Aborti 2016: il caso dell’Emilia-Romagna

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di David Botti

Lo scorso 22 dicembre il Ministero della Salute ha trasmesso al Parlamento la Relazione sull’attuazione della L.194/78. In essa il Ministro Beatrice Lorenzin

ha esordito sostenendo che «prosegue l’andamento in diminuzione del fenomeno» (pag. 1), salvo poi accennare che tale calo «potrebbe essere almeno in parte collegato alla determina AIFA […] che elimina, per le maggiorenni, l’obbligo di prescrizione medica dell’Ulipristal acetato (ellaOne), contraccettivo d’emergenza meglio noto come “pillola dei 5 giorni dopo” […]. Si segnala inoltre che […] nel 2016 la determina AIFA […] ha eliminato, per le maggiorenni, l’obbligo di prescrizione medica del Levonorgestrel (Norlevo), noto come “pillola del giorno dopo”» (p. 13).
Il condizionale (“potrebbe”) utilizzato dal Ministro è già stato ampiamente smascherato
dal Dott. Puccetti.
Ma il Ministro ci propone anche i dati di vendita “
ad uso privato” delle pillole abortive: 189.589 confezioni per ellaOne, 214.532 per Norlevo (p. 13).
Sono numeri impressionanti, che giustamente hanno fatto dire che “
la pillola abortiva fa tornare l’aborto nella clandestinità”.
Ma se questi sono i numeri dell’”
uso privato”, quante confezioni sono state distribuite dalle Unità Sanitarie delle Regioni? La Lorenzin non lo dice, né lo si evince dalle analoghe Relazioni delle Regioni, alle quali è demandata l’applicazione della L.194/78.

Sembra pertanto opportuno esporre brevemente cosa succede concretamente sul territorio nazionale, in particolare nelle Regioni guidata dalla coalizione di partiti che ha governato il Paese nell’ultima legislatura: a tutti verrà subito in mente l’Emilia-Romagna, roccaforte storica del Partito Democratico e dei suoi alleati AP-NCD.
Ebbene, nella sua
Relazione del 2016, anche l’Emilia-Romagna (d’ora in poi ER), ha vantato «il numero più basso di interventi annuali registrato». Tuttavia, nemmeno qui ci si dice quante confezioni di “pillola del giorno dopo” sono state diffuse dai Consultori Familiari, dagli Spazi Giovani e da altre strutture dipendenti dall’Assessorato alla Salute.
Silenzio non trascurabile per una Regione che nei suoi 223 Consultori prevede «
l’erogazione gratuita dei contraccettivi […] d’emergenza» per le donne fino a 26 anni.

Vi sono inoltre numerose altre criticità che emergono dalla Relazione ER: tutte aiutano a mettere nella giusta luce quanto sostenuto dal Ministro. Vediamole sinteticamente:

Obiezione di coscienza. In ER i medici obiettori sono soltanto il 49,8% (Italia: 70,9%). Tuttavia, grazie a una selezione feroce nei Consultori e negli Spazi Giovani la percentuale di abbassa al 23,7%. Il fatto è che l’ER definisce “problema” l’obiezione di coscienza e l’Assessore alla Sanità del PD lo ha addirittura portato alla Conferenza delle Regioni.

Nessun sostegno alla donna. Dalla relazione regionale e nazionale manca completamente un qualsivoglia riferimento al sostegno della donna e agli interventi messi in atto per permettere la prosecuzione della gravidanza e rispettare il diritto alla vita del concepito. Associazioni di volontariato hanno documentato che se le donne vengono aiutate il 73% sceglie di non abortire.

Esclusione del volontariato cattolico. Ben il 70% del totale degli aborti in ER vengono certificati dai Consultori Familiari e relativi Spazi Giovani, per ottenerli con meno ostacoli. Ma in nessuno di questi ci si avvale della collaborazione dell’associazionismo che tutela la vita, la fecondità, la maternità e l’infanzia.

Contraccezione. La Relazione dell’ER fa prevenzione attraverso l’informazione e la distribuzione gratuita di contraccettivi, rispetto alla quale un dirigente Ausl di ostetricia e ginecologia così si è espresso: «La semplice esposizione dei rischi legati a comportamenti a rischio, per vari tipi di problemi, non è assolutamente sufficiente per preservare da tali rischi [e] provoca una deformazione dell’atto sessuale stesso» (Avvenire BO7 del 19/11/17).

Educazione sessuale. L’assessorato ER vanta di aver svolto «educazione alla sessualità» in 1.845 scuole: si tratta di attività svolte spesso all’insaputa dei genitori e nonostante manchi una legge nazionale che le autorizzi e regoli. Enfasi particolare viene data al progetto genderW l’amore”, attivato in tutte le Ausl (solo Piacenza resiste) che a loro volta lo hanno portato in 138 classi.

Recidività. È la logica conseguenza delle pratiche fin qui descritte: oltre il 30% degli aborti procurati è ripetuto (26.4%il dato nazionale), segno inequivocabile che l’aborto è spesso inteso come mero contraccettivo.

Fecondazione artificiale. L’ER è una delle cinque Regioni in cui è possibile la fecondazione eterologa con seme proveniente da banche estere. Così, se da una parte l’ER procura gli aborti, dall’altra favorisce la Fivet: sono ben 340 i nati da quella che il Card. Caffarra ha definito una pratica «gravissima e aberrante». Sembra quasi che la vita nascente sia ostacolata in tutti i modi, eccetto quello della produzione; ma «si producono le cose, non i bambini e questa è una produzione di bambini».

Alla luce della concreta prassi di una delle tante Regioni “rosse” non si dovrebbe parlare di attuazione della (aberrante) legge 194/78, ma della sua semplice abolizione.

In preparazione di ciò, agli emiliano-romagnoli è possibile firmare una petizione.

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Autore: Libertà e Persona

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