Il dott. David Prentice parla del dolore e dell’umanità del “feto”

1-david-prenticeIl dott. David A. Prentice, Vice Presidente e Direttore di Ricerca al Charlotte Lozier Institute di Washington DC, nonché professore associato di genetica molecolare all’Istituto Giovanni Paolo II, sempre di Washington DC, nel 2015 è stato invitato a parlare del dolore del feto dal punto di vista scientifico al talk show radiofonico “A Point of View” della britannica BBC Radio 4.

L’intervista è avvenuta a ridosso dell’approvazione del “Pain-Capable Unborn Child Protection Act” da parte della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, la legge che protegge dall’aborto i bambini non nati in grado di provare dolore che, di fatto, proibisce l’aborto dopo la 20ma settimana di gestazione, perché è scientificamente provato che a questo stadio dello sviluppo il bimbo sente dolore durante l’aborto. È appunto questo l’argomento approfondito dal dott. Prentice durante l’intervista radiofonica della BBC.

Il circuito neuronale di attenuazione del dolore

La scienza è piuttosto chiara su questo punto – ha detto Prentice –. La vera scienza ha dimostrato in maniera pressoché definitiva che i bambini in utero a venti settimane, e probabilmente anche prima, sono effettivamente in grado di sentire il dolore e, di fatto, possono avvertire un dolore più intenso rispetto a un neonato o un adulto”. Questo è dovuto al loro stadio di sviluppo, infatti – spiega il dottore – a questo punto del processo di crescita il bambino “ha una maggiore densità di recettori nervosi e, come si sa, la sua pelle non è molto spessa”, ma – aggiunge – “c’è anche un altro aspetto”: non si è ancora sviluppato il circuito neuronale discendente che provvede a garantire un’attenuazione del dolore. Sappiamo infatti che “esiste una sorta di percorso che attenua il dolore. Se colpisco il pollice con un martello, io sentirò dolore perché la sensazione dolorosa sale al cervello, ma c’è anche un circuito di ritorno che mira a smorzarlo”. Ebbene, questo meccanismo di inibizione del dolore “non si sviluppa fino alla nascita” per cui il bambino in grembo non ha modo di “avvalersi di questa attenuazione del dolore”.

La risonanza magnetica funzionale rivela: nei neonati dolore 4 volte più intenso

A dimostrazione di questo fatto, il dott. Prentice ha citato uno studio reso noto a maggio 2015 “che ha confrontato l’esperienza di dolore dei neonati (da uno a sei/sette giorni di vita) con quella degli adulti e i giornali hanno titolato: ‘I bambini sentono dolore come gli adulti e lo sentono più intensamente’”. “Lo studio – continua Prentice – ha concretamente osservato come reagivano le regioni del cervello associate al dolore, rispetto a sensazioni non propriamente dolorose, come una leggera pressione con la punta di una matita sulla pianta del piede del bambino. Molti neonati hanno dormito durante l’intera procedura, mentre si trovavano all’interno della macchina della risonanza magnetica funzionale (MRI), una tecnologia molto sofisticata, e poi hanno fatto la stessa cosa con gli adulti per vedere la loro risposta”. Ebbene, lo studio ha rilevato che “nei neonati si sono illuminate 18 su 20 regioni del dolore, le stesse 18 su 20 che si sono illuminate negli adulti”, ma nei piccoli si è registrata “una sensibilità 4 volte più elevata”. Questo conferma che a pochi giorni dalla nascita “la risposta di attenuazione del dolore non si è ancora sviluppata, e ci vorranno ancora mesi dopo la nascita prima che essa giunga a maturazione”.

Ora, ritorniamo al bimbo nel grembo materno mandando “indietro l’orologio a cinque mesi dal concepimento: è appena oltre la metà dello sviluppo nell’utero della madre. Non ha ancora sviluppato minimamente la risposta di attenuazione del dolore… il dolore è quindi molto intenso. Non sappiamo esattamente quanto, ma molto più intenso rispetto a quello che potrebbe percepire un adulto”, pertanto, se fosse abortito, il bambino sentirà in maniera fortissima e amplificata tutto il dolore tremendo di quell’aborto.

