Ecclesia, Sacramentum Salutis, Misericordiae Dei Vultus

Premessa storica

La Chiesa, Sacramento di Salvezza e  Volto della Misericordia di Dio, è la Chiesa nell’annuncio di Papa Francesco, appena eletto, quando parlò della misericordia in diretta mondiale. Sembrava che di misericordia non si fosse mai, o quasi mai, parlato.

Di solito non si parla, o di ciò che è scontato, o di ciò di cui non si ha, o non si ha più, nozione. Forse si erano già dimenticati i volti televisivi di San Giovanni XXIII, di San Giovanni Paolo II e, subito prima, del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo I e del Beato Paolo VI?

Il Primo indisse il Concilio proprio per il desiderio di parlare all’umanità in modo adatto alle esigenze dei tempi, perché sempre più gli uomini si avvicinassero al mistero della salvezza.

Paolo VI

«Il Beato Paolo VI, (citato nella Misericordiae Vultus, 4)  si esprimeva così a conclusione del Concilio: “Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità … L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio … Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette … Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità».

Ecco come il Beato Paolo VI identifica le necessità dell’uomo:

Possiamo noi dire d’aver dato gloria a Dio, d’aver cercato la sua conoscenza ed il suo amore, d’aver progredito nello sforzo della sua contemplazione, nell’ansia della sua celebrazione, e nell’arte della sua proclamazione agli uomini che guardano a noi come a Pastori e Maestri delle vie di Dio? Noi crediamo candidamente che sì. Anche perché da questa iniziale e fondamentale intenzione scaturì il proposito informatore del celebrando Concilio. Risuonano ancora in questa Basilica le parole pronunciate nella Allocuzione inaugurale del Concilio medesimo dal Nostro venerato predecessore Giovanni XXIII, che possiamo ben dire autore del grande Sinodo. Egli allora ebbe a dire: «Quod Concilii Oecumenici maxime interest hoc est, ut sacrum doctrinae christianae depositum efficaciore ratione custodiatur atque proponatur . . . Verum profecto est, Christum Dominum ham pronuntiasse sententiam: – quaerite primum regnum Dei et iustitiam eius – Quae vox primum declarat, quo potissimum vires et cogitationes nostras, dirigi oporteat» (Discorsi, 1962, p. 583). E all’intenzione il fatto è succeduto. Per valutarlo degnamente bisogna ricordare il tempo in cui esso si è compiuto; un tempo, che ognuno riconosce come rivolto alla conquista del regno della terra piuttosto che al regno dei cieli; un tempo, in cui la dimenticanza di Dio si fa abituale e sembra, a torto, suggerita dal progresso scientifico; un tempo, in cui l’atto fondamentale della personalità umana, resa più cosciente di sé e della sua libertà, tende a pronunciarsi per la propria autonomia assoluta, affrancandosi da ogni legge trascendente; un tempo, in cui il laicismo sembra la conseguenza legittima del pensiero moderno e la saggezza ultima dell’ordinamento temporale della società; un tempo, inoltre, nel quale le espressioni dello spirito raggiungono vertici d’irrazionalità e di desolazione; un tempo, infine, che registra anche nelle grandi religioni etniche del mondo turbamenti e decadenze non prima sperimentate.

In questo tempo si è celebrato il nostro Concilio a onore di Dio, nel nome di Cristo, con l’impeto dello Spirito, «che penetra tutte le cose», «omnia scrutatur», e che tuttora anima la Chiesa «ut sciamus quae a Deo donata sunt nobis» (cfr. 1 Cor. 2, l0-12), dandole cioè la visione profonda e panoramica insieme della vita e del mondo. La concezione teocentrica e teologica dell’uomo e dell’universo, quasi sfidando l’accusa d’anacronismo e di estraneità, si è sollevata con questo Concilio in mezzo all’umanità, con delle pretese, che il giudizio del mondo qualificherà dapprima come folli, poi, Noi lo speriamo, vorrà riconoscere come veramente umane, come sagge, come salutari; e cioè che Dio È. Sì, È reale, È vivo, È personale, È provvido, È infinitamente buono; anzi, non solo buono in sé, ma buono immensamente altresì per noi, nostro creatore, nostra verità, nostra felicità, a tal punto che quello sforzo di fissare in Lui lo sguardo ed il cuore, che diciamo contemplazione, diventa l’atto più alto e più pieno dello spirito, l’atto che ancor oggi può e deve gerarchizzare l’immensa piramide dell’attività umana.

