la natura e le finalità dell’atto matrimoniale, ed esporre con chiarezza i legami indissolubili che Dio ha voluto, e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, fra i due significati dell’atto coniugale: “unione e procreazione”, hanno causato a Paolo VI una enorme sofferenza e una estrema solitudine.

Si è sentito abbandonato da tutti, specialmente da coloro che gli erano più vicini. Si è sentito rifiutato e abbandonato da tutti, come Gesù sul Gòlgota. Ma egli era profondamente unito a Dio. Ecco che cosa scriveva nel suo testamento al tempo dell’uscita di Humanae Vitae. «Ciò che fa un capo, è che il suo cuore non tremi. L’occhio chiaro, l’ordine breve, e sempre la preoccupazione per gli altri, dimenticandosi di sé stessi.

È necessario prendere coscienza del fatto che la posizione e la funzione di chi fa il bene mi sono ormai proprie, mi caratterizzano e mi rendono inesorabilmente responsabile di fronte a Dio, alla Chiesa e di fronte all’umanità. La posizione è unica. Ciò vuol dire che mi mettono in una solitudine estrema, che era già grande prima. Attualmente è totale e terribile, al punto da dare le vertigini, come una statua su una freccia. E ancor più: si tratta di una persona vivente, come io sono. Niente, né nessuno, né i miei vicini. Debbo dimorare in me stesso, fare da me, conversare con me stesso, deliberare e pensare nel mio foro interno. Se la vita in comunità può essere una penitenza, quest’altra non è da meno.

Anche Gesù fu solo sulla croce. L’abbiamo inteso dire – mentre parlava con Dio esprimendo la sua desolazione -: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Desidero mettere un particolare accento su quella solitudine. Non avere paura. Non cercare un aiuto esteriore per adempiere ai miei doveri, che consiste nel volere, decidere e assumermi tutte le responsabilità nel guidare gli altri, anche se tutto ciò può sembrare illogico e persino assurdo. E soffrire solo. Le confidenze consolatrici non possono essere che rare e discrete. La parte più profonda del mio essere resta per me. Io e Dio. La conversazione con Dio diventa totale e incomunicabile».

Per Paolo VI l’Humanae Vitae è stata un momento di grande sofferenza, di solitudine assoluta, ma una solitudine abitata da Dio e illuminata dalla preghiera, con la certezza che Dio era con lui. È questa certezza di essere la voce di Dio e l’eco del magistero perenne della Chiesa, che fa in modo che, non solo Paolo VI ha riaffermato la dottrina storica e apostolica, ma si è dimostrato soprattutto immensamente profetico.

Cinquant’anni dopo la sua pubblicazione, quell’insegnamento magisteriale manifesta, non solamente la sua verità immutabile, ma nello stesso tempo rivela la chiaroveggenza con la quale i problemi furono affrontati. I primi tempi dopo quell’Enciclica non potevano prevedere la perversione sessuale in cui oggi viviamo, e la dittatura messa in atto dalle autorità dei governi liberali del nord Europa, che hanno destrutturato e demolito la famiglia, e hanno promosso e legalizzato la contraccezione e l’aborto, come è ben descritto nel paragrafo 17 di Humanae Vitae.

Si può anche temere che l’uomo, essendosi abituato all’uso delle pratiche contraccettive, non finisca col perdere il rispetto per la donna, senza più curarsi del suo equilibrio fisico e psichico, finendo col considerarla come un semplice strumento di godimento egoistico, e non più come la propria compagna rispettata ed amata.

Non è necessaria molta esperienza per conoscere l’umana debolezza, per comprendere che gli uomini, particolarmente i giovani, così vulnerabili su questo aspetto, hanno bisogno di incoraggiamento a essere fedeli alla legge morale, e che non bisogna offrire loro qualche mezzo facile per eluderne l’osservanza.

Quando si riflette sulle pericolose armi che si metterebbero così nelle mani di autorità pubbliche tanto disattente alle esigenze morali, chi potrà rimproverare a un governo di applicarsi alla soluzione dei problemi della collettività, su ciò che deve essere riconosciuto e permesso ai coniugi per la soluzione di un problema famigliare? Chi potrebbe impedire ai governanti di favorire, e persino imporre (leggi inique) ai loro popoli, se il giudizio è necessario, e i metodi di contraccezione da loro stimati, sono i più efficaci?

