Giornata per la vita, le cifre del dolore

vitadi Renzo Puccetti (La Nuova BQ)

Oggi è il giorno che la Chiesa dedica alla giornata per la vita. Questa del 2015 è la 37ª edizione, la prima fu nel 1978, anno d’introduzione della legge 194 che in Italia rese l’aborto su richiesta della donna legale e gratuito. È al contempo luminoso e tragico l’interrogativo che i vescovi hanno rivolto nel loro messaggio per questa giornata: “Che mondo lasceremo ai figli, ma anche a quali figli lasceremo il mondo?”. Mi ha sempre colpito il messaggio che il cardinale Bernardin di Chicago, quello che l’abortista presidente USA Obama cita tra le sue figure fonte d’ispirazione, dette in occasione della conferenza della Seamless garment(la tunica senza cuciture) alla Fordham University il 6 dicembre 1983 riguardo alla necessità di costruire una “consistent ethic of life” (coerente etica della vita). In qualche modo faccio mia la prospettiva di quel prelato considerato “open mind” (di mentalità aperta) dall’intellighenzia liberal americana.

Vi sono molte giornate: dei migranti, della pace, della memoria; tutte hanno al centro la difesa della dignità e inviolabilità della vita umana. Sappiamo che la violazione del bene primario della vita innocente è antica come la storia dell’uomo, il racconto biblico narra che essa inizia con Caino. La potenza mediatica di cui disponiamo ci rimanda continuamente notizie da tutto il globo di violazioni che suscitano orrore, sgomento, riprovazione. C’è però una forma che non solo è silenziata, non solo non indigna né la pubblica opinione, né, come mostrano tutte le rilevazioni, la maggioranza dei cattolici, persino quelli regolarmente praticanti, ma che addirittura riceve sostegno, approvazione, condivisione. È la soppressione dell’essere umano nei suoi primi nove mesi di vita, quando ancora si trova ad essere nel corpo della madre (o nella piastra di coltura nelle procedure di fecondazione artificiale dove la mortalità è del 94%).

Non ho assistito neppure ad una sola puntata di Porta a Porta in cui Bruno Vespa facesse vedere un modellino di un bambino abortito. Dicono che mostrare immagini dei resti umani dopo un aborto sia trash, dicono sia una violenza, una leggerezza che può persino costarti il posto di lavoro. Eppure immagini di barconi affondati, vittime di bombardamenti, di boia sgozzatori e lapidatori, di genocidi sono patrimonio di TG e programmi di approfondimento regolarmente mostrati nelle case degli italiani a grandi e piccini; eppure giustamente intere scolaresche sono condotte ad Auschwitz per vedere e non dimenticare. Ma per le vittime degli ambulatori abortivi non è così: censura delle immagini, delle parole, dei numeri.

Prima che qualche misericordioso evoluzionista dottrinale si cimenti anche in questo ambito, vorrei ricordare che l’essere umano ha diritto alla vita sin dal concepimento e fino alla morte naturale. Vorrei ricordare che negare quel diritto è un “abominevole delitto”. È insegnamento di sempre della Chiesa, ribadito da tutti i Papi, dai padri conciliari e dai Santi. Mi pare quindi giusto, opportuno e doveroso dare in questa giornata la misura quantitativa della sanguinaria violazione di questo basilare diritto umano accostandola a quanto invece oggetto di costante attenzione nell’arena mediatica e omiletica.

L’Agenzia ONU per i rifugiati calcola che nel Mediterraneo sono morti nell’anno appena trascorso 3.419 migranti tentando di raggiungere le coste europee. Gli aborti in Italia nel 2013 sono stati 102.644, un numero trenta volte più grande. Dal 1978 al 2013 sono stati 5.538.322 i figli abortiti legalmente in Italia, l’equivalente degli abitanti di sei regioni: Trentino, Umbria, Marche, Abruzzi, Molise, Basilicata.

Secondo la rivista scientifica “The Lancet i bambini che annualmente muoiono entro i cinque anni per cause collegate alla malnutrizione sono tre milioni e centomila. Ma altri bambini muoiono prima dei cinque anni e senza che neppure sia stato dato loro il tempo di diventare denutriti: sono i quarantaquattro milioni di bambini abortiti, ottantaquattro al minuto, una cifra quattordici volte più alta del numero spaventoso di morti per fame.

Uomini e donne di ogni età muoiono a causa delle guerre. Matthew White ha scritto un libro intitolato “Il libro nero dell’umanità. La cronaca e i numeri delle cento peggiori atrocità della storia”. L’autore ha calcolato che a partire dalla seconda guerra Persiana nel 480 a.C. fino alla seconda guerra nel Congo terminata nel 2002, sono  445 milioni gli esseri umani morti a causa di tutte le guerre. Il numero degli aborti effettuati negli ultimi quarant’anni nel mondo è pari a un miliardo e settecentoventi milioni. L’aborto ha fatto in 40 anni quattro volte più morti di 2.482 anni di guerra.

Nei sei anni e mezzo intercorsi tra la notte dei cristalli e la resa, la bestialità nazista fece scempio di sei milioni di esseri umani “colpevoli” di essere di stirpe ebraica. “Untermensch” (creatura sub-umana), era il modo con cui chiamavano il giudeo. Nelle 27 nazioni che formano l’Europa nel solo 2008 gli esseri umani soppressi con l’aborto sono stati oltre un milione e duecentomila (Sociology Mind, 2012). L’industria dell’aborto europea “tratta” un volume del 30% maggiore rispetto a quella dell’olocausto. Li chiamano “grumi di cellule”.

Chi aiutò a sottrarsi alla mattanza nazista viene oggi chiamato “giusto tra le Nazioni” e giustamente Oscar Schindler e Giorgio Perlasca sono eroi celebrati dalla settima arte. Paola Bonzi, Serena Taccari, Sabrina Paluzzi, Flora Gualdani e i volontari dei Centri Aiuto alla Vita che ogni giorno salvano esseri umani sono invece additati quali pericolosi e violenti integralisti a cui si dovrebbe inibire l’accesso ad ospedali, scuole, sale e strade. Lodano la coscienza di Antigone e di tutti coloro che violarono la legge per servire la giustizia, ma la coscienza mia e di tutti i medici obiettori all’aborto vorrebbero fosse ripagata col licenziamento e poi l’interdizione all’esercizio stesso della medicina.

Ora, ditemi voi, davanti a tutto questo, cosa c’è di più nobile che potere raccontare ai nostri figli e nipoti che nel 37º anno di barbarie, con pochissimi mezzi, ma tanto ardore, combattevamo per la civiltà, la speranza e la vita?

fonte: La Nuova BQ

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Autore: Libertà e Persona

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