Il Texas approva la legge che inasprisce gli obblighi di segnalazione delle complicazioni da aborto. E in Italia?

Il Senato del Texas ha approvato la legge “House Bill 13” che rende più severi e minuziosi gli obblighi di segnalazione delle complicazioni insorte a seguito di aborto, per coloro che eseguono le interruzioni di gravidanza.

La nuova legge prevede che le strutture sanitarie, incluse le cliniche abortive, gli ospedali, i pronto soccorsi e le altre strutture mediche, segnalino entro tre giorni, alla “Texas Health and Human Services Commission”, ogni complicazione insorta dopo l’aborto, come il decesso della madre, la perforazione uterina, le infezioni…

Per i casi di aborto in cui si verifichino complicazioni era già prevista la segnalazione allo Stato, ma con la nuova legge i requisiti da rispettare sono molto più rigorosi: i medici sono tenuti a indicare dati più dettagliati tra i quali il tipo di aborto praticato, l’età gestazionale del bambino abortito, la nascita di un bambino nato vivo dopo l’aborto, le generalità della madre (anno di nascita, razza, stato civile, Stato e contea di residenza, data dell’ultimo ciclo mestruale). Inoltre, coloro che non rispettano i tempi previsti per l’invio dei report saranno soggetti a una multa di 500 dollari per ogni giorno di ritardo. Con tutti i dati ricevuti, la commissione compilerà ogni anno una relazione annuale.

L’approvazione della “House Bill 13” è avvenuta durante la sessione legislativa speciale voluta dal Governatore repubblicano del Texas, Greg Abbott: il miglioramento dei report relativi alle complicazioni da aborto era, infatti, un punto importante della sua agenda prolife. A livello statale il disegno di legge era stato approvato meno di un mese fa dalla “State House”, grazie al suo promotore, il repubblicano Giovanni Capriglione. Quest’ultimo ha dichiarato che lo scopo di questa legge è una corretta informazione e che essa fornirà “dati disponibili per la ricerca e… in tutta onestà, per le donne che vogliono sapere qual è il tasso effettivo e reale di complicazioni di queste procedure. Tutti vogliono fare scelte ponderate”.

La legge vuole quindi rimediare al fatto che esistono davvero pochi dati sulle complicazioni associate all’aborto. In America, per esempio, i “Centri per il Controllo delle Malattie” (CDC) pubblicano una relazione annuale sui dati degli aborti, ma gli Stati non sono obbligati a partecipare. Alcuni Stati inviano al CDC dati limitati sugli aborti, mentre altri non trasmettono proprio nulla, come spiega il gruppo prolife “Texas Right to Life” nel suo blog:

“Secondo il Guttmacher Institute, un’organizzazione anti-vita precedentemente affiliata a Planned Parenthood, 27 Stati richiedono il report alle agenzie statali quando si verificano complicazioni durante gli aborti. Solo 13 Stati chiedono di segnalare se le minorenni incinte hanno ricevuto un’adeguata autorizzazione dai genitori o dal giudice per sottoporsi all’aborto.

L’aborto è una procedura chirurgica e violenta che sempre porta alla morte di un bambino non nato, ma che può anche provocare complicazioni alla vita della madre perché le fabbriche dell’aborto sono note per violare gli standard di salute e sicurezza di base. Per questi motivi, il Texas ha un interesse legittimo a tenere dei registri precisi delle complicazioni che derivano dagli aborti volontari nel nostro Stato”.

