Come è nata la vocazione di suor Maria de Guadalupe Rodrigo e la sua missione in Siria

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Sono certo che molti avranno apprezzato la testimonianza che suor Maria de Guadalupe ha dato sulla sua esperienza di missionaria nella Siria in guerra. Penso possa essere interessante sapere più in dettaglio anche come è nata la sua vocazione. 

Ecco quindi la traduzione di un’intervista realizzata da Pepe Alonso per il programma “Nuestra fe en vivo”, trasmesso da una famosa Tv cattolica degli Stati Uniti per i moltissimi ascoltatori di lingua spagnola, il 2 maggio 2016. 

Pepe. – Vi saluto nel nome del Signore. Che bello poter esser qui in questo primo maggio, questo mese dedicato a nostra Madre, la Vergine Maria! È qui con noi una religiosa, la nostra cara suor Maria de Guadalupe. Grazie, perché finalmente si avvera un mio grande desiderio: avere qualcuno che ci parlerà di una cosa di cui si parla in questi giorni.

Maria de G. – Grazie per l’invito.

Pepe. – Sorella, lei è qui di fronte all’immagine di Nuestra Señora de Lujan, patronadi Argentina, così capiamo già da quale paese proviene. Perciò molte grazie, suor Guadalupe, per il suo essere qui con noi. Questo però sarà un programma serio. Molto serio, perché parleremo di un tema tremendamente importante. E per poter metterci nelle mani del Signore, in questo mese di Maria, le chiediamo di cantarci in arabo un canto dedicato alla Vergine. Ci vuole spiegare di che si tratta?

Maria de G. – È una preghiera cantata in arabo. La sua traduzione in spagnolo (Per voi lettori ovviamente in italiano. Nota del traduttore), è la preghiera più antica che si conosca, dedicata alla vergine: « Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta ». è la preghiera più cara per i cristiani del Medio Oriente. Preghiera che si fa canto, il canto più tradizionale, che viene intonato con molta emozione e devozione soprattutto in questi tempi di persecuzione. Perciò lo canto anche per loro.

Pepe. Grazie sorella! Mentre lo cantava potevo immaginare le migliaia di uomini, donne e bambini che in questo stesso momento stanno soffrendo per la loro fede. Che questo canto: “Sotto la tua protezione”, possa esser sempre cantato, perché, nonostante quello che hanno passato, non hanno perso la loro fede. Molti hanno dato la vita per la loro fede. Parliamo allora di questo tema, che dovrebbe aprire gli occhi a tutti. Parlando con la sorella ho capito quanto la stampa ha manipolato la cosa. La stampa l’ha presentato sotto un’ottica differente da quello che ascolterete oggi. Perché oggi abbiamo una testimone, una persona che ha lavorato in Siria, in Iraq, in Libano, in Egitto, in Israele e Palestina e altri del Medio Oriente. Ci racconterà la verità su ciò che si stavi vendo lì.

Però vorrei prima di tutto chiederle, per conoscere almeno un po’ Guadalupe, che ci racconti della sua infanzia.

Guadalupe. – Beh, in realtà Maria de Guadalupe è il mio nome da religiosa. Il mio nome di battesimo è Cimena. Cimena Rodrigo, in riferimento al Cid Campeador (Rodrigo Diaz, conte di Bivar, o Vivar – 1043-1099 – più conosciuto come el Cid Campeador, che divenne un nome leggendario durante la Reconquista spagnola delle terre prima sotto il dominio musulmano) N d t). Quindi un nome di battaglia.

Sono nata a Villa Mercedes di San Luis, in Argentina. Sono stata educata nella fede dalla mia famiglia. Ho studiato a Villa Mercedes. Ho svolto gli studi universitari e mi sono laureata in Economia (numeri, niente a che vedere con quello che sarà il mio futuro), infatti mi resi conto presto che non era quella la mia strada, e che tutto quello che avevo ricevuto erano cose molto buone. Nonostante ciò avevo il cuore vuoto. Io desideravo qualcos’altro, mi rendevo conto che era altro ciò che doveva farmi felice. Partecipai a un ritiro spirituale (gli esercizi spirituali di SantIgnazio), e mi resi conto con chiarezza che sarei stata chiamata alla vita religiosa, alla vita missionaria.