Le motivazioni faziose e antiscientifiche degli abortisti

I favorevoli all’aborto dicono che non è vero che il bambino non nato senta dolore, “quello che di solito fanno – osserva Prentice -, è riferirsi a un vecchio studio del 2005 che, di fatto, è stato pubblicato da persone legate a Planned Parenthood (il più grande ente abortista degli Stati Uniti e del mondo) e ad altri fornitori di servizi abortivi”. Si tratta perciò di uno studio che pecca di assoluta parzialità, forse perché ci sono degli interessi in gioco? Oggi sappiamo quali vantaggi economici derivino dagli aborti tardivi, grazie ai video realizzati con telecamera nascosta dal Center for Medical Progress che ha portato alla luce il business degli organi dei bambini abortiti da parte di Planned Parenthood. Quest’ultima ha tutto da guadagnarci dagli aborti tardivi, perché in questo caso gli organi dei bimbi sono meglio formati e quindi generano profitti più remunerativi.

2-talamo-e-corteccia-cerebrale

Tra gli altri argomenti addotti per giustificare l’aborto sempre e comunque, vi è quello secondo cui a venti settimane il bambino non possa sentire il dolore perché la sua corteccia cerebrale non è ancora matura. Prentice confuta l’affermazione spiegando che “la corteccia cerebrale è una sorta di parte esterna del cervello che, in termini di pensiero cosciente e via dicendo, è l’ultima che si sviluppa. Ci sono segnali che indicano che una parte di questo materiale neuronale è già presente nel cervello” e “che inizia sicuramente a formarsi a venti settimane dal concepimento”, tuttavia non è questa “la parte più importante del cervello per la percezione del dolore”. Infatti – continua il dottore -, “nel cervello c’è un altro livello più profondo che si forma prima, chiamato ‘talamo’, situato più in profondità”. Questo livello neuronale si forma molto prima nel bambino, “probabilmente dalle 8 alle 12 settimane dal concepimento: è in questo arco di tempo che si assiste alla sua formazione, e queste tracce neuronali sono già connesse con il talamo a 20 settimane dal concepimento”. Non è quindi la corteccia cerebrale la responsabile della sensazione dolorosa, ma lo sono “queste parti più profonde del cervello: le tracce neurali della sensibilità. Ed esse sono sicuramente formate, interamente, e funzionanti a venti settimane dal concepimento”. Questa evidenza è avvalorata dal fatto che “ci sono individui che sono nati senza la corteccia cerebrale e tuttavia sentono dolore. Lo sappiamo con certezza”.

La chirurgia fetale

[Samuele Armas a 21 settimane dal concepimento (operato in utero per correggere la spina bifida) e 17 anni dopo]
[Samuele Armas a 21 settimane dal concepimento (operato in utero per correggere la spina bifida) e 17 anni dopo]

La chirurgia ha fatto passi da gigante, oggi è possibile eseguire interventi sul bambino quando è ancora nell’utero della madre. Questa particolare branca della chirurgia, sempre più diffusa e praticata, prende il nome di “chirurgia fetale”. Ebbene, l’esperienza dei chirurghi fetali avvalora le conclusioni emerse dagli studi scientifici: il bambino non nato sente sicuramente dolore. Probabilmente – afferma Prentice – le persone “hanno visto quella famosa foto con la manina del bambino che esce dall’utero materno e afferra il dito del medico. Il piccolo Samuele Armas è stato operato a circa cinque mesi dal concepimento. Veniva operato mentre era ancora nell’utero della madre”. I chirurghi fetali “sanno che questi piccoli sentono il dolore. Vedono le loro risposte, ci sono prove in abbondanza. Eseguono operazioni chirurgiche su questi bambini mentre sono ancora in utero, a cinque mesi di vita o anche prima: ci sono stati anche alcuni interventi su bambini più precoci, ma riconoscono che questo piccolo paziente, a quel punto della sua vita, ancora in utero, può sentire il dolore”. I chirurghi fetali – continua il dottore – “somministrano anestesia e farmaci contro il dolore direttamente al nascituro. Non si tratta di anestesia solo nei confronti della madre. Mi sono imbattuto in uno degli studi che parlava del successo di queste operazioni sui piccoli nel grembo materno, e spiegavano come si rivolgono alla madre prima dell’intervento”. Prentice riporta quindi il discorso dei chirurghi alla madre del bambino, invitando a prestare attenzione alla “tenerezza” delle loro parole: “Ti verrà somministrata l’anestesia generale, e questa anestesia addormenterà anche il tuo bambino. Inoltre, durante la chirurgia prenatale, al tuo bambino non ancora nato sarà somministrata un’iniezione di farmaci per il dolore e medicinali che assicurino che il bimbo non si muova durante l’intervento”.

