I Metodi Naturali sconfiggono la provetta su tutta la linea

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I problemi etici della fecondazione artificiale (vedi qui e qui), nonché le problematiche e i rischi a carico di donne e bambini che da essa scaturiscono (vedi qui), possono essere evitati facendo ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità.

Contrariamente alla fecondazione in vitro (Fiv), che di fatto non fa altro che bypassare il problema dell’infertilità di coppia, i metodi naturali procedono innanzitutto nell’individuare le cause responsabili dell’incapacità a concepire, intervenendo poi con una cura mirata che permetta alla coppia di avere un bambino in modo spontaneo. I metodi naturali risolvono perciò il problema alla radice consentendo ai coniugi, che desiderino diventare nuovamente genitori, di farlo in modo autonomo anche in futuro. Con la Fiv questo non è possibile: le coppie che hanno avuto figli facendo ricorso alla provetta, sono costrette a ricorrere di nuovo a essa se desiderano avere altri bambini perché, appunto, la provetta non cura il problema dell’infertilità che così permane anche in seguito.

Con la Fiv la tecnica si intromette con prepotenza nella vita di coppia privando il bambino dell’atto fondatore: il dono che si realizza attraverso l’atto sessuale dei genitori. Michele Aramini, docente di Teologia ed Etica sociale, scrive:

“Nella Fivet, l’intrusione della tecnica è così penetrante che l’intervento del medico, o del biologo (il terzo), è assolutamente essenziale: è lui che chiama i nuovi esseri all’esistenza, è lui che controlla la qualità degli embrioni e decide chi far vivere e chi far morire. In queste condizioni i genitori sono spossessati del loro diritto di dare la vita e diventa arduo parlare di un bambino nato da un atto di amore, come con troppa facilità si usa dire. Inoltre, occorre dichiarare che il desiderio di avere un figlio non costituisce una prova sicura di amore da parte dei futuri genitori”. Questo desiderio ha “in sé una componente molto narcisistica che ha bisogno di essere curata e umanizzata. È per questo motivo che si deve riaffermare l’unità dell’atto sessuale e l’atto di procreazione è la miglior prova dell’amore per il bambino, la garanzia più sicura della sua accoglienza rispettosa”[1].

I metodi naturali, quindi, non si limitano solamente ad affrontare il problema dell’infertilità alla radice, a evitare i problemi e i rischi per la salute e la vita a carico di donne e nascituri, a non defraudare i genitori del ruolo fondante di datori di vita, ma costituiscono anche la miglior prova d’amore per il bambino. A tutto questo si deve poi aggiungere un ulteriore beneficio: il fatto che questi metodi costano poco o nulla dal punto di vista economico. Michele Barbato, primario di Ostetricia e Ginecologia all’ospedale di Melegnano (Milano), osserva che l’efficacia della regolazione naturale della fertilità “è ampiamente dimostrata nella letteratura scientifica. E poi non ha effetti collaterali legati all’uso dei farmaci, può essere utilizzata durante tutta la vita riproduttiva della donna ed è adatta ad ogni coppia. Inoltre ha una caratteristica vincente: non costa nulla[2].

A questo punto una domanda sorge spontanea: ma se i metodi naturali hanno tutti questi vantaggi rispetto alla Fiv, perché non se ne parla a livello medico e politico, perché sono così tanto ignorati e così poco incentivati, tanto che la maggior parte delle coppie che sono indirizzate alla provetta non sa nemmeno che esistono? Il motivo di quest’omertà dipende da una loro peculiarità: il loro bassissimo o, addirittura, nullo costo economico. Se questi metodi venissero promossi su larga scala, il ricorso alla Fiv diminuirebbe in maniera considerevole e la lobby della fecondazione artificiale non potrebbe più continuare a prosperare e ad arricchirsi sulla pelle delle coppie infertili.

C’è quindi un mercato che specula sull’infertilità delle coppie e che, per questo, non ha alcun interesse a far sì che essa venga curata, un business che vede in prima linea i Centri privati di Pma, “non a caso – osserva Eugenia Roccella – i ricorsi contro la legge 40 vengono proprio dai centri per la fecondazione medicalmente assistita”. Di quali introiti stiamo parlando? I conti sono presto fatti: se si considera che “la percentuale di successo al primo ciclo è pari a circa il 5%” e “solo quando si arriva al sedicesimo ciclo tocca il 96%”, osserva il docente di bioetica padre Giorgio Maria Carbone, “basta moltiplicare per sedici una cifra che va dai 5mila ai 16mila euro (il costo di un solo ciclo) per capire l’interesse del mercato[3].

