Muri sbagliati e muri perbene

muro

D’accordo, mettiamo pure Trump sbagli a volere a tutti i costi un muro col Messico. Anzi, diamolo proprio per scontato. Viene però da chiedersi, se le cose stanno così, dove fossero gli stessi che oggi criticano il Presidente degli Stati Uniti, quando nel 1994 un altro Presidente – Bill Clinton – dava la propria benedizione a operazioni come la Gatekeeper in California, la Hold the Line ad El Paso, Texas, e la Safeguard in Arizona, introducendo barriere fisiche proprio al confine Sud col Messico; o quando nel 1995 sempre lui, Clinton, prometteva altre barriere per impedire il passaggio della frontiera agli illegali; o quando nel 2006 il Parlamento Usa, con l’appoggio pure di democratici oggi indignati, votò il Secure Fence Act, in virtù del quale l’attuale inquilino della Casa Bianca potrà fare a meno dell’iter legislativo per mantenere le sue contestate promesse elettorali in fatto di muri; o quando, nei primi 11 mesi dello scorso anno, il Messico – che al confine col Guatemala vanta una barriera bella alta – deportava allegramente 136.000 persone che si trovavano sul proprio territorio (delle quali quasi 14.000 minori non accompagnati). Non si tratta, si badi, di polemica spicciola né di benaltrismo: questi sono fatti. Che però non si sono mai guadagnati, come il muro che Trump non vuole costruire bensì completare (non è proprio la stessa cosa), i titoloni a tutta pagina di Avvenire, Repubblica né le proteste del cosiddetto mondo libero. O forse soltanto ipocrita.

Giuliano Guzzo

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