Così, gli uomini, volendo evitare le difficoltà individuali, famigliari e sociali, che si trovano nell’osservazione della legge divina, finiranno col lasciare alla mercé degli interventi delle pubbliche autorità, il settore più personale e più riservato, che è l’intimità coniugale.

Paolo VI non ha potuto tacere! La grazia del successore di Pietro gli ha donato il coraggio di parlare con chiarezza e fermezza. Non poteva fare altrimenti, perché ne andava a scapito della Rivelazione, del messaggio di Cristo e della dottrina morale che la Chiesa espone con una costante fermezza attraverso il magistero. Non ha potuto tacere, perché ciò che era in gioco nell’enciclica Humanae Vitae era – né più e né meno -, la santità del popolo cristiano. Resistendo alla moderna pressione mediatica, Paolo VI ha posto un argine profetico, non solo perché ha, in qualche modo, anticipato le scoperte scientifiche più recenti sulla nocività dei contraccettivi chimici sulla salute umana, ma molto più profondamente, perché impostato alla luce di Dio sulla vita coniugale, egli ha messo in luce una via di santità.

Ma oggi vorrei insistere su questo aspetto dell’enciclica, guardando in particolare alla luce del testo di San Giovanni Paolo II, nella sua autentica interpretazione. “Dobbiamo prendere coscienza che Humanae Vitae non è un semplice documento disciplinare, una semplice condanna della contraccezione, ma è qualcosa di più profondo. Humanae Vitae è un invito alla santità coniugale, a un modo di vivere la vita di coppia e la responsabilità dei coniugi secondo il disegno di Dio. In tutto ciò Paolo VI è veramente come un profeta che invita il popolo di Dio alla conversione. Egli ci invita, e invita voi, paesi cristiani, alla comunione con Dio.

Il rifiuto di Humanae Vitae, la sfiducia verso questo documento viene spesso da un errore di prospettiva. Sentiamo spesso dire che le regole della Chiesa sono dure, che la Chiesa manca di misericordia. O anche che queste regole sono impossibili da mettere in pratica nella vita. Come se Paolo VI, condannando la contraccezione, avesse arbitrariamente deciso dei permessi e delle proibizioni. Questo è un errore fondamentale. Non è che Paolo VI in un certo giorno abbia deciso di proibire la contraccezione per un puro capriccio, o con la volontà di imporre un’opinione personale, ma è stato il frutto di 4 anni di lavoro e di riflessione, di consultazioni, di lettura di documenti pontifici di qualità, riguardanti la questione. È stato solo dopo aver lungamente pregato, abbandonandosi completamente allo Spirito Santo e commosso per la sua grande responsabilità davanti a Dio, alla Chiesa e all’umanità, come padre e pastore (supremo); assolutamente fedele alla fede cattolica e docile al magistero perenne della Chiesa, che Paolo VI ha preso la decisione di spiegare le circostanze e le ragioni che lo hanno motivato a ricordare il fermo insegnamento della Chiesa».

Ecco che cosa disse presentando l’enciclica Humanae Vitae nell’udienza generale del 31 luglio 1968. Cito: «Questo documento pontificio non è solo la dichiarazione di una legge morale negativa, e cioè la proibizione di ogni atto che si propone di rendere impossibile la procreazione, ma è soprattutto la presentazione positiva della morale coniugale, in rapporto alla sua missione di amore e fecondità; in una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione naturale e terrestre, ma anche soprannaturale ed eterna.

Questo documento è inoltre la chiarificazione di un capitolo fondamentale della vita personale, coniugale, familiare e sociale dell’uomo. Ma non è una esposizione completa di tutto ciò che è l’essere umano nell’ambito del matrimonio, della famiglia, dell’onestà dei suoi componenti. Ambito immenso, sul quale il magistero della Chiesa potrà, e dovrà certamente riprendere con un più ampio, organico e sistematico disegno.

Questa enciclica risponde a delle questioni, a dei dubbi, a delle tendenze a riguardo delle quali, lo sappiamo, la discussione, in questi ultimi tempi, è stata molto ampia e vivace, e alla quale noi ci siamo fortemente interessati per la nostra funzione dottrinale e pastorale. Noi non parleremo ora di questo documento, prima di tutto a causa della delicatezza e della gravità del suo oggetto, perché ci sembra superata, in questi tempi, la semplicità di questo discorso; inoltre perché non mancheranno le pubblicazioni che saranno a disposizione di coloro che si interessano ai problemi sviluppati nell’enciclica.