Nei centri pubblici si paga il ticket, ma – sottolinea il neurochirurgo Massimo Gandolfini – “le liste di attesa sono lunghissime, anche anni”. Per questo motivo molti si rivolgono alle strutture private dove “i costi sono mediamente di 4mila euro per l’Icsi e 3.500 per la Fivet[4], a cui devono essere aggiunti i costi della stimolazione ovarica (circa mille euro), i costi per le visite di controllo, quelli per l’eventuale diagnosi preimpianto, ecc., il tutto da moltiplicare per il numero di cicli necessari ad avere il bambino in braccio. Questo chiarisce perché indirizzare automaticamente le coppie sterili alla provetta sia ormai diventata una prassi calcolata e consolidata. Eleonora Porcu, responsabile del Centro di infertilità e fecondazione assistita dell’ospedale Sant’Orsola, spiega:

“Le applicazioni della fecondazione extra-corporea in questi anni si sono progressivamente allargate fino a diventare quasi una destinazione routinaria dopo un triennio di sterilità. Utilizzarle in modo automatico nella maggior parte dei casi di sterilità, ma soprattutto senza un’indagine approfondita, è segno di un atteggiamento generale che è quello di sostituire i percorsi naturali con quelli di laboratorio”[5],

costosissimi per le coppie e, appunto, molto redditizi per chi gestisce il business privato.

 

PRIMA LA PREVENZIONE

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Piuttosto che curare un problema di salute quando si è ormai manifestato, sarebbe più giusto e intelligente mettere prima in campo tutte le istanze che facciano sì che quel problema non si verifichi. Così, per evitare la possibilità di scoprirsi sterili proprio nel momento in cui si aspirerà a procreare, correndo il rischio che sia ormai troppo tardi, sarebbe meglio prima attuare tutti quei comportamenti che consentano di prevenire quest’eventualità.

 

1) Il fattore età

Il primo elemento, se così si può dire, di prevenzione dell’infertilità è quello di non procrastinare troppo in là negli anni la genitorialità. Come abbiamo già visto qui, più è avanzata l’età della donna minore è la probabilità che rimanga incinta e, se la gravidanza ha inizio, maggiore è la possibilità che si verifichi un aborto spontaneo. Il fattore età appare quindi decisivo per la realizzazione del desiderio di genitorialità, non solo – come abbiamo visto – nel campo della Fiv (dove anche la provetta può fare poco se l’età della donna è avanzata), ma anche se si vuole concepire in modo naturale.

Eleonora Porcu spiega che “l’età femminile è una variante cruciale per la fertilità, ma è sempre più elevata” e “per l’età avanzata non c’è rimedio”. In questi casi “il ricorso alla fecondazione assistita è un’illusione[6], così come lo è riuscire a concepire in modo naturale.

Riccardo Marana, direttore al Policlinico Gemelli dell’Istituto Scientifico Internazionale (ISI) Paolo VI di Ricerca sulla Fertilità e Infertilità Umana, fa presente che oggi “la consapevolezza sulle cause della sterilità è molto bassa. Spesso arrivano da noi donne di 38-40 anni. A volte troppo tardi per risolvere il problema[7]. Quindi sottolinea:

Sappiamo già da tempo che la gravidanza in età matura è un trend in crescita. Secondo i dati Istat l’età media della prima gravidanza è infatti di 32 anni. Questo ritardo si associa a un aumento delle gravidanze a rischio e a un maggior numero di donne con problemi di sterilità. Ne consegue una riduzione della capacità riproduttiva della donna, con graduale calo della possibilità di gravidanza per ogni ovulazione. Il problema non è limitato alla ricerca naturale della gravidanza, ma si evidenzia anche nei casi di ricorso alla fecondazione artificiale. Ciò è dovuto da una parte alla riduzione progressiva del numero di ovociti dopo i 35 anni, dall’altra ad anomalie della segregazione cromosomica durante la divisione meiotica[8].

La dottoressa Elisabetta Chelo, del Centro Demetra per la fecondazione assistita di Firenze, ribadisce: “Si è creata la convinzione, complici anche noi medici, che il desiderio di maternità possa venire sempre soddisfatto. Quando dico a una paziente: ‘Signora lei ha il 10% di possibilità di riuscire a restare incinta’, che non è neanche avere un figlio, vedo quasi tutte le donne mettersi dalla parte di quel 10 per cento. Nell’altro 90% ci andrà qualcun’altra[9].