Il più autorevole manuale di anestesia clinica – aggiunge Prentice -, dice chiaramente che questi piccolissimi bambini non nati possono provare dolore già a 16 settimane dal concepimento, sicuramente a venti settimane. Dice che questi piccoli bambini – per i quali usano il termine medico di ‘feto’ – sono dei pazienti ed è fondamentale somministrare direttamente loro l’anestesia”. Per i chirurghi fetali, infatti, il bimbo non nato non è un grumo di cellule, ma “il loro paziente numero uno”. E ancora: “Si tratta di piccolissimi pazienti, molto delicati che – come abbiamo detto – possono sentire il dolore con più intensità” rispetto agli adulti. È questo l’atteggiamento che deve essere loro riservato nella consapevolezza che “sono piccolissime persone con una dignità propria, che devono essere trattate con umanità”. Prentice comunica che “il reparto speciale di chirurgia fetale del Children’s Hospital di Philadelphia ha fatto più di 1.200 di questi interventi chirurgici” su bimbi non nati, e che oggi di questi reparti speciali “ce ne sono quasi una dozzina o più nei maggiori ospedali di tutto il Paese”. Si sta quindi sempre più “riconoscendo che questi sono pazienti e non elementi di scarto”.

La mission del Charlotte Lozier Institute

4-charlotte-lozier-instituteA questo punto della trasmissione radiofonica, Prentice viene invitato a parlare dell’Istituto di cui è vice-presidente. “Il Charlotte Lozier institute – spiega il dottore – è il braccio educativo e di ricerca della Susan B. Anthony List [una nota organizzazione prolife statunitense]. Ci focalizziamo sul punto di vista scientifico e ci occupiamo di statistiche sulla vita. Stiamo cercando di mettere insieme queste informazioni in modo che Marjorie [Marjorie Dannenfelser è la presidente della Susan B. Anthony List] possa avere a disposizione un amplificatore per proclamare la verità oggettiva. In questo modo anche i membri del Congresso, i legislatori statali, e altri scienziati o esperti – quando parlano ai media, al pubblico o ai loro colleghi – possono avere a disposizione i fatti reali oggettivi. Per tanti anni i gruppi prolife si sono basati sul Guttmacher Institute per quanto riguarda i ‘fatti’ sull’aborto. Questa è una vera contraddizione, perché il Guttmacher è chiaramente una divisione di Planned Parenthood, il più grande fornitore di aborti della nazione. Dovremmo fare affidamento su queste persone? Evidentemente no, ma erano l’unica scelta disponibile. Ebbene, oggi c’è un altro soggetto: il Charlotte Lozier Institute, che intende fornire ai prolife un punto di vista oggettivo sui fatti reali che riguardano la vita, dal concepimento fino alla morte naturale, in modo tale che le persone possano avere i fatti e li possano utilizzare”.

La questione – conclude Prentice – “è che dobbiamo educare le persone sulla verità e sull’umanità di questi piccoli. Ne è passato di tempo da quei primi giorni bui in cui ci dicevano che era un grumo di cellule a oggi, dove l’ecografia morfologica 4D riesce a mostrarti il piccolo là dentro che sorride, fa cenni con le mani e le capriole. Insomma, è sorprendente. Voglio solo sottolineare che queste sono piccole vite. Che c’è umanità in questa piccola persona, e che dobbiamo concentrarci su questo e preservare quelle vite”.

Note:

“Radio Interview: Dr. David Prentice Explains the Science of Fetal Pain”, Charlotte Lozier Institute, 18 maggio 2015.

P.S.

L’articolo suddetto non intende giustificare in nessun modo l’aborto entro le venti settimane, perché il diritto alla vita del bambino non nato non discende dal suo provare o meno dolore, ma dal suo essere una persona unica e irripetibile fin dal concepimento.

Le restrizioni di legge all’aborto, da parte della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, vanno tuttavia accolte con positività perché rappresentano un primo freno all’aborto sempre e comunque, stimolando la riflessione sull’umanità di questi piccoli e permettendo di salvare molti bambini che altrimenti sarebbero uccisi.

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