Massimiliano Ferragina. La sfida di comprendersi tra segni e colori.

 

Non siamo di p’Arte

Ho incontrato alcuni colleghi, che sono anche artisti, -forse prima artisti che colleghi-, al seminario per insegnanti di religione e operatori di istituti culturali del 31 marzo e 1 Aprile, dedicato alla difficile comunicazione tra Chiesa e artisti contemporanei.

Ho promesso a Massimiliano Farragina di parlare del suo tentativo di essere artista oggi.  Una lotta difficile, la sua, contro lo scontato ed il ripetitivo, e, per di più, con occhi di fede e non contro, né  a prescindere dalla fede, come estranea all’uomo.

Voglio farlo, partendo dal contesto che ho accostato, sia nelle due mezze giornate di studio ad Assisi, a Santa Maria degli Angeli, sia nelle due mezze giornate di viaggio, affrontato, non in macchina, ma, in treno, mischiandomi alle persone, alle situazioni, ai colori, ai suoni, che mi accomunavano a tanti e tanti altri viaggiatori.

Al mattino, levataccia, come lavoratori e studenti, che si spostano in treno ed in metropolitana, per ore. Visi stanchi prima di cominciare. Un luogo comune? Sì, ma stanchi perché, se appena alzati dal letto? Gli occhi fissi avanti, o, su una pagina web. Auricolare permanentemente inserito nell’orecchio. Elasticamente un tutt’uno con il sedile, che ci scuote per il movimento sferragliante. Loro non devono più controllare le fermate perché le conoscono a memoria, non come accade a me, che viaggio sempre in macchina, e per brevi tragitti, e quasi mi prende l’ansia per il timore di perdere le coincidenze!

Tutta gente seria, che non parla. Sembra di trovarsi in una scatola, regolarmente a luci artificiali, che fanno dolere gli occhi. La testa dice sempre di sì, dondolando non si sa se per il movimento del treno o della musica. Una “danza” da “zombie”? Invano cerchi di incrociare gli sguardi. Che brutto, mi dico. E non è la prima volta. Un tempo anche io vivevo a Milano e mi spostavo sia in treno che in metropolitana, ma la sensazione di vuoto iniziale è sempre la stessa. Alcuni leggono anche, cercando il tempo di occuparsi il meglio possibile, isolandosi da questo contesto impersonale, dove, però, si incrociano tante persone vive. Ma chi è vivo ha colore, ha parole, ha sguardi … qui, no. Sembra essere un assurdo.

Raggiungo, con un ultimo scatto, la vettura prenotata sul treno super veloce, che mi porterà da Milano a Roma. E’ ancora vuota, simile a quella dei pendolari, colori a parte, ma non c’è puzza, i sedili sono intatti. Tutto è elettronico, anche nei servizi igienici. Si respira un’atmosfera di perfezione.

Sui tavolini fanno bella mostra quattro copie della rivista mensile La Freccia.

Mentre i primi viaggiatori, alla spicciolata, ed in tutta tranquillità, arrivano e prendono posto, sono attratto dalla copertina, dal volto di Giorgia, la cantautrice dalla voce capace di entrare sottopelle, dicono. Si prepara al tour in tutta Italia, dopo il boom di Oronero, uscito inizialmente come singolo di lancio e che dà il titolo all’ultimo album: 10.085.117 visualizzazioni su youtube. Vent’anni di carriera e sette milioni di dischi venduti, per Giorgia. Una nostalgia di pienezza nei testi, espressa in modo ammaliante e fatale, usando parole il cui significato non è sondato, con assonanze fonetiche, che dovrebbero rendere il testo più accettabile.

E la copertina? Sguardo intenso, che desidera, forse, più qualcosa che è dentro Giorgia che non qualcosa, o, qualcuno innanzi a lei. Bella, ma anche fragile e … seduta, in attesa, ma di cosa?

 

Poi la scena si ripete. Le persone si siedono, con calma, preparano uno smartphone, lo collegano all’alimentatore, del quale i posti sono dotati, aprono anche una tavoletta elettronica, a volte un libro … silenzio; a meno che un paio di viaggiatori inizi un’interminabile conversazione  sulla propria attività lavorativa, -sono della stessa ditta-, con gli stessi problemi, tutti i giorni. E il discorso si tinge di monotonia.

Ma la mia curiosità non si ferma né a loro, né a Giorgia, e sfoglio la rivista, a tratti dalle pagine confuse, zeppe di mille messaggi e colori, che vogliono sfondare la tua attenzione, la tua mente.

Finalmente, qualcosa a me più familiare, trattata in un buon articolo; un articolo da alta velocità, breve, lapidario, su Barbara Jatta, la nuova Direttrice dei Musei Vaticani. Confortante, dopo il suo exploit di non molto tempo fa ad OTTO e MEZZO, su LA7, dove si presentò in modo scialbo, sciatto e poco adeguato al livello conferitole dalla Santa Sede, in una delle sedi non solo esclusive al mondo, ma centro della cristianità.

