Per non aggiungere violenza a violenza…

nigeria bimbiQual’è l’azione più umana di fronte a bambini concepiti con stupro? “Non si può ripagare violenza con un’altra violenza”. Hanno risposto così i vescovi nigeriani, ribadendo, con parole chiare, quello che la Chiesa ha sempre insegnato: non è mai lecito uccidere il concepito.

Diversi gruppi internazionali, invece, stanno spingendo per risolvere il dramma delle donne stuprate dagli islamisti di Boko Haram offrendo loro di praticare l’aborto di massa. Chiunque non usi trucchi ideologici deve riconoscere che la risposta dei vescovi è di assoluto buon senso, infatti, l’aborto andrebbe solo ad aggiungere violenza a violenza.

“Non è sostenibile”, hanno scritto i vescovi della Nigeria in un comunicato, “l’idea che uccidere i bambini concepiti attraverso lo stupro del terrorista è l’azione più umana da intraprendere in questo caso. Dal momento che i bambini sono ignoranti e innocenti dei reati (aggressività, violenza sessuale, disumanizzazione) compiuti contro le loro madri, non è etico punirli per i peccati e le offese dei loro padri erranti.”

Di parere sottilmente diverso era stata la conferenza episcopale tedesca. Nel 2013, infatti, diramava un comunicato in cui, pur ribadendo che “metodologie medico-farmacologiche che causino la morte dell’embrione, continuano a essere vietate”, indicava che il supporto umano, medico, psicologico e pastorale, rivolto a donne che hanno subito violenza sessuale, può includere anche “la somministrazione della “pillola del giorno dopo”, purché abbia un effetto contraccettivo e non abortivo.” La questione è sottile, in quanto dal punto di vista strettamente scientifico non è affatto pacifico che il meccanismo di azione del levonorgestrel, principio attivo della cosiddetta pillola del giorno dopo, sia esclusivamente anovulatorio, oppure più semplicemente abortivo. Molti dati di ricerca propendono proprio per questa seconda ipotesi, ma, evidentemente, ai vescovi tedeschi la situazione non rileva a sufficienza.

A questo proposito va specificato che il caso di aborto è diverso da quello di somministrazione di pillole anticoncezionali a donne che si trovino a vivere in zone ad alto rischio di violenze. Fu questo il caso delle suore che operavano in Congo negli anni ’60 del secolo scorso, un caso che diede il via alla querelle denominata, non a caso, “pillola congolese”. Tuttavia, anche per ciò che riguarda questa casistica, diversa dalla questione aborto in senso stretto, non c’è mai stato un pronunciamento ufficiale a favore della prassi.

Nel 1993, invece, ci fu un caso del tutto simile a quello dell’attuale Nigeria. Allora furono perpetrati stupri ai danni di suore che si trovavano in Bosnia durante il terribile conflitto balcanico. E Giovanni Paolo II chiese a queste sorelle di non abortire, per non aggiungere violenza a violenza.

Oggi i vescovi nigeriani sottolineano che verso “le donne vittime di azioni criminali da parte degli islamisti di Boko Haram, si estendono particolare interesse ed empatia. Facciamo appello a loro di mantenere la fede in Dio Onnipotente che ha dato loro la forza non comune di affrontare prove e travagli. Inoltre, chiediamo loro di trarre conforto e trarre incoraggiamento dal fatto che Dio ha uno scopo nel loro ruolo di madri per i bambini innocenti che ora portano nel grembo.”

“Il trauma della violenza sessuale e stupro è enorme”, aggiungono i vescovi, “e la Chiesa cattolica in Nigeria, in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà è sempre pronta a fornire tutte le misure di sostegno per accelerare la guarigione, la riabilitazione e il reinserimento delle vittime”. La Chiesa, inoltre, se necessario farà di tutto per favorire l’adozione di questi bambini salvati dall’aborto, mentre non cessano le preghiere rivolte alla Madre celeste, affinchè la violenza di Boko Haram la smetta di tormentare un popolo sempre più in ginocchio. (La Croce quotidiano, 27/05/2015)

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