Vi diremo qualche parola sul piano umano, su quelli che sono stati i nostri sentimenti durante quel lungo periodo di preparazione. Il nostro primo sentimento fu quello della nostra grave responsabilità, che ci ha fatti entrare nel vivo del soggetto, e sostenuto tutto l’impegno di quei necessari 4 anni di studio e di elaborazione dell’enciclica. E noi possiamo affermare che quei sentimenti e la nostra responsabilità ci hanno causato particolari sofferenze. Mai, prima di quella congiuntura, abbiamo sentito così forte il peso del nostro incarico. Abbiamo studiato, letto, discusso, per quanto ci era possibile. Ed abbiamo anche pregato molto. Certe circostanze, relative a questo problema, sono conosciute. Noi dovevamo rispondere alla Chiesa e all’intera umanità. Dovevamo valutare con impegno e nello stesso tempo con libertà, al nostro dovere apostolico: a una tradizione non solamente secolare, ma anche recente, e a quella dei nostri predecessori immediati. Noi eravamo obbligati a fare nostro l’insegnamento del Concilio, che abbiamo noi stessi promulgato. Noi eravamo inclini a raccogliere fino al limite in cui ci sembrava di poter andare, le conclusioni, anche di carattere consultativo, della Commissione istituita da papa Giovanni XXIII, ed elargite da noi senza perdere il nostro dovere di prudenza.

Noi conoscevamo le controversie suscitate da questo problema tanto importante. Con tanta passione e anche con molta autorità abbiamo percepito le voci possenti dell’opinione pubblica e dei media; ascoltavamo le voci dei deboli, che penetravano maggiormente nel nostro cuore di padre e di pastore. E tali persone, soprattutto delle donne angosciate di fronte a gravi problemi, furono per me problemi ancor più difficili.

Leggevamo i rapporti scientifici sulle allarmanti questioni demografiche del mondo, fondate sullo studio di esperti e sui programmi dei governi. Ricevevamo da ogni parte pubblicazioni in cui qualcuno, ispirato dall’esame di certe attese speciali tipiche del problema, con delle considerazioni realiste, delle numerose e gravi situazioni sociologiche. O ancora da quelle, tanto imperiose al giorno d’oggi, di mutazioni che coinvolgono tutti i settori della vita moderna. Quante volte abbiamo avuto l’impressione di essere sommersi da questa accumulazione di documenti. E quante volte, umanamente parlando, abbiamo sentito l’inattitudine della nostra persona di fronte al formidabile obbligo apostolico, dovendo pronunciarci su un problema così grave.

Quante volte abbiamo tremato di fronte a questo dilemma, in corrispondenza a quella che era l’opinione corrente, di una sentenza mal sopportata dalla società moderna, o che sia arbitrariamente troppo grave per la vita coniugale. Non ci siamo negati alle numerose consultazioni particolari di persone di retto valore morale e pastorale. Evocando lo Spirito Santo, abbiamo messo la nostra coscienza in uno stato di piena e libera disponibilità alla voce della verità. Cercando di interpretare la regola divina che noi vedevamo librarsi dall’esigenza intrinseca dell’autentico amore umano, e struttura essenziale dell’istituzione matrimoniale e della dignità personale degli sposi, della loro missione al servizio della vita, come del senso del matrimonio cristiano.

Abbiamo riflettuto sugli elementi stabili della dottrina tradizionale e attuale della Chiesa, e anche sugli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Abbiamo pesato le conseguenze dell’una o dell’altra decisione, e non abbiamo avuto alcun dubbio sul nostro dovere di pronunciare la nostra sentenza nei termini espressi dalla presente enciclica. Si, disponibilità alla voce della verità! Fedeltà alla dottrina tradizionale e recente della Chiesa, e sottomissione umile e figliale a Dio, che ci rivela la verità dell’amore dell’essere umano e il senso del matrimonio».

Cari amici, cari sposi, se come cristiani voi rifiutate la contraccezione, non è prima di tutto perché la Chiesa lo vieta, ma è piuttosto perché voi sapete, per l’insegnamento della Chiesa, che la contraccezione è intrinsecamente un male, perché distrugge la verità dell’amore e della coppia umana. Essa riduce la donna a un essere che diventa oggetto di piacere e di godimento sempre disponibile in ogni momento e in ogni circostanza alle pulsioni sessuali dell’uomo. Questo mi sembra molto importante. Il principio della morale cristiana non è il rispetto dei doveri imposti dall’esterno e passivamente subiti, ma piuttosto l’amore del bene e della verità dell’essere.

