Scoppia il caso in Vaticano. Milone, ex-revisore, minacciato e costretto a dimettersi

becciu

Terremoto in Vaticano. Questa volta a far tremare i sacri palazzi è Libero Milone, ex revisore dei conti della Santa Sede, che al Corriere della Sera ha rilasciato un’intervista esplosiva, nella quale ammette l’esistenza di una trama fatta di minacce, ritorsioni e documenti falsi. Voglio essere chiaro: non mi sono dimesso volontariamente”.

Così Milone si presenta ai giornalisti presenti nello studio dei suoi avvocati. “Sono stato minacciato di arresto. Il capo della Gendarmeria mi ha intimidito per costringermi a firmare una lettera che avevano già pronta”. Ma perché la Gendarmeria vaticana è arrivata a tanto? Libero Milone era stato scelto per ricoprire il delicatissimo ruolo di revisore dei conti, in linea con la politica di Bergoglio di fare “pulizia” all’interno dei vecchi meccanismi di potere vaticano. La scelta, per stessa ammissione di Milone, avvenne dallo stesso papa Francesco su proposta dei cardinali Marx, Parolin e Pell. E proprio la vicinanza a quest’ultimo che potrebbe aver creato qualche problema a Milone.

Circa tre mesi fa il card. Pell è stato trascinato in un processo che lo vede coinvolto in uno scandalo sulla pedofilia nella chiesa risalente agli anni ’70. Milone al Corsera, ha esposto la sua opinione sul caso che ha coinvolto il presule australiano, non nascondendo la sua stima per Pell: “Lo sono andato a salutare e l’ho abbracciato anche prima che partisse per l’Australia, per difendersi nel processo in cui è accusato per abusi sessuali, rinunciando all’immunità…….Noto solo che le indagini su di lui per un caso di quarant’anni fa sono affiorate circa un anno fa. E, si legge nel decreto consegnatomi, nello stesso periodo la Gendarmeria ha cominciato a indagare su di me. Voglio credere che sia una coincidenza”.

Nella lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, Milone ricostruisce tutti i passaggi della vicenda. “Dal 19 giugno, quando fui ricevuto dal sostituto alla segreteria di Stato, monsignor Becciu, per parlargli del contratto dei miei dipendenti. E invece mi sentii dire che il rapporto di fiducia col Papa si era incrinato: il Santo Padre chiedeva le mie dimissioni. Ne domandai i motivi, e me ne fornì alcuni che mi parvero incredibili. Risposi che le accuse erano false e costruite per ingannare sia lui che Francesco; e che comunque ne avrei parlato col Papa. Ma la risposta fu che non era possibile”. Fu mons. Becciu che gli disse allora recarsi alla Gendarmeria. ”Notai subito un comportamento aggressivo. Ricordo che a un certo punto il comandante Giandomenico Giani mi urlò in faccia che dovevo ammettere tutto, confessare. Ma confessare che cosa? Non avevo fatto nulla.

La sorpresa più grande per Milone è stata, però, il silenzio assordante del Papa. “Con lui ho avuto un rapporto splendido, indescrivibile”. Poi il silenzio. Nonostante Milone abbia tentato più e più volte di contattarlo, Bergoglio non ha mai risposto alle sue richieste.

Il suo silenzio totale – prosegue nell’intervista Milone – me lo spiego o col fatto che non gli hanno consentito di parlare con me, o con altre ragioni che non conosco”. Anche quando Libero Milone, passando per un canale “sicuro”, fece recapitare una lettera al Santo Padre per spiegarli che era vittima di una montatura, meravigliato anche dell’uscita contemporanea di Pell, la risposta è stata il silenzio. “Ero molto dispiaciuto. Conoscendolo di persona, e stimandolo moltissimo…Prima lo incontravo ogni 4-5 settimane.

Milone non nasconde la longa manus di mons. Becciu diventato, con l’era Bergoglio, il “sorvegliante” degli affari vaticani. Fu Becciu ad invitarlo ad andarsene, e fu suo il comando di andare alla Gendarmeria dove fu minacciato. Ed anche la firma apposta sui documenti personali di Milone, prima sequestrati dalla Gendarmeria e poi restituiti, porta stranamente il nome di Becciu. Milone erra stato voluto da Bergoglio per ripulire il “marcio” nella curia, ma proprio quando egli stava per mettere mano al progetto è arrivato lo stop, accompagnato dal silenzio inspiegabile, per Milone, del Papa. “Il suo segretario  – prosegue Milone – mi disse che Francesco voleva andare avanti; che il treno era partito e il binario era quello giusto. Magari poteva non esserci sempre la stessa velocità”.

Ed allora il perché della sua cacciata? Perché montare un caso giudiziario con minacce verso un collaboratore che proprio il papa aveva incaricato pochi anni prima? Perché il Santo Padre si è rifiutato di incontrarlo per permettergli di chiarire la sua legittima posizione? Sicuramente questo ennesimo scandalo va ad appesantire un clima sempre più incandescente Oltretevere, in un momento molto delicato per il pontificato di Bergoglio, dopo che è stata pubblicata la lettera, di sacerdoti e studiosi, sulle presunte eresie che il papa avrebbe affermato in Amoris Letitia.

 

http://roma.corriere.it/notizie/politica/17_settembre_23/libero-milone-volevano-arrestarmi-ecco-mia-verita-sull-addio-vaticano-e4314860-a094-11e7-bad7-1b467cbbafcc.shtml

 

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