«Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno …» da I Promessi Sposi nella versione televisiva di Sandro Bolchi

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto,

tra un promontorio a destra e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda ricomincia per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian  l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni …

 

Le ben note parole, che introducono al romanzo manzoniano, vengono rilette da Giancarlo Sbragia,  con una cadenza, che segue il lento muoversi della barca, sospinta da uno sconosciuto barcaiolo, facendovi eco il lieve sciabordio dei remi, vogando in modo tanto fermo quanto calmo, drizzando il breve legno verso un punto, che si perde nelle nebbie del lago, quiete, monotone, sempre uguali, così da lasciare intendere che nulla possa sopraggiungere a rompere la tranquillità di una vita che scorre lieve, nascosta ed anonima.

L’immagine del barcaiolo, che si allontana nella nebbia, preannuncia quella di un’altr’uomo, anch’egli sconosciuto, se non fosse che, in quel luogo, tutti conoscevano il Signor Curato. Ma, egli preferiva non conoscere e non incontrare nessuno …

Ripensare, così, la ripresa televisiva ed il testo del Manzoni, a poco a poco, introduce nella scena, che, in più punti, riprende e rincorre le stampe dell’artista Francesco Gonin, quasi che il Bolchi avesse voluto imitarlo, non per carenza, certo, di originalità, di idee, ma per fedeltà all’immagine, che, in fondo, rispecchiava l’idea dell’ispiratore Alessandro.

Vi chiederete quale sia stata l’impressione suscitata nei miei alunni, innanzi a quella parcità di parole, all’assenza di colori, alla sospirata attesa di movimenti, proprio in loro, sempre presi, agitati, irruenti. La risposta c’è, ma non nelle loro parole, -il tempo fu tiranno- ma negli sguardi, attratti e sospinti, lievemente, dallo sprofondare di quei remi grigi, grigi come la scena, come la nebbia, ma attraenti ed attratti oltre, verso la grandezza di un’opera a loro sconosciuta, ma già intuita.

 

Dalla televisione al DVD

Fa piacere sapere che non solo nelle biblioteche pubbliche si possa trovare il cofanetto in due DVD, integrale, dell’Opera del Bolchi, ormai inseparabile da quella dello Scrittore, ma ancora in commercio. Riproponiamo qui un passaggio, che va, dallo scivolare dello sconosciuto nocchiero all’incedere incerto del povero curato, che, mai si sarebbe atteso di essere tratto d’improvviso fuori della nebbia della sua vita.

 

 

Se confrontiamo l’incontro con i bravi del Gonin e quello del Bolchi, in più scene si corrispondono: nella posa, nella ritrosia del prete, nell’ arroganza ed impudenza di quegl’ uomini, che, per l’aspetto, non lasciavan  dubbio intorno alla loro condizione.

 

E così, tra una stampa ed un fotogramma, ciascuno potrà chiedersi se, come quell’uomo pavido, fragile, non abbia ciascuno un poco di quel suo coraggio, quel coraggio di scomparire pur di non morire.

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