Paolo VI, attraverso l’insegnamento dell’Humanae vitae, ha prima di tutto cercato di contemplare la verità dell’essere umano sessuato. Egli ha cercato di scoprire il disegno che il Creatore ha inscritto nella natura dell’uomo e della donna. Paolo VI ha cercato un nuovo modo di scoprire il bene verso il quale questa natura profonda ci fa tendere. Egli ha cercato di far desiderare il bene soprannaturale, e cioè la santità alla quale Dio richiama le coppie attraverso la vita coniugale.

È importante sottolineare che questa verità sull’amore umano è accessibile alla ragione umana. Giovanni Paolo II ha ricordato che l’affermazione secondo cui ogni atto coniugale è per sua natura aperto alla trasmissione della vita, descrive la verità ontologica, la struttura intima, la struttura reale dell’atto coniugale. Si tratta dunque prima di tutto di una affermazione conforme alla ragione umana, accessibile ad ogni uomo che cerca la verità.

Questo carattere ragionevole fonda l’affermazione di Paolo VI e di Giovanni Paolo II. Le norme morali fanno parte della legge naturale. (Per quanto riguarda la mia esperienza debbo dire che moltissimi non cattolici o anche cattolici poco istruiti, quando parli loro di una “legge morale naturale” , rimangono come minimo scettici, e in certi casi avversi, considerandola – invece che un bene riconoscibile dalla ragione e dall’osservazione della realtà – un altro limite alla libertà. Ndt). Ogni uomo di buona volontà – continua il Cardinale -, ha la possibilità di scoprire che il contraccettivo è contrario alla verità umana dell’amore coniugale.

Ma è necessario andare più in profondità. In effetti è Giovanni Paolo II che afferma con forza che la norma morale formulata in Humanae Vitae fa parte della rivelazione divina. Perché la Chiesa insegna questa norma, nonostante che non sia espressa formalmente, e cioè letteralmente, nelle Sacre Scritture? Egli lo ha fatto nella convinzione che l’interpretazione della legge naturale è di competenza del magistero. Possiamo tuttavia dire qualcosa di più. Anche se la norma morale – come è formulata nell’Enciclica Humanae Vitae -, non si trovi letteralmente nella Sacra Scrittura, è però contenuta nella Tradizione. E, come ha scritto Paolo VI, essa è stata esposta ai fedeli attraverso il Magistero, e risulta che questa norma corrisponde all’insieme della Dottrina rivelata, contenuta nelle sorgenti bibliche.

Una tale affermazione è importantissima per comprendere l’errore di tutti coloro che domandano un cambiamento di disciplina; di tutti coloro che dicono che la Chiesa è troppo dura e che la Chiesa si deve adattare. Attraverso l’enciclica Humanae Vitae la Chiesa non fa che trasmettere ciò che ha ricevuto da Dio. Essa non ha e non avrà mai il potere di cambiare ciò che si vuole. La norma morale dell’Humanae Vitae appartiene, non solamente alla legge morale naturale, ma anche all’ordine morale che Dio ha rivelato. Da questo punto di vista, allo stesso modo, Essa non potrebbe essere differente, ma solamente e unicamente tale come la trasmette la tradizione e il magistero. Si può dunque affermare che Dio stesso si è preso cura di rivelarci le vie della felicità e del bene per la coppia umana.

Accogliere Humanae Vitae non è dunque prima di tutto una questione di sottomissione e di obbedienza al papa, ma di ascolto e di accoglienza della Parola di Dio; della benevolente rivelazione di Dio, di ciò che noi siamo, di ciò che dobbiamo fare per corrispondere al Suo Amore. I cardinali, i vescovi e i teologi che hanno rifiutato l’Humanae Vitae, incitando i fedeli alla ribellione contro l’enciclica, si sono dunque messi deliberatamente e pubblicamente in lotta contro Dio stesso. La cosa grave è che essi invitino i fedeli ad opporsi a Dio. Questo richiamo vuole permetterci di evitare tre errori, a proposito di Humanae Vitae.

Il primo errore si situa in particolare presso i fedeli e gli sposi. Certuni potrebbero avere l’impressione che la Chiesa imponga loro un peso insopportabile, un fardello troppo pesante, che andrà a pesare sulla loro libertà.

