Nascite creative. Piccolo catalogo del mondo nuovo

bimbi in tazzaIn questo articolo pubblicato sul quotidiano Il Foglio l’elenco delle modalità con cui, oggi, è possibile produrre un essere umano… (L&P)

di Nicoletta Tiliacos (Il Foglio)

Premessa. Il primo essere umano concepito al di fuori di un corpo di donna è l’inglese Louise Brown, venuta al mondo il 25 luglio del 1978. La sua nascita segna la separazione ufficiale tra concepimento “in vivo” e concepimento “in vitro”. Una nuova vita umana è per la prima volta “prodotta” e avviata in un laboratorio: fino a quel momento, le coppie che non riuscivano a procreare potevano far ricorso a pratiche di inseminazione intracorporea, usando il seme dell’uomo della coppia (o di un donatore), dopo aver provocato o meno con farmaci l’ovulazione della donna.

Nel caso di Louise Brown (i cui “padri” scientifici furono il biologo Robert Edwards e il ginecologo Patrick Steptoe),  la fusione del patrimonio genetico di un gamete maschile (spermatozoo) e uno femminile (ovocita) è avvenuta in una provetta. Il procedimento è stato chiamato Fivet (Fertilization in vitro and embryo transfer).

Gli embrioni che si formano nella procedura di Fivet si sviluppano in un terreno di coltura e possono poi essere trasferiti in utero  immediatamente, oppure dopo un periodo di crioconservazione teoricamente illimitato.

Un’importante variante della Fivet è la Icsi, (Intra cytoplasmic sperm injection) che consiste nell’iniezione diretta di un unico spermatozoo (o anche di un suo precursore, nei casi di sterilità maschile grave)  nel citoplasma dell’ovocita.

Oltre alla crioconservazione di embrioni prodotti con la Fivet o con la Icsi, è possibile anche quella di sperma e ovociti. Solitamente si produce un numero elevato di embrioni, se ne trasferisce in utero un numero basso (uno-due) e si congelano gli altri, che potranno essere trasferiti successivamente in utero, ceduti alla ricerca, messi a disposizione di altre coppie, o abbandonati e distrutti, a seconda delle legislazioni dei vari paesi.

Queste tecniche comportano la possibilità di usare embrioni o gameti scongelati anche molti anni dopo la loro “produzione”. E’ il caso della cinquantenne italiana rimasta vedova che ha ottenuto da un tribunale, dopo quattro anni che lo chiedeva, l’autorizzazione a procedere all’impianto degli embrioni che la coppia della quale faceva parte aveva prodotto  nel 1996 e che erano rimasti da allora congelati.

E’ anche il caso delle agenzie che propongono a giovani donne in carriera l’opportunità di congelare gli ovociti da poter usare poi più in là, quando gli obiettivi professionali saranno raggiunti, per provare a fare un figlio.

Singoli o coppie possono anche utilizzare embrioni cosiddetti “abbandonati”. Sono gli embrioni avanzati da pratiche di fecondazione e non più rivendicati da chi li aveva prodotti.

Produrre bambini. Un uomo solo

Un uomo solo può, rivolgendosi ad apposite agenzie,  far fecondare con il proprio seme l’ovocita fornito da una “donatrice”, della quale può anche scegliere le caratteristiche fisiche. L’embrione ottenuto in questo modo sarà poi impiantato nell’utero di una madre surrogata, pagata per portare avanti la gravidanza e per partorire. Il bambino nato in questo modo, nei paesi che consentono la pratica, risulta figlio del padre “committente” e di madre sconosciuta.

Se l’uomo fosse assolutamente sterile può comunque usare sperma di un donatore, magari scegliendo sul solito catalogo caratteristiche fisiche simili alle proprie, e avviare la procedura sopra descritta. In alternativa può usare un embrione già esistente.

La donatrice di ovocita e la madre surrogata possono coincidere (in questo caso c’è un’inseminazione intracorporea) ma questa soluzione appartiene ormai quasi sempre al passato. Oggi si preferisce scindere le funzioni di madre genetica e di madre gestazionale, allo scopo di evitare rivendicazioni da parte della donna che partorisce al momento della nascita del bambino o in seguito. La donna non avrà infatti il patrimonio genetico del bambino partorito, mentre la donatrice di ovocita rimane solitamente anonima.

Produrre bambini. Una donna sola

Una donna sola può ricorrere a vari tipi di acquisto o donazione di sperma. Può ordinare su internet un kit fai-da-te  oppure può ricorrere a una clinica dove effettuare una Fivet con seme di donatore anonimo. Anche in questo caso, può scegliere le caratteristiche fisiche del donatore.