Un mondo vario, dunque.

Da Roma a Foligno il classico Regionale e tempi ridotti per il cambio verso Assisi. Sono preoccupato. Nasce finalmente una bella conversazione con un lastricatore stradale. Sembrava muto e solitario. Invece si trattava solo di una timidezza iniziale. Subito si è fatto in quattro per informarmi più volte circa la variabilità del ritardo del treno, consultando ripetutamente infotreni. E, intanto, si parla della famiglia, dei figli, dei valori ed alla fine ci si saluta calorosamente.

Al ritorno, il giorno dopo, incontri diversi. Sulla Freccia Rossa, due ragazze dinanzi a me. Un’universitaria, intenta al PC ed agli auricolari, gentile, ma chiusa nella sua difesa  multimediale. L’altra ascolta musica. Vinte dal sonno, chiudono gli occhi. I loro tratti si distendono e dai loro volti traspare la pulizia di visi quasi fanciulleschi, che suscitano in me sentimenti paterni, così che dico una preghiera per loro.

A Lambrate sono violentemente gettato in mezzo allo schiamazzo di una cinquantina di giovani strafatti, sporchi, conci in tutti i sensi, che aspettavano anche loro un treno. Che pena e che sconcerto. Due parole con un signore di accento sudamericano e, poi, proprio con lui sul treno, ho modo di parlare e commentare. I volontari che a Bergamo aiutano giovani simili la sera; il Cappellano delle carceri che ha organizzato comunità per loro … Io stesso ne ho visti cambiati profondamente.  Questo giovane Signore è figlio di un poliziotto Brasiliano ed orfano di madre. Visse la sua giovinezza in amicizia con ragazzi di ogni tipo: sbandati e no. Lui ha scelto di farcela e lo ha aiutato tanto la fede. Ora lavora in Italia. Dopo esserci parlati amichevolmente, come se ci conoscessimo da tempo, ci accomiatiamo, alla fine, augurandoci la Benedizione del Signore.

Cosa centra tutto questo con Massimiliano Farragina? Massimiliano sperimenta i colori forti del collage Acrilico. Vuole essere un artista di oggi per la gente di oggi. Che tutti, credenti e no, possano accostarla e riflettere e sentire.

Massimiliano ha scritto con Matteo Gattafoni, chierico, un libretto : Le beatitudini al contrario, Edizoni Palumbi, 2017. Anche i suoi collage vogliono sfondare la pagina, non solo con l’effetto dei colori netti, ma con il contrasto tra la beatitudine e l’immagine rappresentata. Per esempio: Beati gli afflitti,  è in contrasto con il “Mi Piace”, che siamo sempre invitati a mettere su Facebook,  o, che regola il nostro comportamento: mi piace, lo faccio; non mi piace, non lo faccio.

 

L’afflitto, invece, non può dire mi piace o non mi piace! può solo vivere l’afflizione in modo diverso.

Il collage è accompagnato da una meditazione scritta a quattro mani dai due amici e da una preghiera, sempre trinitaria e cristocentrica. Ho letto il libretto di un fiato. Nove meditazioni da meditare almeno in nove giorni, o, anche, in nove mesi, perché no, cercando di interiorizzarle e viverle.

I due testi, iconici e scritti, sono stati realizzati partendo dalla preghiera e interrogando la parola di Dio. Un’avventura sulle ali della parola. Grado a grado è emerso il volto di Gesù delle Beatitudini. Il percorso è pensato come una mostra d’arte provocatoria.

Se guardiamo la pagina dei Beati i puri di cuore, può anche sconcertarci. senza falsi pudori va dritto al cuore e propone un annuncio:

Puri di cuore contrasta con le immagini fortemente allusive. Giustamente a pagina 49 gli autori chiariscono bene il senso.

Quando sentiamo parlare di “puri” pensiamo subito alla purezza ed alla sessualità. Certamente il cuore non è puro quando il cuore si rende schiavo dei propri pensieri, della superbia, del desiderio di essere o di apparire … Non è puro neanche quando si fa della sessualità un gioco, degli affetti disordinati uno stile di vita, del proprio corpo una macchina di piacere … non è puro nemmeno un cuore che si estranea con l’ebbrezza del piacere. Gesù non si sta riferendo direttamente alla purezza esteriore, ma a qualcosa di più profondo alla quale si riferisce anche quella esteriore. Con questa beatitudine viene rifondata la legittimità dell’ascetica, del dominio di sé.

L’arte contemporanea, in una parola, non può non tenere conto della gente assai varia di oggi né della Parola di Dio. ma ne è un sinolo, sintesi di materia e forma.

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?

Un commento su “Massimiliano Ferragina. La sfida di comprendersi tra segni e colori.”

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