CRISTO SOFFRE NELLA SOFFERENZA DELL’UOMO. Il Gaudio del Vangelo.

Scimus Christum surrexisse a mortuis vere

Nell’esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, Papa Francesco non affronta in modo organico il tema della sofferenza, del dolore e della morte, pur tuttavia,  richiama più volte l’insegnamento di San Giovanni Paolo II in due suoi testi informati all’annuncio gioioso della vittoria del dolore salvifico sulla morte.  Soprattutto, riprendendo il suo Magistero, indica ripetutamente un annuncio gioioso anche quando si parla di sofferenza e di morte. Quando si vuole far capire agli altri, ai lontani, ai più piccoli, il nocciolo della fede, ecco ritornare l’annuncio della gioiosa vittoria sulla morte.

 

Per la Chiesa il punto di partenza non sono le domande dell’uomo

su Dio se non per una strategia didattica oggi comune e che la Chiesa tiene in considerazione, ma l’annuncio da parte di Dio misericordioso, che si dona donando salvezza. Anche per il semplice motivo che le interminabili considerazioni dell’uomo, che riflette sulla propria sofferenza, non hanno mai portato alcuna consolazione, ma spesso, ulteriori drammi.

 

Alcune sfide oggi

Nella Evangelii Gaudium Papa Francesco scrive:

  1. Dopo aver preso in considerazione alcune sfide della realtà attuale[1], desidero ora ricordare il compito che ci preme in qualunque epoca e luogo, perché « non vi può essere vera evangelizzazione senza l’esplicita proclamazione che Gesù è il Signore », e senza che vi sia un « primato della proclamazione di Gesù Cristo in ogni attività di evangelizzazione ».[77] Raccogliendo le preoccupazioni dei Vescovi asiatici, Giovanni Paolo II affermò che, se la Chiesa « deve compiere il suo destino provvidenziale, l’evangelizzazione, come gioiosa, paziente e progressiva predicazione della morte salvifica e della Risurrezione di Gesù Cristo, dev’essere la vostra priorità assoluta »[2]. Questo vale per tutti.
  2. … Sulla bocca del catechista torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”. Quando diciamo che questo annuncio è “il primo”, ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, … »[3].
  3. … Quando si riesce ad esprimere adeguatamente e con bellezza il contenuto essenziale del Vangelo, sicuramente quel messaggio risponderà alle domande più profonde dei cuori: « Il missionario è convinto che esiste già nei singoli e nei popoli, per l’azione dello Spirito, un’attesa, anche se inconscia, di conoscere la verità su Dio, sull’uomo, sulla via che porta alla liberazione dal peccato e dalla morte. L’entusiasmo nell’annunziare il Cristo deriva dalla convinzione di rispondere a tale attesa »[4]. …

 

Il dono di Gesù al suo popolo

  1. Sulla croce, quando Cristo soffriva nella sua carne il drammatico incontro tra il peccato del mondo e la misericordia divina, poté vedere ai suoi piedi la presenza consolante della Madre e dell’amico. In quel momento cruciale, prima di dichiarare compiuta l’opera che il Padre gli aveva affidato, Gesù disse a Maria: « Donna, ecco tuo figlio! ». Poi disse all’amico amato: « Ecco tua madre! » (Gv 19,26-27). Queste parole di Gesù sulla soglia della morte non esprimono in primo luogo una preoccupazione compassionevole verso sua madre, ma sono piuttosto una formula di rivelazione che manifesta il mistero di una speciale missione salvifica. Gesù ci lasciava sua madre come madre nostra. Solo dopo aver fatto questo Gesù ha potuto sentire che « tutto era compiuto» (Gv 19,28).  Ai piedi della croce, nell’ora suprema della nuova creazione, Cristo ci conduce a Maria. Ci conduce a Lei perché non vuole che camminiamo senza una madre, e il popolo legge in quell’immagine materna tutti i misteri del Vangelo. … L’intima connessione tra Maria, la Chiesa e ciascun fedele, in quanto, in modi diversi, generano Cristo, è stata magnificamente espressa dal Beato Isacco della Stella: « Nelle Scritture divinamente ispirate, quello che si intende in generale della Chiesa, vergine e madre, si intende in particolare della Vergine Maria […] Si può parimenti dire che ciascuna anima fedele è sposa del Verbo di Dio, madre di Cristo, figlia e sorella, vergine e madre feconda […]. Cristo rimase nove mesi nel seno di Maria, rimarrà nel tabernacolo della fede della Chiesa fino alla consumazione dei secoli; e, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele, per i secoli dei secoli »[5].

