Età della prima Comunione, ritardarla è un errore gravissimo

sanpiox

 

Circa cento anni fa, precisamente l’8 agosto 1910, su mandato di San Pio X veniva pubblicato dalla Sacra Congregazione dei Sacramenti il decreto “Quam singulari”, con il quale si anticipava a sette anni l’età per ricevere la prima Comunione.

Sulle orme del Concilio Lateranense IV (1215) e del Concilio di Trento si ripristinava l’uso tradizionale di ricevere la prima Comunione quando il fanciullo fosse “giunto all’età della discrezione”, ovvero capace di confessare da solo i propri peccati. Lo stesso Concilio di Trento (Sess.XXI, De Communione, cap.4) confermò ciò che era stato stabilito dal Concilio Lateranense, e pronunciò anatema contro chiunque la pensasse altrimenti: “Chi negasse che tutti e singoli i cristiani fedeli dell’uno e dell’altro sesso, giunti all’età della discrezione, siano obbligati ogni anno, almeno nella Pasqua a comunicarsi, secondo il precetto della Santa Madre Chiesa, sia “anatema”.

Perché, allora, l’esigenza di ricordare una prassi tanto antica e consolidata? Come capitava e capita in diversi ambiti liturgici e dottrinali, si svilupparono col tempo diversi abusi ed errori circa l’interpretazione da dare ai documenti magisteriali. Così avvenne pure per l’età della discrezione, con l’introduzione di “non pochi errori e abusi deplorevoli”. Nel corso dei secoli in diversi interpretarono un’età differente per accedere al sacramento della Penitenza rispetto a quello della Comunione, potendo accedere a quest’ultima solo dopo una conoscenza più piena e consapevole, addirittura dopo i dodici anni d’età. Le conseguenze di questa pratica furono, per San Pio X, disastrose: “Siffatta consuetudine, che col protesto di tutelare il decoro dell’augusto Sacramento, tiene da esso lontani i fedeli, fu cagione di molti danni. Avveniva infatti che i fanciulli innocenti, distaccati da Cristo, venissero a mancare di ogni nutrimento della vita interiore; di che anche seguiva che la gioventù, priva di un aiuto efficacissimo, circondata da tante insidie, perduto il suo candore, si gittasse nel vizio prima di aver gustato i santi misteri”(Q.S.). Pur rimarcando come la confessione e la Comunione debbano essere preceduti da una preparazione adeguata, ciò che addolorava  il Santo Padre era “la perdita della prima innocenza, perdita che forse sarebbe potuta evitarsi, se si fosse in età più tenera ricevuta l’Eucaristia. La Comunione, dunque, non vissuta come un premio alla fine di un cammino, ma come un viatico che accompagna e non precede solamente la preparazione e la vita del bambino. Spesso questo è avvenuto (e avviene oggi in moltissime realtà) perché si è ritenuto fondamentale dare una preparazione straordinaria ai giovani prima di ricevere il sacramento della Comunione, ritardandone così l’accesso e arrecando gravi danni alle anime dei bambini. L’ex prefetto del Culto Divino, Cañizares Llovera, lo ha ricordato sull’Osservatore Romano in occasione del centenario della Quam singulari: “Non possiamo, ritardando la prima comunione, privare i bambini – l’anima e lo spirito dei bambini – di questa grazia, opera e presenza di Gesù, di questo incontro di amicizia con lui, di questa partecipazione singolare di Gesù stesso e di questo alimento del cielo per poter maturare e arrivare così alla pienezza”. E ancora : “tutti, specialmente i bambini, hanno bisogno del pane disceso dal cielo, perché anche l’anima deve nutrirsi, e non bastano le nostre conquiste, la scienza, le tecniche, per quanto importanti siano. Abbiamo bisogno di Cristo per crescere e maturare nelle nostre vite”.

Quale dunque l’età della discrezione? Per la Quam singulari (si noti l’anno di pubblicazione, 1910…) essa si fissa intorno ai sette anni di età, dando modo poi ai singoli sacerdoti di anticiparla o posticiparla leggermente a seconda delle necessità spirituali. Oggi è lo stesso Cañizares Llovera a ricordare come l’età della discrezione sembra addirittura essersi anticipata. “Non è dunque raccomandabile  – scrive Cañizares  – la prassi che si sta introducendo sempre più di elevare l’età della prima comunione. Al contrario, è ancora più necessario anticiparla. Di fronte a quanto sta accadendo con i bambini e all’ambiente così avverso in cui crescono, non priviamoli del dono di Dio:  può essere, è la garanzia della loro crescita come figli di Dio, generati dai sacramenti dell’iniziazione cristiana in seno alla santa madre Chiesa. La grazia del dono di Dio è più potente delle nostre opere, e dei nostri piani e programmi”.

Sulla preparazione richiesta il decreto emanato sotto San Pio X è chiaro: “La conoscenza della Religione che si richiede nel fanciullo, perché possa prepararsi convenientemente alla prima Comunione, consiste in questo, che egli comprenda, per quanto lo consentano le forze della sua intelligenza, i misteri della Fede necessari di necessità di mezzo, e sappia distinguere il Pane eucaristico dal pane comune e materiale”.

Anche il recente Codice di Diritto Canonico (1983) riporta al can. 914, come sia “dovere innanzitutto dei genitori e di coloro che ne fanno le veci, come pure del parroco, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto l’uso della ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la Confessione sacramentale, alimentati di questo divino cibo”.

Ugualmente tutti i pontefici che seguirono alla pubblicazione del decreto sottolinearono in vario modo la necessità dei bambini di accostarsi il prima possibile al sacramento della Comunione. In occasione, ad esempio, di un’udienza ad un prelato di Bressanone, relativamente alla domanda della Comunione ai fanciulli, Pio XI pronunciò le inequivocabili parole: “Presto, presto, presto!”. Come Paolo VI, che nel 1973 (cercando di arginare la prassi post conciliare che riportava la prima Comunione agli 8 o 9 anni d’età) scrisse in una dichiarazione relativa al Direttorio Catechistico Generale: “Con il presente Documento, dopo attenta riflessione… le Sante Congregazioni per la Disciplina dei Sacramenti e per il Clero, con l’Approvazione di Paolo VI, dichiarano che… ovunque e soprattutto deve essere osservato ed applicato il Decreto Quam Singulari”. Anche Giovanni Paolo II è ritornato più volte, nel suo lungo pontificato, sul tema della Comunione ai bambini, invitandoci a guardare “la testimonianza d’amore pastorale che San Pio X diede con la decisione relativa alla prima Comunione”.

Apprendiamo dalle “Memorie” di suor Lucia che a Fatima (fra pochi giorni ricorre il centenario) i tre pastorelli,  pur essendo degli analfabeti e non avendo alcuna preparazione catechistica, ricevettero la Santa Comunione dalle mani di San Michele Arcangelo. Scrive suor Lucia: “Dopo aver pregato e averci fatto ripetere tre volte la stessa preghiera, l’Angelo si alzò e, prendendo nelle sue mani il calice e l’Ostia, a me diede l’Ostia consacrata e divise il Sangue del calice tra Giacinta e Francesco, dicendo nello stesso tempo: «Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente offeso dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio”.

 

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