Expo, questione di ecologia. Umana.

libro terra e ciboCi siamo. Al di là delle polemiche (e di qualche tresca), l’Expo di Milano sta per partire. Da maggio a ottobre, nel mega quartiere di Rho-Pero, circa 145 paesi del mondo si daranno appuntamento sul tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ci sarà anche la Santa Sede, che ha scelto il titolo “Non solo pane. Alla tavola di Dio con gli uomini”.

Si prospetta un mega luna park sui temi del cibo, dell’ambiente, le biotecnologie e l’uso responsabile delle risorse, ma anche sulle mode alimentari, un po’ di turismo e una spruzzatina di spettacolo. Il rischio è quello di farne un festival di Gaia, la divinizzazione della madre terra.

Il Pontificio consiglio Giustizia e Pace ha pubblicato un libro – Terra e Cibo (LEV) – che mette al riparo da possibili derive, perché, innanzitutto, parla di agricoltura. Cioè di un settore produttivo che non deve essere confuso con qualche bucolica nostalgia, stile “scappo dalla città (la vita, l’amore , le vacche)”, ma deve essere considerato un settore che ha a che fare con la scienza, l’economia, la sociologia e, perchè no, anche la fede.

L’agricoltura sta al centro di Expo (e non solo) per ragioni che sono perfino ovvie. “E’ strettamente connessa alla sopravvivenza dell’umanità, al suo sviluppo e a molti aspetti della vita”, si legge nel libro del Pontificio consiglio. E’ anche il settore che ha registrato la sconfitta di Thomas Malthus e tutti i suoi nipotini, perché la crescita della capacità produttiva agricola ha sostenuto l’incremento demografico. Contrariamente alle infauste e mortifere previsioni del prete anglicano.

La popolazione dopo il 1800 è cresciuta a ritmi mai conosciuti prima nella storia. In circa 200 anni, dal 1800 al 2000, è cresciuta 6 volte, mentre in 800 anni, dal 1000 al 1800, era cresciuta solo di 4. Negli ultimi decenni la produzione agricola, intesa in senso ampio, è aumentata di circa 10 volte.

Il fattore che ha fatto la differenza è quello umano, la capacità di ingegnarsi per risolvere i problemi e innovare le proprie conoscenze e tecnologie. Basti pensare a cosa hanno rappresentato le scoperte della chimica, della meccanica, della genetica, applicate alla coltivazione e all’allevamento.

Questo, tra gli anni ’60 e gli anni ’90, ha permesso anche una riduzione del numero delle persone che soffrono la fame, ma nel mondo ci sono ancora 805 milioni di persone sottoalimentate. “Nonostante che nel mondo si producano generi alimentari sufficienti per tutti – diceva Giovanni Paolo II nel 1991 – centinaia di milioni di persone soffrono la fame”. Questa parola è ancora vera, soprattutto in Asia e in Africa. Come è possibile?

Con coraggio il Pontificio consiglio Giustizia e Pace rivolge lo sguardo agli organismi internazionali che dovrebbero svolgere attività di coordinamento politico-economico, un lavoro ritenuto “in parte insoddisfacente”. Il mercato agroalimentare, infatti, è una realtà molto complessa che coinvolge diversi livelli politici e sociali, dai governi, ai sindacati, alle associazioni, alle imprese, poi ci sono gli intermediari, gli investitori e, infine, i consumatori finali. Insomma, non si può “fingere di credere che la situazione migliorerà da sola (…) purtroppo, come diceva Benedetto XVI, è eclatante la mancanza di una volontà decisa per concludere negoziati e per frenare gli egoismi di Stati e di gruppi di Paesi”.

Negli ultimi anni si è aggiunta anche la questione della speculazione, i “derivati” hanno fatto la loro comparsa nel mercato dei beni agroalimentari. Questi prodotti finanziari, che in determinate condizioni possono anche essere un fattore di equilibrio del mercato, quando diventano meri “strumenti” speculativi, provocano una grande volatilità dei prezzi che fa sentire i suoi effetti negativi.

Vi sono poi una serie di fattori strutturali che incidono sul mancato sviluppo, la scarsa formazione degli operatori, la difficoltà nei trasporti, la scarsità di servizi sociali (scuole e ospedali), l’acceso al credito. A ciò possiamo aggiungere il recente fenomeno del land grabbing per cui, dopo la fiammata dei prezzi agricoli del 2008, molti Governi (tra cui i paesi arabi ricchi di petrolio e la Cina) si sono lanciati nell’acquisto di migliaia di ettari nelle regioni più povere della Terra, creando anche situazioni sociali difficili.

Per tutte queste ragioni, e molte altre, bisogna riconoscere che non può essere solo il costante aumento della capacità produttiva agricola a risolvere i problemi. Come diceva Benedetto XVI questo sarebbe “indice di una ristrettezza di vedute e può condurre a soluzioni errate”, tuttavia l’innovazione scientifico-tecnologica non deve essere aprioristicamente condannata. E’ il caso delle piante OGM per cui, giustamente, la Santa Sede mantiene un atteggiamento che non è di chiusura, ma rimanda, come ha detto il Card. Turkson, alla “guida di un’etica profondamente responsabile”. Perchè “tutto ciò che ha a che fare con bios, con la vita, deve essere maneggiato con rispetto”.

D’altra parte anche il problema della salvaguardia ambientale viene affrontato nello stesso orizzonte. “Come possiamo tutelare gli oceani inquinati – ci si chiede in “Terra e cibo” – se la prima delle ecologie – quella del corpo umano – è disprezzata e minacciata?” E ancora: “Quale associazione ambientalista può veramente credere che una società che tollera l’aborto, sia veramente disposta a proteggere animali in via d’estinzione?” Il problema, infatti, è che non si tratta di “love is love”, e nemmeno di Gaia, ma di bios, di vita.

E’ come il chiodo a cui attaccare tutto il resto, se si sfila quello, non resta nulla. E’ quella “ecologia dell’uomo” di cui ha parlato Benedetto XVI e che ha riproposto anche Papa Francesco. «Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo umano, quando c’è ignoranza dei pilastri fondamentali che governano una nazione, i suoi beni immateriali», e cioè la vita, la famiglia, l’educazione e la salute. Non soltanto salute del corpo, ma anche spirituale. Perchè “non di solo pane vivrà l’uomo”.

“L’annuncio di Cristo – si legge al n°8 dell’enciclica Caritas in Veritate – è il primo e principale fattore di sviluppo”, perché alzando gli occhi al cielo e riconoscendo il Creatore può diventare possibile “custodire” il Creato come un dono ricevuto. E può diventare possibile guardare il prossimo come a un fratello. L’agricoltore può insegnarcelo, quando mette il seme è consapevole che non tutto dipende dalle sue forze, c’è un Altro senza il quale quel seme non può germogliare.

Per nutrire il pianeta e dare energia per la vita c’è una proposta alternativa: ora et labora. (La Croce quotidiano, 20/03/2015)

 

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