Familia Dei

 

La famiglia nasce sulla croce, e dal Crocifisso, a immagine e somiglianza della Familia Dei, la SS. Trinità. « Donna, ecco tuo figlio! ». … « Ecco tua madre! » (Gv 19,26-27)… Gesù ci lasciava sua madre come madre nostra. Solo dopo aver fatto questo Gesù ha potuto sentire che « tutto era compiuto » (Gv 19,28 EG, 285). In questo  scambio di relazioni, tra Cristo e Giovanni, tra la Divina Maternità di Maria e la Maternità per l’umanità, si assiste al compimento della redenzione, nella sofferenza liberamente accettata da Cristo e da Maria. In questo si realizza la redenzione.

Maria è resa partecipe dell’unica mediazione di Cristo (cf 1Tim 2, 5 e CCC 618). Ma la Chiesa , nel Magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che ogni singolo peccatore è realmente causa  e strumento delle … sofferenze del divino Redentore (Catechismo Romano, 1, 5, 11; cf  Eb 12, 3. Citato in CCC 598). Ciascuno è responsabile del più grave supplizio di Gesù (cf CCC 598). Gesù rende questa responsabilità via alla trasformazione delle relazioni tra l’uomo e Dio  Padre, perché Dio ha a cuore, dall’eternità, la sua salvezza, affinché egli viva.

Cosa manca, allora, alla sofferenza di Cristo, perché questa sofferenza, il cui dolore è reso salvifico da Cristo, compia la sua missione?

La Madre di Dio ha posto il suo contributo di dolore, accompagnando, passo passo, il dolore del Figlio; dolore che è stato centrale nella Sacra Famiglia, famiglia terrena, obbediente a Dio, che imparò l’obbedienza dall’umano soffrire.

 

Manca il dolore di ciascuno di noi. Somigliare alla divina umanità sofferente di Cristo permette di partecipare alla missione di Gesù. Qui, l’uomo, da peccatore, diviene co-redentore, come Maria è co-redentrice.

Qui il peccatore entra nel dialogo di Cristo con il Padre. Egli, pur prossimo a morire, Lo prega  ed è uno solo con Lui.

Come Cristo entra, con l’umanità assunta, nella vita divina, attraverso la morte, così, ciascun peccatore redento, nella sua vicenda terrena, entra nella vita divina.

Come la Famiglia di Gesù è stata resa partecipe della Famiglia di Dio, la SS. Trinità, così, ogni famiglia terrena, in Cristo Redentore, vivendo l’amore delle relazioni familiari nella luce di Cristo, in uno scambio di carità tra i membri che la compongono, è assunta alla vita divina fino alla croce, impossibile all’uomo.

Come il Padre è Padre, poiché ha il Figlio; come il Figlio è Figlio, perché ha il Padre, essendo  l’Uno e l’Altro eterni, il loro reciproco amore, lo Spirito, è esso stesso Amore e Persona. Nessuno di Essi viene meno a questa unità anche nella vicenda terrena di Gesù, così ogni uomo, nella famiglia, costituita nella Benedizione di Dio, vive di questa reciprocità delle Persone Divine ed ha la forza di affrontare ogni dolore, prima oscuro.

Per questo, il Papa, in Amoris Laetitia, guarda amorevolmente ogni sofferenza della famiglia “nel mondo” (AL, 21), chiamata a non essere “del mondo” (Gv 17, 15).

Beato Angelico, Fuga in Egitto, 1451-1453, Armadio degli argenti.