Entrai a 18 anni fino ai 19 nella famiglia religiosa del Verbo Incarnato, che è una congregazione argentina fondata a Sapajael di Mendoza da padre Carlos Boel, argentino, tuttora vivente. È una congregazione molto giovane. Ha appena 30 anni. Ha un ramo maschile e uno femminile. A 24 anni iniziai la mia attività missionaria.

Pepe. – Vediamo qui molti giovani, e molti pensano che la vita religiosa sia qualcosa di frustrante. Magari scelta perché senza altre alternative.

Guadalupe. – Si, si, bene …

Pepe. – Lei infatti era pronta per una brillante carriera con tutto ciò che un giovane può desiderare. Ma c’è una parola molto chiara, che lei ci ha detto: “C’era un vuoto …”.

Guadalupe. – Si, io non avevo esperienza di vita religiosa. Ricordo che pensavo: “Ah, se fossi nata maschio, mi sarei fatta prete …”. Però pensavo che esser monaca fosse qualcosa di inutile. Che cosa fanno le suore? Sapevo che qualcuno avrebbe pensato: “Beh avrà litigato col fidanzato, o qualcos’altro …”. Non so. Era una cosa che al momento non capivo. E pensare che ero praticante. Messa domenicale, appartenente al gruppo missionario, eccetera. Ma quello che sentivo nel cuore in realtà era di formarmi una famiglia cattolica, con un buon marito e molti figli. Però mi pareva poco, poco. Io avrei voluto abbracciare il mondo. Era di più ciò che desideravo, ma non sapevo cosa. Quando mi rendo conto che donarmi completamente a Dio era la maniera migliore per abbracciare il mondo.

Pepe. – Lei aveva una famiglia ricca, e il Signore le ha detto, “Dammi la tua ricchezza per la mia povertà, e io ti darò ancor di più”.

Guadalupe. – Non avrei mai pensato, quando ero piccola, di diventare una suora. Mi dicevo: “No, io non mi farò suora! Impossibile”. Avevo fatto resistenza al partecipare agli esercizi spirituali perché pensavo che mi avrebbero fatto il lavaggio del cervello. Poi tutte escono monache, e io non voglio!”. Poi vi partecipai, e fu una cosa incredibile, e mi resi conto di come Dio ci chiede cose che non sono facili. Non sempre quello che è facile o quello che mi piace, è ciò che Dio vuole! Ci si rende conto che fare la volontà di Dio, pur essendo difficile – perché dobbiamo combattere contro la carne, contro i propri gusti – è quello che ci fa felici. L’ho sperimentato in 24 anni di vita religiosa che si incontrano difficoltà, è ovvio!

Pepe. – Quando ha comunicato ai suoi genitori che si sarebbe fatta suora, che cosa hanno detto?

Guadalupe. – Fu molto carino quello che dissero i miei genitori. Perché arrivò il momento in cui dovevo dirlo, anche se già le cose erano decise, però ci furono anche i primi dubbi. Alla fine però decisi di parlare coi miei genitori. “Sicuramente mi diranno di no”, pensavo. Poi dissi loro: “Durante gli esercizi ho visto chiaramente che Dio mi chiama a diventare religiosa …”. «Che benedizione di Dio!», fu la loro risposta. (Dice questa frase con un sorriso e una gioia interiore davvero emozionanti! N d t). Io stavo andando molto bene negli studi universitari. Siamo 5 figli. Mio padre è professore di matematica, e per questo era orgoglioso di sapere che sua figlia sarebbe stata nel suo campo di studi. I miei genitori però dicevano sempre: “I nostri figli non sono nostri: sono di Dio. E li abbiamo messi al mondo perché vadano in Cielo!”. Questo era il loro unico desiderio. Per questo mi appoggiarono.

Pepe. – Le parole da lei pronunciate a riguardo di quanto detto dai suoi genitori sono una autentica teologia, una pedagogia incredibile! “I nostri figli non sono nostri, ma di Dio”, e Cristo le ha dato questi doni perché possa cooperare con Lui nel cammino verso il cielo. Come si chiamano i suoi genitori?

Guadalupe. – Davide Adriana.