La ginecologa Sandra Pellegrini, anche lei del Centro Demetra, fornisce le seguenti percentuali di successo: “Sotto i 35 anni le probabilità di successo sono del 25-30%; dai 35 ai 39, vanno dal 15 al 20%, oltre i 42 anni oscillano dal 3% al 5%, a 44-45 anni non ha già più senso tentare”. Poi conclude: “Vorrei comunque ribadire che se sulla patologia, per esempio una tuba chiusa, si può intervenire, sull’età no. Per quanto le tecniche di Pma siano migliorate, e si siano diversificate, non riusciamo a riportare indietro l’orologio biologico […] C’è solo da augurarsi che le coppie piene di sogni, e con le idee poco chiare, non incontrino medici decisi a incoraggiarle, anzi a illuderle”.

L’età insomma non si riporta indietro: dopo i 30-35 anni le possibilità di rimanere incinta iniziano a calare vertiginosamente. Ne consegue che la prima condizione per non precludersi la possibilità di diventare genitori è quello di fare i figli quando si è ancora giovani e l’apparato riproduttivo si trova nella sua condizione ottimale.

 

2) I fattori ambientali e i comportamenti errati

Il secondo fattore di prevenzione è quello di evitare tutti quei comportamenti forieri di sterilità sia nell’uomo che nella donna, un fenomeno che per diversi motivi si dimostra in crescita nel mondo Occidentale. Salvatore Mancuso, presidente del Comitato etico del Policlinico Gemelli, punta l’indice contro l’inquinamento spiegando che

“le cause di sterilità coniugale sono molto aumentate perché l’inquinamento atmosferico e alimentare ha provocato alterazioni nelle genetica della fertilità, inducendo mutazioni e quindi creando condizioni in cui la sterilità si è molto accresciuta, soprattutto negli uomini”[10].

Altre cause foriere di sterilità sono da ricondurre alle scelte dei singoli e agli stili di vita come: abuso di alcool, droga, fumo, vita sedentaria, stress, contraccezione artificiale, aborti volontari… Tutti questi fattori possono compromettere la fecondità, che è una capacità fisiologica dell’organismo di cui bisogna prendersi cura se si vuole che funzioni correttamente quando si vorrà diventare genitori. Eleonora Porcu osserva:

È importante seguire corretti stili di vita, e insegnare ai ragazzi a essere consapevoli del significato di fertilità. Dovrebbero sapere che occorre evitare le malattie sessualmente trasmissibili, le alterazioni metaboliche, il fumo, l’alcool e le sostanze tossiche che danneggiano spermatozoi e ovuli[11].

Infertilità e sterilità sono anche associate al ricorso alla contraccezione artificiale. Come abbiamo visto qui, la contraccezione artificiale può compromettere la fecondità maschile e femminile, sia perché aumenta il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili, foriere di infertilità e, se trascurate, di sterilità; sia per la sua azione di blocco forzoso dell’ovulazione che può pregiudicare il funzionamento degli organi riproduttivi femminili; sia perché favorisce le infiammazioni, con conseguenti effetti deleteri sulla capacità riproduttiva maschile e sull’apparato genitale femminile. Quindi, evitare di ricorrere alla contraccezione artificiale è un altro elemento che permette di preservare la propria fecondità.

I metodi naturali di regolazione della fertilità risultano vincenti non solo nei confronti della provetta ma anche sulla contraccezione artificiale, perché non hanno effetti negativi sulla salute né sulla fecondità e perché non costano nulla. I metodi naturali rappresentano pertanto l’opzione migliore, non solo per le coppie con problemi di fertilità che desiderano avere un bambino, ma anche per le coppie sane che desiderano portare avanti una procreazione responsabile ed etica.

Infine, come abbiamo visto qui, anche l’aborto volontario può essere foriero di futura sterilità. Chi in passato ha abortito ha un rischio più alto di soffrire di infertilità e sterilità futura, per una serie di fattori. L’aborto farmacologico (con l’Ru486), in particolare, può compromettere future gravidanze perché aumenta il rischio di gravidanze extrauterine, di chiusura di una tuba, di aborti spontanei ed endometriosi. Il chirurgo Carlo Flamigni ha scritto nel suo “La procreazione assistita” (Il Mulino, 2002, pp. 10 e 24) che “aborto e uso di anticoncezionali endouterini” sono tra le “cause possibili di sterilità meccanica[12]. E la ginecologa abortista Alessandra Kustermann ha confermato, sulla rivista Micromega n. 7 del 2005, che con l’aborto chirurgico “permangono dei rischi che possono determinare anche conseguenze di lungo periodo per la donna: per esempio un’infezione grave o una perforazione uterina” che “può determinare una sterilità permanente[13].

Quindi, analizzando la cosa dal mero punto di vista della salute della donna, chi si trovi a dover fare i conti con una gravidanza indesiderata e non voglia correre il rischio di scoprirsi sterile in futuro, dovrebbe scegliere di portare a termine quella gravidanza anziché sottoporsi all’aborto.

