Senza Bellezza… finisce tutto “in vacca”

bresciadi Attilio Negrini

Dallo scorso mese di maggio, Brescia ospita una mostra a cielo aperto dell’ “artista” Mimmo Paladino, considerato un maestro della “transavanguardia”.

Massimo Minini, Presidente di “Brescia Musei”, spiega il significato di questo evento: “Vorremmo che ogni anno un artista internazionale sia chiamato a svelare un nuovo punto di vista sullo spazio urbano del centro storico bresciano, grazie al dialogo tra le opere selezionate per l’occasione e i luoghi che le accoglieranno.

Il risultato che vorremmo ottenere sarà un percorso d’artista, che dal cuore istituzionale della città conduca al Parco Archeologico e al Museo di Santa Giulia. Un viaggio a ritroso da Brescia a Brixia, attraverso la mediazione e la sensibilità di un grande artista del presente”.

L’artista scelto per il 2017 “ci è parso perfetto per inaugurare questo ambizioso progetto – dice Luigi Di Corato, direttore di Brescia Musei e curatore della mostra – per la sua capacità di alimentare la storia, trasformando i simboli della cultura figurativa del mediterraneo, dagli archetipi al Novecento”.

Queste le parole degli organizzatori dell’evento all’inaugurazione, nello scorso mese di maggio.

La mostra cittadina a cielo aperto, è composta da decine di “sculture”, alcune quantomeno di cattivo gusto, per esempio un poliedro appuntito con una testa infilzata (che certamente avrà un significato che io non posso capire, questa è roba da menti superiori e illuminate). Altre mostrano simboli e numeri incomprensibili ai comuni mortali. Poi c’è l’enorme statua di Piazza della Vittoria, un marmo nero dal titolo “senza titolo”, di per sé inquietante a prescindere dalla simbologia a cui potrebbe richiamarsi.

Paladino fu uno degli artisti selezionati da Renzo Piano per la realizzazione della nuova chiesa dedicata a Padre Pio, a San Giovanni Rotondo. Secondo uno studio meticoloso di Francesco Colafemmina, filologo saggista e scrittore pugliese con la passione per l’arte e l’architettura sacra, autore de «Il mistero della Chiesa di San Pio», questo edificio sacro sarebbe zeppo di simboli esoterico massonici. In particolare il portale raffigurante un capretto con le gambe spezzate (che rappresenta l’opposto di Cristo, a cui i soldati non le spezzarono, “vedendo che era già morto” – Giov. 19,33) e una stella a cinque punte, uno dei principali simboli dell’occultismo, firmati, appunto, Domenico Paladino detto Mimmo.

Purtroppo non tutte le opere della mostra bresciana di Paladino sono a “cielo aperto”, una in particolare è stata collocata in Duomo Vecchio, costruito tra il V e il VI secolo, dedicato a Santa Maria Assunta, uno dei massimi esempi di edificio romanico a pianta circolare in Italia e per la sua forma chiamato la “rotonda”.

Si tratta di “Stabat Mater”, un trittico che l’autore ha voluto dedicare a Paolo VI, così dice, e che in questa chiesa è stato posto con l’approvazione del parroco don Alfredo Scaratti, che a suo tempo disse che l’opera “si integra perfettamente con lo stile romanico della chiesa”. Probabilmente non poteva esprimersi diversamente visto che la Cattedrale è di proprietà del Comune di Brescia e quindi soggetta ad essere “occupata” da mostre di ogni genere.

Fin qui quasi nulla di strano, chi legge si starà immaginando le note dello “Stabat Mater” di Pergolesi o di Vivaldi, oppure uno dei tanti dipinti rappresentanti Maria ai piedi della croce.

Nulla di tutto ciò. Entrando in chiesa e percorrendola a destra costeggiandone il perimetro circolare, ecco apparire questo “capolavoro” che “si integra perfettamente con lo stile romanico”: Tre drappi color tovaglia di Natale (unico riferimento al sacro che può evocarne la visione), comprese alcune macchie che sembrano versamenti di vino di commensali sbadati… E nel primo di questi tre drappi uno strappo rettangolare dorato con una macchia orizzontale color sangue vivo. Mi fermo qua con la descrizione, non c’è altro. Ripeto, non sono un critico d’arte, non sono illuminato e non mi permetterei mai di pronunciare la famosa frase con la quale Fantozzi, esasperato, diede un giudizio definitivo sulla Corazzata Potemkin.

Il disgusto che mi spinge a scrivere queste righe è invece motivato da alcune considerazioni:

1) E’ possibile che in una città capoluogo di una provincia con un milione e duecentomila abitanti, nessuno, dico, nessuno, abbia osato dire ad alta voce ciò che il bambino denuncia davanti all’imperatore che mostra al popolo i suoi sfavillanti inesistenti vestiti, cioè che il re è nudo?

2) E’ inoltre possibile che non si colga la blasfemia nell’accostamento tra il dolore di Maria davanti alla Croce e il nulla rappresentato da questo imbarazzante catafalco? Perchè inserirlo nella cattedrale?

3) Che senso ha la dedica di una simile bruttura a un grande Papa come Paolo VI che, rivolgendosi agli artisti in un discorso tenuto presso la Cappella Sistina nel 1964 disse “…Il tema è questo: bisogna ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti. Vi abbiamo fatto tribolare, perché vi abbiamo imposto come canone primo la imitazione, a voi che siete creatori, sempre vivaci, zampillanti di mille idee e di mille novità. Noi – vi si diceva – abbiamo questo stile, bisogna adeguarvisi; noi abbiamo questa tradizione, e bisogna esservi fedeli; noi abbiamo questi maestri, e bisogna seguirli; noi abbiamo questi canoni, e non v’è via di uscita. Vi abbiamo talvolta messo una cappa di piombo addosso, possiamo dirlo; perdonateci… Siamo ricorsi ai surrogati, all’“oleografia”, all’opera d’arte di pochi pregi e di poca spesa, anche perché, a nostra discolpa, non avevamo mezzi di compiere cose grandi, cose belle, cose nuove, cose degne di essere ammirate…                                                
Rifacciamo la pace? Quest’oggi? Qui? Vogliamo ritornare amici? Il Papa ridiventa ancora l’amico degli artisti? … Evidentemente Mimmo Paladino quel giorno era impegnato altrove…

4) Cosa c’entrano i proclami degli organizzatori nel giorno dell’inaugurazione della mostra, con il suddetto trittico blasfemo?

vacca

Recentemente il Belgio ci ha “offerto” una imperdibile chicca: a Looz, diocesi di Limburg, nella chiesa non sconsacrata di Kuttekoven, è stata esposta un’opera d’arte di Tom Kerck: una mucca crocifissa, contornata da un lago di latte versato sul pavimento.

Penso che a Brescia, e in generale in Italia, siamo un po’ “indietro”, probabilmente una cosa del genere avrebbe provocato indignazione, bisogna fare un passo per volta. L’opera di Paladino può essere considerata un’anticipazione di ciò che vedremo se l’aria non cambierà, nella società e nella politica. Credo che questi due episodi artistici trasmettano comunque lo stesso messaggio: La bellezza salverà il mondo, senza bellezza va tutto “in vacca”.

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Autore: Libertà e Persona

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