Pepe. – David e Adriana, grazie per essere stati strumento di Dio nel dire quelle parole a questa figlia. Che bello! Che bello avere qui il frutto di questo amore. Desideriamo mandare a loro il nostro saluto, e lo mandiamo anche a sua sorella Rocio. Spero di poter andare in Argentina un giorno per poterla abbracciare. (La conversazione tra i due è tutta all’insegna della gioia e del sorriso contagioso! N d t). Così lei comincia la sua vita religiosa, partendo dal noviziato, eccetera. Raccontaci!

Guadalupe. – Bene, quando dovetti scegliere la congregazione religiosa, mi chiedevo: “Dove entrare? Ci sono tante congregazioni. Ci sono tanti conventi di suore. Conobbi questa congregazione, la famiglia religiosa del Verbo Incarnato. Ciò che attirò la mia attenzione e che conquistò il mio cuore fin dal primo momento, fu la povertà in cui vivevano e la gioia! Per questo presi la decisione di scegliere questa congregazione. “Voglio essere come loro”, mi dicevo.

Pepe. – Sono compatibili la povertà e la gioia?

Guadalupe. – Si, certamente!

Pepe. – Il mondo dice di no. Il mondo dice che la povertà e la miseria danno tristezza.

Guadalupe. – È ciò che esperimentiamo ora nei luoghi di persecuzione. Questa gente ha perso tutto. vive in una povertà totale in mezzo alla guerra, e nonostante ciò sono più allegri di prima. Perché la gioia non viene dalle cose materiali. Che gioia possono darci le cose materiali? Quanto tempo possono farci felici i piaceri di questo mondo? Quello che perdura è la gioia spirituale, l’unione con Dio, che inizia qui e prosegue nella vita eterna. Questa è l’unica vera gioia! Tutto il resto è transitorio.

Pepe. – Mi è tanto piaciuta questa osservazione su povertà e gioia.

Guadalupe. – Così entrai in questa famiglia religiosa, formandomi in filosofia e teologia per qualche anno, e quando avevo 23 anni mi propongono di unirmi alla nostra comunità di Betlemme. La nostra congregazione ha sedi ormai nei 5 continenti in luoghi difficili. Il nostro fondatore, padre Carlo Juellar, ci incoraggia sempre a andare in luoghi dove nessuno vuole andare. Così ora siamo anche nella Siria in conflitto.

Pepe. – Però Betlemme è un posto stupendo …

Guadalupe. – Chiaro che si! Certo, si, si, si! Non potevo immaginarmi quello che avrei trovato dopo …!

Pepe. – Il signore le stava regalando un po’ di Cielo nel posto dove “il Verbo si è fatto carne …!”

Guadalupe. – Si, davvero uno non può immaginare il cammino che ho fatto. Ma non è nemmeno il caso di immaginarlo. Nemmeno io lo immaginavo. Era come se mi trovassi su un precipizio, e io dicevo al Signore: “Tu saprai quello che succederà”. Ad ogni modo a Betlemme iniziai lo studio della lingua araba”.

Pepe. – Betlemme è però anche una zona di conflitto. È territorio arabo.

Guadalupe. – Ero là nel 1996 in piena intifada. C’erano già molti problemi e si notava la tensione. Era un momento difficile per i cristiani.

Pepe. – Quanti anni di noviziato fate per arrivare ai voti? Abbiamo un anno di noviziato, seguito dal postulantato, che è un’esperienza, una prova. Poi ci sono 3 anni e mezzo di studio della filosofia e teologia. Dopo il noviziato si fa una prima professione dei voti. Noi abbiamo 4 voti: povertà, castità, obbedienza e schiavitù mariana. Questi voti si rinnovano di anno in anno, fino al sesto, quando c’è la professione perpetua e l’alleanza. Io presi i voti perpetui al Getsemani, nella Chiesa dell’agonia. Siamo uscite nell’Orto degli ulivi, vicino alla pietra sulla quale Gesù sudò sangue mentre pregava. Per me fu una grazia di Dio. Anche noi ci siamo prostrate per pronunciare i voti perpetui.

Pepe. – Però non credo che lei abbia detto: “Signore, dammi questo calice!”. (Pepe pronuncia queste parole sorridendo).