 

I METODI NATURALI

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I metodi naturali contro l’infertilità abbinano la prassi della regolazione naturale della fertilità alla cura delle cause che determinano l’incapacità a concepire, cause che – come abbiamo accennato – possono essere di diversa natura: cattivi stili di vita (fumo, alcol, vita sedentaria, stress, ecc.), contraccezione artificiale prolungata nel tempo, infezioni batteriche e virali, infiammazioni, malattie ginecologiche femminili (ovaio policistico, endometriosi, ecc.), malattie andrologiche maschili (varicocele), problemi ormonali che determinano disordini nell’ovulazione, scarsità o bassa qualità degli spermatozoi, problemi psicologici, ecc.

La pluralità delle cause e le variabili che intervengono nel determinare l’infertilità di coppia rendono pertanto necessario un iter diagnostico approfondito e un approccio al problema di tipo globale, affinché gli ostacoli che precludono il concepimento non siano semplicemente bypassati – come nel caso della fecondazione artificiale – ma rimossi.

Il professore Riccardo Marana è direttore all’Istituto Scientifico Internazionale Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità (ISI) del Policlinico Gemelli, una struttura nata per sviluppare la ricerca sulla fertilità umana tramite la definizione di metodiche naturali per la regolazione della natalità e con l’intento di individuare soluzioni naturali alla sterilità di coppia. L’ambulatorio dell’ISI si avvale di un’équipe multidisciplinare formata da ginecologo, andrologo, endocrinologo, chirurgo della riproduzione e psicologo, perché – afferma il professor Marana – il nostro obiettivo è quello di farci “carico globalmente dei due aspiranti genitori, con una gestione clinica unitaria[14].

L’ISI ha iniziato la sua attività nel 2003 e da allora sono moltissime le coppie che sono state seguite e curate riuscendo a concepire in modo spontaneo: “Sono oltre 5.700 le coppie valutate sino a oggi per sterilità da aprile del 2003 – rende noto Marana -; 850 le gravidanze sino a oggi, ossia circa il 15%. Nella nostra esperienza abbiamo visto che in molti casi è possibile rimuovere la cause di sterilità, e in particolare ottenere un buon successo anche in situazioni nelle quali la tendenza generale è spesso quella di proporre il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale[15].

Il mancato concepimento – chiarisce Marana – è spesso dovuto a un problema alle tube: “Molte delle coppie che vengono subito inviate alla Pma hanno una diagnosi di occlusione tubarica prossimale, cioè la chiusura delle tube all’inizio dell’utero”. In queste situazioni un intervento chirurgico in laparoscopia può essere risolutivo: “Su pazienti selezionate abbiamo avuto una percentuale di successo di gravidanza naturale con bambini in braccio pari al 30%”. La sterilità di origine tubarica è provocata nella maggior parte dei casi da una malattia infiammatoria pelvica originata da agenti infettivi sessualmente trasmessi: “Dopo un singolo episodio di questa patologia – sottolinea Marana – il rischio di sterilità è del 12%, ma in caso di episodi ripetuti può arrivare fino al 50%”. In questi casi “la diagnosi precoce e l’intervento terapeutico tempestivo costituiscono il miglior mezzo per prevenire le sequele sulla fertilità”.

Un’altra patologia associata alla sterilità femminile è l’endometriosi, ossia la presenza di tessuto endometriale in sedi differenti dalla cavità uterina. “Questa patologia – spiega il direttore dell’ISI – è presente nel 7-10% delle donne in età riproduttiva. Il 30-35% delle donne con endometriosi ha problemi di sterilità. Dal 25 al 50% delle donne sterili è affetta da endometriosi”. Ebbene, in questi casi “abbiamo dimostrato che dopo chirurgia laparoscopica le percentuali di gravidanza a termine salgono al 55%”.

In generale – precisa Marana – “nel nostro centro il 30% delle gravidanze è stato ottenuto grazie a un intervento chirurgico, mentre il 15% delle gravidanze riguarda pazienti che hanno risolto problemi alla tiroide e all’ovulazione”.

All’ISI si sono ottenuti risultati positivi anche quando il problema dell’infertilità è risultato a carico dell’uomo, con l’ottenimento di gravidanze anche in presenza di un numero di spermatozoi molto basso o con scarsa motilità.

La dottoressa Paola Pellicanò, ginecologa del Centro studi e ricerche per la regolazione naturale della fertilità dell’ISI, spiega che i metodi di regolazione naturale della fertilità non hanno solo lo scopo di studiare i ritmi della fertilità della donna ma hanno anche una funzione diagnostica. “L’infertilità è spesso sintomo di altri problemi” sottolinea la ginecologa, “in queste situazioni i metodi naturali forniscono un prezioso approccio di prevenzione e di diagnosi, perché già dalle semplici osservazioni della donna si possono individuare eventuali alterazioni nel ciclo che facciano sospettare patologie specifiche, consentendo di affrontarle precocemente e quindi con un migliore risultato terapeutico, nonché di indirizzare in modo più mirato ad accertamenti di livello superiore”.

