L’attimo terribile

pannella

Giacinto Pannella è morto. Da subito un profluvio di laudationes ha inondato l’etere, ma era già messo nel conto e non è la cosa che m’interessa. C’è un solo pensiero capace di sollevarmi dalla routine delle occupazioni e quel pensiero

è filtrato dallo sguardo della fede. Pannella, nudo davanti al trono è già stato giudicato.

Il tempo degli onori è cosa passata, Renzi, Giachetti, Gianni Letta, Berlusconi e i tanti che lo hanno omaggiato e continueranno a farlo nei prossimi giorni, ora sono lontani da lui e non c’è denaro, o potere che lo possa tirare fuori da dove ora è. Non ci sono fotografi, non c’è Bordin, non ci sono telecamere né i microfoni di Radio Radicale.

Ora non può mettersi bavagli sulla bocca, né incatenarsi ai cancelli del tribunale perché dove egli ora è non ci sono catene, il giudice non è ricusabile e la sentenza non è appellabile. Quell’eutanasia che lui predicava come diritto per gli altri, da malato cronico prima e terminale poi, Marco Pannella non l’ha voluta per se stesso. Non so se ci sarà dato di sapere il perché, ma almeno in questo possiamo dire che ha predicato male, ma ha razzolato bene.

I fotogrammi di un’intera vita sono passati davanti ai suoi occhi in un istante. Di fronte a Colui che è via, verità e vita egli ha visto le proprie opere con quello sguardo di giustizia che da vivente tante volte è stato rifiutato a quei suoi piccoli, minuscoli fratelli, disprezzati come “zigoti” e “grumi di cellule”.

Così preso dai Caino, gli sono sfuggiti gli Abele. Ora li ha visti, ad uno ad uno, attorno al trono dell’Altissimo così come erano nel progetto di Dio. In quella frazione di secondo egli ha potuto udire un lamento prima di oggi inaudito proveniente dalla marea sterminata degli orfani del divorzio, primo di quella carrellata di opere di Pannella salutate dal mondo come la serie dei diritti civili: divorzio, aborto, manifattura dei bambini. Per tutto ha perorato il diritto di scelta: “Sono forse io responsabile di mio fratello?”, disse quel proto-Radicale di Caino. Altre mete Marco non ce l’ha fatta a raggiungerle; gli embrioni non è riuscito a ridurli a cavie, la marjuanja non è venduta come la cicoria e la dolce morte alla maniera olandese è un altro sogno incompiuto, anche se si deve ammettere che con la doppia esca Welbi/Eluana il colpaccio non gli è riuscito per un soffio.

Gli faranno un bel funerale laico, pronunceranno commoventi orazioni funebri e non è escluso che produrranno perfino un bel ritratto agiografico cinematografico per incensare la sua lunga avventura terrena. Noi di qua conosciamo una parte della storia, ma ora Giacinto ha avuto la verità tutta intera, anche quella più nascosta a se stesso, niente è sfuggito alla minuziosa dissezione operata dalla Parola di Dio, “più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4: 12).

Mentre scrivo Pannella è già stato giudicato da Dio, in modo fulmineo e immediato, per sempre. Nessuno qua ne conosce l’esito, Gesù si è infatti fatto inchiodare alla croce per ogni uomo, dunque anche per lui, per potergli offrire la salvezza. Pannella ha avuto più tempo della media degli uomini, gli è stata offerta quella malattia che ad altri non è data, l’avrà messa a frutto? Che sarà avvenuto nell’ora dell’agonia? Non lo sappiamo. Per quanto grandi sono le iniquità di qualsiasi uomo, la Misericordia di Dio è capace di bruciarle nel Suo sacrificio d’amore per colui che si riconosce peccatore e lo invoca come Signore. È stato giudicato sull’amore, come tutti gli uomini e come anche io e tu che stai leggendo saremo giudicati. Anche per Giacinto Pannella detto Marco sono valse le parole “passa la scena di questo mondo” (1Cor 7, 31).

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