Ma le complicanze dell’aborto non sono solo una questione di violazione degli standard di salute e sicurezza di base, visto che esse si verificano anche quando l’aborto è eseguito in condizioni sanitarie ottimali e con il rispetto di tutti standard, come avviene per esempio in Italia, dove gli aborti sono praticati in tutta sicurezza negli ospedali e pagati dal Servizio Sanitario Nazionale, ma le complicazioni si verificano lo stesso. È infatti la pratica abortiva in sé a generare i problemi di salute. Molte ricerche indicano che l’aborto non è così sicuro come gli attivisti pro aborto amano propagandare. Gli studi scientifici associano l’aborto all’aumento del rischio di cancro al seno, a problemi di salute psichica e a nascite pretermine in future gravidanze. Più di 400 donne sono morte in America, assieme ai loro bambini non nati, a causa dell’aborto dalla Roe v. Wade del 1973. In molti credono che il numero sia ben più elevato, ma non si può sapere perché i dati sono insufficienti. Più dati aiuterebbero a tracciare un quadro maggiormente chiaro e completo dell’aborto, sia per il bene delle donne che per l’opinione pubblica.

I suoi provvedimenti pro-life – ha fatto sapere il governatore Abbott -, stanno generando un consenso crescente in tutto il Texas. Un’altra misura recentemente approvata durante la sessione speciale, è una legge che vieta il ricorso all’assicurazione sanitaria per coprire il costo degli aborti volontari. Inoltre, un altro atto legislativo presente nello suo programma è una legge che impedisca che le tasse dei contribuenti vengano usate per finanziare Planned Parenthood e altri fornitori di aborto attraverso convenzioni della città e della contea.

Molto positive sono state le reazioni alla nuova legge da parte di gruppi e organizzazioni prolife, che non hanno mancato di far sentire pubblicamente il loro sostegno e riconoscenza al governatore Abbott. “Siamo molto entusiasti di lavorare con il governatore Abbott per migliorare i resoconti delle complicazioni causate dall’aborto, assicurando che il Texas continui a guidare la nazione tutelando le donne che vogliono abortire, basandosi su dati molto più accurati”, ha dichiarato Kyleen Wright, presidente del movimento prolife “Texans for Life”.

La trasparenza nel governo è buona politica. Al fine di fermare i tentativi volti a nascondere importanti informazioni all’opinione pubblica, appoggiamo fortemente l’obbligo di segnalazione quando si eseguono aborti”, ha detto Jonathan Saenz, presidente di “Texas Values”, un’organizzazione cristiana pro-famiglia.

Dichiarazioni positive sono giunte anche dalla “Texas Catholic Conference of Bishops” attraverso la voce della loro direttrice esecutiva, Jennifer Allmon: “La legge per eliminare le lacune nei resoconti sulle complicazioni dell’aborto produrrà dati più accurati e determinerà decisioni politiche più adeguate. Siamo grati al governatore Abbott per aver chiesto al legislatore di affrontare questo e altri importanti problemi pro-life”. E da Gus Reyes, direttore della “Texas Baptist Christian Life Commission”, che ha affermato: “La Texas Baptist Christian Life Commission appoggia fortemente gli sforzi legislativi per migliorare le segnalazioni delle complicazioni legate all’aborto. Le informazioni accurate sono fondamentali per la nostra capacità di prendere buone decisioni a livello di politiche pubbliche. Ci congratuliamo con il governatore Abbott per aver aggiunto questa importante questione alla sessione speciale e per tutto il lavoro svolto per creare una cultura della vita in Texas”. E ancora, da Joe Pojman, Ph.D., direttore esecutivo dell’organizzazione prolife “Texas Alliance for Life”: “Resoconti veritieri e precisi proteggeranno le donne”.

Aumenta, quindi, sempre più in America la consapevolezza che l’aborto non sia poi tutta questa panacea per chi “soffre” di gravidanza indesiderata, e sono sempre di più coloro che ci vogliono vedere chiaro sulle complicazioni associate all’aborto, al fine di tutelare la salute e la vita delle donne. Non si tratta più solamente di denunce da parte di gruppi o organizzazioni prolife, ma stanno lentamente prendendo forma, come nel caso del Texas, provvedimenti legislativi a livello statale, al fine di sopperire in maniera concreta ed efficace alla carenza di informazioni e all’omertà che si registra intorno alle complicazioni causate dall’aborto.