Anche a una donna sola può essere riservato il percorso di semplice committente. In questo caso procede all’acquisto di ovocita, di seme maschile o di embrione già formato e di prestazione di una madre surrogata.

Produrre bambini. Due uomini

Due uomini possono risultare entrambi padri di un figlio senza madre. Si replica lo schema usato per l’uomo solo, con la differenza che esiste una coppia committente formata da due uomini.

Sono sempre necessarie una fornitrice di ovociti e una madre surrogata. Alla nascita, il bambino risulta legalmente figlio dei due padri committenti, nei paesi che già prevedono questa possibilità. Altrimenti, c’è un primo riconoscimento da parte del padre genetico, seguito dall’adozione del partner dello stesso sesso.

Si può chiedere di mescolare lo sperma dei due committenti, per rafforzare l’idea di un figlio di entrambi,  alla pari. Esiste anche la possibilità di usare un donatore di sperma – un terzo uomo, rispetto ai due committenti – se fossero entrambi sterili. In alternativa si possono fecondare più ovociti, di donne diverse o della stessa donatrice, in parte con lo sperma di uno e in parte con quello dell’altro, e impiantarli in successive pratiche di maternità surrogata. Oppure si possono impiantare gli embrioni con un padre genetico in una donna, gli altri in un’altra e procedere così a due contemporanee gravidanze surrogate. I bambini, che nascono a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, risultano fratelli genetici se gli ovociti provengono dalla stessa donatrice.

Produrre bambini. Due donne

Due donne possono risultare entrambe madri di un figlio senza padre. Una delle due può farsi inseminare con sperma di donatore anonimo, oppure può ricorrere alla fecondazione in vitro con successivo impianto. Alla nascita, in alcuni dei paesi dove è previsto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, il figlio può risultare legalmente figlio di due madri. Altrimenti, dopo l’attribuzione di maternità alla donna che ha materialmente partorito, la partner può chiedere di adottare il nato, e risulta a sua volta madre legale.

Una variante molto praticata prevede che una delle due donne fornisca l’ovocita da fecondare con sperma di donatore anonimo e l’altra si faccia impiantare l’embrione così ottenuto. La divisione dei compiti è pensata per assegnare a ciascuna delle due donne una parte di maternità: genetica per una, gestazionale per l’altra.

E’ anche possibile ricorrere, sempre per la coppia di donne, a una donatrice di ovociti esterna e anche a una madre surrogata esterna alla coppia, se esistono problemi di infertilità non altrimenti aggirabili per la coppia di donne committenti.

Produrre bambini. Un uomo e una donna

Un uomo e una donna possono a loro volta avere, tramite fecondazione artificiale, figli del tutto o in parte geneticamente a loro estranei. Il caso più ovvio è quello di un fornitore anonimo di sperma o di una fornitrice di ovociti (fecondazione eterologa), a seconda che l’infertilità sia legata all’uomo o alla donna che compongono la coppia committente.

Può darsi anche il caso della doppia eterologa, quando l’embrione è ottenuto sia con sperma sia con ovocita estranei alla coppia, nel caso che entrambi i componenti presentino problemi di infertilità. L’embrione ottenuto (con materiale del tutto o in parte estraneo alla coppia) si impianta nell’utero della donna appartenente alla coppia. Il caso equivale in concreto all’uso di un embrione già esistente.

La coppia può anche decidere di far impiantare l’embrione ottenuto dal loro materiale genetico nell’utero di una madre surrogata, che alla nascita consegna il figlio ai committenti: è il figlio genetico con gravidanza “esternalizzata”.

Un altro caso possibile è quello dell’embrione ottenuto dallo sperma del committente e da un ovocita fornito da una donatrice (o di un embrione già formato) che viene impiantato nell’utero di una madre surrogata. Anche in questo caso, alla consegna del bambino, figura come madre la donna che fa parte della coppia committente, e che in questo caso non ha partecipato in alcun modo al concepimento e alla nascita.

Oppure, l’ovocita della donna che fa parte della coppia committente è fecondato con sperma estraneo alla coppia (se l’uomo della coppia è infertile) e impiantato nell’utero di una madre surrogata.

Produrre bambini. Gli apporti famigliari

In tutte le tipologie sopra elencate (uomo sola, donna sola, due uomini, due donne, un uomo e una donna) nell’ottenimento dell’embrione e nella gestazione possono essere implicati vari componenti della famiglia d’origine di coloro che figureranno come genitori legali. Tutti i casi citati di seguito si sono verificati, e la European Society of Human Reproduction and Embryology ha ritenuto di dover intervenire di recente con un documento per sottolineare i problemi che queste pratiche possono comportare dal punto di vista legale.