Guadalupe. – La disposizione, realmente, è quella di fare la volontà di Dio, costi quello che costi. Questo è ciò che Lui ci chiede.

Pepe. – Questo è un punto importante: “La volontà di Dio, costi quel che costi”. Adesso però parliamo di migliaia e migliaia di persone che, per fare la volontà di Dio, stanno pagando questo prezzo. Un prezzo che dona un premio eterno.

Guadalupe. – Certamente.

Pepe. – Va a Betlemme, e lì, cosa succede?

Guadalupe. – A Betlemme ho studiato l’arabo. Ovunque andiamo in missione, sia la Russia o la Cina o in Siberia, la prima cosa che facciamo è l’apprendimento della lingua del posto. Sono stati due anni di studio intenso, perché l’arabo è una lingua complicata e difficile. Mi riferisco all’arabo classico, che dobbiamo saper leggere e scrivere. Dovete sapere però che ogni paese ha il suo dialetto.

Pepe. – Sono comprensibili i vari dialetti derivanti dall’arabo?

Guadalupe. – In generale si capiscono, perché la struttura linguistica di base è quella. Certo, ogni volta che si passa da un paese all’altro, è un po’ una sfida, perché devi iniziare ad apprendere un nuovo dialetto. Lo facciamo volentieri perché il carisma della nostra congregazione è l’evangelizzazione della cultura. Portare il Vangelo a tutti gli strati culturali, per arrivare al profondo dell’animo umano. La lingua è come una chiave che ti apre la porta delle culture.

Pepe. – Molti pensano che la lingua sia solo una grammatica, un’insieme di regole. È una cultura! È l’espressione di una cultura, che ci aiuta a conoscere quella cultura e a esprimerla in parole.

Guadalupe. – Certamente! È molto più che una comunicazione. È cercare di comprendere le varie culture e popoli, che sono tanto diversi l’uno dall’altro. Dopo i due anni di studio della lingua araba mi mandarono in Egitto. La nostra prima comunità si aprì proprio in Egitto, dove c’erano già i sacerdoti del Verbo Incarnato. Io ero lì come superiora della nuova comunità composta di sei sorelle. Eravamo ad Alessandria. Rimasi in Egitto per 12 anni di missione. Sono stati 12 anni bellissimi e intensi. La missione diede frutti rapidamente con molte vocazioni. Questi semi vocazionali si sono poi diffusi in Giordania e in altri paesi arabi come la Tunisia, eccetera. Il popolo egiziano è un popolo di profonda spiritualità, per questo avemmo molte vocazioni. Lì dovetti assumere l’incarico di Provinciale e Regionale per 9 anni. Per questo ho dovuto viaggiare molto per visitarle varie comunità.

Pepe. – Il Signore le ha dato un cuore di pastore …

Guadalupe. – Si, ho visitato le missioni della Tunisia, della Giordania, di Siria e Iraq, Terra Santa, Egitto, eccetera. Ognuna di esse differente, ma ognuna di esse ci mostra la situazione del cristianesimo in Medio Oriente. Siamo minoranze e in generale minoranze più o meno perseguitate e discriminate. Ho quindi vissuto queste realtà. La missione in Egitto rimane indimenticabile anche se faticosa. Grazie a Dio ho buona salute e un fisico forte. Dopo quel periodo ero però piuttosto stanca. Tenendo conto di ciò i miei superiori mi offrono di scegliere un posto tranquillo dove riposare e ricaricarmi. A quel punto, eravamo nel gennaio del 2011, scelgo di andare in Siria.

Pepe. – Che cosa l’attraeva della Siria?

Guadalupe. – Era diversa dagli altri posti un cui ero stata. La Siria era un posto tranquillo. C’era una buona convivenza tra cristiani e musulmani, come lo era un tempo in Libano. Questo fatto dà alla società un ambiente molto più tranquillo, più pacifico. Il mio destino era Aleppo. Io, le altre sorelle e i sacerdoti eravamo accolti nell’edificio dell’episcopato.

Pepe. – Lei è andata in un posto tranquillo senza sapere che si stava avvicinando la tempesta in cui ora vive.

Guadalupe. – Si, ero andata lì per riposare in un posto tranquillo, ma pochi mesi dopo si scatenò la tempesta.

