Ciò che la Fede non è.

La fede non ha bisogno di nuovi e aggiornati traduttori dei testi sacri, non ha bisogno di originali interpreti dei sacramenti, di teologi innamorati più della filosofia esistenzialista che del Vangelo. La fede non ha bisogno di ristrutturare le relazioni di potere in seno alla curia e neppure di ridefinire il ruolo del Papa e dei Vescovi secondo la moda del momento. La fede non ha bisogno di inseguire i cantanti e le mode del mondo, di schierarsi con la rivolta o con l’arrendevolezza. La fede non ha bisogno di giustificare ogni aspetto della realtà per spirito di carità, perché il mondo fu giudicato una volta, per sempre; e questo giudizio passò attraverso il sangue e fu un giudizio sul peccato non sui nostri meriti. Si può amare infinitamente il mondo mostrando all’uomo la via che conduce all’inferno assai più che promettendo un paradiso per tutti. Perché l’inferno troppo spesso é in primis ciò che costruiamo senza di Te. La fede è fede in piccoli e grandi segni che passano attraverso le povere mani dei sacerdoti; segni che salvano. La fede non ci possiede mutando il nome di un Papa o di un Vescovo, strutturando diversamente le conferenze episcopali, riequilibrando “ nel modo giusto” i rapporti fra i cardinali. La fede non è questione di progressisti e conservatori e neppure di accomodamenti dentro la teologia morale per rendere attraenti i “ divieti”. La fede non rende ambigui i pronunciamenti magisteriali perché tutti possano autogiustificarsi; e neppure affliggersi con un continuo mea culpa relativo al passato. La fede è credere semplicemente in Cristo, nella Chiesa e nel magistero; non credere a tutto, semplicemente perché Dio parla attraverso ogni uomo. Ma tutto amare ed accogliere senza per questo svendere la propria anima. Solo restando saldi nella corrente secolare della tradizione l’uomo, ogni singolo, potrà trovare conforto dentro il mare in tempesta di questo nostro tempo. Perché la fede é esilio e solitudine, ma anche casa e comunione; la Chiesa non ci salva dalla radicale solitudine dell’avventura umana, ma si presenta come via verso un luogo, come cammino e rifugio. Per questo, troppo spesso l’autonomia del singolo cristiano dalla Chiesa istituzione si traduce prima nell’anticamera del pessimismo, poi, nel muto silenzio incredulo del nichilismo. I sacramenti, il magistero e la liturgia, vanno vissuti, accolti, come si accoglie l’acqua nel deserto; senza discutere.

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