Il burkini a Parigi e a Ratisbona

burkini

Il primo ministro francese ha dichiarato che Il burkini è “incompatibile con i valori della Francia“, perché non è un costume da bagno, ma “l’espressione di un’ideologia basata sull’asservimento della donna”.

Molti commentatori, convinti di dimostrare il loro attaccamento ai valori occidentali, hanno manifestato approvazione verso la presa di posizione del politico francese, forse non considerandone appieno le implicazioni. Indossare da parte di una donna il Burkini è perfettamente in linea con le prescrizioni coraniche.

Nella Sura XXIV An-Nûr (La Luce) si afferma che le donne devono “non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere i loro khumur (veli che coprono la testa) fin sul petto“. Nel versetto 59 si dice poi: “O Profeta, di’ alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro jalabib (vesti ampie esterne)”. Quello che dunque in realtà Valls, più o meno consapevolmente ha detto, è che il contenuto del Corano è incompatibile con i valori della Francia in quanto generatore di asservimento nei confronti della donna.

E se la donna islamica volontariamente indossasse il velo e il burkini? Si vorrà sostenere che anche in questo caso tale scelta non è libera perché viziata da “asservimento interiorizzato”? In realtà l’argomento della libertà della donna è specularmente applicabile anche alla scelta di sfilare sulla battigia in bikini, tanga o topless. Anche in questo caso si potrebbe affermare che la scelta della nudità femminile scaturisce da una visione maschilista che della donna esalta il ruolo di oggetto sessualmente appetibile a sua volta interiorizzato dalla donna stessa. Come si vede impostare il confronto su questo piano non permette di uscirne con una soluzione razionalmente convincente. Purtroppo l’affermazione del primo ministro francese non scaturisce affatto da una prospettiva cristiana, né dalla ricezione della legge naturale, ma è piuttosto espressione del laicismo antireligioso di lungo corso manifestatosi nel paese di Robespierre, Marat e Saint-Just. Essa è rivendicazione della nudità del corpo femminile come istanza morale superiore fatta propria dallo Stato francese e trasformata da questi in prescrizione legale.

Ma se oggi lo Stato si arroga il diritto di proibire una manifestazione del proprio credo religioso che in nulla minaccia il bene comune, che cosa impedirà che domani lo stesso Stato renda illecite altre innocue manifestazioni del credo religioso dei cristiani come portare il crocifisso al collo? Non è per il burkini che l’Islam pone problemi ai valori occidentali, ma piuttosto per il mancato riconoscimento della pari dignità dell’uomo e della donna, per la giustificazione della menzogna, se volta a vantaggio dell’Islam e per i numerosi passaggi nel corano che inneggiano alla violenza contro gli “infedeli”.

Lo disse a Ratisbona Benedetto XVI, al quale non passò per l’anticamera del cervello di affermare il falso storico [tributario di una riduzione economicista della realtà] secondo cui tutte le religioni sono religioni di pace. Per parte sua il generale al-Sisi lo ha detto ai vertici religiosi dell’Università al-Azhar. Ma queste sembrano solo due gocce nel mare, perché se l’Islam ha portato a quindici secoli ininterrotti di guerra ci sarà pure un motivo. Una volta indagatolo, ci si accorge che è praticamente impossibile disconoscere il legame del contenuto politico col nucleo religioso.

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