Il matrimonio porta ai figli, il matrimonio gay porta al business riproduttivo

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Ogni volta che si prova a dire qualcosa a proposito dello sfruttamento nei confronti delle “donatrici” di ovuli e delle madri surrogate da parte di uomini gay che vogliono diventare genitori, si leva immediatamente una folta schiera di voci che ti rispondono che il mercato riproduttivo è alimentato per il 90% da coppie eterosessuali e che, perciò, sono costoro a dover essere biasimate e non gli omosessuali, i quali con il loro misero 10% costituiscono una fetta irrisoria di questo business.

Ora, se si guarda alla società di 10-15-20 anni fa, questi dati possono essere considerati veri, ma alla luce delle mutazioni legislative sempre più gay-friendly degli ultimi anni, con un numero sempre maggiore di Stati che hanno introdotto leggi favorevoli al matrimonio gay, hanno esteso l’accesso alle pratiche di fecondazione artificiale anche a single e coppie dello stesso sesso, hanno reso lecita la pratica dell’utero in affitto, è verosimile pensare che quelle percentuali siano oggi molto cambiate. È, infatti, innegabile il fatto che se si legalizzano “nuovi diritti” e si estende la possibilità di usufruire di determinati trattamenti a un pubblico più vasto a cui prima erano preclusi, ci saranno sempre più persone che vorranno fruire del “nuovo diritto” e di quei trattamenti, determinando un innalzamento delle richieste, soprattutto poi se l’unica possibilità che i nuovi utenti hanno per diventare genitori è quella di avvalersi di quelle pratiche specifiche.

Quello che vogliamo pertanto verificare è se le leggi gay-friendly degli ultimi anni abbiano portato a una crescita del business riproduttivo Lgbt e, in caso di risposta affermativa, provare a quantificare l’entità di questo business.

Il matrimonio gay porta alla maternità surrogata?

01-michael-cookIl matrimonio gay può incrementare il business della maternità surrogata? È ciò che si è chiesto nel 2012 Michael Cook, direttore della newsletter di bioetica online BioEdge, nei giorni in cui il presidente francese Hollande annunciava che presto in Francia avrebbero legalizzato il matrimonio omosessuale e l’adozione per le coppie gay, mentre in Paesi come gli Stati Uniti, l’Australia e il Regno Unito era forte la pressione per tale legalizzazione.

Cook aveva osservato che forse era arrivato il momento di chiedersi da dove sarebbero arrivati i bambini delle coppie gay composte da due uomini, un quesito che era stato largamente trascurato nel dibattito mondiale intorno alla legalizzazione del matrimonio per le coppie dello stesso sesso. “Nelle relazioni eterosessuali – osserva Cook – il tasso di natalità aumenta quando le coppie si sposano. Ci si aspetterebbe una dinamica simile per le coppie dello stesso sesso”. Ora, mentre “per le coppie lesbiche questo non è un problema enorme” perché “tutto ciò di cui hanno bisogno è lo sperma di un donatore”, per gli uomini gay il discorso cambia poiché per forza di cose “loro hanno bisogno di una madre surrogata”. Dove saranno reperite queste donne? “A meno che la legge della domanda e dell’offerta non è abrogata – osserva Cook -, la risposta è: dove gli uteri sono più convenienti. Al momento, questo posto è l’India, dove la maternità surrogata è diventata un’industria da 2,3 miliardi di dollari”.

A questo proposito, Cook osserva che “non esistono statistiche ufficiali, ma sembra che le coppie gay costituiscano una fetta consistente del mercato estero”, perciò si chiede: “La legalizzazione del matrimonio gay porterà ad ancora più richieste di madri surrogate in India?”. Per provare a rispondere a questa domanda, BioEdge ha deciso di inviare un’e-mail a un certo numero di cliniche indiane e americane, chiedendo loro se si stavano in qualche modo preparando a un incremento delle richieste di madri surrogate, dovuto all’imminente legalizzazione del matrimonio gay in diversi Stati del mondo.

La risposta al nostro interrogativo – scrive Cook – “è stato un sonoro sì”. “La nostra indagine” – precisa Cook – non ha la pretesa di essere “scientifica e tanto meno completa, tuttavia ci mostra che molte donne bisognose dei Paesi in via di sviluppo o economicamente svantaggiati sono in procinto di lavorare per coppie gay in cerca di portatrici gestazionali a buon mercato”.

Il direttore di BioEdge espone le risposte ricevute dalle cliniche contattate. Il Dott. Samundi Sankari del Srushti Fertility Research Centre di Chennai spiega che “la ragione principale dei pazienti che dall’estero vengono in India è l’eccellente assistenza medica personale, la competenza e un grosso risparmio sui costi dei trattamenti. Qui il prezzo che pagano è quasi un quinto di quello dovuto per la maternità surrogata negli Stati Uniti e in Europa”. La sua clinica riceve moltissime richieste di informazioni da parte di coppie gay degli Usa e di Israele e, riguardo al fatto se si stia preparando a un incremento della domanda da parte di costoro, Sankari risponde: “Decisamente, sì”.

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Anche il Dott. Samit Sekhar, del Kiran Infertility Centre di Hyderabad, prevede un aumento, rispondendo che “sì, abbiamo un numero considerevole di popolazione gay che visita la nostra clinica per avere un bambino utilizzando i servizi di una donatrice di ovuli e abbiamo osservato un aumento del numero di coppie gay e uomini singoli che si rivolgono alla nostra clinica non appena la loro unione è legittimata nei loro rispettivi Stati o Paesi”. “La nostra clinica è aperta a tutte le persone – specifica Sekhar – siano esse singoli, etero o gay, per noi non fa differenza”.

Una “differenza” non da poco, tuttavia, quando si vuole cercare di valutare l’incremento del mercato riproduttivo gay, infatti – scrive Cook -, “dal momento che molte cliniche accettano richieste da tutti i tipi di clienti (coppie sposate e non sposate, singoli gay o eterosessuali) non distinguono necessariamente tra singoli maschi eterosessuali e omosessuali”. Così, molte richieste di ovuli e uteri da parte di maschi single, potrebbero in realtà provenire da singoli gay o uomini di coppie gay non convolate a “nozze”. Questo fatto è stato confermato dal dottor Himanshu Bavishi del Bavishi Fertility Institute di Ahmedabad: “Alcuni di loro si presentano come singoli, ma non siamo sicuri che si tratti di single o gay. Se la legge nel loro paese non permette il matrimonio gay, loro si presentano come single”, ha detto Bavishi a BioEdge.

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Tra le cliniche indiane contattate – continua Cook -, “c’è stata una sola voce dissenziente. Megan Sainsbury, addetto alle pubbliche relazioni per conto del dottor Shivani Sachdev Gour del Surrogacy Centre India, ha rimproverato BioEdge per la sua inchiesta: ‘Non ci stiamo preparando per un ampliamento dei servizi alle coppie gay. Perché ce l’ho chiedete? Se il matrimonio omosessuale è legalizzato in qualche paese, noi lo sosterremo, ma non crediamo che questo porterà a un’affluenza di clienti’”. Tuttavia – nota Cook -, “circa la metà delle coppie soddisfatte, presenti nel blog del dottor Shivani, sono gay”.

Per quanto riguarda le cliniche statunitensi interpellate, Cook riporta il commento del dottor Jeffrey Steinberg, uno dei più noti medici per l’infertilità degli Stati Uniti, fondatore del Fertility Institutes a Las Vegas e Los Angeles. Steinberg ha detto a BioEdge che “abbiamo seguito nel corso degli anni la legislazione relativa al matrimonio gay sia a livello internazionale che nazionale” e “ciò che è emerso è un trend abbastanza prevedibile”. “Quando un Paese inizia a prendere in considerazione la legalizzazione del matrimonio gay – spiega Steinberg -, riceviamo un’ondata (principalmente tramite internet ma anche per telefono) di richieste di informazioni riguardanti le ‘basi’ di un coinvolgimento con una donatrice di ovuli e una madre surrogata. Circa un terzo delle richieste continua a cercare i nostri servizi ancor prima che la legge sia passata; un terzo ci avvisa che rimangono in attesa di vedere come si evolve la legislazione; e un terzo nell’immediato non lo risentiamo”. “Nei casi in cui il matrimonio gay è effettivamente legalizzato – continua Steinberg -, riceviamo un’altra ondata di richieste che includono coloro che la prima volta ci avevano contattato dicendoci che volevano ‘aspettare e vedere’. Una volta legalizzato, circa il 40% di ‘nuovi’ richiedenti vuole iscriversi, e in definitiva risentiamo circa il 30% dei restanti”.

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Il dottor Steinberg dice che al momento si sta avvalendo esclusivamente di surrogate americane accuratamente selezionate, ma presto le cose potrebbero cambiare: “Operiamo in un grande ufficio a Guadalajara, in Messico, e monitoriamo attentamente l’evoluzione delle leggi. Città del Messico ha apparentemente promulgato una legge avente una certa tolleranza verso le surrogate gestazionali e noi la stiamo esaminando. Lo Stato di Jalisco, dove si trova la nostra struttura di Guadalajara, non ha leggi, né a favore né contro. Terremo attentamente d’occhio l’America Latina”.

L’andamento del rapporto tra matrimonio gay e maternità surrogata sembra essere scarsamente conosciuto – conclude il direttore di BioEdge -. Non ci sono statistiche valide sui clienti delle agenzie di maternità surrogata che proliferano in internet in Paesi come l’India, il Guatemala, Cipro e l’Ucraina. I media hanno trasmesso le immagini delle ‘fattorie’ e delle ‘fabbriche di bambini’ indiani. Ma lì mancano persino dati affidabili sul numero delle cliniche di fecondazione artificiale. Quello che è certo è che la domanda di uteri a buon mercato crescerà per permettere agli uomini gay di essere genitori di figli propri”. Per questo motivo “i sostenitori del matrimonio omosessuale dovrebbero riconoscere che si trovano ad affrontare un grave dilemma morale: uteri a buon mercato possono dare agli uomini gay la felicità di diventare padri, ma il costo di questa felicità è spesso a carico di donne povere e analfabete[1], [2].