Museo Nazionale di San Marco, Firenze

« Gesù stesso nasce in una famiglia modesta, che, ben presto, deve fuggire in una terra straniera. Egli entra nella casa di Pietro dove la suocera di lui giace malata (cfr Mc 1,30-31); si lascia coinvolgere nel dramma della morte nella casa di Giairo e in quella di Lazzaro (cfr Mc 5,22-24.35-43; Gv 11,1-44); ascolta il grido disperato della vedova di Nain davanti a suo figlio morto (cfr Lc 7,11-15); accoglie l’invocazione del padre dell’epilettico in un piccolo villaggio di campagna (cfr Mc 9,17-27). Incontra pubblicani come Matteo e Zaccheo nelle loro case (cfr Mt 9,9-13; Lc 19,1-10), e anche peccatori, come la donna che irrompe nella casa del fariseo (cfr Lc 7,36-50). Conosce le ansie e le tensioni delle famiglie e le inserisce nelle sue parabole: dai figli che se ne vanno di casa, in cerca di avventura (cfr Lc 15,11-32), fino ai figli difficili con comportamenti inspiegabili (cfr Mt 21,28-31) o vittime della violenza (cfr Mc 12,1-9). E ancora si preoccupa per le nozze ,che corrono il rischio di risultare imbarazzanti per la mancanza di vino (cfr Gv 2,1-10) o per la latitanza degli invitati (cfr Mt 22,1-10), come pure conosce l’incubo per la perdita di una moneta in una famiglia povera (cfr Lc 15,8-10) ».

« Con questo sguardo, fatto di fede e di amore, di grazia e di impegno, di famiglia umana e di Trinità divina, contempliamo la famiglia che la Parola di Dio affida nelle mani dell’uomo, della donna e dei figli perché formino una comunione di persone, che sia immagine dell’unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’attività generativa ed educativa è, a sua volta, un riflesso dell’opera creatrice del Padre » (AL, 29).

« Davanti ad ogni famiglia si presenta l’icona della famiglia di Nazaret, con la sua quotidianità fatta di fatiche e persino di incubi, come quando dovette patire l’incomprensibile violenza di Erode, esperienza che si ripete tragicamente ancor oggi in tante famiglie di profughi rifiutati e inermi. Come i magi, le famiglie sono invitate a contemplare il Bambino e la Madre, a prostrarsi e ad adorarlo (cfr Mt 2,11). Come Maria, sono esortate a vivere con coraggio e serenità le loro sfide familiari, tristi ed entusiasmanti, e a custodire e meditare nel cuore le meraviglie di Dio (cfr Lc 2,19.51). Nel tesoro del cuore di Maria ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie, che ella conserva premurosamente. Perciò può aiutarci a interpretarli per riconoscere nella storia familiare il messaggio di Dio» (AL, 30).

Egli vuole una famiglia pienamente rinnovata dalla luce divina, capace di asciugare ogni sua lacrima. Proprio attraverso il dono della Misericordia di Dio, recato ad ogni uomo, ad ogni famiglia, dalla Chiesa, il Santo Padre, nella sua lunga esperienza pastorale, ha concepito la misericordia, virtù di Dio e virtù santificatrice, come chiave indispensabile perché ogni dolore riacquisti significato e divenga non solo sopportabile, ma croce di Cristo liberamente abbracciata, come è cantato nella famosa sequenza del sec. XIII, conosciuta come Stabat Mater.

 

Oggi vale la pena di morire

Nella Enciclica sulla Fede, Lumen Fidei, Papa Francesco annuncia per cosa valga la pena di morire:

« Per la sua fede nel sole — afferma san Giustino Martire — non si è mai visto nessuno pronto a morire ». Consapevoli dell’orizzonte grande che la fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo il vero sole, « i cui raggi donano la vita ».A Marta, che piange per la morte del fratello Lazzaro, Gesù dice: « Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio? » (Gv 11,40). Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta.

Qual è la domanda dell’uomo d’ oggi, chiuso nel proprio solipsismo? Dove sei Dio quando …? Il Pontefice  la capovolge e trova motivi ad una morte preziosa. Ci sono motivi validi per morire … Quando si scopre il senso della morte? Quando si scopre Gesù radicato nel Padre, come nella Preghiera sacerdotale (cf Gv 17, 6-13), sì.