Pepe. – Visto che c’è molta gente che non conosce la realtà di quei luoghi, diciamo che Aleppo ha alle spalle una storia millenaria. Più di quanto immaginiamo in Europa. Una storia molto più antica della nostra. Io dico che Aleppo è un luogo storico importantissimo.

Guadalupe. – Certamente. Una storia millenaria e una città famosa per il suo valore culturale, e inoltre una città del Medio Oriente molto importante. Una città molto forte, prospera e con caratteristiche da città europea, un po’ come Beirut del Libano. Aleppo è persino più importante che la capitale, Damasco. Lo è per la sua importanza anche sul piano economico e industriale. L’ultima cosa che ci si poteva aspettare era una persecuzione.

Pepe. – Non c’era davvero alcun presagio di ciò che avrebbe potuto succedere, o questa fu la classica calamità improvvisa?

Guadalupe. – Qualcosa era cominciato, ed era la cosiddetta “primavera araba” in Egitto, poi a Tunisi e poi in Libia. Sapevamo di queste cose, ma era come se non le vedessimo. Non ci si aspettava una cosa simile in Siria.

Pepe. – Sento che si accusa moltissimo Hassad per il suo essere un dittatore, accusato anche di essere un tiranno per il suo popolo. Lei invece scrive a riguardo della situazione: “In realtà si viveva una situazione molto diversa da quella che descrivevano i media occidentali, i quali accusavano Hassad di essere un assassino, un tiranno. …

Guadalupe. – Io credo che l’errore, il grave errore e quello di giudicare il mondo arabo con criteri occidentali.

Pepe. – Ahi, sorella, le do il Premio Nobel per quanto ha detto! Prosegua. Facciamo attenzione, perché qui è la chiave per poter comprendere questa situazione!

Guadalupe. – Si, mi rendo conto di quanto sia difficile per l’Occidente “vedere” la situazione reale di questi paesi. Però si tratta di altre culture, altro mondo. È molto difficile da capire se uno non fa un’esperienza diretta, come la mia. Uno di fuori potrebbe dire: “No, debbono vivere in una democrazia! Saranno più felici quando vivranno in una democrazia!”. Ma per loro non è così. Non lo possono ancora! È il sistema di governo che più ha funzionato per mantenere questo equilibrio! Il Medio Oriente è un grande mosaico, e portare avanti un governo, per loro, ha significato un rigore. Loro sono abituati per questioni culturali alla sottomissione. Per loro è naturale. È stato perciò l’unico modo di controllare il fondamentalismo. Non c’era altro modo! Certo, se mi metto nei panni di un occidentale, posso trovare tutto ciò incomprensibile. Ma questo è il loro modo di vivere ormai da moltissimi anni, e loro non si lamentano per questo. Per quanto possano esserci sistemi di governo molto migliori del loro, io non posso, dal di fuori, imporre ciò che a me pare migliore! Perché? Loro hanno diritto alla loro sovranità! Certo, vi erano dei settori minoritari della popolazione che erano scontenti del regime. Ma erano minoritari, ripeto. Erano però settori più fondamentalisti.

Pepe. – Sorella, mi dica in quale sistema di governo non c’è qualcuno che sia scontento! Anche qui, anche in Messico, in Argentina, eccetera, ci sono scontenti. Credo che non c’è alcun popolo in cui non ci siano scontenti. Non c’è nulla di nuovo in questo senso.

Guadalupe. Il fatto è che i cristiani si sentivano molto protetti, perché c’era un governo laico. Non c’era la legge islamica come legge civile. Per cui c’era una certa libertà religiosa. Per questo è interessante sentire i nostri cristiani che sono riusciti ad uscire dal paese, in Europa, per esempio, i quali ti dicono che in Siria avevano una maggiore libertà. A Natale era possibile adornare con luminarie anche fuori di casa. Si potevano fare le processioni, le messe, le celebrazioni, portare una croce. Ciò che in vari casi e luoghi ora in Europa non sembra più possibile. Vediamo i casi in cui si ostacola la possibilità di fare il presepio o mostrare una croce. Non lo si fa per paura di offendere qualcuno. Che cosa vuol dire questo? Libertà per tutti, fuor che per il cattolico?