Dall’India alla Thailandia

Pur in mancanza di dati precisi, sappiamo che il mercato riproduttivo gay in India era in piena espansione tanto che, per porre un freno a questo vero e proprio boom di richieste di madri surrogate da parte di single e coppie gay, a gennaio 2013 il Governo indiano ha adottato nuove disposizioni di legge che prevedono l’accesso alla maternità surrogata solo alle coppie eterosessuali sposate da almeno due anni. Le reazioni suscitate dalla nuova legge ci hanno fornito qualche dettaglio in più sull’entità del business procreativo gay in India.

Le nuove regole del Ministero dell’Interno sono risultate abbastanza sorprendenti per i dottori, la comunità medica e i clienti che vengono dall’estero”, ha detto Amit Karkhanis, un avvocato le cui pratiche si concentrano nell’ambito dell’industria della maternità surrogata, “questo avrà di sicuro un impatto nel mercato della maternità surrogata in India. La ricaduta immediata è che moltissime persone ora andranno in Thailandia. Moltissimi stranieri stanno riconsiderando la loro decisione di venire in India”.

Il Global Post di Boston (Massachusetts, Stati Uniti), una piattaforma web focalizzata sulla copertura di notizie dal mondo e su questioni internazionali, scrive che dati ufficiali non ve ne sono “ma le stime di settore indicano che circa 50mila persone visitano ogni anno l’India alla ricerca di madri surrogate, da cui derivano circa 2mila nascite l’anno” e che prima che la nuova legge entrasse in vigore “le coppie gay e i single rappresentavano più di un terzo di quel commercio”.

Non ci sono studi ufficiali” afferma Hari G. Ramasubramanian, socio dell’Indian Surrogacy Law Center di Chennai, tuttavia “almeno il 30-50% dei pazienti che vengono in India per la maternità surrogata sarà influenzato [dalla nuova legge]. Il motivo è che siamo di fronte a grandi volumi di genitori single e gay che vengono in India per la maternità surrogata”. Una delle cliniche più grandi di maternità surrogata – scrive il Global Post -, “ha una lista d’attesa di oltre 200 persone che dicono di essere pronte a venire in India per la maternità surrogata se le nuove norme che bloccano gay e single saranno mitigate. E ci sono già centinaia di bambini programmati e decine di surrogate in attesa del trasferimento di embrioni”.

Insomma, cliniche e intermediari non sono rimasti per nulla contenti delle restrizioni apportate dal Governo indiano, perché vista la grande entità del mercato gay, i loro guadagni si sarebbero ridotti di una fetta considerevole. “Facciamo circa 60 trasferimenti [di embrioni] ogni mese per la maternità surrogata” ha dichiarato il dottore Shivani Sachdev Gour, direttore del Surrogacy Center of India, “anche se non ogni trasferimento si traduce in gravidanza, questo è un volume importante. Abbiamo avuto 291 bambini nati da madri surrogate lo scorso anno, e a oggi abbiamo consegnato più di 550 bambini”. Il dottor Shivani ha poi specificato che la sua clinica ha ottenuto quasi 9 milioni di dollari di ricavi dal business della maternità surrogata l’anno prima che le regole cambiassero[3].

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Ci spostiamo così in Thailandia, dove – scrive il Southeast Asia Globe Magazine di Phnom Penh (Cambogia), un periodico indipendente che si occupa d’informazione nel Sud-est asiatico – “il business della maternità surrogata è in piena espansione da quando l’anno scorso l’India ha chiuso le porte alle coppie omosessuali”. “Fino all’anno scorso – scrive il Southeast Asia‘affittare un utero’ in India era un procedimento semplice. Quando dal gennaio 2013 la legge è stata modificata, vi possono ricorrere solo le coppie eterosessuali sposate. Perciò molti potenziali genitori sono scappati verso le cliniche di Bangkok”.

Negli ultimi 12 mesi il nostro business è triplicato” ha detto Richard Sanchez, consulente internazionale dei pazienti per la sede di Bangkok del Fertility Choices Group del Sud-est asiatico, “circa il 35% dei nostri clienti che intendono diventare genitori sono uomini gay”. Molti clienti gay della Fertility Thailand, una società di consulenza per l’infertilità con sede a Bangkok, vengono dall’Australia, dove le restrizioni in materia di adozione e surrogazione per le coppie dello stesso sesso ha alimentato la domanda di surrogate thailandesi. Ma, in quanto a richieste ricevute da uomini gay, la Planet Hospital, una società con sede in California, specializzata in servizi di riproduzione assistita all’estero, batte tutti: il vice-presidente Geoff Moss ha reso noto che “circa il 90% dei clienti per la maternità surrogata in Thailandia sono coppie gay”.

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Ora, al fine di proteggere le surrogate, i bambini e gli acquirenti – scrive il Southeast Asia Magazine –, il Parlamento thailandese è pronto a emanare una legge sulla maternità surrogata. “Ci aspettiamo che qualsiasi legge approvata rifletta la natura tollerante della società thailandese”, auspica Bill Houghton, direttore di Sensible Surrogacy, un’agenzia fondata da una coppia di gay che fornisce servizi di maternità surrogata in Thailandia e India. “La proposta di legge prevede la maternità surrogata solo per le coppie sposate, ma noi ci aspettiamo che il matrimonio gay venga approvato in Thailandia – approvato, quindi accettato – e le coppie che provengono dai Paesi in cui il matrimonio gay è legale si troveranno riconosciuti anche i loro matrimoni”. In sostanza Houghton conferma le conclusioni tratte da BioEdge: il matrimonio gay porta alla maternità surrogata, serve alle coppie gay per ottenere con più facilità i bambini. E, per la legge della domanda e dell’offerta, i bambini si produrranno lì dove costa meno: “Fabbricare un bambino in una clinica specializzata in maternità surrogata a Bangkok – scrive il periodico asiatico -, costa in media 40mila dollari rispetto agli oltre 100mila dollari che si pagano negli Stati Uniti”.

Il periodico asiatico racconta quindi del meeting organizzato nel 2010 dalla Hague Conference on Private International Law (HCCH), un’organizzazione mondiale che si occupa di cooperazione transfrontaliera in ambito civile e commerciale, nel corso del quale è stata espressa preoccupazione per l’incertezza che circonda lo status dei bambini nati da maternità surrogate internazionali. L’HCCH ha stilato un rapporto preliminare dal quale, tra le altre cose, risulta che in base ai dati forniti da cinque agenzie specializzate in surrogazioni internazionali, vi è stata in questo ambito una rapida crescita del mercato, con un incremento di quasi il 1.000 per cento, se si confrontano i numeri degli accordi di surrogazione del 2006 con quelli del 2010. I dati provenienti dall’Università di Aberdeen (Scozia), mostrano che una delle cinque agenzie ha riportato una crescita dei profitti addirittura del 6.000 per cento durante gli ultimi 12 anni del loro business con la maternità surrogata[4].

Il direttore di Sensible Surrogacy auspicava una legge tollerante sulla maternità surrogata da parte del Parlamento thailandese, invece, un anno dopo lo scandalo che ha avuto per protagonista il bambino “surrogato” Gammy – abbandonato in Thailandia dalla coppia che lo aveva commissionato perché affetto da sindrome di Down -, la giunta militare del Paese, che ha preso il potere il 22 maggio 2014, ha messo al bando la maternità surrogata per gli stranieri. L’Union of Catholic Asian News (UCAN) – un network indipendente cattolico, attivo da oltre tre decadi nell’est, sud e sud-est asiatico – scrive che la legge “è stata pubblicata nella Gazzetta Reale il 1 maggio 2015”, mettendo finalmente fine “in Thailandia a un business di molti milioni di dollari legato alle fabbriche di bambini”. “Vogliamo porre fine a questa idea nella testa degli stranieri che la Thailandia sia una fabbrica di bambini – ha dichiarato il legislatore Wallop Tungkananurak -. Il disegno di legge è stato approvato con una maggioranza schiacciante”.

Ucanews rende noto che la scelta del parlamento thailandese è maturata “a seguito di una serie di scandali che hanno visto coinvolti cittadini stranieri” tra i quali il caso del bambino Gammy e la scoperta “di un uomo giapponese che si era fatto fabbricare almeno 14 bambini da madri surrogate” thailandesi. “Con la nuova normativa” – aggiunge Ucanews – è probabile che “sarà la vicina Cambogia ad assorbire una grossa fetta di questo business”. Mentre Sam Everingham di Families Through Surrogacy, un’Organizzazione no-profit che si occupa di maternità surrogata, ha detto che “il voto della giunta militare per reprimere l’industria della maternità surrogata, ha causato un’enorme confusione tra le famiglie in cerca di madri surrogate, spingendo alcune di loro a optare per destinazioni meno conosciute come il Nepal e il Messico[5], [6]. Insomma, il business non si ferma, se uno Stato lo mette al bando salteranno fuori almeno altre tre destinazioni in cui trovare donne povere e bisognose di cui approfittarsi.

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Nepal: numeri e immagini che parlano

Delle tre destinazioni appena suggerite, alternative a India e Thailandia, in cui poter usufruire di madri surrogate a buon mercato, ne prendiamo in esame solo una: il Nepal, dove per affittare un utero bastano appena 6mila dollari. Proviamo a reperire qualche dato che ci illumini sull’entità del mercato riproduttivo gay in questo Paese, dopo che l’India e la Thailandia hanno chiuso a esso le porte.

Tra le organizzazioni che operano nel campo della maternità surrogata il Nepal era una meta già nota, ma l’opinione pubblica ne è venuta a conoscenza solo nell’aprile 2015 quando quelle terre sono state devastate da un terribile terremoto. In particolare in quell’occasione il sisma ha gettato luce sull’entità del business procreativo da parte dei gay israeliani, che non possono accedere alla maternità surrogata in patria essendo essa prevista per legge solo per le coppie eterosessuali. I gay israeliani che si trovavano in Nepal per prelevare i bambini commissionati sono stati sorpresi dal terremoto, ma per costoro si è subito aperta una corsia preferenziale con la messa a punto, da parte del Governo di Israele, di voli speciali per riportare in patria i padri assieme ai bebè acquistati. Quanto vasto fosse il business lo dimostra il fatto che solo in quell’occasione sono state diverse decine i neonati partiti per Israele. I media ci hanno mostrato le foto molto eloquenti di quei momenti: si vedono coppie di uomini, allegre e festanti, con i pupazzi di peluche e altri regali, le culle e i bebè “nuovi fiammanti” appena prelevati.

