Humanae vitae, metodi naturali e contraccezione

humanae vitae 01Marina Bicchiega, biologa e insegnate di religione nelle scuole, ha pubblicato uno studio quale piccolo contributo a servizio del prossimo Sinodo sulla famiglia:La regolazione naturale della fertilità: una frontiera della bioetica tra scienza, fede e cultura”.

Si tratta della tesi di laurea magistrale in scienze religiose con specializzazione in didattica, discussa nel luglio 2014 presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Beato Gregorio X” di Arezzo, collegato alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. Il libro, 244 pagine, è autoprodotto tramite il portale youcanprint (ISBN 9788891175021) e con il marchio dell’associazione Casa Betlemme, alla cui fondatrice è stato dedicato in occasione del 50esimo anniversario dell’opera: «Al coraggio di Paolo VI per aver donato al mondo l’Humanae vitae. E alla perseveranza di tutti coloro che, come Flora Gualdani, l’hanno fatta diventare prassi tra la gente». Riportiamo di seguito la quarta di copertina insieme alla prefazione del bioeticista Renzo Puccetti e alla presentazione del relatore Mons. Vittorio Gepponi.

Coniugando scienza e fede, la regolazione naturale della fertilità ci aiuta a scoprire che nella struttura della persona umana è inscritto un Logos, fatto di segni e significati. Il linguaggio di Dio ha una logica che si lascia decifrare dalla ricerca scientifica, e l’uomo moderno capisce che, con la ciclicità della fertilità, la pedagogia del Creatore ha pensato ai giorni dell’astinenza come un preciso percorso di crescita per la coppia.

E’ il capitolo più contestato del magistero cattolico. Ma anche il più frainteso e distorto. La Chiesa è consapevole che, evangelicamente, si tratta di una via stretta: alla portata di tutti ma praticata da pochi. Partendo dal punto di vista scientifico, questo studio illustra il progresso dei metodi naturali nel corso dei decenni, mostrando con i dati ciò che affermava Cicerone: “nessuna scoperta è subito perfetta”. La letteratura medica, ignorata dall’opinione pubblica, oggi attesta il loro successo e la praticabilità anche nei paesi poveri, con esperienze particolarmente significative in India (su iniziativa di Madre Teresa) e in Cina. Pure il mondo femminista da tempo sta mostrando interesse per questa consapevolezza corporea (fertility awareness) da collocare nella questione dell’ecologia umana. Si ripercorre, nella sua linea di continuità, la dottrina cattolica dagli albori fino all’ultimo dibattito alle porte del Sinodo riguardo contraccezione, castità e procreazione responsabile. Il grande coraggio di Paolo VI nella travagliata genesi dell’Humanae vitae, il magistero imponente di San Giovanni Paolo II sull’argomento, da lui incastonato nella teologia del corpo, grazie al contributo intellettuale e sconosciuto di due donne straordinarie: la psichiatra Wanda Półtawska e la ginecologa Anna Cappella. La sua pista di riflessione sull’amore umano, maturata da pastore in mezzo alle coppie. Infine l’analisi di questi insegnamenti nella loro attuazione. Approfondendo lo sguardo, nel panorama mondiale delle esperienze pastorali, su un’opera nata nella campagna toscana durante il Concilio Vaticano II.

PREFAZIONE

“Castità”. Provate a fare un piccolo test: mettete una croce sul calendario ogni volta che ne sentirete parlare nelle omelie delle feste di precetto e alla fine dell’anno contate il numero delle croci. Ho la convinzione che la quasi totalità non avrebbe sul calendario il necessario per fare una singola moltiplicazione. Perché? Forse che l’homo post-conciliaris ha mutato a tal punto la propria anatomia da essere immune dal peccare contro il VI comandamento? Ma esiste ancora una pastorale de sexto? Di più: si crede che esista un tale comandamento? O peggio: si ha ancora fede nell’esistenza di comandamenti?

Nel grande ospedale da campo che è la Chiesa sembra proprio che l’intero padiglione della clinica morale sia stato chiuso, o peggio, sia stato demolito piazzando le cariche ai pilastri portanti della coscienza e del peccato. Non solo la terapia, ma persino la profilassi è svanita. Secondo la regola di Paul Bourget “bisogna sforzarsi di vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce per pensare come si è vissuto”. Sfigurato l’aggiornamento in adattamento, l’uomo ha così finito per perdere persino la percezione dell’esistenza di criteri oggettivi di salute e malattia.

Il risultato è che sciami di persone si aggirano spiritualmente malate fradice fin nel midollo convinte di essere sane come pesci dispensando con gran prodigalità consigli su come mantenersi in forma. Non sorprende che il medico che si limiti ad indicare come veri malanni soltanto la sindrome guerrafondaia e il morbo epulonico goda nel breve di una certa popolarità, stante il fatto che, non avendo il mitra al collo, né la Rolls Royce parcheggiata fuori, nessuno tra le panche della chiesa è incline a ravvisare su di sé i segni di tali mali.

Parlare di castità significa invece misurare la febbre a tutti: consacrati, fidanzati, donne ed uomini sposati con il rischio che qualcuno si trovi con qualche linea sopra il 37, debba sospendere le proprie attività e prendere le medicine. La dottrina della Chiesa sulla inscindibilità dei significati unitivo e procreativo dell’atto coniugale è rimedio imprescindibile per combattere quel morbo terribile che sfigura esseri creati poco meno degli angeli in esseri animati aventi come natura il solo istinto che li conduce a trattare come cose i propri simili.