Giovanni Paolo I, nei suoi pochi interventi, sembrava il volto della misericordia e, chi lo poté incontrare in vita, -come mi accadde da adolescente, in vacanza, per tre giorni consecutivi-, può testimoniare che incarnava il volto della misericordia. Egli disse, durante l’Angelus del 10 settembre 1978: « Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: (Dio) è papà, più ancora è madre». Il suo motto, Humilitas, era premessa per la misericordia.

Albino Luciani, Servo di Dio Papa Giovanni Paolo I

 

San Giovanni Paolo II,  volle stabilire la solennità della Divina Misericordia nella II Domenica dopo Pasqua ; volle la canonizzazione di Santa Faustina Kowalska, Santa della Divina Misericordia. Non solo. Con il suo andare per il mondo, accostare giovani e poveri, oltre che potenti, ai quali non risparmiava rimproveri, dimostrava il volto di Dio misericordioso, che non trascura i propri figli più poveri o più deboli.

 

Papa Benedetto XVI, nell’Enciclica Caritas in Veritate (Introduzione n. 6) indica la misericordia come superamento e completamento della giustizia; l’Esortazione Apostolica post sinodale Sacramentum Caritatis, 20 indaga le relazioni tra eucaristia, riconciliazione, peccato, misericordia di Dio; attenzione alle opere di misericordia (n. 59); al n 71 la misericordia di Dio come fonte di trasformazione di tutta la vita.

 

L’Enciclica Deus Caritas est, senza mai citare la parola misericordia, ne parla in continuazione, ponendo al centro della sua riflessione, al n. 10, le seguenti espressioni: L’amore appassionato di Dio per il suo popolo — per l’uomo — è nello stesso tempo un amore che perdona. Ma numerosi sarebbero gli altri esempi, come nel discorso di chiusura dell’Anno sacerdotale, l’11 giugno 2010: «Ai sacerdoti di tutto il mondo il Papa rivolge il suo incoraggiamento. «Dio si prende cura di me, di noi, dell’umanità. Questo pensiero dovrebbe renderci veramente gioiosi. Lasciamo che esso penetri profondamente nel nostro intimo. Allora comprendiamo anche che cosa significhi: Dio vuole che noi come sacerdoti, in un piccolo punto della storia, condividiamo le sue preoccupazioni per gli uomini» e «ci prendiamo cura di loro».

 

Il Servo di Dio Papa Pio XII, ancor prima, scrisse l’Enciclica Haurietis Aquas, sul culto al sacro Cuore, già stabilito da Pio IX.

In questa Enciclica, il Servo di Dio, oltre a nominare dieci volte il termine, grazie a continui e approfonditi riferimenti biblici, in senso salvifico ed escatologico, non fa che parlare dell’azione di Dio a favore dell’uomo; menziona sei volte il termine peccato, due volte il termine peccatori, rendendo, così, più evidente lo scopo di vicinanza all’errante, caratteristica propria dell’indole di questo documento. Va anche aggiunto che, con questa Enciclica, e più ancora con la Mistici Corporis, Pio XII poneva le basi perché poi nel Concilio Vaticano II della chiesa si sviluppasse tra le sue numerose immagini, quella del Popolo di Dio, citata trentanove volte nella Lumen Gentium, e a noi, ormai, così familiare, per l’uso che ne hanno fatto i teologi, i Pastori, i sacerdoti ed i laici. Un popolo, che appartiene a un Dio, che si prende cura di lui, passo passo; Popolo di Dio perché Suo, convocato e costituito da Lui.

 

Papa Francesco, con la quotidiana sottolineatura della virtù divina della misericordia, traduce con continuità l’azione di Dio nel mondo come azione di misericordia, cioè, come salvezza per i peccatori.

Il Papa, presentandosi ai fedeli, che lo acclamavano, si riferì ad un libro speciale, scritto dal Sig. Card. W. Kasper, Misericordia, dicendo: «ha fatto bene a me, farà bene anche a voi; leggetelo».