 

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Scrive Repubblica[7] che “numerosi sono i gay che sono diventati genitori con l’aiuto delle donne nepalesi. Per loro è l’unica possibilità di avere figli, perché la legge israeliana permette di ricorrere all’utero in affitto solo ai coniugi eterosessuali.… Ora decine di piccoli lasceranno il Nepal e le donne che li hanno portati in grembo per mesi per affrontare un lungo viaggio. Tre neonati sono stati appena trasferiti in Israele con l’aiuto di un piccolo velivolo militare che poco prima aveva portato nel paese una équipe di medici. Il ministro degli Esteri ha fatto sapere che stanno per raggiungere Israele anche 22 bimbi e i loro genitori, arrivati in Nepal prima del terremoto. Con le famiglie ci sono anche 4 madri surrogate nepalesi che devono partorire. Il ministro degli Esteri ha concesso loro un permesso speciale e l’ingresso sul territorio israeliano”. In sostanza le donne che avevano già sfornato la “mercanzia” sono state lasciate tra le macerie senza i loro bebè, mentre quelle che non avevano ancora fornito agli acquirenti il prezioso contenuto sono state sottratte alla devastazione e portate in salvo verso condizioni di vita più sicure e dignitose, giusto il tempo necessario per portare a termine il “lavoro”, quindi rispedite indietro nelle loro terre martoriate, come merci vendute con la clausola “vuoto a rendere”.

Repubblica aggiunge che “in Nepal circa 100 madri surrogate sono in attesa di bambini israeliani. Secondo l’agenzia Tammuz Surrogacy International di Tel Aviv, che mette in contatto coppie e donne nepalesi, 52 clienti israeliani si trovano in alberghi di Kathmandu, in attesa di lasciare il Paese”.

Il Forward, un noto quotidiano digitale ebraico operante in America, ha reso noto che “dopo il terremoto, le coppie gay andate in Nepal per prelevare i loro bambini erano fuggite dagli alberghi con i loro nuovi figli” e “si erano accampate fuori dell’ambasciata israeliana a Kathmandu”. Il quotidiano ebraico specifica che subito dopo il sisma “Israele ha portato fuori dal Paese a mezzo aereo 25 nuovi bambini con i loro genitori israeliani” e che “i funzionari israeliani stavano studiando come trasferire le madri surrogate incinte, per farle partorire in Israele”, aggiungendo che “le agenzie che si occupano di maternità surrogata dicono che ci sono decine di donne a Kathmandu e in India che stanno portando in grembo i bambini degli aspiranti genitori israeliani”.

Il Forward scrive poi che secondo “Victoria Gelfand, un avvocato israeliano specializzato in procedure di fertilità transfrontaliere, ci sono in totale più di 100 bambini ogni anno che nascono da genitori israeliani e madri surrogate, principalmente donne degli Stati Uniti e del Nepal”. Inoltre – continua il quotidiano israeliano – “in questo momento ci sono in Israele centinaia di bambini nati tramite maternità surrogata. L’agenzia Tammuz Surrogacy da sola ha facilitato in otto anni il processo per 400 di questi bambini”.

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L’articolo del Forward è particolarmente interessante perché rivela in che modo il business procreativo, e tutti i soggetti che vi ruotano intorno, sono riusciti ad aggirare le limitazioni della legge indiana alla maternità surrogata, che ci spiega anche perché il quotidiano ebraico abbia parlato dell’esistenza di decine di donne indiane che stavano incubando bambini per conto di genitori gay israeliani, nonostante si sappia che dal gennaio 2013 l’India ne abbia vietato il ricorso a single e coppie gay.

In Israele – scrive il Forward –, a gay e single è proibito di avere figli attraverso surrogate israeliane” così “dal 2007 le coppie gay israeliane avevano iniziato a reperire madri surrogate in India, dove il turismo sanitario aveva creato le infrastrutture per tale pratica. Tuttavia nel 2012 l’India ha cambiato le sue regole in modo tale che solo le coppie eterosessuali sposate da due anni avrebbero ricevuto i visti per la maternità surrogata”. Dopo questo fatto “i gay israeliani hanno iniziato a guardare al Nepal, che si trova tra il confine settentrionale dell’India e la Cina”. Tuttavia – osserva la Gelfand – “il Nepal ha a propria volta una serie di questioni complicate a proposito della maternità surrogata: anche se la pratica non è fuorilegge, la nazione himalayana vieta alle donne nepalesi di lavorare come madri surrogate”. Così per evitare di incontrare problemi – spiega – sono “le donne indiane che attraversano il confine tra le due nazioni per andare a partorire in Nepal”.

Il meccanismo funziona così: “Una coppia israeliana si rivolge di solito a una delle due agenzie in Israele attrezzate per questo scopo. La coppia fornisce un campione di sperma e sceglie una donatrice di ovuli da un database online. La donatrice, a volte dell’Ucraina o del Sudafrica, si reca poi in India, dove le vengono prelevati gli ovuli che sono fecondanti con lo sperma del padre israeliano. Anche le donne indiane fungono qualche volta da donatrici di ovuli. L’embrione fecondato viene impiantato nella surrogata indiana che di solito passa i due terzi della gravidanza a casa in India e il terzo rimanente in Nepal. Qualche volta costei vive in Nepal per tutto il periodo della gravidanza. Poco prima che la surrogata dà alla luce il bambino, la coppia gay israeliana si reca a Kathmandu” dove alla nascita entra in possesso del bebè e “poi trascorre un mese sul posto per completare l’iter legale del processo[8].

Insomma, le nuove schiavitù non conoscono confini, nemmeno i divieti riescono a fermare le mani rapaci dei “nuovi diritti” sui corpi delle donne… a meno che non intervenga un fenomeno naturale, come il terremoto, a scombinare i piani accuratamente ideati da costoro. Dopo il sisma – scrive il Forward -, “le agenzie dicono che per i gay israeliani il Nepal non potrà più essere un’opzione per molto tempo” poiché “il terremoto ha distrutto gran parte delle infrastrutture sanitarie e, per i prossimi anni, l’attenzione dei funzionari sarà probabilmente focalizzata sulla ricostruzione, e non nell’aiutare i cittadini degli altri Paesi a diventare genitori”. Sarà “molto difficile continuare”, ha affermato Dana Magdassi, fondatrice della Lotus Surrogacy.

Quindi, dove fallì la legge, riuscì il terremoto. Ma nessun problema per i gay israeliani: una donna bisognosa da sfruttare la si trova sempre e comunque, basta spostarsi in qualche altro Paese povero e sottosviluppato del mondo… o far spostare le poveracce indiane nelle nuove destinazioni.

Il boom di cliniche e intermediari specializzati in servizi riproduttivi per Lgbt

Che il matrimonio gay porti al mercato riproduttivo lo dimostra anche un altro elemento: il fatto che l’estensione di legislazioni gay-friendly in sempre più Stati del mondo, è andata di pari passo con l’aumento del numero di cliniche e intermediari che forniscono i servizi riproduttivi anche, o esclusivamente, alle persone Lgbt. Prendo in considerazione solo i primi risultati tra la mole di indirizzi che appaiono facendo una semplice ricerca sul web.

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Il Gay Family Web Centre (www.gayfamilyweb.com) di Birmingham in Inghilterra, si occupa esclusivamente di servizi procreativi per gay e lesbiche. Il Centro collabora con cliniche del Regno Unito, Irlanda, Europa e USA; inoltre “lavora insieme a squadre di esperti con sede a Dublino e Madrid”, i quali provvedono a soddisfare le richieste per quanto concerne “la fecondazione in vitro e la condivisione di ovociti”. “Quindi – scrivono nel loro sito web – se stai cercando un donatore di sperma, una donatrice di ovuli, una madre surrogata o vuoi far parte di una rete di altre famiglie gay per avere sostegno e per fare rete, GayFamilyWeb è in grado di soddisfare le tue esigenze”. Il Centro di Birmingham ci tiene a far sapere di essere stato “lo sponsor principale per il Family Pride Festival, che è già arrivato al terzo anno” e che “si sono recati nel Galles del Nord, a Bristol, al Pride di Brighton e al Pride di Manchester per offrire consulenze gratuite e supporto su come mettere su famiglia”.

Gay IFV (www.gayivf.com) è anch’esso un intermediario che, dal 1989, si occupa esclusivamente di servizi riproduttivi per Lgbt. Per i trattamenti procreativi, Gay IFV si appoggia al Centro per la fertilità statunitense IVF New England (IVFNE), (www.ivfne.com), diretto dal Dott. Samuel Pang, “sposato” con un uomo e padre di due figli avuti tramite ovodonazione e maternità surrogata. Si legge nel sito che l’IVFNE “è uno dei più grandi centri di medicina riproduttiva del New England e della nazione” e che “è stato il primo centro per la fertilità del New England a fornire servizi a coppie di maschi gay” permettendo loro di “avere figli genetici propri, mediante l’uso di donatrici di ovuli e surrogate gestazionali”. Si legge inoltre che il Centro segue le coppie lesbiche dal 1989; offre dal 2010 “consultazioni e servizi di conservazione della fertilità a persone trans/genderqueer” ed è socio fondatore della “My Egg Bank North America”, la banca che soddisfa le loro richieste di ovuli per la fecondazione in vitro.

Alla conferenza annuale del 2012 dell’American Society for Reproductive Medicine (ASRM) – la Società americana di medicina riproduttiva riconosciuta come “leader mondiale” in questo campo -, l’IVF New England ha presentato i risultati di una revisione retrospettiva dei loro servizi a coppie lesbiche. Donna Cunningham, embriologa all’IVFNE, ha spiegato che “l’opinione pubblica e l’atteggiamento verso le coppie dello stesso sesso e le loro famiglie si stanno evolvendo. Sono sempre di più le coppie femminili che chiedono trattamenti di fecondazione in vitro. Abbiamo registrato un’esperienza pluriennale in servizi di Fiv per coppie lesbiche”. In particolare, ha specificato la dott.ssa, sono state “60 le coppie lesbiche trattate all’IVF New England nel periodo gennaio 2009-dicembre 2010”. In un articolo del 2012 dell’Huffington Post, il Dott. Pang ha dichiarato che “nel 1997 tutti i pazienti che richiedevano ovuli e madri surrogate erano eterosessuali”, e che risale al 1998 la prima coppia di uomini che ha aiutato ad avere in totale tre figli attraverso ovuli di donatrici e madri surrogate. In seguito tale pratica si è diffusa sempre più: Pang aggiunge infatti che “negli ultimi 15 anni abbiamo continuato ad aiutare molte altre coppie di uomini a diventare genitori tramite ovodonazione e surrogate gestazionali[9].