La figlia di una donna non più fertile  che desidera un figlio dal nuovo partner può portare avanti la gravidanza e partorire per conto della madre; accetta l’impianto dell’embrione ottenuto da un ovocita proprio (oppure fornito da donatrice anonima) e dallo sperma del partner della madre.

Una donna ancora in grado di portare avanti una gravidanza offre il proprio utero per la figlia che non potrebbe invece né avere una gestazione né partorire (nel caso in cui, per esempio, abbia subito l’asportazione dell’utero ma non delle ovaie). Nel caso di sterilità assoluta della figlia, la madre può anche donare i  propri ovociti, se è ancora fertile.

Una donna sterile può far fecondare in vitro con il seme del proprio partner l’ovocita donato dalla propria sorella, e farsi impiantare l’embrione così ottenuto. Il nato sarà figlio genetico della sorella donatrice e figlio gestazionale e legale della donna e di suo marito.

Le pratiche di donazione di ovociti e di maternità surrogata descritte per la coppia madre-figlia possono valere anche tra sorelle.

Una donna in grado di portare avanti una gravidanza offre il proprio utero per ospitare l’embrione ottenuto dal seme del figlio omosessuale e  da un ovocita donato.

Una donna non più fertile, sposata con un’altra donna, può chiedere al proprio fratello di fornire lo sperma per fecondare la compagna. Il bambino nato in questo modo risulta  figlio legale delle due donne, nonché dotato del patrimonio genetico di entrambe le famiglie delle donne in coppia. Lo zio-padre genetico ha un ruolo affettivo ma non un ruolo genitoriale riconosciuto.

Una donna può fornire al fratello un ovocita da fecondare con lo sperma del partner di lui, prima dell’impianto nell’utero di una madre surrogata. Anche in questo caso, si ottiene un bambino con patrimonio genetico di entrambe le famiglie degli uomini in coppia. La sorella può anche essere fornitrice di ovociti e madre surrogata.

Produrre bambini. Il caso dei transgender

Il caso finora più famoso è quello del transgender americano Thomas Beatie, noto impropriamente come il “primo uomo incinto” e nato femmina nel 1974. Nel 2002, dopo aver deciso di cambiare sesso, si fa asportare il seno e comincia una cura di testosterone, ma conserva gli organi riproduttivi, che rimangono quelli di una donna. Diventato maschio per lo stato civile e sposato con una donna (alla quale, dopo due figli avuti con un primo marito, erano stati asportati utero e ovaie), Beatie decide nel 2008 di interrompere il testosterone e da allora ha avuto  tre figli concepiti con l’inseminazione artificiale. Ormai maschio all’anagrafe, risulta aver partorito tre volte.

Si sta diffondendo la pratica  di congelare i gameti prodotti prima del cambio di sesso, e cioè lo sperma per uomini che vogliono diventare femmine e gli ovociti per le donne che si accingono a diventare maschi.

Una donna che decide di cambiare sesso può congelare una parte dell’ovaio che le sarà asportato, nella prospettiva di poter fertilizzare un giorno gli ovociti con lo sperma di un donatore e di poter impiantare nell’utero della compagna gli embrioni così ottenuti. Il transgender ex donna può così diventare genitore genetico del nato, mentre la compagna sarebbe la madre gestazionale.

Un uomo che decide di cambiare sesso può seguire lo stesso procedimento congelando il proprio sperma, con il quale poter eventualmente fecondare un ovocita “donato”, per poi ricorrere, con un’altra donna, a una maternità surrogata.

Produrre bambini. I gameti artificiali

Nel dicembre 2014 è stata annunciata dalla rivista americana Cell la produzione in laboratorio di precursori di spermatozoi e ovociti umani, ottenuti a partire da cellule della pelle. E’ il primo passo verso la produzione di spermatozoi e di ovociti “artificiali” creati in vitro, che potrebbe consentire a persone completamente sterili di avere i propri gameti con cui ottenere figli senza ricorrere a donatori.

Corollario della tecnica, la possibilità teorica di ottenere sia ovociti sia spermatozoi dalla pelle di un maschio (dotato di cromosoma XY, mentre per le femmine è XX). Due maschi potrebbero un giorno avere un figlio genetico di entrambi, ottenuto da un embrione – impiantato in un utero in affitto – dove uno partecipa con lo spermatozoo e l’altro con un ovocita artificiale creato in laboratorio a partire dalla propria pelle. E ancora, un maschio potrebbe ottenere un figlio usando sia spermatozoo sia ovocita artificiali ottenuti a partire dalla propria pelle.