Forse proprio il Sig. Card. W. Kasper, -assolutamente in modo involontario-, contribuì a rafforzare l’idea che nella Chiesa non si fosse mai parlato di misericordia o, peggio, non si fosse mai praticata la misericordia, quando nella prima pagina della prefazione al suo  libro, a pagina 5, dice: «Constatai che la misericordia, che occupa un posto centrale nella Bibbia, era ampiamente caduta in oblio nella teologia sistematica o che vi veniva trattata solo in modo molto matrignesco. La spiritualità e la mistica cristiana sono in questa, così come in altre questioni, molto più avanti della teologia di scuola. Perciò questo scritto cerca di combinare fra di loro la riflessione teologica con considerazioni spirituali, pastorali e anche sociali a proposito di una civiltà della misericordia»[1].

Poi tutto il suo testo si impegna, da un lato, a trattare come nella manualistica sarebbe stata trascurata la misericordia e quanto sia presente, invece, nelle Scritture, dall’altro come il mondo sia ricreato dalla misericordia. Ottimo programma. Ma proprio perché Egli non passa in rassegna, -non essendo lo scopo della sua ricerca, come esplicitamente dice- il contributo della spiritualità e della vita cristiana, alla fine sembra che la misericordia sia una scoperta degli studi odierni.

È vero, la manualistica non usava il termine misericordia, ma preferiva l’espressione bontà, bontà infinita e simili, così anche la catechetica, che, piuttosto, parlava di Opere di misericordia corporale e spirituale a parte hominis. D’altro canto non si possono dimenticare numerosi studi dogmatici sul Sacro Cuore, centrati sul tema della misericordia di Dio attraverso il Cuore di Cristo, il sangue di Cristo, una volta innestati nel Suo Corpo, divino ed ecclesiale. Ma, soprattutto, l’Autore non sottolinea che proprio la manualistica, così ancorata alla casuistica[2] gesuitica e alfonsiana, mirava precisamente ad usare la legge a favore del penitente, a semplificare i casi di coscienza, a riportare pace nell’anima, ipotizzando tutte le possibili situazioni, così che il confessore, il direttore spirituale e i tribunali ecclesiastici, avessero il modo di aiutare il fedele. Certo, la casuistica, in mano a sacerdoti, a volte eccessivamente rigidi, poteva sortire l’effetto opposto, non meno, oggi, che un malinteso modo di intendere la misericordia, separandola dalla virtù della giustizia e dalla verità, contro ciò che lo stesso Papa Francesco sostiene sovente.

 Papa Francesco, in verità, non fa che portare alle logiche conseguenze quanto rilanciato dal Concilio Ecumenico Vaticano II, esito di un lungo cammino spirituale, teologico, biblico e, soprattutto, liturgico, iniziato ben due secoli prima, comunque esito di un percorso millenario della Chiesa.

La Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium, cita tre volte il termine e, tutte e tre le volte, legandolo al bisogno di perdono:

LG II, 11c: «Quelli che si accostano al sacramento della penitenza, ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui; allo stesso tempo si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera».

LG V, 40 a) Li ammonisce l’Apostolo che vivano « come si conviene a santi » (Ef 5,3), si rivestano «come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza » (Col 3,12) e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Gal 5,22; Rm 6,22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Gc 3,2), abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare: « Rimetti a noi i nostri debiti » (Mt 6,12).

La Madre di Dio, immagine della Chiesa, Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna sec. VI

Si tenga conto che la Chiesa, per la Lumen Gentium, è mistero e sacramento. È mistero per derivazione. Venendo da Dio, Essa è tutta a servizio del Suo disegno, è organismo di salvezza. Essa è tale precisamente perché si riferisce tutta intera al Cristo, non avendo esistenza e valore ed efficacia che in Lui[3].

In quanto mistero, la Chiesa ha immerso il suo sguardo nella Trinità stessa, nelle intenzioni profonde delle parole e degli atti di Gesù, come conferma la Bolla di Indizione dell’Anno Santo Misericordiae Vultus al n. 1.

Partecipando al mistero trinitario, la Chiesa è cristica, è sacramento di salvezza: La Chiesa è Cristo stesso, dirà San Paolo in 1Cor 12, 13. Sacramento di salvezza (LG II, 9 d: Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia, agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica (citando San Cipriano Epistola 69, 6).