Cari amici, una tale idea è falsa. La Chiesa non fa che trasmettere la verità ricevuta da Dio, e conosciuta dalla ragione. Ora, non è la ragione che ci rende liberi, ma è solo la Verità che rende liberi. Cari amici, care coppie, che vivete di questa verità, voi dovete testimoniarla agli altri! Voi stessi siete dei profeti. E bisogna dire quanto il rifiuto delle pratiche e della mentalità contraccettiva, libera la coppia dalla pesantezza dell’egoismo. Una vita secondo la verità della sessualità umana, libera dalla paura, libera le energie dell’amore e rende felici. Voi che lo vivete, ditelo! Scrivetelo! Testimoniatelo! È la vostra missione di laici. La chiesa conta su di voi! Essa vi affida questa missione.

Voi dovrete perciò testimoniare il fatto che l’enciclica Humanae Vitae non deve essere accolta con un’obbedienza che non sarebbe che materiale, ma deve essere accolta con intelligenza e con il cuore. L’intelligenza deve appropriarsi della verità che si è contemplata e sviluppata. Il cuore deve desiderare il bene proposto al nostro amore.

Accogliere l’Humanae vitae non diventa dunque avere automaticamente numerosi figli? No. Ciò vuol semplicemente dire aprirsi generosamente e largamente alla vita, e accogliere i bambini che la vostra salute, il vostro amore e i vostri mezzi vi permettono. Un semplice atto di riconoscenza e di gratitudine a Dio.

Accogliere l’Humanae Vitae vuol dire entrare nella natura profonda dell’amore umano e perciò impegnarsi in un cammino di paternità e maternità responsabili, che rifiutano ogni pratica contraccettiva. È un aprire la coppia a un’accoglienza generosa e intelligente della vita. Questo però non ad ogni prezzo, ma secondo le capacità di ogni coppia, senza talvolta, se delle circostanze giustificassero il reclamo, lo spazio e il dissenso, utilizzando l’alternanza dei periodi di fertilità, sempre per meglio proteggere l’amore coniugale e familiare.

Il secondo errore da evitare si trova nei teologi e moralisti. Vorrei, qui, con forza, riprendere le stesse parole di Gesù: «Guardatevi dai falsi profeti: vengono a voi travestiti da agnelli, ma dentro sono lupi rapaci». «Quelli – dice San Paolo -, sono dei falsi profeti, dei falsi apostoli, dei falsi servi travestiti da apostoli di Cristo. Nulla di eclatante in loro: Satana stesso si camuffa in angelo di luce. Ma la loro fine sarà conforme alle loro opere». Si, guardatevi da coloro che vi dicono che, dato che l’intenzione generale della coppia è buona, trovano le circostanze per giustificare la scelta dei mezzi contraccettivi.

Cari amici, tali proposte sono menzognere. Coloro che vi dicono e che vi insegnano tali aberrazioni, falsificano la parola di Dio. Non parlano nel nome di Dio, ma parlano contro Dio e contro l’insegnamento di Gesù. Sono come i brulicanti serpenti, di cui parla il libro dei numeri, il cui morso fa perire. Non ponete la vostra attenzione su nessuna delle loro parole. E tutti coloro che si sono fatti mordere da quel serpente della confusione dottrinale e morale, sono perduti. Imitate il popolo di Israele. Correte verso la salvezza, con lo sguardo rivolto al “Serpente del Regno”. Gesù Cristo appeso sullo stendardo della croce, e resterete in vita!

Si, guardate a Gesù! Ascoltatelo! Obbedite solo a lui! Egli è il solo Maestro! Quando vi dicono che l’ideale e il senso concreto che possa giustificare il ricorso ai contraccettivi, vi dicono una menzogna; vi predicano una dottrina relativa, ma ancor più, vi fanno del male, perché vi indicano una strada che non conduce né alla felicità, né alla santità.

A questo proposito Giovanni Paolo II ha potuto dire che: «Ciò che ci oppone, in certe situazioni concrete, a ciò che la legge morale prescrive, è profondo: non si crede più che la legge di Dio è l’unico vero bene dell’uomo». Come si può pretendere che in certe circostanze, in certe situazioni, una attitudine che contraddice la profonda verità dell’amore umano, diventi buona e necessaria? È impossibile! Intanto però sono in molti a portare a questo problema delle soluzioni disoneste. Anche coloro che non indietreggiano nemmeno davanti all’assassinio.