I metodi naturali di regolazione della fertilità – aggiunge Pellicanò – sono “uno strumento scientificamente valido di conoscenza della fertilità della coppia e del periodo di massima fertilità: la nostra esperienza mostra circa un 65% di concepimenti in coppie che li usano nella ricerca della gravidanza, ivi inclusi casi di infertilità”. Inoltre, tali metodi si caratterizzano per “un approccio più umano e meno tecnico” fatto anche di tempo dedicato all’ascolto e all’accompagnamento della coppia perché – precisa Pellicanò – “la fertilità non è solo un problema biologico ma è la somma di elementi complessi delicatissimi: il vissuto delle singole persone, l’amore della coppia, la vita unica di un nuovo essere umano: il figlio”.

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Accoglienza, ascolto e condivisione costituiscono il primo approccio verso le coppie da parte dei Centri per la regolazione naturale della fertilità. Giancarla Stevanella – presidente della Confederazione italiana Centri RNF (per la Regolazione Naturale della Fertilità) e presidente di Iner Italia (Istituto per l’Educazione alla Sessualità e alla Fertilità) – racconta:

Quando incontriamo le coppie con problemi di fertilità capiamo che sono colme di un carico psicologico enorme, in cui la tensione a un unico obiettivo che non riescono a raggiungere mette in crisi i fondamenti stessi della coppia. Arrivano con un atteggiamento piuttosto sfiduciato nei confronti della tecnica medica, perché ormai c’è questo pensiero diffuso che la medicina risolva sempre tutto e non sono preparati al fallimento. Per questo la prima cosa che facciamo è farli ritrovare il rispetto di se stessi, la serenità. Chiediamo di fermarsi e di ritrovarsi, di fare un percorso che li aiuti a distinguere tra fertilità biologica e fecondità, che invece è un concetto molto più ampio e apre a scoprire la vocazione della coppia stessa”.

Stevanella prosegue:

Negli ultimi anni abbiamo notato un aumento significativo delle coppie che cercano un’alternativa per concepire. Noi non diamo un giudizio sulle loro intenzioni né sulle loro esperienze precedenti, semplicemente li accogliamo e li ascoltiamo. Quando arrivano al nostro centro spesso sono reduci da terapie, stimolazioni o cicli di fecondazione artificiale non riusciti. Sono stanchi e demoralizzati e, in un certo senso, ci vedono quasi come ultima spiaggia. Soprattutto pensano di essere soli nella loro sofferenza. Per questo abbiamo attivato, in via sperimentale, un gruppo di auto mutuo aiuto formato da coppie che attraversano questa problematica. Siamo solo agli inizi, ma notiamo che questo percorso di accompagnamento e di condivisione accresce la fiducia e crea un atteggiamento propositivo[16].

Di successo dei metodi naturali rispetto alla Fiv parla anche la dottoressa Elena Giacchi, ginecologa del centro studi e ricerche per la regolamentazione naturale della fertilità dell’Università Cattolica. “Su una casistica di 297 coppie che hanno seguito i metodi naturali – spiega Giacchi -, il 71% è riuscita a concepire un bambino”. Inoltre – prosegue la dottoressa – “dalle analisi emerge anche l’efficacia dei metodi naturali nel rintracciare le cause dell’infertilità. Attraverso il metodo sintotermico Roetzer si è scoperto che il 19% delle coppie che lo ha utilizzato soffriva di una patologia. Di quelle che hanno seguito il Camen ad avere una patologia era il 12% delle coppie, mentre con il Billings, che possiede la casistica più grande, si sale al 40”. Si tratta di un risultato importante che permette alle coppie che hanno una patologia di curarla, “cosa che non accade durante i percorsi di fecondazione artificiale, che anzi cercano di aggirare il problema con metodi invasivi, innaturali e violenti[17].

La dottoressa Medua Boioni Dedé – vicepresidente della Confederazione italiana dei Centri RNF – pone l’attenzione sull’aspetto economico, specificando che “per seguire i nostri corsi non si paga: ad affiancare le coppie sono esperti che operano gratuitamente. Se ci sono costi, sono solo legati ai normali esami ospedalieri nel caso di sospetto di patologie”.