Anche l’agenzia intermediaria Donor Concierge (www.donorconcierge.com), di San Rafael (California), è specializzata in servizi riproduttivi per gay e lesbiche. Nel loro sito web scrivono che “sono orgogliosi di aver aiutato molte coppie dello stesso sesso nel percorso di ovodonazione e surrogazione”. Agli uomini gay sia in coppia che single desiderosi di diventare genitori, l’agenzia assicura “il reperimento di una madre surrogata entro 2-4 settimane dalla richiesta”. “Lavoriamo solo con le più accreditate agenzie di surrogazione gay-friendly – scrivono -, per potervi garantire che il vostro viaggio sarà il più agevole possibile… Siamo esperti nel procurare madri surrogate felici di lavorare con le coppie omosessuali e nell’aiutarvi a destreggiarvi con facilità tra le complesse questioni legali”. Alle donne lesbiche, sia in coppia che single, “che hanno bisogno di aiuto per trovare il donatore di sperma perfetto”, Donor Conciergefornisce un servizio di ricerca” mediante “l’accesso a tutte le banche di sperma degli Stati Uniti” così da “potervi fornire candidati in modo rapido ed efficiente”.

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Gay Parents To Be (www.gayparentstobe.com) ha sedi in Connecticut e a New York, ed è “una risorsa informativa e di collegamento a servizi genitoriali per gay” fondata sette anni fa dal dottor Mark P. Leondires, Direttore Sanitario del Reproductive Medicine Associates of Connecticut (RMACT). Un progetto – scrive il dott. Leondires – frutto di “un’esperienza professionale e personale” che ha deciso di intraprendere dopo essere diventato genitore insieme al suo compagno. Il Gay Parents To Be si occupa esclusivamente di aiutare gay e lesbiche, single o in coppia, che vogliono diventare genitori, ma ha anche “aiutato molti uomini e donne transgender a pianificare e completare i trattamenti di fertilità di cui hanno bisogno per avere un bambino”. L’agenzia è orgogliosa del servizio di eccellenza che è in grado di fornire nell’ambito della costruzione di famiglie “per conto della comunità Lgbt che, oggi più che mai, può esercitare con facilità i suoi diritti riproduttivi”. Attraverso i suoi “partenariati con esperti del settore riproduttivo, inclusi rappresentanti della comunità Lgbt”, i suoi “esperti di diritti riproduttivi”, le sue “agenzie selezionate di surrogazione e di ovodonazione”, gli “psicologi, i consulenti e le persone di supporto per Lgbt riconosciuti a livello nazionale”, i “medici di prim’ordine, il personale attento e le strutture di laboratorio di ultima generazione”, Gay Parents To Bespera di rendere l’esperienza di costruzione familiare da parte dei membri della comunità Lgbt, facilmente comprensibile, di facile accesso ed efficiente”.

Dal web emerge poi la galassia d’intermediari e di cliniche che quando hanno iniziato a lavorare si occupavano quasi esclusivamente di coppie eterosessuali ma che, con l’espandersi della richiesta di servizi riproduttivi da parte di persone Lgbt, hanno immediatamente esteso i propri servizi e trattamenti alla nuova tipologia emergente di clienti.

Fertility Authority (www.fertilityauthority.com), un’agenzia intermediaria che opera in tutto il territorio statunitense, scrive nel proprio sito che sono “il portale web più completo dedicato esclusivamente alla fertilità con strumenti di qualità e informazioni per realizzare i vostri obiettivi”, mediante “assistenza lungo tutto il percorso che vi porterà a realizzare lo scopo di costruire la vostra famiglia… prendendo le decisioni migliori e più efficaci nel minor tempo possibile”. L’agenzia statunitense ha una sezione del sito dedicata agli Lgbt, con un settore per le coppie lesbiche tra le quali “è sempre più popolare la scelta di fecondazione in vitro reciproca. Un’opzione dove una partner fornisce gli ovuli e l’altra partner porta la gravidanza” in modo tale che “entrambe le donne sono coinvolte nella gravidanza sia fisicamente che emotivamente”. Un settore dedicato agli uomini gay, con un programma step-by-step per la maternità surrogata: una panoramica di quindici passi da seguire “nel processo di accesso alla surrogazione per uomini e coppie gay”. Non manca, infine, la sezione dedicata ai transgender sia uomini che donne “interessati ad avere propri figli genetici” tramite “le opzioni che permettono di preservare la fertilità e costruire la propria famiglia prima e dopo la transizione”. Nella sezione Lgbt del sito vi è un articolo con la testimonianza di un uomo gay, padre di due gemelli di 11 anni, che dice che lui e il suo partner non avevano idea di dove iniziare quando dodici anni fa hanno intrapreso il viaggio di diventare genitori, mentre oggi, afferma “ci sono molte più cliniche e agenzie desiderose di aiutare gli uomini gay. Le molteplici opzioni e la marea d’informazioni oggi possono di fatto rendere il processo enormemente più semplice. La rete degli uomini che hanno bambini e i seminari per gli uomini che vogliono avere bambini sono una via per aiutare gli uomini gay di New York – e ora anche d’Europa – ad avvalersi di cliniche affidabili e delle agenzie che da tempo aiutano la nostra comunità”.

12-london-womens-clinicLa britannica London Women’s Clinic (LWC), (www.londonwomensclinic.com) esegue trattamenti riproduttivi a tutte le tipologie di coppie e persone, ma – scrivono nel sito – l’LWC “è spesso descritta come una clinica per la fertilità prediletta da donne single e coppie dello stesso sesso”. Quindi snocciolano alcuni dati: “Trattiamo coppie lesbiche e donne single che vogliono crearsi una famiglia da più di 10 anni, e siamo stati una delle prime cliniche del Regno Unito a farlo. In questo lasso di tempo abbiamo aiutato più di 2mila donne single e lesbiche a realizzare il loro desiderio di avere bambini sani”. Ma, nonostante l’LWC sia nata come una clinica “per donne”, non disdegna la clientela maschile gay: “Esistono diversi modi in cui gli uomini gay possono diventare padri – scrivono -. Diventando un donatore di sperma per un’amica o una parente”, oppure tramite “il trattamento di surrogazione” che “sta diventando sempre più popolare tra le coppie di uomini gay, attraverso l’uso di una madre surrogata e qualche volta anche di una donatrice di ovuli. Qui all’LWC possiamo aiutarti a diventare padre tramite tutti questi mezzi”. La London Women’s Clinic ci tiene a far sapere di aver sponsorizzato dei libretti informativi per donne lesbiche e uomini gay che vogliono diventare genitori, inoltre aggiunge che “ha sviluppato un forte rapporto con il gruppo di pressione per i diritti dei gay Stonewall”. Stonewall è una delle maggiori organizzazioni per i diritti Lgbt del Regno Unito e d’Europa, che svolge attività di lobbying in più ambiti, ma soprattutto a livello politico. In fin dei conti è sempre la stessa storia: segui il denaro e troverai l’ideologia, e viceversa.

Al Cardone & Associates Reproductive Medicine & Infertility (CRMI), (www.cardonerepromed.com), di Stoneham in Massachusetts, “crediamo che ogni individuo o coppia abbia il diritto di costruirsi la propria famiglia, e che le famiglie amorevoli assumano diverse forme! È così che la pensiamo da quando aprimmo per la prima volta nel 1989, e oggi più che mai”. Il CRMI “si occupa di aiutare a costruire tutti i tipi di famiglie indipendentemente dall’orientamento sessuale o stato civile”, con servizi personalizzati per “uomini gay, donne single, coppie lesbiche e coppie transgender” che vogliono costruire una famiglia, mediante la loro ampia “offerta di opzioni riproduttive che includono ovuli di donatrici, sperma di donatori e servizi di portatrici gestazionali”, e l’opportunità di avvalersi “di agenzie di donatori affidabili”.

13-circle-surrogacyIl presidente e fondatore della Circle, di Boston in Massachusetts, che si diversifica in Circle Egg Donation (www.circleeggdonation.com) e Circle Surrogacy (www.circlesurrogacy.com), è John Weltman, “un gay diventato genitore grazie alla riproduzione assistita: lui e il marito Cliff hanno due figli”, si legge nel loro sito web. “La famiglia è la nostra ispirazione – scrivono -. Con più di 20 anni di esperienza e più di 1.200 bambini nati, la Circle Surrogacy è una delle agenzie di surrogazione più antiche e più grandi che fornisce servizi a genitori gay ed eterosessuali di tutto il mondo”. E aggiungono: “La Circle Egg donation, come la Circle Surrogacy, è leader nel fornire opzioni genitoriali per single e coppie gay. L’aiuto nella costruzione delle famiglie per i membri della comunità Lgbt è stata una parte fondamentale della nostra missione da quando nel 1995 abbiamo iniziato”. La Circle dispone “di un database di donatrici di ovuli di qualità… con più di 300 donatrici interne e oltre 1.000 donatrici disponibili presso le nostre agenzie partner”, e specificano che “tutte le nostre donatrici sono selezionate psicologicamente e fisicamente affinché si abbia la garanzia che siano preparate per il loro percorso con Circle”. La Circle offre inoltre “un lavoro congiunto con agenzie no-profit, quali il Family Equality Council [un’Organizzazione internazionale che si batte per l’uguaglianza delle famiglie Lgbt] e il Gay and Lesbian Advocates and Defenders (GLAD) [un’Organizzazione di avvocati e difensori dal punto di vista legale delle istanze Lgbt]”. Ed ecco che ancora una volta ci ritroviamo di fronte al felice sodalizio tra business e nuovi diritti.

