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L’ Arabia Saudita ha in programma di creare un nuovo fondo sovrano per gestire parte della sua ricchezza petrolifera e diversificare i propri investimenti. Secondo fonti vicine, il governo saudita avrebbe chiesto alle banche e alle società di consulenza di presentare proposte per il progetto.

Con il crollo record del prezzo del greggio, sui 30 dollari al barile, le finanze saudite sono allo stremo. Il nuovo fondo potrebbe cambiare il modo in cui decine di miliardi di dollari sono investiti, influenzando così alcuni dei principali gestori al mondo, in particolare negli Stati Uniti, dove sono gestite la maggior parte delle attività estere dell’Arabia Saudita. Il nuovo fondo sovrano dovrebbe idealmente essere creato dai 12 a 24 mesi. Nessun commento da parte del governo”.

La notizia, riportata da Wall Street Italia (15 gennaio 2016) e rimbalzata sul Sole 24 Ore di domenica 3 aprile, occupa piccoli spazi nella stampa specializzata, ma la dice lunga sui silenzi che circondano la monarchia saudita quando si parla di diritti umani. Unica notizia che fa breccia è quella delle pene capitali dove lo stato arabo entra tra i primi al mondo come numero di condanne eseguite.

I sauditi stanno continuando la loro diversificazione finanziaria acquistando mezzo mondo con i loro petrodollari e,vedendo, come è ovvio, che questi non potranno crescere all’infinito, cercano di farli fruttare diversificando, acquistando aziende, ma anche università (ultimi in ordine di tempo i finanziamenti all’Università di Yale) o terreni per far pascolare le loro mucche visto che i prati scarseggiano nel deserto e scarseggia ancora di più l’acqua. Quest’ultima notizia viene dagli Usa dove un’azienda araba del settore lattiero-caseario ha acquistato 4000 ettari nello stato dell’ Arizona, regione arida, ma che vende l’acqua ancora a buon mercato scontentando, magari, i propri cittadini.

Anche l’Africa è nel mirino dei sauditi. Di recente hanno stretto rapporti economici con la Somalia sembra, in funzione anti iraniana, ma i sauditi si stanno riavvicinando anche al loro nemico di sempre, l’Iran sciita, per cercare di mantenere alti i prezzi del petrolio visto il calo della domanda. Apparenti contraddizioni del mondo arabo che rendono difficile capire cosa stanno facendo e pensando le elité di quei paesi, ma una cosa è sicura, il fondo sovrano saudita, con oltre due miliardi di dollari da gestire, continuerà a mettere la sordina a qualsiasi tentativo di portare il dibattito su diritti umani, libertà religiosa o pena di morte. Più o meno come accade per la Cina, altro colosso che ha enormi disponibilità economiche e che investe nel mondo ancora libero. Chi pensava che con la fine del petrolio o la sua sostituzione con combustibili alternativi si sarebbe esaurita la ricchezza delle monarchie arabe resterà deluso.

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