Pepe. – Io sono messicano, però nordamericano, di questo grande paese, gli Stati Uniti, in cui ci gloriamo di essere il paese della democrazia e della libertà, però succede che non si voglia una croce o non si possa pregare in una scuola; non si possa avere un simbolo cristiano in un edificio pubblico. E pensiamo di essere liberi, ci chiamiamo democratici dicendo che rispettiamo le religioni, però qui, qui in questo paese c’è persecuzione contro coloro che chiedono questi simboli. Lo consideriamo il paese che deve esportare la meraviglia che viviamo. Lei ci dice che doveva rimanere in Siria per un breve riposo. Poi ci parlerà di quanto ha vissuto in quel paese. (Viene messo in onda un canto in aramaico. N d t).

Pepe. – Nel vedere queste immagini e sentire questo canto ti si gela il sangue, perché è eseguito con la stessa lingua parlata da Nostro Signore. Questo canto viene da Karakosh, la cui popolazione è stata sterminata. Non rimane nemmeno un cristiano, nonostante che fosse un forte bastione del cristianesimo. È la terribile calamità di cui parleremo, dell’estremismo musulmano. Sorella, cominciamo a entrare nel tema. Lei sta lavorando in Siria. Ci racconti la sua esperienza e ciò che sta succedendo.

Questo aspetto è stato raccontato in un precedente racconto. Clicca qui: https://www.libertaepersona.org/wordpress/2016/08/testimonainza-di-madre-guadalupe-sulla-persecuzione-dei-cristiani-in-siria/

Pepe. – Sorella, il fatto di cui stiamo parlando è molto serio. In ciò che lei sta dicendo con parole molto chiare: “L’Occidente ha lasciato alla loro sorte l’Oriente e la Siria, e l’hanno fatto intenzionalmente. Perché, pur avendo la possibilità di fermare il conflitto, ora sappiamo che per interessi meschini ci fu complicità con l’ISIS.

Guadalupe. – Si, certamente! Io credo che queste guerre – non è infatti la prima quella di Siria, con le seguenti persecuzioni -, sono state tutte programmate, non nelle strade, ma a tavolino. Pianificate in tutti i dettagli, a costo della vita di centinaia di migliaia di persone. E sono anni e anni di persecuzione.

Pepe. – Qui parliamo di due cose: la persecuzione del fondamentalismo islamico, che vuole imporre una legge che è assolutamente assurda, e inoltre, pur parlando di paesi abituati a vivere sotto regimi autoritari, però funzionavano! Quando però arriva questo fondamentalismo tutto cambia e diventa qualcosa di mostruoso. Parliamo dei governi di Saddam Hussein, di Gheddafi, eccetera, che non stiamo assolutamente giustificando, ma che controllavano il loro paese. Devo ammettere che il grande errore commesso dagli Stati Uniti fu quello della guerra in Iraq. Con quella guerra volevano instaurare una democrazia, che è un sistema che là non funziona! È un’altra cultura! Noi pensavamo di fare un gran favore. È come quando portarono vacche in India (visto che sono per loro sacre), e poi si mangiarono i campi. Fu un errore gravissimo, quello di agire in quel modo, senza conoscere le culture. Ora le chiedo, quali interessi stanno dietro a questa complicità occidentale, che ha permesso all’ISIS di raggiungere queste vette di orrore che abbiamo sotto gli occhi e che ci scandalizzano?