Francesco Sasso, chirurgo di uro-andrologia dell’Università Cattolica di Roma, denuncia “la disinformazione imperante che conduce spesso verso percorsi inutili e dispendiosi” mentre “se le patologie maschili fossero curate in maniera appropriata, gli uomini potrebbero guarire e concepire un figlio senza ricorrere a tecniche extra-corporee”.

La sterilità maschile – continua Sasso – “affligge circa il 35% degli uomini. Il varicocele, la dilatazione varicosa delle vene dei testicoli, che colpisce circa 1 uomo su 5 e riguarda più o meno il 40% delle coppie infertili, ad esempio, può essere risolto chirurgicamente nel 15-20% dei casi. Senza alcun bisogno di ricorrere alla Pma. Ci sono poi le prostatiti, che colpiscono dal 30 al 50% degli uomini sessualmente attivi, facendo morire i loro spermatozoi, e che sono curabili con terapia medica. La guarigione, in questo caso, è di circa la metà dei casi. Eppure la maggioranza ricorre comunque alla Pma”. “Data l’ignoranza sulle cause reali della propria sterilità – conclude Sasso -, le coppie ripetono i trattamenti [di Pma] più volte con oneri gravi oltre che con conseguenze psicologiche e fisiche tutt’altro che irrilevanti[18].

Il ramo più giovane tra i metodi naturali per la regolazione della fertilità è quello della “naprotecnologia” (“Tecnologia per la procreazione naturale”), ideata dal ginecologo e chirurgo americano Thomas Hilgers, direttore dell’Istituto Paolo VI per gli studi sulla riproduzione umana a Omaha nel Nebraska. La naprotecnologia si basa sul modello Creighton, cioè l’osservazione rigorosa e scientifica del funzionamento del ciclo femminile: andamento e cambiamenti dei biomarcatori del ciclo (muco cervicale e altre perdite), che vanno annotati in una tabella. L’interpretazione dei dati contenuti nella tabella aiuta a fornire la diagnosi delle cause dell’infertilità e, quindi, la terapia più appropriata per curarla che, a seconda dei casi, può essere farmacologica, chirurgica o endocrinologica. Il risultato finale è una percentuale di nati vivi fra il 50 e il 60% del totale delle coppie che eseguono i trattamenti per un massimo di due anni (ma la maggior parte concepisce nel primo anno), contro una media del 20-30% fra chi ricorre ai cicli della fecondazione in vitro (generalmente sei cicli).

Per capire meglio come funziona questo metodo può essere utile ascoltare un esempio concreto riportato da Raffaella Pingitore – medico naprotecnologo che lavora in Svizzera – riguardante una donna di 36 anni in cerca di una gravidanza da otto anni e con cinque fecondazioni artificiali fallite alle spalle. Racconta Pingitore: “Le ho fatto registrare la tabella dei marcatori della fertilità e abbiamo notato che aveva un ciclo regolare, con un buon muco fertile, una fase di muco fertile soddisfacente, ma dei livelli ormonali al settimo giorno dopo l’ovulazione, un po’ bassi, il che indica un’ovulazione un po’ difettosa. Aveva anche dei sintomi di endometriosi […]. In questo caso è stata eseguita una laparoscopia, è stata trovata l’endometriosi e sono stati asportati i focolai di endometriosi sull’utero, sulle ovaie e sulle tube. Si è poi proseguita la cura anche con dei farmaci[19]. Il risultato? Un anno dopo la donna è rimasta incinta spontaneamente. “La naprotecnologia è destinata a diffondersi – aggiunge Pingitore -, non fosse altro che per un discorso legato ai costi, nei quali vanno calcolati anche gli effetti collaterali della pratica della fecondazione assistita: non dimentichiamo che i bambini che nascono con quella tecnica hanno più probabilità di malformazioni e problemi di salute di quelli che nascono in modo naturale”. “Prima, però, occorre sconfiggere la lobby della procreazione assistita – conclude Pingitore -. È una lobby miliardaria, che arricchisce centinaia di persone e che non si lascerà mettere i bastoni tra le ruote tanto facilmente[20].

Il dottor Barbato ha riportato i risultati di un progetto intitolato “Serenità” “in cui sono state messe a confronto per tre anni tre categorie di donne identiche che hanno fatto ricorso alla Rnf o alla Fiv”. Lo studio ha evidenziato chiaramente “le percentuali di maggior successo della Rnf” che sono arrivate “fino a 40%, senza le complicanze, sia fisiche sia morali, legate alla fecondazione artificiale, che invece ha un successo del 25% nel migliore dei casi[21]. Da tutte queste osservazioni emerge quindi un ulteriore vantaggio che i metodi naturali hanno rispetto alla Fiv, da aggiungere a quelli già specificati all’inizio: il loro maggior successo anche in termini di conseguimento della gravidanza.