Ma la chiesa ricorda che non si possono avere delle vere contraddizioni fra le leggi divine che regolano la trasmissione della vita, e quelle che favoriscono l’autentico amore umano. Si, la pienezza della gioia coniugale passa sempre attraverso il rispetto della natura profonda della sessualità, e perciò alla sua apertura alla vita.

La contraccezione è sempre un male morale, perché spesso distrugge l’amore tra i coniugi. Pensando di non fare il male, fa però del male, e crea conflitto. Il bene della coppia passa sempre per una via che è secondo la sua natura profonda; secondo il suo essere. Le circostanze o le intenzioni non potranno mai far sì che un atto intrinsecamente disonesto, diventi poi un oggetto, un atto oggettivamente onesto o difendibile in sé. Ne consegue che non esiste nessuna situazione in cui la norma sarebbe impossibile da mettere in opera. In effetti, questo implicherebbe che il Creatore si contraddica, e ci chieda di andare contro il saggio ordine che Egli stesso ha iscritto nella natura.

C’è, fra i pensieri di Giovanni Paolo II, un aspetto pastorale forte: «Il fatto che la legge debba essere di impossibile realizzazione, appartiene alla stessa natura della legge. Che la norma sia realizzabile, appartiene all’ambito sia pratico che pastorale. Così è folle opporre la verità della legge a delle realizzazioni pratiche concrete e contrarie. Non si deve mai opporre la pastorale pratica alla legge morale. La pastorale concreta è sempre la ricerca dei mezzi più appropriati per mettere in opera l’insegnamento universale, ma mai con l’ideologia!».

Come diceva Giovanni Paolo II, parlando della contraccezione, «Nessuna circostanza personale o sociale, ha mai potuto, non può e non potrà mai giustificare un tale atto. E non si tratta di una dottrina inventata dagli uomini, ma è stata inscritta in noi, nella persona umana e nella natura, dalla mano creatrice di Dio, ed è stata confermata da Lui stesso con la Rivelazione.

Il terzo errore da evitare si trova tra i pastori. I preti e i vescovi.

Cari fratelli sacerdoti, si cerca spesso di colpevolizzarci, accusandoci di far portare agli altri i fardelli che noi stessi non portiamo. Non lasciatevi intimidire! Obbedite a Dio, più che agli uomini! Se Humanae Vitae è veramente il documento base di una vita coniugale portata avanti secondo la verità profonda della sessualità umana, allora non imporremo alcun fardello, ma al contrario, apprezzando l’Humanae vitae, noi annunceremo la Buona Notizia e la santità coniugale.

Come potrebbe il nostro cuore sacerdotale privare le anime di questa voce regale per la santità coniugale? Come potremo proporre una forma di santità inquinata e imbruttita? No. Come disse Paolo VI: «Non togliere nulla alla salutare dottrina di Cristo è una forma eminente di carità». E, indirizzandosi ai vescovi, il beato papa continua: «Lavorate con ardore e senza pausa, alla salvaguardia della santità del matrimonio, perché sia vissuto in tutta la sua pienezza cristiana. Considerate questa missione, nel tempo presente, come una delle vostre più urgenti responsabilità».

Cari fratelli sacerdoti, annunciare la buona novella del Vangelo sulla sessualità e sul matrimonio è aprire alla coppia la via per una vita gioiosa e santa! È il nostro dovere di padri, di guide e di pastori! Ma il nostro silenzio, le incertezze, le ambiguità o la confusione dottrinale e morale a questo riguardo, hanno come conseguenza la svalutazione della concezione umana e cristiana dell’amore coniugale. È molto grave e un grave peccato che oggi molti vescovi e sacerdoti si compiacciano a esternare delle opinioni confuse a riguardo del matrimonio e della morale cristiana. Per amore paterno verso gli sposi, per zelo missionario, per generosità nell’evangelizzazione, non abbiamo paura di predicare la Buona Novella, anche se dobbiamo soffrire gli attacchi, il disprezzo, la solitudine e le beffe! Proclamiamo la verità del Vangelo! Paolo VI nella sua enciclica ci ha dato un bell’esempio di carità pastorale. Non abbiamo paura a imitarlo!