Sul web l’elenco di agenzie e cliniche che hanno esteso i servizi riproduttivi alle persone Lgbt sembra non avere fine. Troviamo poi la USC Fertility (http://uscfertility.org) di Los Angeles, che “supporta la comunità Lgbt e sponsorizza il Pride Run”. USC Fertilityè orgogliosa di aiutare gli uomini gay e le donne lesbiche a costruire le loro famiglie mediante il ricorso all’inseminazione artificiale, la fecondazione in vitro, la donazione di ovuli e spermatozoi, e la maternità surrogata”. “Da più di 25 anni – scrivono – siamo pionieri in tecniche avanzate di riproduzione che aiutano tutti gli individui a mettere su famiglia con propri figli biologici”.

14-barrie-and-tony-drewitt-barlowTra i primi risultati del web appare inoltre il californiano British Surrogacy Centre (BSC), (www.britishsurrogacycentre.com), fondato dai britannici Barrie e Tony Drewitt-Barlow, una coppia di uomini gay benestanti, padri di ben 5 figli avuti utilizzando donatrici di ovuli e madri surrogate. Si legge nel sito che sono “la prima agenzia di madri surrogate d’Europa e l’unica agenzia di surrogazione al mondo veramente internazionale, che gestisce i casi di surrogazione e ovodonazione in numerosi Paesi del mondo!”. Il primo Centro a “guidare la classifica” con i suoi “oltre 300 bambini e più in arrivo”. Il BSC aggiunge inoltre di avere “la più grande banca dati di donatrici di ovuli del mondo!” e che le loro “donatrici si trovano in tutto il mondo e viaggeranno fino alla vostra località per il recupero degli ovuli”. Il BSC ha anche propri “intermediari che potete contattare in molti Paesi del mondo, tra cui il Regno Unito, la Francia e la Spagna”. Scrivono poi nel sito che “la prima coppia gay che hanno aiutato a diventare genitori risale al 1999” e che “nel periodo 1999-2012, il team del BSC ha aiutato innumerevoli coppie gay e uomini single a diventare genitori tramite la donazione di ovuli e la maternità surrogata” perché loro ritengono “che il diritto a diventare genitori sia il medesimo per tutte le coppie, indipendentemente dall’orientamento sessuale”.

Vi è poi il Pacific Fertility Center (www.pacificfertilitycenter.com) situato nella Baia di San Francisco, che “è orgoglioso per il fatto di aver aiutato molti dei nostri pazienti della comunità Lgbtq a crearsi una famiglia”. E il Women & infants Fertility Center (https://fertility.womenandinfants.org), situato a Providence, la capitale del Rhode Island, che offre “una gamma completa di servizi per aiutare le coppie e i singoli, inclusi molti nostri pazienti Lgbt, che vogliono avere un bambino”. E ancora il Michigan Reproductive Medicine (www.mireproductivemedicine.com), un Centro per la fertilità attivo dal 1998, che ha “aiutato migliaia di pazienti a realizzare il sogno di creare una famiglia” e che offre opzioni riproduttive per donne lesbiche, uomini gay e individui transgender con “trattamenti personalizzati per soddisfare le vostre specifiche circostanze”. Ecc. ecc.

In conclusione, se prendiamo in considerazione il numero enorme di cliniche e intermediari, la vasta gamma di servizi offerti, le diverse opzioni di scelta destinate alle persone Lgbt che vogliono mettere su famiglia, non possiamo che fare un’unica considerazione: il business riproduttivo gay, lesbico e transgender sta vivendo una fortissima espansione. Vent’anni fa le cliniche che fornivano servizi procreativi agli omosessuali si potevano trovare, ma erano poche e pochissime erano le richieste. Il boom della domanda e dell’offerta di servizi riproduttivi per Lgbt è un fenomeno recente, un fenomeno che è andato di pari passo con l’introduzione di legislazioni gay-friendly da parte dei Governi, come il matrimonio gay e l’estensione dei “diritti riproduttivi” a single e coppie gay.

Boom del business riproduttivo Lgbt: proviamo a quantificarlo

Abbiamo visto che c’è uno stretto legame tra l’introduzione di leggi gay-friendly negli Stati del mondo e l’aumento della domanda di servizi e trattamenti che fa capo al mercato riproduttivo Lgbt, che si è di fatto tradotto in un boom di cliniche e intermediari che hanno esteso, o si occupano esclusivamente di servizi procreativi per Lgbt.

Abbiamo inoltre già trovato qualche dato a proposito del business procreativo da parte di uomini gay (single o in coppia) in alcuni Paesi poveri del mondo, come India, Thailandia e Nepal. Quello che vogliamo ora valutare è la consistenza numerica e percentuale di questo business. Vogliamo in altre parole appurare se è vero oppure no che il business procreativo gay incida solo per il 10% del totale, come si ode in risposta ogni volta che si tira in ballo l’accusa di alimentare un mercato disumano che sfrutta donne povere e bisognose. Con questo non vogliamo certo assolvere quella presunta stragrande maggioranza di eterosessuali che a propria volta favoriscono la domanda di ovuli e uteri: sfruttare qualcuno per i propri scopi, mettendone a repentaglio la salute e annichilendone la dignità, è sempre sbagliato, indipendentemente dallo stato civile e dall’orientamento sessuale dello sfruttatore; la persona, ogni persona, non può mai essere usata come un mezzo per il raggiungimento dei propri scopi. Il nostro obiettivo è solo quello di quantificare il fenomeno per cercare di averne un’immagine il più reale possibile, visto che appunto la tendenza degli ultimi anni fa pensare che le percentuali non corrispondano più a quelle che sono tuttora propalate.

Benché, come abbiamo visto, sia difficile reperire questo genere di dati, navigando in internet tra i media noti e indipendenti che si occupano di informazione nel mondo, nei siti web delle cliniche e degli intermediari che forniscono i servizi riproduttivi, o negli stessi siti web e di informazione gestiti da esponenti della comunità Lgbt, le notizie relative all’entità di questo mercato si trovano, e ci dicono non solo che il business riproduttivo gay e lesbico sta attraversando un vero e proprio boom, ma che – come logica suggerisce – oggi quella percentuale è effettivamente molto cambiata.

In un articolo dell’ottobre 2013, l’Associated Press, una cooperativa di informazione indipendente no-profit, con sede a New York City e con un team presente in più di 100 Paesi del mondo, ha parlato dell’espansione del mercato riproduttivo gay e lesbico in Canada e in California dopo che questi Stati hanno legalizzato il matrimonio gay. “Uno studio canadese – scrive Associated Press –, suggerisce che sempre più coppie lesbiche hanno cercato i servizi di fertilità in Ontario da quando il matrimonio per le coppie dello stesso sesso è stato legalizzato in questa regione dieci anni fa. Per le coppie di uomini, molte cliniche offrono ovuli e madri surrogate, utilizzando lo sperma di uno o entrambi”. Lo studio canadese riporta la ricerca effettuata dai medici del CReATe Fertility Center e dell’Università di Toronto che hanno preso in esame i pazienti degli ultimi 17 anni, scoprendo che la percentuale di coppie lesbiche che nel Centro si sono avvalse del seme di un donatore è passata dal 15% prima che il matrimonio gay nel 2003 fosse legalizzato, al 20% dopo la legalizzazione. Le unità di sperma di donatore utilizzate dalle coppie lesbiche sono passate da 133, prima del 2003, a 561 dopo il 2003.

L’articolo prosegue con la dichiarazione di Roger Buono, amministratore delegato di HRC Fertility, che gestisce nove cliniche nel sud della California. In California il matrimonio tra persone dello stesso sesso era stato messo al bando nel 2008 con l’approvazione della “Proposition 8”, ma dopo cinque anni di battaglie legali una corte d’appello federale ha ordinato la fine del bando, rendendo il matrimonio gay di nuovo possibile. Buono afferma che “riceviamo coppie omosessuali provenienti da tutto il mondo” perché alcune nazioni non permettono la maternità surrogata o la donazione di ovuli. Sono circa 65 le donne lesbiche e 275 gli uomini gay o coppie gay che sono stati seguiti nelle sue cliniche nel corso dell’ultimo anno, e i medici hanno riferito che “negli ultimi due anni sembra esserci stato un aumento[10].

Nel 2012, la britannica BBC ha riportato le affermazioni di Amanda Segal del Shady Grove Fertility Reproductive Science Center, che si trova vicino a Washington DC negli Usa, la quale ha detto che la “richiesta [di ovuli] è davvero smisurata” e che si registra inoltre la domanda di sperma donato: si calcola che tra il 10 e il 15% delle coppie eterosessuali abbiano problemi a concepire, ma ci sono anche molte donne single e lesbiche che scelgono di avere bambini usando lo sperma di un donatore. Uno dei maggiori esportatori di sperma al mondo – prosegue la BBC -, è la Cryos International in Danimarca. Grazie ai suoi servizi, i clienti possono bypassare le regole severe che disciplinano l’approvvigionamento di sperma nelle cliniche di molti Paesi, ricevendo dalla Banca danese lo sperma direttamente a casa propria per l’inseminazione fai-da-te. L’amministratore delegato e fondatore, Ole Schou, ha detto che le coppie lesbiche costituiscono circa il 10% dei loro clienti, con le donne single incidono per circa il 40% della domanda. “È come una valanga, come uno tsunami” ha detto Schou[11].

Nel 2011, l’australiano Perth Now, braccio digitale del Sunday Times, ha riportato alcuni dati rilevati nello Stato di Victoria: “Quasi 500 donne single e lesbiche hanno fatto uso di trattamenti per la fertilità l’anno passato a Victoria. Nel 2010 la legge è stata cambiata assegnando anche alle donne non sterili i rimborsi del Servizio Sanitario Statale per i trattamenti di riproduzione assistita”. Da quel momento – scrive Perth Now – “le cliniche di fecondazione in vitro di Victoria hanno registrato un numero significativo di donne che accedono per la prima volta a questi servizi”. In sostanza, come logica suggerisce, la legalizzazione o, in questo caso, l’estensione di un diritto a nuove tipologie di utenti, non può che determinare un rialzo delle richieste per conto dei nuovi fruitori.

L’età media delle donne single e lesbiche che accedono ai trattamenti di fertilità – specifica il giornale digitale australiano – è di 39 anni e mezzo, due anni più alta delle partner di coppie eterosessuali che accedono alla Fiv. Una donna su tre (il 33%) che sta avendo figli oggi non è sposata, era del 16% negli anni Ottanta”. Il dottor John McBain, della clinica Melbourne IVF, ha detto che “l’anno scorso, 160 donne single e 99 donne lesbiche hanno avuto accesso ai loro servizi”. Dato il boom delle richieste di seme – scrive Perth Now – “Melbourne IVF ha appena lanciato una nuova campagna online per attrarre più donatori di sperma[12].