L’aborto non uccide solo il figlio, ma danneggia anche la salute fisica e psichica della madre, e questa realtà non deve essere nascosta alle donne che stanno prendendo in considerazione l’aborto. Affinché la loro scelta sia pienamente consapevole – come amano dire i pro-choice – le donne devono sapere, mediante un’adeguata informazione, dei possibili problemi di salute, a breve e a lungo termine, cui possono andare incontro quando si sottopongono all’aborto volontario. Per questo è importante la legge approvata in Texas: i dati parlano chiaro, di fronte all’evidenza oggettiva non c’è ideologia abortista che tenga.

E in Italia, qual è la situazione?

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Qual è in Italia il livello di conoscenza delle conseguenze dell’aborto sulla salute da parte delle donne e dell’opinione pubblica? Quanto è veramente “informato” il consenso da firmare per sottoporsi all’aborto? Esiste una commissione incaricata di registrare questo tipo di problemi quando si presentano, e di farne un resoconto annuale da portare a conoscenza della collettività?

Riguardo a quest’ultimo punto, in Italia è il Ministero della Salute che ogni anno compila una relazione piuttosto dettagliata sull’attuazione della legge 194/78 sulla base dei dati trasmessi dalle regioni, ma non ci sono molte notizie sui problemi di salute causati dall’aborto, a esclusione di quelli registrati nell’immediato, che sono indicati in un breve paragrafo alla fine della relazione e riepilogati in una tabella a parte, dove però appaiono piuttosto generici. Ad esempio dalla Tabella n. 27 della relazione del 13 settembre 2013 (dati del 2011) risulta che con gli aborti si sono avuti 245 casi di emorragia, 28 casi di infezione e 171 casi di altre complicanze non specificate. La relazione del 15 ottobre 2014 (dati del 2012) riporta in tabella: 236 casi di emorragia, 24 casi di infezione e 214 casi di altre complicanze.

La relazione del 26 ottobre 2015 (dati del 2013) riporta 163 casi di emorragia, 13 casi di infezione e ben 506 casi di altre complicanze non specificate, che sarebbe utile conoscere più nel dettaglio visto che rappresentano la tipologia più elevata e in forte aumento di problemi immediati causati dall’aborto. La relazione inoltre specifica che dal 2013 è possibile registrare più di una complicanza per ciascuna IVG e di raccogliere anche il dato sul mancato/incompleto aborto, ma visto che molte Regioni non hanno ancora aggiornato i loro sistemi di raccolta dati per poter riportare l’informazione in maniera completa, non è possibile analizzare questo risultato.

Lo stesso scenario si ripresenta negli anni 2014 e 2015, con la voce “altro” che continua ad apparire come la più elevata, ma che non si sa di preciso a quali problematiche si riferisce. Anno 2014: 265 casi di emorragia, 23 casi di infezione, 407 casi di altre complicanze; anno 2015: 234 casi di emorragia, 25 casi di infezione, 370 casi di altre complicanze.

 

ANNO n. Emorragie n. Infezioni n. altro Totale n. complicanze
2011 245 28 171 444
2012 236 24 214 474
2013 163 13 506 682
2014 265 23 407 695
2015 234 25 370 629
  1.143 113 1.668  

 

La relazione del 7 dicembre 2016, che riepiloga sia i dati del 2014 che quelli del 2015, specifica di nuovo che non è possibile raccogliere il dato sul mancato/incompleto aborto perché le regioni non hanno ancora provveduto ad adeguare i sistemi di raccolta. Inoltre, per l’anno 2014 il Ministero della Salute segnala il decesso di due pazienti. Una donna della Campania, deceduta dopo un aborto all’ottava settimana di gravidanza, che era tornata in ospedale due giorni dopo l’IVG lamentando forti dolori addominali e febbre alta. Nonostante l’immediata somministrazione di diversi trattamenti farmacologici e l’esecuzione di un’isterectomia d’emergenza, la donna va incontro a due arresti cardiaci e muore. L’altro decesso riguarda una donna del Piemonte, sottopostasi ad aborto farmacologico (con la RU486). La signora accusa una crisi cardio-respiratoria mentre è ricoverata in attesa di espellere l’embrione, dopo il trattamento con prostaglandine. Gli esami hanno rivelato la morte della donna per shock settico a seguito di infezione da streptococco di gruppo A e conseguente miocardite. La morte per setticemia è una grave conseguenza, seppur rara, dell’aborto farmacologico.