All’inizio di questa conferenza vi ho descritto quanto egli ha sofferto, come era isolato, ma è rimasto fermo, perché Dio era con lui. Il nostro silenzio sarebbe complice e colpevole! Non abbandoniamo le coppie alle ingannevoli sirene della facilità! Osserviamo prima di tutto, che il nostro celibato è un impegno di credibilità. Se noi viviamo in verità la gioia di una vita donata nella continenza totale per il Regno di Dio, allora possiamo predicare la gioia di una vita di sposi che si donano nella fedeltà responsabile e nella generosità della continenza periodica quando essa è necessaria. È ben chiaro che quanto più molti di noi predicano con forza la verità, più potremo accompagnare le persone con pazienza e bontà, come il Signore, che fu intransigente verso il male, e misericordioso con le persone. Ma la misericordia, senza la verità, non esiste, perché Dio è Verità!

Da questi tre errori, che ho accostato, noi possiamo approfondire questa voce di santità descritta da Humanae Vitae. Vorrei prima di tutto sottolineare che come fondamento di ogni santità si deve trovare l’amore di Dio, perché è Lui che ama! Vuole ciò, chi vuole essere amato. Amare Dio e volere ciò che Egli vuole. Al vertice della mistica si parla dell’unione delle volontà, che serve per cercare la volontà di Dio. È necessario cercare il disegno che il Creatore ha inscritto nella nostra natura di uomo e donna, nella natura della coppia e del rapporto coniugale.

Ed è precisamente ciò che afferma Benedetto XVI quando dice: «La natura è l’espressione di un disegno di amore e di verità. essa ci precede, e Dio ce l’ha donata come mezzo di vita. Essa ci parla del Creatore e del suo amore per l’umanità. Pertanto, il significato di naturale non è solo un materiale da cui possiamo disporre a nostro piacere, ma è l’opera ammirabile del Creatore, che porta in sé una grammatica che indica una finalità, un criterio perché essa sia utilizzata con saggezza, e non sfruttata in maniera arbitraria. Questo lavoro di saggezza per comprendere il disegno divino (la volontà inscritta da Dio nell’ordine delle cose), è stata iniziata da Paolo VI e magnificamente amplificata da San Giovanni Paolo II. Egli offre per gli sposi la voce di spiritualità e di comunione con il progetto del Creatore. Paolo VI incoraggia in tal modo le coppie a conformare la loro condotta alle intenzioni creatrici di Dio. In questa volontà è disposta l’intenzione creatrice, che è una vera via all’unione teologale a Dio, e nello stesso tempo una giusta realizzazione di sé».

È veramente l’amare Dio che dimostra questa saggezza, che è inscritta nella mia natura. Tutto ciò porta a un giusto e realista amore di sé. In effetti, come disse Benedetto XVI: «Noi viviamo in maniera giusta se viviamo secondo la verità del nostro essere, e cioè, secondo la volontà di Dio, perché la volontà di Dio non costituisce per l’uomo una legge imposta dall’esterno, che lo forza, ma è la misura intrinseca della sua natura. Una misura, una legge, che è inscritta in lui e che fa di lui l’immagine di Dio, e dunque, una creatura libera».

Se noi viviamo contro l’amore, contro la verità e contro Dio, allora ci distruggiamo reciprocamente, e distruggiamo il mondo. In questo modo non troveremo la vita, ma faremo il gioco della morte. Tutto ciò è raccontato attraverso le immagini immortali nella storia del peccato originale e dell’uomo scacciato dal paradiso terrestre. Si può trovare qui una applicazione profonda e mistica di ciò che papa Francesco chiama: “La conversione ecologica”. In effetti, noi siamo invitati a rinunciare a una concezione secondo la quale l’uomo dovrebbe possedere la natura, e anche la propria natura, in una logica di dominazione e di manipolazione attraverso la tecnica.

Perché voler cambiare la propria natura? Perché violarla e manipolarla? Non ci siamo manipolati per realizzarci secondo il nostro sentimento, o secondo la nostra tendenza, invece che secondo il progetto che Dio ha voluto per noi. Egli ci ha creato a sua immagine e somiglianza. Uomo e donna, ci ha creati. Noi ci distruggiamo quando vogliamo negare o rifiutare di essere nati uomo o donna, decidendo di mutilare la natura umana dell’uomo e della donna. Al contrario, noi dobbiamo entrare in una logica di ricezione della natura, della nostra natura propria, come un regalo, un dono gratuito del Creatore, che ci rivela qualche particella della sua infinita saggezza.