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Dopo che a giugno 2015 il “matrimonio egualitario” è diventato legale in tutto il territorio statunitense, agenzie, cliniche e intermediari che ruotano intorno alla riproduzione assistita, si sono subito attivati per intercettare la crescente domanda proveniente dalle nuove formazioni sociali. Rientra tra queste azioni l’iniziativa “Gay Women’s Gathering: An Evening on Lesbian Pregnancy” (“Raduno delle donne gay: una serata sulla gravidanza lesbica”), realizzata a marzo 2016 da Path2Parenthood (P2P) insieme alla California Cryobank, il 9 marzo a Houston e il 16 marzo a Dallas.

La California Cryobank è una delle più famose banche di gameti a livello mondiale, mentre Path2Parenthood è un’organizzazione no-profit con sede a New York City che si definisce “inclusiva”, “caritatevole” e “impegnata ad aiutare le persone a crearsi la famiglia che hanno scelto fornendo programmi di sensibilizzazione all’avanguardia e opportune informazioni educative” a proposito di “salute riproduttiva e sessuale, prevenzione e trattamento dell’infertilità” e modalità “per la costruzione della famiglia”. E per P2P tutto è famiglia, come mostrano le sezioni del loro sito web dedicate a coppie eterosessuali, coppie lesbiche, coppie gay, donne single e uomini single.

I due eventi di Houston e Dallas erano rivolti in particolare a istruire le donne lesbiche, fornendo loro le informazioni fondamentali di cui hanno bisogno quando decidono di prendere in considerazione la gravidanza, in termini di sicurezza per la salute, prospettive mediche e legali, che includono, tra le altre cose, la scelta di un donatore di sperma noto o anonimo e la scelta di concepire in casa o in clinica.

Nell’occasione Scott Brown, direttore di “Client Experience & Communications” alla California Cryobank e membro del corpo docenti di entrambi gli eventi, ha rilasciato alcune dichiarazioni che ci permettono di vedere come sia evoluta in trent’anni di attività la clientela di questa nota Banca del seme. “Gli incontri con le donne gay sono in assoluto i miei preferiti – ha detto Brown -, abbiamo ricevuto risposte sorprendenti dai partecipanti negli ultimi anni. Stiamo anche iniziando a vedere facce familiari, da uno o due anni a questa parte, con i bambini che stavano solo sognando la prima volta che ci siamo incontrati. Venti anni fa, più del 90% dei nostri clienti erano coppie eterosessuali. Oggi, più della metà sono famiglie composte da due mamme”.

Ken Mosesian, Direttore Esecutivo della P2P, ha detto che “grazie alla sponsorizzazione in corso da parte della California Cryobank”, l’evento promosso in Texas sarà “esteso ad altre 10 città” e “non vedo l’ora di essere assieme a tutte loro, condividendo la gioia dell’attesa con le aspiranti madri di tutta la nazione[13]. Insomma, dopo la legalizzazione del matrimonio egualitario, anche il business riproduttivo lesbico marcia a tutta velocità.

Navigando in rete si possono trovare altri dati relativi al boom del business riproduttivo Lgbt. Negli USA, uno dei più attivi e rinomati centri di maternità surrogata è il Center of Surrogate Parenting (CSP) di Los Angeles. Ricorda Tommaso Scandroglio, in un articolo del 2013, che in trent’anni di attività al CSP sono nati 1.700 bambini da uteri affittati, tra i quali spiccano i figli commissionati dalla popstar Elton John. Il 40% delle richieste al Centro arriva da stranieri e la metà dei loro clienti è omosessuale[14].

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Il dottor Michael Doyle, fondatore e Direttore Medico della clinica CT Fertility di New York, che ha anche un ufficio nel Connecticut e uno in Spagna a Barcellona, scrive nel sito web della clinica che “circa la metà dei clienti passati e attuali che si avvalgono dei servizi di IVF, donazione di ovuli e maternità surrogata sono coppie Lgbt e single”. Doyle aggiunge di essere “orgoglioso” per il fatto che la CT Fertility “è stata una delle prime cliniche di IVF nel mondo ad accogliere e aiutare gli uomini gay a diventare genitori. Infatti, nel corso degli ultimi vent’anni più di 500 bambini sono nati da genitori Lgbt trattati con successo da noi”. A una conferenza sulla maternità surrogata per aspiranti genitori che hanno contratto il virus dell’HIV, il dott. Doyle ha detto che “CT Fertility ha già lavorato con successo con oltre 25 padri sieropositivi che hanno coronato l’obiettivo di una genitorialità sana”, precisando che “tutte le parti sono informate e consultate circa il loro ruolo nel processo[15]. I salti di gioia che avranno fatto le fortunate surrogate prescelte per queste paternità li possiamo solo immaginare.

Il dottor David B. Smotrich, membro dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (Facog), nonché fondatore e Direttore Medico della clinica La Jolla IVF in California, ha detto che “negli ultimi 15 anni, ho fatto più di 2.000 cicli di surrogazione, e più di 1.500 cicli di ovodonazione”, precisando che “oggi circa il 25–30% delle coppie che ricorrono alla maternità surrogata nella mia clinica sono maschi gay[16]. Anche la Fertility Source Companies, una delle più grandi aziende fornitrici di ovuli e di agenzie di maternità surrogata degli Stati Uniti, ha registrato un aumento dell’interesse da parte di uomini gay. “Dal punto di vista della donazione di ovuli, abbiamo visto un incremento degli uomini appartenenti a coppie dello stesso sesso, sia single che sposati”, ha detto Donna Raidy, direttrice del programma di Gestione dei Casi di ovodonazione della Source. Lo stesso si è verificato nell’ambito del loro programma di surrogazione[17].

La National Public Radio (NPR) di Washington, una testata giornalistica multimediale senza scopo di lucro, riporta le dichiarazioni di Steve Majors, responsabile della comunicazione per il gruppo di sostegno delle coppie formate da persone dello stesso sesso: Family Equality Council. Majors dice che molti uomini gay giovani un tempo credevano che gay significasse non avere figli: “O eri in una relazione eterosessuale e avevi figli, o eri gay. Non potevi avere entrambe le cose”. Ma, oggi, grazie all’aumento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, gli uomini gay hanno aperto la strada all’uso della tecnologia riproduttiva per avere figli. Majors riferisce che oggi gli uomini gay single gli scrivono e-mail o si presentano ai seminari sulla genitorialità, perché vogliono sapere di più su come devono fare per mettere su famiglia. Allo stesso tempo, l’incremento della genitorialità gay sta iniziando ad avere un impatto anche sui maschi single eterosessuali: i sostenitori del Family Equality Council affermano che gli uomini si stanno rendendo conto che non hanno necessariamente bisogno di una moglie per diventare genitori.

La NPR riporta in proposito i dati forniti dal Williams Institute, un think-tank nazionale dell’Università della California, che si occupa di questioni che riguardano gli omosessuali (orientamento sessuale, legge sull’identità di genere, politiche pubbliche). Secondo il Williams Institute, ci sono più di 1 milione di uomini mai sposati – sia gay che eterosessuali – che stavano crescendo figli nel 2010. Gary Gates, un demografo dell’Istituto, dice che i numeri sono tre volte più alti rispetto a due decadi fa. Il censimento non specifica quanti di questi uomini stiano crescendo i bambini da soli o insieme a un partner non sposato, o se siano padri single per scelta, ma le agenzie che si occupano di adozioni e di maternità surrogata dicono che stanno riscontrando un numero sempre più alto di questi padri, e non solo negli Stati Uniti[18].

17-conceive-abilitiesConceive Abilities (www.conceiveabilities.com) è un’agenzia statunitense “radicata nella difesa della famiglia moderna” con uffici a Chicago, Denver, Dallas, Houston e New York, che si propone di “sostenere fortemente la possibilità di scegliere tra molte opzioni di costruzione della famiglia”. Nel loro sito web scrivono che “con la legalizzazione a livello nazionale del matrimonio omosessuale la domanda di mercato continua a salire”, comportando in particolare “un aumento della domanda di madri surrogate”. Ma, nessun problema, Conceive Abilities è “orgogliosa” della propria capacità di soddisfare in modo “professionale e compassionevole” la richiesta di madri surrogate per le coppie gay che cercano una famiglia. “Costruire una famiglia – continuano – è un processo speciale e unico per gli uomini gay e le coppie dello stesso sesso”, ma con i nostri “consigli giusti, risorse e preparazione, può essere davvero fatto con facilità”.

L’utilizzo di una surrogata gestazionale e di una donatrice di ovuli – si legge nel sito – è un’opzione ideale per molti uomini gay, perché uno dei partner può avere una connessione biologica con il bambino. Alcuni Stati proibiscono l’adozione per le coppie dello stesso sesso, ma la maternità surrogata ti garantisce che sarai legalmente riconosciuto come genitore biologico del bambino; il vostro partner non ha bisogno di ottenere un’adozione per i diritti genitoriali”. In sostanza, l’agenzia statunitense spiega agli aspiranti genitori gay che possono fare a meno di ricorrere con difficoltà e mille impedimenti all’adozione per avere dei figli, perché con il ricorso alla maternità surrogata il partner che ha fornito lo sperma sarà a tutti gli effetti il genitore biologico del bambino. A fornire i diritti genitoriali anche al partner non genetico provvederà il same-sex marriage: sarà sufficiente che i due uomini “convolino a nozze” affinché il genitore non biologico diventi a tutti gli effetti il secondo padre del bambino.

Il San Diego Gay & Lesbian News (SDGLN), un quotidiano online di notizie che riguardano la comunità Lgbt di San Diego in California, riporta i dati e le dichiarazioni rilasciate dal dottor Shahin Ghadir, socio fondatore del Southern California Reproductive Center (SCRC), un noto centro con sedi in nove città del sud della California che si dice “orgoglioso di fornire a gay, lesbiche e transgender, single o in coppia, il supporto di cui hanno bisogno per realizzare il sogno di crearsi una famiglia”.

