Diritto di vita e di morte

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Articolo redatto da Constance Prazel per Liberté politique –     1° giugno 2018

È passata solo una settimana dal momento in cui gli irlandesi hanno votato in massa a favore dell’aborto. Il 66%, con una forte mobilitazione di giovani e di persone di tutte le età. Il referendum ha abrogato l’articolo della costituzione che proibiva l’aborto. Questo permette allo stesso tempo al governo di far votare una legge che autorizza l’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza.

Il giornale Le Monde esprime la sua gioia con la frase: «Un referendum che ci riconcilia con i referendum». Tutto il contrario di quello sulla Brexit, che è l’archetipo del «cattivo referendum». L’aspetto formidabile della questione è il modo ingenuo con cui utilizzano la loro retorica manipolatoria. È vero che spesso i referendum sono noiosi e che la gente non vota sempre con il buon senso, ed è per questo che è necessario far si che il popolo voti nuovamente perché comprenda bene il senso della Storia. E il popolo è spesso testone.

Ebbene sì, effettivamente l’Irlanda è riuscita finalmente a girare la pagina della proibizione all’aborto. Ma a che prezzo! Dobbiamo però ricordare che si tratta della sesta volta in 35 anni che la questione viene posta al popolo irlandese con perseveranza e sistematicità. Questo è il loro modo di “fare pedagogia”. Con un referendum ogni 5, 6 anni, come non immaginare che un’opinione pubblica tanto ben indottrinata non finisca a un certo punto col cedere? (Magari i cattolici avessero la stessa caparbietà! Ah, ma loro debbono fare ponti, tanto che anche qui in Italia personaggi come la Bonino e Pannella, strenui paladini dei “diritti di libertà”, vengano additati come modelli da alti prelati. Ndt).

Ciò che fa venire i brividi alla schiena e il modo con cui la questione è stata posta agli irlandesi. Non più il “diritto della donna a disporre del proprio corpo”, del tipo: “Il corpo è mio e me lo gestisco io”, o altri ben noti ritornelli dello stesso genere, ma la ripetizione implacabile di questa asserzione: «La madre ha lo stesso diritto alla vita di quello del bambino che porta in sé». L’abrogazione dell’ottavo emendamento, così formulato, consacra quindi il totale potere della donna sulla vita del bambino.

Nella antica Roma il padre disponeva del potere di vita o di morte sul suo bambino. Poteva scegliere di abbandonare sulla pubblica via il lattante che non riconosceva come suo o che non gli conveniva tenere, condannandolo perciò a una morte certa. Oggi questo diritto è passato alla madre. Certo, il “progresso” non può essere arrestato! (Ma questo – come scrivevo giorni fa a una giornalista Rai, che gioiva per il “successo irlandese” -, è un altro drammatico segno della volontà di suicidio demografico dell’Europa. Ndt).

Fonte: http://www.libertepolitique.com/Actualite/Editorial/Droit-de-vie-droit-de-mort

Traduzione di Claudio Forti

 

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