Guadalupe. – Prima di tutto voglio dire che non sono un’esperta in geopolitica, ma parlo semplicemente di ciò che ho visto e sentito. Sono però una testimone. Sappiamo, d’altro canto, qual è stata la posizione della Chiesa su questo tema, I vescovi non hanno taciuto quando tutto è cominciato e hanno denunciato con forza il fatto che tutto era cominciato da forze esteriori. E debbo dire che questo processo continua. Ossia, noi abbiamo in evidenza i gruppi fondamentalisti, perché si vedono, visto che ci stanno attaccando e perseguitando. Ma dietro a loro ci sono coloro che non si vedono su nessuno schermo, ma sono quelli che stanno finanziando questa guerra, perché la guerra costa! La guerra costa! Bisogna finanziarla con la vendita delle armi. Dietro ci sono perciò i venditori di armi e gli acquirenti di petrolio! Per questo i vescovi hanno denunciato con forza questi commerci, dicendo: “Basta, vendere armi ai gruppi terroristi! Basta, vendere armi alla cosiddetta opposizione moderata!”. Perché l’opposizione moderata non esiste! Tutto termina nelle mani del fondamentalismo. Per questo certamente qui capiamo che si tratta di questioni economiche. Semplicemente piani su larga scala di carattere economico. Di quelli, per esempio, che vogliono dividere la Siria, a favore di paesi forti, come l’Iran, semplicemente per questioni economiche. La conseguenza di ciò sono la persecuzione e i massacri di cristiani. La cosa è davvero seria!

Pepe. – Gravissima! Prima di iniziare la trasmissione le chiedevo se si conosce il numero dei cristiani uccisi e perseguitati, a parte il disastro economico con le sue conseguenze. Allora, per prima cosa diciamo che c’è un finanziamento all’ISIS e ai gruppi fondamentalisti. Non le chiedo di esporsi troppo, ma mi dica, questo finanziamento viene da Oriente o da Occidente?

Guadalupe. – Viene certamente dall’Oriente, ma da paesi che sono alleati con l’Occidente, perché, per questioni economiche a loro conviene che la Siria sia divisa. La Siria e anche l’Iran.

Pepe. – Ma non sono essi paesi arabi? Cerchiamo di chiarire meglio, E i paesi occidentali che stanno lucrando dalla vendita delle armi?

Guadalupe. – Certo che ne traggono beneficio, e su larga scala! Un paese come la Siria, unificato, forte e indipendente, non lo si vuole!

Pepe. – Davvero triste e dolorosa questa cosa!

(Prima di sentire la risposta della suora, mi pare molto bello a questo punto della traduzione, sottolineare quanto ha detto suor Maria de Guadalupe a proposito della riscoperta dei cristiani siriani della verità della vita eterna e della risurrezione, di cui Gesù ci parla e in cui Egli vive. E questo, paradossalmente, proprio nella prova della guerra! Come mai, di fronte al dramma del sisma che ha colpito il centro Italia, nessun giornalista ci parla di risurrezione e di vita eterna, che in definitiva sono la BUONA NOTIZIA del cristianesimo? Per questo – vista la grande prova a cui è sottoposta anche la nostra Italia a causa del terremoto -, desidero condividere il bellissimo messaggio che la Regina della Pace manda a tutto il mondo da Medjugorje, per mezzo della veggente Marja, in questo 25 agosto 2016:   « Cari figli! Oggi desidero condividere con voi la gioia celeste.
Voi, figlioli, aprite la porta del cuore affinché nel vostro cuore possa crescere la speranza, la pace e l’amore che solo Dio dà. Figlioli, siete troppo attaccati alla terra e alle cose terrene, perciò Satana vi agita come fa il vento  con le onde del mare. Perciò la catena della vostra vita sia la preghiera del cuore e l’adorazione di mio Figlio Gesù. A Lui offrite il vostro futuro per essere in Lui gioia ed esempio per gli altri con le vostre vite. Grazie per aver risposto alla mia chiamata ». N d t).

Guadalupe. – I cristiani continuano ad essere perseguitati e massacrati, lo si vede anche dai video montati dagli estremisti dell’ISIS. Poi, dopo aver visto i video, ci si sorprende dicendo: “Oh, ci sono state decapitazioni. Ma, con video o senza video, si eseguono decapitazioni tutti i giorni! Tutti i giorni muoiono dei cristiani! Si calcola che ogni 5 minuti sia assassinato un cristiano. Normalmente viene offerta loro la possibilità di salvarsi, basta che si convertano all’islam. Cosa che non accettano. Essi offrono la loro vita, pur sapendo a quale morte andranno incontro, che può essere anche la crocifissione. Anche un bambino è stato crocifisso, e altri sono stati sotterrati vivi di fronte alle loro madri. Certo, questi cristiani sono martiri del nostro tempo. Essi sono come uno schiaffo per il nostro cristianesimo pigro, addormentato e pieno di rispetto umano.