Questo libro di Marina Bicchiega è né più né meno assimilabile ad un magnifico testo medico che ha la peculiarità di essere dedicato alla prevenzione e cura delle malattie spirituali a genesi genitale. È fondamentale per quei medici specialisti dell’anima che vanno sotto il nome di preti, ma non è meno utile per i genitori, gli educatori, i giovani e gli sposi. Scritto con semplicità mai banale, il testo non si limita a riportare una panoramica letteraria delle altrui conoscenze, ma da ogni pagina trasuda la passione, lo studio, l’esperienza e la dedizione dell’autrice che, seguendo i giganti Santi e Beati, gli scienziati testimoni del Vangelo della vita e della famiglia, e la sua mentore, la piccola grande fondatrice di “Casa Betlemme” Flora Gualdani, guida il lettore alla comprensione della grandezza, bellezza e bontà della scuola bimillenaria della Chiesa.

Sacerdoti, catechisti, laici impegnati nella pastorale familiare, sanitaria, giovanile, e tutti quanti con buona volontà, mettendo da parte i propri eventuali pregiudizi, si accosteranno alla lettura di questo libro, saranno in grado di vedere con occhi nuovi gli effetti devastanti prodotti dall’arrogante violazione del progetto generativo stabilito dal Creatore e riceveranno i fondamenti per consigliare chi desidera porvi rimedio.

Renzo Puccetti *

 * Medico bioeticista, docente presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia. Referente per l’area bioetica della società medico-scientifica Promed Galileo, fa parte della Research Unit dell’European Medical Association. E’membro fondatore dell’Associazione Vita è.

PRESENTAZIONE

Proporre oggi una trattazione sui “metodi naturali” può risultare per qualcuno il cimentarsi in una ricerca di tipo “archeologico”, un po’ da “jurassic park”, ritenendo ormai superata, anche in certi circoli teologico-morali, la questione. Infatti quando oggigiorno l’utilizzo di contraccettivi è diventato un normalissimo e quotidiano fenomeno di massa, l’aggiornamento in materia sarebbe d’obbligo anche per la Chiesa.

E poiché la fatica, il sacrificio, il cercare di capire, sono articoli che al mercato del mondo non si vendono bene, sono molti anche in casa cattolica coloro che pensano di esercitare la carità eclissando la dottrina della Chiesa su questa delicata e cruciale materia. Si tace e si finisce per acconsentire alla diffusione di una significativa ignoranza sull’argomento, così – vuoi per il silenzio dei pastori, vuoi per l’astuzia di chi predilige le discese piuttosto che le salite – va a finire che queste cose non le conosce più nessuno. O che, se si sanno, si sanno distorte, incomplete, senza un perché.

Ben venga quindi un lavoro come quello di Marina Bicchiega, specialmente in un contesto culturale come quello odierno, dove la stessa terminologia (amore, procreazione, ecc.) non appare più univoca o, peggio ancora, viene squalificata. Proporre uno studio e una riflessione tesi a recuperare non solo la genuina accezione terminologica ma avanzare dinamiche e prospettive educative non può che essere motivo di plauso e doverosa attenzione.

Ritengo sia tempo ben impiegato quello dedicato a tale lettura in quanto oggi più che mai c’è l’urgenza e la necessità di recuperare il senso della responsabilità che significa rispondere a qualcuno di qualcosa e che implica una disponibilità alla generosità, tenendosi liberi dai condizionamenti ispirati dalla paura, dall’egoismo, dalla sfiducia, dalla caduta della speranza.

Dobbiamo non aver paura di parlare di amore coniugale “umano”, “totale” e “fedele”, perché queste sono le modalità più corrispondenti a ciò che desidera veramente e profondamente il nostro cuore. Da qui non può essere giustificata l’indifferenza verso i metodi da seguire per una regolazione responsabile delle nascite. Se il fine è la “procreazione responsabile” e non semplicemente il “non concepire” inteso come “esclusione” o “rifiuto” del figlio, allora i “mezzi anticoncezionali” e i “metodi naturali” non si equivalgono moralmente.

Il ricorso ai metodi naturali e l’uso dei mezzi anticoncezionali non producono, infatti, i medesimi effetti né sulla qualità del rapporto di coppia né sull’armonia coniugale. In un caso – con il ricorso ai metodi naturali – i valori della persona umana, della sessualità e dell’amore coniugale strettamente connessi con la procreazione responsabile sono rispettati e promossi; nell’altro caso – con l’uso dei mezzi anticoncezionali – questi stessi valori sono, più o meno direttamente, misconosciuti.

La proposta morale cristiana nella sua oggettività, il punto terminale a cui la Bicchiega sembra volerci condurre, è riassumibile nell’invito non detto ma evidente, a tornare ad un realismo ebraico-cristiano, dopo l’ubriacatura razionalista e poi nichilista. Pure è da sottolineare come si ripropongano concetti forti dell’antropologia cristiana restituendone un significato spesso perduto dai fraintendimenti della cultura moderna. 

Infine un plauso speciale va fatto all’Autrice per aver inserito la bella e significativa esperienza di Casa Betlemme che, giustamente apprezzata e valorizzata altrove, trova spesso indifferenza e insensibilità proprio tra le mura amiche. La speranza è che finalmente ci si accorga di tale tesoro, si valorizzi e si sostenga adeguatamente.    

Mons. Vittorio Gepponi *

*Sacerdote della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, docente presso la Pontificia Università Antonianum di Roma e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Beato Gregorio X” di Arezzo. Nominato da Papa Francesco quale Vicario Giudiziale del Tribunale di Appello del Vicariato di Roma.

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Autore: Libertà e Persona

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