Processione delle Sante Vergini Spose, Sant’Apollinare Nuovo,  Ravenna sec. VI

Gaudium et Spes IV, 18 a) la Misericordia è introdotta come superamento escatologico del peccato di origine: «Inoltre la fede cristiana insegna che la morte corporale, dalla quale l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato, sarà vinta un giorno, quando l’onnipotenza e la misericordia del Salvatore restituiranno all’uomo la salvezza perduta per sua colpa. Dio, infatti, ha chiamato e chiama l’uomo ad aderire a lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con la incorruttibile vita divina».

Così la Chiesa diviene, proprio perché sacramento universale di salvezza, sacramento di misericordia, essendo la salvezza e la misericordia, secondo la Misericordiae Vultus (nn. 17, 18, 22), intimamente unite attraverso il sacramento della riconciliazione, alla quale tutti sono chiamati. Questo sacramento, che rinnova i benefici del  Battesimo, sgorgato dal Cuore di Cristo e dall’Eucaristia, è sostegno costante agli uomini nella continua lotta contro il male, il mondo, il Demonio e il peccato, vedi , per esempio MV, 3: Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono. La Chiesa, infatti, sa, secondo quanto rivelato in San Paolo, che la storia è una prova di forza tra le potenze di Dio e quelle dell’iniquità, come un campo di conflitto tra i fedeli di Cristo ed i suoi avversari[4].

Processione dei Martini, Sant’Apollinare Nuovo,  Ravenna sec. VI

GS IV, 42 b, poi, cita le opere di misericordia.

Nella Dei Verbum, il termine non compare, ma tutta la Costituzione è centrata sul mistero di salvezza, che si rivela, dispiegando l’opera di Dio a favore dell’uomo per riportarlo a Sé:

DV I, 2: «Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4) ».

 Sacrosanctum Concilium, Proemio, ai nn.1 e 2, intende la liturgia come ciò mediante cui «si attua l’opera della nostra redenzione». Al Cap. V,  105 si ribadisce la misericordia in unione alle pratiche di penitenza.

 

Termini frequentemente ricorrenti nella Bolla Misericordiae Vultus

In un testo, che, in formato A4, occupa 13 pagine, e che conta 25 paragrafi, è utile vedere con quale frequenza compaiano alcuni termini chiave:

Misericordia 153 volte; Conversione 6; Male 4; Peccato 16; Peccatore 4; Peccatori 8; Perdono 33; Salvezza 10. Tale ricerca sarebbe sterile se, però, poi non fosse correlata dalla analisi dei loci in cui tali termini compaiono, per conoscerne l’intima e fruttuosa connessione. A tal riguardo basti dire che, per il Santo Padre:

1)      Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Quindi ogni azione di Cristo esprime la volontà del Padre cui il Cristo è pienamente e liberamente conformato.

2)      Il Padre, « ricco di misericordia » (Ef 2,4), … Nella « pienezza del tempo » (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona[1] rivela la misericordia di Dio.

Sottolineando quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza significa che tutto quanto Cristo, la Chiesa, la Madre di Dio compiono per la salvezza è per ciò stesso misericordia anche quando non esplicitamente ciò venga detto. Fuori della misericordia, parafrasando, potremmo dire, non c’è salvezza alcuna.

3)      La misericordia … È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza.

4)      La misericordia rivela il mistero della SS. Trinità;  è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro;  è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita.

5)      è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.

6)      È tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti.

7)      Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cfr Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono.

8)      L’Anno Santo è aperto, con la Porta Santa, nella festa dell’Immacolata Concezione, evidente correlazione al mistero di Maria tutta pura e mediatrice di salvezza.

9)      L’Anno Santo, celebrato nelle diverse diocesi, è segno di unità della Chiesa.

10)  Il S. P. cita le parole di San Giovanni XXIII, La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati »[5].

11)  Si sottolineano le parole di Misericordia di Paolo VI a riguardo del Concilio parlando della Parabola del Samaritano come la Parabola del Concilio Vaticano II.

12)  Misericordia e pellegrinaggio, cioè, conversione.

13)  L’Anno giubilare si concluderà nella solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’universo ad indicare che tutto deve essere riposto in Cristo.

14)  La misericordia come caratteristica dell’onnipotenza di Dio. Come via del perdono, che si accompagna alla pazienza.

15)  La misericordia anima del sacrificio, tanto che prima di andare nell’orto degli Ulivi Gesù cantò l’Hallel, il Salmo Eterna è la tua misericordia (Mt 26, 30).

16)  Relazione tra Trinità, misericordia e soffrenti di ogni tipo.