Quali bambini produrre

Il trasferimento degli embrioni in utero può essere preceduto da diagnosi e screening preimpianto, per verificare l’esistenza di anomalie nel patrimonio genetico degli embrioni, selezionare quelli esenti da tali anomalie e trasferirli in utero. L’accesso a tali tecniche, e il tipo di test genetici ammessi, varia da paese a paese.

La diagnosi preimpianto può essere ed è già usata per determinare il sesso del nascituro, allo scopo scegliere tra gli embrioni da impiantare quelli del sesso desiderato, scartando gli altri.

Una coppia non sterile portatrice di disordini genetici – come per esempio talassemia o fibrosi cistica – può chiedere la fecondazione in vitro con selezione embrionaria per scegliere gli embrioni che non saranno affetti da quei disordini genetici, e destinare solo questi all’impianto in utero.

Coppie normalmente fertili possono usare la fecondazione in vitro allo scopo di selezionare, tra più embrioni prodotti, quello indenne da predisposizione (non certezza) a certe malattie. Per esempio si possono individuare embrioni portatopri di geni Brca1 e Brca2, laddove siano presenti nel profilo genetico di uno dei due genitori (fattore di rischio aumentato per certi tipi di tumore al seno per le femmine e all’intestino per i maschi).

Si definisce “bambino-farmaco” quello selezionato in vitro in modo che le sue caratteristiche genetiche possano essere compatibili con un fratello malato, allo scopo di fornirgli  tessuti da trapianto, come il midollo spinale. Gli incompatibili, ancorché sani, sono destinati all’eliminazione.

La diagnosi genetica preimpianto può essere ed è di fatto utilizzata non solo per escludere ma anche per destinare all’impianto gli embrioni portatori di alcune disfunzioni. In America, una coppia di lesbiche, entrambe sorde a causa di una disfunzione genetica, ha chiesto e ottenuto, nelle pratiche di Fivet intraprese per fare un figlio con sperma di un donatore, che questo fosse a sua volta sordo. E’ stato infatti scelto e impiantato un embrione portatore di quella stessa disfunzione. L’idea è di  “condividere la stessa cultura e gli stessi sistemi di comunicazione” con il figlio.  E’ accaduto anche con coppie di persone affette da nanismo, che hanno chiesto e ottenuto di utilizzare, tra gli embrioni prodotti, quelli affetti dallo stesso disordine genetico. Si calcola che negli Stati Uniti questi casi di “eugenetica al contrario” riguardino circa il tre per cento di tutte le richieste di diagnosi preimpianto.

La Gran Bretagna ha appena autorizzato la sperimentazione per far nascere bambini con il patrimonio genetico di tre persone, un uomo e due donne. La  tecnica, che in teoria dovrebbe eliminare alcune malattie ereditarie dovute a mutazioni del Dna contenuto nei corpuscoli cellulari chiamati mitocondri, prevede  il trasferimento del nucleo dell’ovocita di una donna (portatrice di malattie ereditarie dei mitocondri) a quello di un’altra (sana). I contributi femminili al Dna sono quindi due e dopo la fecondazione, con il patrimonio genetico del maschio, si ha un embrione con il Dna di tre persone. Si tratta di una mutazione del Dna destinata a trasmettersi nelle generazioni successive, e dato che gli  esseri umani ereditano il Dna mitocondriale dalle madri, si è pensato per questo di far nascere con questa tecnica solo maschi.

Moltiplicazione dei genitori

Nella generazione di un bambino possono essere oggi implicate fino a cinque persone: la coppia committente, un donatore di sperma, la donatrice di ovocita e la donna che porta avanti la gravidanza e partorisce. Nel caso del figlio con Dna di tre genitori, alla voce “ovocita”, dove ora c’è una donna, se ne potrebbero contare due, se l’ovocita usato fosse il risultato di quella tecnica.

In Australia c’è un progetto per arrivare a una legge che riconosca più di due genitori legali dello stesso figlio, in considerazione della parcellizzazione legata alle tecniche di fecondazione artificiale e alle nuove configurazioni famigliari che ne derivano. Se ne è discusso anche in Francia, nell’ambito dei lavori che hanno preceduto la presentazione di un rapporto sulle modificazioni della famiglia, senza arrivare tuttavia a una proposta di legge.

fonte: Il Foglio

 

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Autore: Libertà e Persona

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