Il quotidiano Lgbt di San Diego scrive che “la tendenza in costante crescita della prole nelle coppie dello stesso sesso, affettuosamente soprannominata ‘gaybies’, sta attivamente modificando il volto della famiglia americana”. “Il Dott. Shahin Ghadir – continua l’SDGLN – è considerato uno dei migliori medici per la fertilità in California, e ha personalmente riscontrato un forte aumento del numero di pazienti Lgbt che cercano assistenza per la costruzione di famiglie”. E cos’è che ha determinato questo forte aumento? Secondo l’SDGLN “alcuni fattori hanno contribuito all’incremento delle nascite ‘gaybie’: il matrimonio egualitario che in California ha garantito alle coppie dello stesso sesso parità di diritti, e la crescente accettazione da parte della comunità Lgbt a formare una famiglia”. “Il Dott. Ghadir ha visto che il numero di individui che richiedono servizi riproduttivi continua ad aumentare in modo significativo”, in particolare il dottore “ha riscontrato un aumento del congelamento di ovuli ed embrioni da parte delle coppie lesbiche” per garantirsi gravidanze in futuro, “quando la qualità degli ovuli sarà notevolmente diminuita[19].

Pamela Madsen, fondatrice ed ex Direttore esecutivo dell’American Fertility Association (AFA), un’organizzazione no-profit di New York City, che si occupa di tematiche legale alla fertilità, alla salute riproduttiva e alla costruzione di famiglie, ha riportato le sue valutazioni sull’aumento delle richieste ricevute da parte di esponenti della comunità Lgbt a proposito del mettere su famiglia, confrontandosi su questa tendenza con il dottor Guy E. Ringler della 18-california-fertility-partnersCalifornia Fertility Partners, una clinica per la fertilità di Los Angeles, attiva in questo settore da oltre trent’anni.

La Madsen scrive: “Ho dato sempre di più supporto a uomini gay e lesbiche che cercano aiuto nella costruzione delle loro famiglie. La costruzione delle famiglie Lgbt non è una novità, ma sto notando un trend decisamente in crescita in termini di quantità delle loro richieste”. Così – continua Madsen – “ho iniziato a domandarmi se non fossi l’unica ad aver riscontrato questo aumento E mi sono chiesta se il motivo non fosse la legalizzazione del matrimonio gay in molti altri Stati. Ciò aveva senso in quanto le famiglie Lgbt avevano adesso più garanzie a livello di famiglia con i loro matrimoni legalizzati. Per questo motivo ho chiamato il Dott. Ringler, perché sapevo che era in grado di rispondere a queste e ad altre mie domande” in quanto “ha un’attività ben avviata e specializzata nel sostenere gay e lesbiche nella costruzione delle loro famiglie”.

Alla domanda della Madsen se abbia riscontrato un aumento delle richieste da parte di gay e lesbiche, Ringler risponde che “nel corso degli ultimi quindici anni ho osservato un impressionante aumento del numero di uomini gay, sia single che in coppia, provenienti da tutto il mondo, che cercano di diventare genitori attraverso la riproduzione assistita”, specificando che “la maggior parte dei pazienti gay di cui mi occupo è costituita da coppie, ma vi è un numero crescente di uomini single che valutano la possibilità di costruirsi una famiglia”. “Gli uomini single, sia etero che gay – aggiunge il dottore -, cercano di mettere su famiglia facendo ricorso alla donazione di ovuli e alla maternità surrogata. Più di qualcuno dei miei pazienti single sono tornati con i loro nuovi compagni per aggiungere altri bambini alle loro vite[20].

Di un possibile futuro “baby boom” tra le coppie gay se ne parlava in America già nel 2000. Quell’anno, il Weekly News di Miami scriveva che “alla recente Millennium March di Washington D.C., era facilmente osservabile una prevalenza di coppie dello stesso sesso con bambini piccoli o che spingevano carrozzine, rispetto a precedenti marce per i diritti dei gay… Eravamo abituati alle coppie lesbiche con figli, ma ciò che ha impressionato è stata l’abbondanza di padri gay. Lentamente ma inesorabilmente c’è un baby boom tra gli uomini gay, una tendenza che di sicuro farà crescere e ridefinirà il volto gay d’America e la lotta per i diritti degli omosessuali”. “È innegabile – continuava l’articolista -, che è in atto un movimento dal basso verso la genitorialità tra le coppie dello stesso sesso, sia grazie alla maternità surrogata per gli uomini gay, l’inseminazione artificiale per le lesbiche, o – dove è legale e disponibile – l’adozione. Questo baby boom (o gayby) avrà un impatto sempre più forte sulla società e sulla cultura… Non tutti i gay e le lesbiche vogliono avere un partner e dei figli, ma un numero crescente, in un modo o nell’altro, lo farà… E i progressi biomedici stanno rendendo possibile tutto ciò[21].

Quest’ultimo contributo ci porta ancora una volta a rilevare che, come spesso succede (vedi per esempio il caso dell’aborto[22]) e come abbiamo già accennato più sopra, ideologia e business si trovano spesso a camminare insieme e a sostenersi a vicenda: l’estensione dei diritti riproduttivi a single e gay ha portato all’espansione del mercato riproduttivo Lgbt, incentivando il loro desiderio di fare famiglia, che è sfociato nella rivendicazione del matrimonio egualitario. La legalizzazione del matrimonio egualitario normalizza e incentiva a propria volta il desiderio di procreare delle coppie gay incrementando ancora di più il business riproduttivo Lgbt. Quindi è sicuramente vero che il matrimonio gay porti al business riproduttivo, ma – come nota l’articolista qui sopra -, è altrettanto vero anche il suo contrario: business procreativo Lgbt e matrimonio egualitario sono due facce della stessa medaglia.

Conclusioni

Riepiloghiamo i dati che abbiamo trovato e traiamo le conclusioni. Il primo dato da rilevare è che il matrimonio gay incentiva ancora di più il mercato riproduttivo Lgbt. Non solo quello che fa capo alle richieste di madri surrogate, ma tutto il mercato riproduttivo Lgbt, come del resto anche logica suggerisce. Infatti, se il matrimonio porta ai figli, ovvero – come osservava all’inizio Cook -, se “il tasso di natalità aumenta quando le coppie si sposano”, lo stesso dovrebbe accadere anche alle coppie gay e lesbiche che accedono al same-sex marriage. La realtà ci mostra che ciò è vero, pertanto l’equazione evidenziata da Cook è valida. Abbiamo infatti visto che l’indagine condotta da BioEdge tra le cliniche indiane e statunitensi contattate ha prodotto “un sonoro sì” in risposta alla domanda se si stessero preparando a un aumento della richiesta di madri surrogate in vista della legalizzazione del matrimonio gay in importanti Stati del mondo.

La relazione tra matrimonio gay ed espansione del mercato riproduttivo Lgbt è stata evidenziata anche da Associated Press, che ha citato uno studio canadese da cui risulta che “sempre più coppie lesbiche hanno cercato i servizi di fertilità in Ontario da quando il matrimonio per le coppie dello stesso sesso è stato legalizzato”. Lo stesso binomio è stato messo in luce dall’agenzia statunitense Conceive Abilities, che nel proprio sito scrive che “con la legalizzazione a livello nazionale del matrimonio omosessuale la domanda di mercato continua a salire”, comportando in particolare “un aumento della domanda di madri surrogate”.

Anche il quotidiano online della comunità Lgbt di San Diego, il San Diego Gay & Lesbian News, ha parlato di una “crescita costante della prole nelle coppie dello stesso sesso” determinata da fattori come “il matrimonio egualitario che in California ha garantito alle coppie dello stesso sesso parità di diritti, e la crescente accettazione da parte della comunità Lgbt a formare una famiglia”. Infine abbiamo visto che tale relazione è stata notata anche da Pamela Madsen, fondatrice dell’American Fertility Association, che fornisce assistenza agli Lgbt su come mettere su famiglia. Madsen scrive di stare “notando un trend decisamente in crescita in termini di quantità delle loro richieste” e si chiede se ciò non sia dovuto alla “legalizzazione del matrimonio gay in molti Stati” perché gli omosessuali “hanno ora più garanzie a livello di famiglia con i loro matrimoni legalizzati”.

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Quindi possiamo concludere che sì, il matrimonio gay porta sicuramente al business riproduttivo, infatti l’introduzione del same-sex marriage in importanti Stati del mondo ha decisamente incrementato questo tipo di mercato. Ora non ci resta provare a quantificarlo, riepilogando le percentuali che siamo riusciti a reperire:

  • Il Global Post di Boston scrive che in India, prima del divieto di accesso alla maternità surrogata per single e omosessuali, “le coppie gay e i single rappresentavano più di un terzo” delle richieste di madri surrogate, cioè più del 33%.
  • Sempre in India, a proposito delle nuove restrizioni di legge, Hari G. Ramasubramanian dell’Indian Surrogacy Law Center ha dichiarato che “almeno il 30-50% dei pazienti che vengono in India per la maternità surrogata sarà influenzato” dalla nuova legge perché ci troviamo di fronte “a grandi volumi di genitori single e gay”.
  • Richard Sanchez, consulente presso la sede di Bangkok del Fertility Choices Group, ha dichiarato che, dopo i divieti emanati dal Governo indiano, in appena un anno il loro business in Thailandia “è triplicato”, e ha reso noto che “circa il 35% dei nostri clienti che intendono diventare genitori sono uomini gay”.
  • Geoff Moss, vice-presidente della Planet Hospital, ha dichiarato che “circa il 90% dei clienti per la maternità surrogata in Thailandia sono coppie gay”.
  • Lo studio canadese realizzato dal CReATe Fertility Center ha rilevato che la percentuale di coppie lesbiche che nel Centro si sono avvalse del seme di un donatore è passata dal 15% prima che il matrimonio gay nel 2003 fosse legalizzato, al 20% dopo la legalizzazione.
  • Scott Brown della nota banca del seme California Cryobank, ha detto che “vent’anni fa, più del 90% dei nostri clienti erano coppie eterosessuali”, mentre “oggi, più della metà sono famiglie composte da due mamme”.
  • Al Center of Surrogate Parenting di Los Angeles, la metà dei clienti è omosessuale.
  • Il dottor Michael Doyle, fondatore della CT Fertility di New York, scrive che “circa la metà dei clienti passati e attuali che si avvalgono dei servizi di IVF, donazione di ovuli e maternità surrogata sono coppie Lgbt e single”.
  • Il dottor David B. Smotrich, fondatore della clinica californiana La Jolla IVF, afferma che “oggi circa il 25–30% delle coppie che ricorrono alla maternità surrogata nella mia clinica sono maschi gay”.