 

TRE TESTIMONIANZE

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Sara e Luca

Conosco diverse coppie che non riescono ad avere figli e hanno percorso la classica via della medicina occidentale, con le sue varie modalità più o meno invasive. Anche se non avere figli è veramente una delle difficoltà più grandi da accettare, dai loro racconti ho capito che quella strada non faceva per noi, perché avrebbe tolto al nostro desiderio di essere genitori quella tenerezza e quella umanità che a mio avviso sono indispensabili.

Con la nostra insegnante dei metodi naturali abbiamo continuato il nostro percorso per alcuni mesi, acquisendo sempre più competenza su quella che era la mia situazione. Grazie a lei sono riuscita a contattare un medico che mi ha aiutato a comprendere la ragione del mio malessere dell’ultimo anno (ero semplicemente intollerante ad alcuni alimenti e ciò aveva indebolito il mio corpo a tal punto da non riuscire a portare avanti una gravidanza); mi ha accolto con la stessa umanità con cui mi aveva accolto la mia insegnante. Dopo pochi mesi di cure il mio corpo ha ripreso a ‘funzionare’. E finalmente sono rimasta incinta!

Sara e Luca[22].

 

Maria e Massimiliano

Racconta Maria: “Ci siamo sposati nel ’99. All’inizio abbiamo temporeggiato un po’, poi però col passare degli anni, nonostante il desiderio di allargare la famiglia, non riuscivo a rimanere incinta”. Iniziano allora le visite dal ginecologo e gli esami di routine: “Andai all’ospedale a Grosseto e dopo un esame che dovetti ripetere due volte mi diagnosticarono la chiusura delle tube”. Ma il ginecologo, invece di provare a risolvere il problema, la indirizza subito verso la fecondazione in vitro: “Visto che le cose tramite Asl vanno per le lunghe, mi indirizzò subito a fare la fecondazione assistita in un centro privato a Siena”.

Maria prosegue: “Non potrò mai dimenticare la freddezza di queste persone, una cosa spaventosa. Anche il giorno in cui mi dissero che la fecondazione non era riuscita bene, un pochino di delicatezza me la sarei aspettata. E invece, niente. Al telefono era difficile contattarli. Eppure prima, quando staccavo gli assegni, erano tutti contenti, rispondevano sempre…”.

Di quel periodo Maria ricorda la trafila al centro privato di Pma, che gli è costato più di 6mila euro, un periodo difficilissimo fatto di ansia, stress, farmaci, sbalzi d’umore, anestesia, sofferenza psicologica e fisica, senso di fallimento… finché assieme al marito, e grazie al  suggerimento di una cugina, non decidono di intraprendere un’altra strada.

La coppia contatta l’Isi guidato dal professor Marana: “Quando decisi di provare pensai che anche loro non mi avrebbero dato speranze. E invece mi sottoposero ad altri controllo approfonditi”. Proprio grazie a uno di questi controlli si scopre che Maria ha delle aderenze a livello tubarico che possono essere risolte tramite un intervento in laparoscopia. Per la coppia è la fine di un incubo: un anno e mezzo dopo arriva la gravidanza, in modo naturale, con la nascita di una bambina che ad agosto 2016 compirà otto anni[23].

 

Cristina e Alessandro

Cristina: “La seconda gravidanza non arrivava e mi hanno consigliato di venire qui a Roma, all’Isi, per sottopormi a una prima visita. A Viterbo non esistono centri di fertilità. Semmai ci saremmo dovuti rivolgere a strutture private. Mi hanno fatto subito una serie di analisi per controllare la presenza di eventuali malattie. Hanno scoperto così che avevo una forte infezione, che aveva provocato la chiusura delle tube”.

Cristina descrive il suo percorso fallimentare con il problema dell’infertilità prima di approdare all’Istituto Scientifico Internazionale del professor Marana: “Qui al Centro hanno riconosciuto il tipo di problema che avevo un paio di mesi dopo dalle analisi del sangue. La ginecologa alla quale mi ero rivolta prima, invece, dopo due anni ancora non se n’era accorta. In passato, mi hanno anche prescritto fermenti lattici. Sostenevano che il mio era un blocco di natura psicologica. Mi consigliavano di rilassarmi, di andare in vacanza”. Il marito Alessandro aggiunge: “Prima di arrivare all’inseminazione artificiale bisogna provare altre vie. Come abbiamo fatto noi. Io avevo consultato un medico a Viterbo. Mi ha detto: ‘vieni, facciamo subito la fecondazione in vitro’. Come compenso per la prima visita aveva richiesto 400 euro. Qui basta pagare solo il ticket”.