17)  La misericordia come motto programmatico del Santo Padre miserando atque eligendo (San Beda il Venerabile, Omilia 21).

18)  Nelle parabole sulla misericordia il Padre non si dà mai per vinto e vuole perdonare. Dio vuole perdonare!

19)  Un perdono infinito, fino a settanta volte sette.

20)  La misericordia fulcro delle Beatitudini.

21)  Ampi i riferimenti all’Enciclica Dives in Misericordia di San Giovanni Paolo II.

22)  La misericordia come missione di annunciare la misericordia di Dio. E allora egli continua a parlarne. E’ nello spirito del Papa: Si può fare, si deve fare? E allora si fa. Semplice, no?

23)  Il pellegrinaggio, segno di conversione, deve accompagnarsi al non-giudizio.

24)  Misericordiosi come il Padre, dunque, è il “motto” dell’Anno Santo, Padre che viene in aiuto quando l’uomo cristiano lo prega.

25)  È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale.

26)  Al n. 16: Nel Vangelo di Luca troviamo un altro aspetto importante per vivere con fede il Giubileo. Racconta l’evangelista che Gesù, un sabato, ritornò a Nazaret e, come era solito fare, entrò nella Sinagoga. Lo chiamarono a leggere la Scrittura e commentarla. Il passo era quello del profeta Isaia dove sta scritto: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di misericordia del Signore » (Is. 61,1-2). “Un anno di misericordia”: è questo quanto viene annunciato dal Signore e che noi desideriamo vivere. Questo Anno Santo porta con sé la ricchezza della missione di Gesù che risuona nelle parole del Profeta: portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati. La predicazione di Gesù si rende di nuovo visibile nelle risposte di fede che la testimonianza dei cristiani è chiamata ad offrire. Ci accompagnino le parole dell’Apostolo: «Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia » (Rm 12,8).

27)  Rilanciare il sacramento della riconciliazione con l’iniziativa 24 ore per il Signore. Il S. Padre invita a non avere paura di questo sacramento e a celebrarlo con la fiducia del perdono e la gratitudine per il perdono. Ed invita i sacerdoti alla penitenza perché non ci si improvvisa confessori, ma si impara chiedendo perdono per primi.

28)  Si istituiscono per questa Quaresima i Missionari della Misericordia, che potranno assolvere dai peccati riservati alla Santa Sede, come il peccato di aborto. Il Santo Padre estende la facoltà di assolvere validamente dai peccati anche ai sacerdoti della Fraternità San Pio X, Fraternità in attesa di una piena comunione[6].

29)  Fondamentale il rapporto tra misericordia e giustizia, che non va dimenticato, ma anche la capacità di non essere formali nell’applicarlo.

30)  Al n. 20 il S. P. spiega il testo del profeta Osea – « voglio l’amore e non il sacrificio » (6,6) … Gesù afferma che d’ora in avanti la regola di vita dei suoi discepoli dovrà essere quella che prevede il primato della misericordia, come Lui stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori. La misericordia, ancora una volta, viene rivelata come dimensione fondamentale della missione di Gesù. Essa è una vera sfida dinanzi ai suoi interlocutori che si fermavano al rispetto formale della legge. Gesù, invece, va oltre la legge; la sua condivisione con quelli che la legge considerava peccatori fa comprendere fin dove arriva la sua misericordia.

Ciò, però, non autorizza a ritenere le Leggi della Chiesa l’analogo delle Leggi in senso farisaico. Sarebbe conclusione affrettata e ingiusta e, comunque, da dimostrare.

Il Papa, dunque, non fa sconti perché non può farne, ma invita a stare con i peccatori (Lc 15, 1-2). Questa è grande misericordia.

Ricorderei qui le parole di Karl Barth, morto in campo di concentramento, Pastore della Chiesa Confessante, di derivazione Luterana, secondo il quale la grazia di Cristo non è stata data a buon prezzo, ma a caro prezzo. Essa costa, costa la vita!

31)  Misericordia e perdono portano alla comunione nella Chiesa.

32)  Al n. 22 si parla dell’Indulgenza. Vivere dunque l’indulgenza nell’Anno Santo significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente. Indulgenza è sperimentare la santità della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo, perché il perdono sia esteso fino alle estreme conseguenze a cui giunge l’amore di Dio.

Benedetto Antelami, 1196-1216, Battistero di Parma, portale Ovest, piedritto di destra in alto.