Pepe. – Lei ci dà una grande provocazione! Si rende conto di che cosa ci sta dicendo il Signore attraverso le sue parole? Essi sono disposti a rinunciare a tutto pur di non rinnegare la fede! Lo faremmo noi? Questa è la domanda che mi faccio. Come dice il titolo del nostro programma: “Nuestra fe en vivo”, dalla risposta che diamo si vede se la nostra fede è viva. È la domanda che ci sta facendo Dio in questo momento. Forse dio ha permesso il dramma che state vivendo per essere poi sue testimoni di resurrezione e vita.

Guadalupe. – Questi fatti ci scuotono: essi sono disposti a testimoniare la loro fede in Cristo anche a costo della loro vita. Qui in Occidente spesso invece ci si vergogna di testimoniare la propria fede, dicendo che si è a favore della vita o che si è contrari all’aborto, ai matrimoni gay, alla fecondazione artificiale, all’eutanasia, eccetera. No, non si può! Però che cos’è questo, se non una perdita di fede?

Pepe. – Ci può parlare ora dei rifugiati e magari anche di quella foto del bimbo, figlio di profughi, morto sulla riva del mare della Grecia. Una foto che è apparsa su tutti i media.

Guadalupe. – Quella foto del bambino è stata pianificata. È stata preparata per sfruttarla a fini di propaganda per ottenere determinati scopi. La cosa logica, di fronte anche a tanti rifugiati di religione islamica, sarebbe che paesi musulmani molto ricchi, come i Paesi del Golfo, ricevessero i loro fratelli di fede e di cultura. Invece quelle frontiere sono completamente chiuse. Perché, invece di mandare milioni di Euro in Europa per costruire moschee, non accolgono e assistono i loro fratelli? Questo ci fa capire quanto sia importante sostenere in tutti i modi i nostri fratelli cristiani del Medio Oriente. Per chi volesse aiutarci, il contatto Facebook è: sos cristianos en Siria e l’altro è amigos de Iraq

Pepe. – È molto importante far conoscere queste cose per far si che abbia termine questo martirio, e che si offrano le sofferenze per tutti i fratelli oppressi per causa di Cristo. Che grande tesoro è questo, sorella!

Guadalupe. – Il nostro padre Javier ha raccolto camion di aiuti materiali per i nostri fratelli perseguitati, e ora sta guidando un grande progetto a Beirut, in Libano, per creare un villaggio completo di chiesa, case per 200 persone, scuola, centro medico, insomma per costruire una comunità.

Pepe. – Ringraziamo allora anche la Vergine di Guadalupe. Che bello! Anche a Buenos Aires c’è un responsabile per questo progetto, Francisco Rignasù con mail frj@logarridolawfirm.com

Cara sorella, il tempo è volato. Qual è il suo messaggio finale?

Guadalupe. – Credo che l’insegnamento che riceviamo dai cristiani di Siria, sia il valore della sofferenza. E la sofferenza è qualcosa che ci accomuna. Qui in Occidente non viviamo una guerra vera e propria, ma ci sono ormai anche qui più o meno sottili persecuzioni. E queste nostre sofferenze, le nostre lotte, “guerre”, difficoltà, devono avvicinarci a Dio, come è successo a loro. Loro si sono resi conto del fatto che la vita è breve, e che ciò che è più importante inizia dopo la morte. Per questo devo approfittare del tempo che mi è dato, e rendermi conto di quanto rapidamente passano le cose di questo mondo. In definitiva la cosa più importante e la salute dell’anima, e come sarà al momento della morte. (Questo fa si che la vita eterna, il Regno di Dio e la Sua gioia, cominci qui ed ora. N d t). 

Pepe. – Sorella Guadalupe, io non ho parole per ringraziarla per aver scosso le nostre coscienze. Spero di poterla avere per un tempo più lungo in una sua prossima venuta.

Guadalupe. – Grazie mille!

Pepe. – Cosa posso dirvi ora, cari telespettatori? Fate conoscere questo programma. Registratelo e condividetelo con altri! Perché, credetemi, questo è un richiamo che Dio ci fa, perché usciamo da questo letargo e dall’indifferenza, per unirci a questi figli di Dio, che chiedono il nostro aiuto.

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