Cristina viene sottoposta a un intervento mini invasivo per risolvere il problema di occlusione tubarica e, dopo una degenza di un paio di giorni, può tornare a casa: “Molte donne immaginano che il percorso chirurgico sia molto duro da sopportare – osserva -, e invece secondo me un’inseminazione artificiale è anche peggio”. La vicenda ha un epilogo felice: un po’ di settimane dopo arriva finalmente la seconda gravidanza, in modo del tutto normale[24].

 

CONCLUSIONE

 

Alla luce di quanto visto, possiamo pertanto concludere che i metodi naturali battono la Fiv su tutta la linea, costituendo la miglior scelta per la realizzazione del bene comune. I metodi naturali, infatti, al contrario della fecondazione artificiale, non hanno effetti collaterali per la salute di donne e nascituri; non baypassano il problema ma cercano di risolverlo alla radice; sono molto più efficaci in termini di ottenimento della gravidanza; non defraudano i genitori del ruolo fondante di datori di vita; rispettano la dignità di tutti i soggetti coinvolti; costano poco o nulla, con grandi vantaggi economici non solo per le coppie che li scelgono ma anche per la sanità pubblica.

Per tutti questi motivi lo Stato, che ha il precipuo dovere di realizzare il bene comune, dovrebbe promuovere e incentivare tali metodi con tutti i mezzi a sua disposizione smettendola, una volta per tutte, di fare unicamente gli interessi (anche dal punto di vista legislativo) di pochi gruppi lobbistici che si arricchiscono sulla pelle delle persone e a discapito, appunto, del bene comune.

 

Note

[1] Michele Aramini, La Procreazione Assistita, Paoline, Milano 1999, p. 177.

[2] Luciano Moia, “Metodi naturali, terapia per l’intera vita di coppia”, Avvenire, 13 giugno 2015.

[3] Benedetta Frigerio, “Sulla pelle di fratello embrione”, Tempi, 21 settembre 2011, pp. 26-28.

[4] Graziella Melina, “Meglio infertili che sani: è il business della provetta”, Avvenire, 18 aprile 2013.

[5] G. Melina, art. cit.

[6] Graziella Melina, “Coppie infertili, illusioni in provetta”, Avvenire, 30 aprile 2015.

[7] Graziella Melina, “Infertilità, prevenirla ora è un dovere”, Avvenire, 4 giugno 2015.

[8] G. Melina, art. cit.

[9] Daniela Natali, “Fecondazione assistita, non tutto è possibile e non è possibile sempre”, Corriere della Sera, 27 gennaio 2013.

[10] G. Melina, art. cit.

[11] G. Melina, art. cit.

[12] Citato da Antonio Socci, Il genocidio censurato, Piemme, Casale Monferrato 2006, p. 108.

[13] A. Socci, op. cit., pp. 109, 110.

[14] Emanuela Vinai, “Cure per la sterilità più efficaci della provetta”, Avvenire, 9 agosto 2014.

[15] Graziella Melina, “Infertilità, prevenirla ora è un dovere”, Avvenire, 4 giugno 2015.

[16] Emanuela Vinai, “Ascolto e accettazione: così si cura una coppia sterile”, Avvenire, 28 febbraio 2014.

[17] Benedetta Frigerio, “Presentati i nuovi dati sui metodi naturali come rimedio all’infertilità: hanno successo nel 71 per cento dei casi”, www.tempi.it, 2 marzo 2014.

[18] Benedetta Frigerio, “Senza curare le cause della sterilità nemmeno la Pma porta a una gravidanza”, www.tempi.it, 25 ottobre 2014.

[19] Erica De Ponti, “Naprotecnologia: vincere l’infertilità in modo etico e naturale”, www.uccronline.it, 16 dicembre 2012.

[20] Rodolfo Casadei, “Fecondazione assistita? La ‘napro’ è più efficace ed è ‘cattolicamente corretta’. Infatti nessuno ne parla”, www.tempi.it, 21 luglio 2013.

[21] Benedetta Frigerio, “A Milano il Congresso mondiale dei ‘metodi naturali’. Ecco perché battono la provetta 40 a 25”, www.tempi.it, 6 giugno 2015.

[22] La testimonianza è riportata in: Angela Maria Cosentino, Testimoni di speranza. Fertilità e infertilità, dai segni ai significati, Edizioni Cantagalli, Siena, 2008. Citata in BastaBugie n. 351 del 30 maggio 2014, www.bastabugie.it.

[23] Graziella Melina, “Pressing per la provetta, ma ora l’alternativa c’è”, Avvenire, 30 maggio 2013.

[24] Graziella Melina, “Un sostegno decisivo per evitare la fecondazione assistita”, Avvenire, 1 marzo 2013.

 

 

 

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