Il Pater Familias dà anche agli operai dell’ultima ora lo stesso compenso

In poche righe si riassume il senso della Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina di Sua Santità il Servo di Dio Papa Paolo VI. Diversamente dalle Bolle di Indizione dei precedenti Anni Santi non si fa menzione delle condizioni per ricevere le indulgenze perché comunque fanno testo i documenti precedenti. A riprova di ciò, la dottrina precedente viene poi riproposta dal Santo Padre nella Lettera al Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione all’approssimarsi del Giubileo Straordinario della Misericordia, dell’1.09.2015, introdotta dalle seguenti parole: La vicinanza del Giubileo Straordinario della Misericordia mi permette di focalizzare alcuni punti sui quali ritengo importante intervenire per consentire che la celebrazione dell’Anno Santo sia per tutti i credenti un vero momento di incontro con la misericordia di Dio.

33)  Al n. 23 si apre il tema alla relazione con le altre religioni per vivere la misericordia, per quanto possibile, insieme.

34)  Il n. 24 unisce la Madre della misericordia e Santa Faustina Kowalska.

35)  Con queste parole si conclude la bolla: « Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre » (Sal 25,6).

 

Opere di misericordia e novità cristiana delle virtù

Poiché le opere di misericordia richiedono l’esercizio delle virtù, occorre anche ricordare cosa con ciò si intenda.

In latino, virtus, in greco areté, (aggettivo, virtuoso) virtù indica l’animo disposto al bene, bene per il quale l’uomo è stato ed è continuamente creato da Dio, che sempre agisce nella sua vita.

La virtù va intesa come disposizione dell’uomo (vir), cui si collega il significato di forza (latino vir, roboris).

Nel termine latino è immediato cogliere il nesso tra uomo e forza, essendo vir, al contempo, radice di uomo e  di forza. Virtù ha a che fare, dunque, con l’uomo e con la forza. Essa è una forza fisica, ma trasfigurata in forza spirituale.

Nella fede cristiana, la virtù non sarà solo frutto della volontà umana, tanto che nelle allegorie delle virtù, rappresentate in tante opere artistiche, e che illuminano di verità e splendore le nostre chiese, essa è presentata con figure femminili, “passive”. Esse sono passive verso l’azione di un Dio “maschile”, che, invece, è attivo verso l’uomo. L’uomo sempre dipende nella propria riuscita spirituale da Dio, che lo conduce nell’esercizio delle virtù.

Proprio l’annuncio cristiano porterà una radicale rivoluzione nel modo antico di intendere le virtù. Infatti, le virtù cardinali, come saranno codificate da Platone, e accolte da Sant’Ambrogio, evidenzieranno quanto esse siano cristiane nel momento in cui le virtù infuse dalla grazia della Fede, della Speranza e della Carità le sopraeleveranno rispetto alle loro finalità puramente umane. Così, San Paolo parlerà della fortezza della Fede (virtù cardinale più virtù teologale); di Speranza, capace di sperare contro ogni speranza (ancora vi è in gioco la fortezza), di Carità, che supera la giustizia e si apre alla misericordia, senza per questo negare le esigenze della giustizia [7].

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[1] Walter Kasper, Misericordia, ed. tedesca 2012, Queriniana, Brescia 2013², 5.

Ecclesia, Salutis Misericordiae Sacramentum, Misericordiae Vultus

[2] Parte della teologia morale, che applica i principî della morale teorica a casi concreti, o talora anche solo ipotetici («casi di coscienza»), e varî secondo le circostanze, per trovare la regola applicabile a ciascuno.

[3] Cf. L. Cerfaux, Le immagini simboliche della Chiesa nel Nuovo Testamento, in Baraúna, La Chiesa del Vaticano II, Brescia 19672, Giornale di Teologia, 4, 31-40.

[4] Nicola De Martini, L’indole escatologica della Chiesa peregrinante, Morcelliana, Brescia 1972,  25.

[5] Discorso di apertura del Conc. Ecum. Vat. II, Gaudet Mater Ecclesia, 11 ottobre 1962, 2-3.

[6] Lettera per il Giubileo Straordinario del 1 settembre 2015.

[7] Su questo vedi lo studio del Sig. Cardinale Walter Kasper, Misericordia, ed. tedesca 2012, Queriniana, Brescia 2013².

 

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?

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