In sostanza, le coppie lesbiche che si sono avvalse di servizi riproduttivi, vanno dal 20% del CReATe Fertility Center a più del 50% della California Cryobank, al 40% (totale di donne single e coppie lesbiche) della Cryos International.

Gli uomini gay (single e in coppia) che hanno usufruito di servizi riproduttivi, oscillano dal 33% (Global Post) al 30-50% (Indian Surrogacy Law Center) per quanto riguarda le richieste di surrogate indiane. Dal 35% (Fertility Choices Group) di uomini gay al 90% di coppie gay (Planet Hospital) per quanto riguarda le richieste di surrogate thailandesi. Dal 25-30% di coppie di maschi gay (La Jolla IVF), al 50% di omosessuali (Center of Surrogate Parenting), al 50% di coppie Lgbt e single (CT Fertility), per quanto riguarda i servizi di ovodonazione e maternità surrogata. Come si vede, le percentuali riferite superano ampiamente il tasso del 10% propalato.

E, dove non ci sono le percentuali a quantificare l’entità del business riproduttivo Lgbt, ci pensano i termini usati nelle dichiarazioni a restituirne un’immagine significativa:

  • Il dottor Samit Sekhar del Centro indiano Kiran Infertility, ha detto a BioEdge che “abbiamo un numero considerevole di popolazione gay che visita la nostra clinica per avere un bambino utilizzando i servizi di una donatrice di ovuli e abbiamo osservato un aumento del numero di coppie gay e uomini singoli che si rivolgono alla nostra clinica non appena la loro unione è legittimata nei loro rispettivi Stati o Paesi”.
  • Dopo le restrizioni di legge operate dal Governo indiano nei confronti di single e coppie gay, l’avvocato Amit Karkhanis ha detto che questo fatto “avrà sicuramente un impatto nel mercato della maternità surrogata in India. La ricaduta immediata è che moltissime persone ora andranno in Thailandia. Moltissimi stranieri stanno riconsiderando la loro decisione di venire in India”.
  • Il Southeast Asia Globe Magazine ha reso noto che in Thailandia “il business della maternità surrogata è in piena espansione da quando l’anno scorso l’India ha chiuso le porte alle coppie omosessuali”.
  • Dopo il terremoto che ha colpito il Nepal, abbiamo appreso che “numerosi sono i gay che sono diventati genitori con l’aiuto delle donne nepalesi” e che ora “decine di piccoli lasceranno il Nepal” con i loro padri. Abbiamo inoltre saputo, sempre a proposito degli uomini gay israeliani che si avvalgono di surrogate nepalesi per avere figli, che nei giorni del terremoto c’erano “circa 100 madri surrogate in attesa di bambini israeliani” e che “52 clienti israeliani si trovano in alberghi di Kathmandu, in attesa di lasciare il Paese” con i bambini commissionati. Infine, il quotidiano israeliano Forward ha reso noto che ci sono in totale più di 100 bambini ogni anno che nascono da genitori israeliani e madri surrogate, principalmente donne degli Stati Uniti e del Nepal” e che “in questo momento ci sono in Israele centinaia di bambini nati tramite maternità surrogata”.
  • All’IVF New England sono “sempre di più le coppie femminili che chiedono trattamenti di fecondazione in vitro”.
  • Quelli dell’agenzia Donor Concierge scrivono che “sono orgogliosi di aver aiutato molte coppie dello stesso sesso nel percorso di ovodonazione e surrogazione”.
  • Il British Surrogacy Centre afferma di aver “aiutato innumerevoli coppie gay e uomini single a diventare genitori tramite la donazione di ovuli e la maternità surrogata”.
  • Il Pacific Fertility Center si dice “orgoglioso per aver aiutato molti dei nostri pazienti della comunità Lgbtq a crearsi una famiglia”.
  • Roger Buono dell’HRC Fertility, afferma che ricevono “coppie omosessuali provenienti da tutto il mondo” e che, solo nell’ultimo anno, sono state circa 65 le donne lesbiche di cui si sono occupati e 275 gli uomini gay o coppie gay. I medici hanno inoltre riferito che “negli ultimi due anni sembra esserci stato un aumento” di queste richieste.
  • Donna Raidy della Fertility Source Companies afferma che, per quanto riguarda la richiesta di ovuli, “abbiamo visto un incremento degli uomini appartenenti a coppie dello stesso sesso, sia single che sposati”. La stessa cosa hanno riscontrato nell’ambito del loro programma di surrogazione.
  • Il dottor Shahin Ghadir del Southern California Reproductive Center dice di aver “personalmente riscontrato un forte aumento del numero di pazienti Lgbt che cercano assistenza per la costruzione di famiglie”.
  • il Dottor Guy E. Ringler della California Fertility Partners afferma di aver “osservato un impressionante aumento del numero di uomini gay, sia single che in coppia, provenienti da tutto il mondo, che cercano di diventare genitori attraverso la riproduzione assistita”.

Insomma, tutto rivela che il business riproduttivo Lgbt è stato caratterizzato negli ultimi anni da un vero e proprio boom, dovuto soprattutto – come abbiamo già detto – all’estensione dei “diritti riproduttivi” (Fiv eterologa, utero in affitto) anche a single e coppie gay e all’introduzione del matrimonio same-sex in diversi Paesi del mondo. I dati ci dicono inoltre che il tasso del 10% relativo agli uomini gay che usano gli ovuli di donatrici e gli uteri di madri surrogate, poteva essere vero vent’anni fa, ma oggi non lo è più, perché dopo il cosiddetto gaybies quella percentuale è lievitata. Se poi, dalle stime assolute ci spostiamo verso una valutazione in termini di importanza delle percentuali dei due “schieramenti” – come fa la giornalista Assuntina Morresi in questo articolo[23] a proposito del ricorso all’utero in affitto -, si vede che esse assumono tra loro un peso molto diverso.

Ad ogni modo, ragionando in termini assoluti sulle percentuali che abbiamo trovato, possiamo concludere che l’accusa di sfruttamento nei confronti di donne povere e bisognose, oggi andrebbe divisa più o meno a metà tra eterosessuali e gay. Le donne lesbiche che accedono al mercato riproduttivo possono essere accusate di questo sfruttamento solo quando, al pari degli altri, usano ovuli o uteri altrui.

Si può inoltre aggiungere che la responsabilità di alimentare un business disumano, intrinsecamente cattivo, che trasforma i desideri in diritti, riduce i figli in cose e annichilisce la dignità umana di tutti i soggetti coinvolti, può essere imputata al 100% di coloro che accedono al mercato riproduttivo, cioè a tutti indipendentemente dallo stato civile e dall’orientamento sessuale. Infine, ai single (eterosessuali o gay) e alle coppie gay e lesbiche che si fabbricano in questo modo i figli si può addebitare in aggiunta la responsabilità di privare intenzionalmente i bambini di una figura genitoriale fondamentale (il padre o la madre a seconda dei casi), essenziale per una crescita equilibrata.

Note:

[1] Michael Cook, “Will gay marriage boost third world surrogacy?”, www.bioedge.org, 30 giugno 2012.

[2] Michael Cook, “Marriage leads to children – gay marriage leads to surrogacy”, The Sydney Morning Herald, www.smh.com.au, 19 luglio 2012.

[3] Jason Overdorf, “India: no babies for gay couples”, www.globalpost.com, 17 marzo 2013.

[4] Alison Smith, “Making babies in Bangkok”, Southeast Asia Globe Magazine (sea-globe.com), 3 febbraio 2014.

[5] Michael Sainsbury, “Thai surrogacy law shuts out foreigners”, www.ucanews.com, 3 agosto 2015.

[6] AFP, Bangkok, “Thailand’s parliament votes to ban commercial surrogacy”, www.ucanews.com, 28 novembre 2014.

[7] Valeria Pini, “Israele porta a casa i bambini nati da madri surrogate in Nepal”, www.repubblica.it, 28 aprile 2015.

[8] Naomi Zeveloff, “Where do israeli babies come from? Nepal. But after quake, for how long?”, http://forward.com, 27 aprile 2015.

[9] Charlotte Robinson, “How gay and lesbian couples become biological parents”, www.huffingtonpost.com, 25 maggio 2012.

[10] Marilynn Marchione, “Fertility clinics offer gay couples new pregnancy options”, Associated Press, 16 ottobre 2013.

[11] James Melik, “Fertility trade: eggs, sperm and rented wombs”, www.bbc.com, 20 settembre 2012.

[12] Susie O’Brien, “Single women, lesbians rush for IVF”, www.perthnow.com, 18 marzo 2011.

[13] “Path2Parenthood & California Cryobank host two Gay Women’s Gatherings: An Evening on Lesbian Pregnancy in Texas”, www.prnewswire.com, 16 febbraio 2016.

[14] Tommaso Scandroglio, “Uteri in affitto, boom di richieste”, La nuova Bussola Quotidiana, 4 marzo 2013.

[15] Www.ctfertility.com.

[16] Leigh Ann Woodruff, “More single, straight men and gay men becoming fathers by choice”, www.fertilityauthority.com, 12 luglio 2012.

[17] Leigh Ann Woodruff, ibid.

[18] Jennifer Ludden, “Single dads by choice: more men going it alone”, www.npr.org, 19 giugno 2012.

[19] Andy Kelly, “Those adorable gaybies!”, http://sdgln.com, 30 aprile 2014.

[20] Pamela Madsen, “What gay men and lesbians should know about egg donation & surrogacy”, http://californiafertilitypartners.com.

[21] Stephen H. Miller, “Gay Men’s Baby Boom”, The Weekly News, https://igfculturewatch.com, 18 maggio 2000.

[22] Lorenza Perfori, “Nell’aborto Diritto fa rima con Profitto”, www.libertaepersona.org, 17 febbraio 2014.

[23] Assuntina Morresi, “Numeri in libertà sull’utero in affitto per i gay”, www.loccidentale.it, 15 febbraio 2016.

 

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