Perciò, non dobbiamo dominare o manipolare arbitrariamente la natura, la nostra stessa natura, ma, come disse papa Francesco: «Accompagnare ad accettare le possibilità che ci offre. Si tratta di ricevere ciò che la realtà naturale ci mostra, perché attraverso la natura, Colui che ci tende la mano e si rivela, è l’Autore della natura, e cioè il Creatore. Come ha detto Giovanni Paolo II, “Il carattere virtuoso del comportamento che si esprime nella regolazione naturale della fecondità, che funziona non tanto per la fedeltà a una legge naturale impersonale, ma piuttosto alla Persona del Creatore, origine e Signore dell’universo.

(Per non allungare troppo la traduzione, passo alla finale conclusione. Ndt).

Cari amici, se vi annunciassi altre cose, vi mentirei, vi tradirei; non sarei più un ministro di Dio che vuol condurvi verso il bene; né messaggero della Sua Parola. La felicità, la gioia perfetta delle vostre coppie passa da lì, (dalla croce). Io so che tutto ciò non funziona, senza sacrificio. Ma il tentativo sempre riproposto, di un cristianesimo senza sacrificio, di un cristianesimo liquido, all’acqua di rose ha ormai raggiunto molti.

Il catechismo della Chiesa Cattolica lo esprime con forza con queste parole: «È seguendo Cristo, rinunciando a loro stessi, prendendo la loro croce su sé stessi, che gli sposi potranno comprendere il senso originale del matrimonio, e viverlo con l’aiuto di Cristo. Questa grazia del matrimonio cristiano è un frutto della croce di Cristo, sorgente di tutta la vita cristiana». Il Calvario è il punto più alto del mondo, dal quale possiamo vedere tutto con gli occhi di Cristo, e dunque comprendere che cos’è il vero amore, così come lo ricordava Giovanni Paolo II: «Gli sposi sono per tutta la Chiesa il ricordo permanente di ciò che è avvenuto sulla croce. È per questo che i focolari cristiani sono dei luoghi d’amore totale; dei luoghi di gioia e felicità, perché, ciò che è accaduto sulla Croce è allo stesso tempo la pienezza della sofferenza e la vittoria sulla morte. Il sacrificio perfetto, e la gioia più grande: la conseguenza del peccato, e la consumazione della santità. La famiglia è un luogo di immensa felicità, perché è un luogo di amore totale, profondo e incomparabile. Dunque, un luogo al centro del quale si drizza la Croce, sorgente di ogni amore! Parlando del sacrificio del matrimonio, San Paolo esclama: «Questo mistero è grande, e si applica a Cristo e alla Chiesa».

Cari sposi cristiani, la Chiesa vi affida un grande tesoro. Ella vi domanda di essere i testimoni dell’amore con cui Gesù ha amato l’umanità. Si, amatevi come Cristo ha amato la Chiesa, e si è dato per Lei. È la vostra vocazione, la vostra missione! Amate, come Cristo, fino alla croce! La vostra missione è bella! Grazie per ciò che siete in mezzo a noi. Grazie, care famiglie, per la testimonianza che date con la vostra vita e la vostra gioia! Il sorriso sul volto dei vostri bambini è la principale maniera che voi avete nel testimoniare la vostra gioia! Voi siete la più bella fioritura della corona della Chiesa. Voi siete l’avvenire della Chiesa. Voi siete l’avvenire del vostro paese! La Chiesa vi ama!

Vi ringrazio per la vostra attenzione, e soprattutto per la vostra indulgente pazienza nell’ascoltarmi. E con voi ringrazio Dio; ringrazio Dio Padre Onnipotente, che ci ha donato Paolo VI, termine cruciale della nostra storia, e di averlo illuminato e sostenuto! «Dio è sempre fedele, anche quando una grande parte della Sua Chiesa gli è infedele, e eccelle nella confusione e nel disordine, a sfavore degli uomini». Così diceva 10 anni fa Benedetto XVI in occasione del 40° anniversario di Humanae vitae. Ciò che era vero ieri, resta ugualmente vero oggi. La verità espressa da Humanae Vitae non cambia!

Che Dio protegga la Chiesa, e che la Chiesa protegga le famiglie e il mondo! Vi ringrazio. (Scrosciante, prolungato applauso. A conclusione di questa traduzione, che mi ha insegnato molto, e più volte commosso. Vorrei aggiungere il testo evangelico di questa domenica, 19 agosto. Da Giovanni, 6, 51-58, che mi sembra completare bene il magnifico discorso del Cardinale Sarah. Ndt).

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=nojxviHfeyo

Traduzione di Claudio Forti

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