 

Se l’amore del Padre non avesse fatto risorgere Gesù dai morti, se non avesse potuto ridare vita al suo corpo, allora non sarebbe un amore capace di illuminare anche le tenebre della morte. Quando san Paolo parla della sua nuova vita in Cristo, si riferisce alla « fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). … Ma noi pensiamo che Dio si trovi solo al di là, impossibilitato ad intervenire nel mondo. Ma, se così fosse , se Dio fosse incapace di agire nel mondo, il suo amore non sarebbe veramente potente, capace di compiere quella felicità che promette. Credere o non credere in Lui sarebbe allora del tutto indifferente. I cristiani, invece, confessano l’amore  potente di Dio, che opera veramente determinando il senso del destino finale, amore che si fa incontrare nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo.

Raffaello Sanzio, 1507 ca. Alte Pinakothek, Monaco di Baviera

 

Il Santo Padre parla della morte in rapporto al Battesimo (42), all’Eucaristia (44), all’Ascensione (45). La morte è collegata alla Incarnazione e Resurrezione, da esse prende luce (54). Infine la morte prende luce come chiamata ad uscire dalla propria terra (56). In sostanza la morte ha un’iniziale risposta quando si entra nei misteri della fede e non prima.

Nell’ultima Enciclica, Laudato si’, ancora non siamo di fronte ad una riflessione organica sulla  sofferenza in/di Dio per l’uomo, ma la parola sofferenza –a riguardo dell’uomo- ricorre in sette paragrafi (19, 29, 79, 80, 152, 208, 241). La parola dolore ricorre una volta al paragrafo 241 e la parola morte tre volte ai paragrafi 48, 213 e 241 ancora.

Apertasi con la lode del Signore per la nostra sorella casa comune, il Papa dedica i paragrafi 1-16 alla nostra preoccupazione per un mondo in sofferenza; 17-61 alla descrizione di quanto sta accadendo sia al mondo che agli uomini, per responsabilità degli uomini.

Già qui emerge chiara una voce che non cede alla tentazione di piegarsi su sé stessi, cercando fuori da sé le responsabilità o il non soccorso. Dal paragrafo 63 al 100 si dà attenzione alla luce della fede sul mondo posto sotto lo sguardo di Gesù. Al 101 ancora un passaggio sulla radice umana dell’attuale dramma. Dal 102 al 158 le relazioni tra globalizzazione, tecnologia, potere, antropocentrismo, diritti, ecologia, bene comune. Da 159 a 162 il principio della giustizia non solo personale, ma nella relazione tra le generazioni. Da 164 a 201 il dialogo in ogni sua implicanza per promuovere la pienezza umana richiamando al senso e alla finalità delle cose (199). Dal 203 al 246 il cammino in un mondo restaurato nella gioia e nella pace con un passaggio cruciale al paragrafo 241 dedicato a Maria, Madre, che ebbe cura di Gesù ed ora ha compassione della sofferenza dei poveri crocifissi.

Il Magistero esprime prossimità agli ultimi, notoriamente nella sofferenza, ma anche sensibili all’annuncio della gioia nella speranza.

 

———————-

[1] Peccato, tristezza, vuoto interiore 1; disagio davanti alla gioia dei poveri 7; limiti dei media 34; la precarietà della vita odierna 52; economia dell’esclusione 54; idolatria del denaro 55-58; iniquità 59-60; predominio e crisi delle ideologie 61-62; secolarizzazione 64-65; crisi della famiglia 66; individualismo 67 ecc; come tutte le esigenze di rinnovamento della Chiesa un po’ ovunque nel documento.

[2] Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Asia (6 novembre 1999), 19: AAS 92 (2000), 451.

[3] Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 26: AAS 84 (1992), 698.

[4] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 45: AAS 83 (1991), 292.

[5] Isacco della Stella, Sermo 51: PL 194, 1863.1865.

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O.F.M.Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Di prossima uscita Gesù è veramente risorto?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

due × uno =