Questi sono i dati di cui dispongono le donne e l’opinione pubblica italiana sulle conseguenze provocate dall’aborto. Dati che si possono sicuramente migliorare, per avere un quadro più preciso. Ad esempio, per quanto riguarda le emorragie, ne esistono di vario tipo e livello di gravità: si è trattato di emorragie a livello della cervice uterina, per esempio per una lacerazione durante le manovre di aborto, o di emorragie interne a livello dell’utero, per esempio a causa di una perforazione uterina o di un aborto incompleto? Quante sono state le emorragie lievi e quante quelle gravi tali da richiedere interventi di emergenza e trasfusioni di sangue? La relazione non lo specifica, sappiamo solo che dal 2011 al 2015 ci sono stati 1.143 di questi casi.

La voce più oscura della relazione è senz’altro quella delle “altre complicanze” che negli anni 2011 e 2012 risultava più bassa dei casi di emorragia, ma che dal 2013 è balzata in alto, attestandosi anche negli anni successivi al primo posto tra le complicanze da aborto. Di quali complicanze si tratta? Danno cervicale, perforazione o lacerazione dell’utero, problemi legati all’anestesia, aborto incompleto da ripetere…? Non è specificato. Sono complicanze provocate dall’aborto chirurgico o da quello farmacologico? Non si sa.

E in questo scenario mancano ancora tutte le conseguenze sulla salute fisica a medio e lungo termine e quelle sulla salute psichica, come la sindrome post-aborto. Ad esempio, è provato che l’aborto volontario possa causare problemi materni e perinatali in future gravidanze, come sterilità, aborto spontaneo, parto prematuro, gestosi, placenta previa, sanguinamento vaginale, isterectomia post-partum, gravidanze extrauterine, endometriosi, cancro al seno…  Conseguenze che è difficile monitorare e quantificare inserendole nella relazione tra i dati delle complicanze dell’aborto, visto che non si presentano nell’immediato ma a distanza di tempo, e visto che di alcune di esse sono responsabili anche altri fattori. Tuttavia esiste ormai un’ampia letteratura scientifica che dimostra l’associazione di queste problematiche all’aborto, ed è giusto che le donne ne siano informate. Noi, da parte nostra, ne abbiamo parlato qui:

https://www.libertaepersona.org/wordpress/2013/12/la-194-ha-fallito-anche-l%E2%80%99aborto-legale-fa-male-alla-salute-delle-donne/

e in questo libretto di 80 pagine edito da Fede & Cultura:

3-la-194-ha-fallito

In conclusione, accogliamo favorevolmente il fatto che al di là dell’Atlantico qualcosa si stia muovendo a livello di politiche pubbliche per rendere più accurati e divulgativi i resoconti sulle conseguenze provocate dall’aborto volontario, e speriamo che questo sia di impulso affinché anche da noi cresca la consapevolezza su questa tematica e la voglia di approfondirla, con dati più precisi e una maggiore informazione pubblica, a cominciare dalla relazione sulla legge 194 del Ministero della Salute.

Note:

Micaiah Bilger, “Texas Legislature Passes Bill to Stop Abortion Docs From Hiding Botched Abortions”, www.lifenews.com, 11 agosto 2017.

Morgan Smith, “Texas House approves bill requiring more reporting on abortion complications”, www.texastribune.org, 27 luglio 2017.

Steven Ertelt, “Texas Governor Greg Abbott Announces Support For Public Reports When Botched Abortions Injure Women”, www.lifenews.com, 21 luglio 2017.

 

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