Sui nuovi cardinali spira forte il vento del Sud

vento cardinaliCapo Verde, Panama, Thailandia, Isola di Tonga. Spira forte il vento delle periferie, o anche un vento del Sud, quello su cui volano le nomine cardinalizie per il concistoro del 14 febbraio prossimo. L’annuncio da parte del Papa è stato dato all’Angelus di domenica scorsa, molte neo-porpore lo hanno imparato in diretta. Gli Stati Uniti rimangono al palo e altre sedi cardinalizie tradizionali, ad eccezione di Lisbona, sono ancora a becco asciutto.

In tutto saranno 15 le nuove berrette rosse sotto gli ottant’anni, un po’ di più dei 12 posti disponibili. Vengono dai cinque continenti e da 13 nazioni, ben 9 di queste chiese non avevano mai avuto un cardinale. Tra queste ci sono anche Ancona-Osimo e Agrigento, le uniche due nomine italiane, per cui riceveranno la berretta il settanticinquenne monsignor Menichelli, che aveva già inoltrato lettera di pensionamento, e Francesco Montenegro, il vescovo dei migranti.

Con il concistoro di febbraio, per qualche mese, avremo quindi 125 cardinali elettori, ben 31 nominati da Papa Francesco in neanche due anni; un bel numero considerando che in otto anni Benedetto XVI ne ha nominati circa ottanta. Il vento del Sud spazza a grande velocità.

Come si legge nella nota diffusa da P. Federico Lombardi, capo della Sala Stampa vaticana, nelle scelte del papa emerge il criterio della “universalità”, il vento delle periferie, per dirla con un linguaggio caro al pontefice. Alla folla presente in piazza S.Pietro il Papa ha ricordato che “provenienti da 13 nazioni di ogni continente”, i nuovi cardinali “manifestano l’inscindibile legame fra la Chiesa di Roma e le Chiese particolari presenti nel mondo.”

L’unico curiale nominato è monsignor Dominique Mamberti, prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica, che recentemente ha sostituito il cardinale Burke, dirottato all’Ordine di Malta. Anche in questo caso sembra proseguire la linea di papa Bergoglio, ossia una riduzione delle berrette rosse presenti in curia che, tra l’altro, si incrocia con la riforma in corso della curia stessa. Proprio di questa riforma si parlerà durante la riunione di tutti i cardinali prevista nei giorni del 12 e 13 febbraio.

Prosegue quindi il rinnovamento di Papa Francesco secondo una linea che molti attribuiscono direttamente ad una sua spiccata sensibilità, il che probabilmente è anche vero, ma che trova le sue radici nel conclave. Cioè, detto in altri termini, papa Bergoglio sta semplicemente facendo quello per cui è stato eletto.

Lo dice il prof. Andrea Riccardi sul Corriere, ma si comprende bene anche leggendo le pagine del discusso libro (“Tempi di misericordia”, Mondadori) di Austin Ivereigh, ex portavoce del cardinale Murphy O’Connor.

Come scrisse l’arcivescovo di New York Timoty Dolan, pubblicando le sue memorie sul conclave, «sapevamo che il mondo aspettava l’elezione di un pontefice che introducesse alcune importanti riforme da realizzare al più presto all’interno della Chiesa». Sembra trascorso un secolo, in realtà sono appena due anni, ma allora la Chiesa era travagliata da diversi scandali, quello di Vatileaks, la corruzione finanziaria, il caso IOR e la tragedia della pedofilia nel clero.

Un altro americano, il cardinale di Boston O’Malley, ha scritto: «Eravamo tutti pressoché certi che ci sarebbero stati straordinari cambiamenti e un nuovo modo di guardare alla curia, con una maggiore collegialità».

Ivereigh nel suo libro scrive che durante il conclave 2013 “gli unici difensori dello status quo erano di fatto i cardinali curiali, convinti che essi soli fossero qualificati per curare il malessere vaticano.” Perfino il Card. Pell, oltre a un meno inaspettato cardinale Coccopalmerio, tuonava per una riforma della curia e della necessità che il papa consultasse prelati fuori dell’ambito romano.

Nel suo discorso alla congregazione del 7 marzo 2013, quello che avrebbe fatto convolare su di lui molti voti, il card. Bergoglio parlò appena 3 minuti e mezzo esprimendo sostanzialmente un unico concetto: “la Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie”. D’altra parte, come ha ricordato Andrea Tornelli, incontrando i superiori religiosi circa un anno fa, Papa Francesco ha detto che “i grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro, ma dalla periferia».

Ce n’è a sufficienza per dire che le recenti nomine cardinalizie vanno esattamente nella direzione per cui Bergoglio ha preso la maggioranza dei voti nel conclave del 2013.

I nuovi cardinali, oltre che venire dalla “periferia”, sono prelati che hanno una certa vicinanza con il sentire di Francesco. L’attuale vescovo di Agrigento, il messinese Montenegro, è stato presidente della Caritas Italiana dal 2003 al 2008, è presidente della Fondazione Migrantes e presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni. Nel venerdì santo del 2014 il suo intervento è stato molto forte a proposito dei migranti. “La verità – disse – è che continuiamo a rinchiuderci nei nostri fortini di solitudine e nei recinti sicuri che ci riparano da chi non è come noi. Anche da noi va diffondendosi il contagio della “globalizzazione dell’indifferenza”. Edoardo Menichelli, vescovo di Ancona, invece, è stato tra i padri sinodali dell’ottobre scorso; a Radio Vaticana dichiarò che “pastore non significa accontentare tutti, ma educare, accogliere, accompagnare e invitare alla conversione profonda del cuore.(…) In obbedienza alla Verità e nell’esercizio della Misericordia.” Tuttavia, secondo quanto scrive l’ottimo Sandro Magister, Menichelli sui temi caldi del sinodo avrebbe posizioni piuttosto aperte, sia per quanto riguarda l’accesso all’eucaristia per i divoriziati risposati, sia per l’accoglienza delle coppie omosessuali.

Per quanto riguarda il sinodo sulla famiglia, tra i vari nominati “quasi dalla fine del mondo” emerge l’arcivescovo neozelandese John Dew Atcherley. Nel 2005, partecipando al sinodo sull’eucaristia, si era lanciato nella proposta della comunione ai divorziati risposati. “Le nostre Chiese – disse in quell’aula sinodale – verrebbero arricchite se potessimo invitare i cattolici impegnati attualmente esclusi dal’Eucaristia a ritornare alla mensa del Signore. Vi sono coloro il cui primo matrimonio è finito in modo triste. (…) Vi sono cattolici sposati con persone battezzate in altre fedi cristiane. (…) Questo Sinodo deve avere un approccio pastorale. Dobbiamo trovare modi per includere quanti hanno fame del Pane di Vita.”

In generale quindi possiamo dire che le nomine del prossimo concistoro fanno parte di quei nuovi sguardi periferici, emersi nel conclave, che sarebbero necessari alla riforma delle strutture della Chiesa, sia per ciò che riguarda direttamente la curia romana, sia la questione spinosa del modo di esercizio della collegialità. E forse anche necessari per quel nuovo approccio pastorale che Papa Francesco sembra voler portare avanti con molta determinazione. Era questo che si aspettavano i cardinali che lo votarono nel marzo 2013?

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Questa la lista dei vescovi nominati: 

Dominique Mamberti, Prefetto della Segnatura apostolica,

Manuel José Macário do Nascimento Clemente, patriarca di Lisbona (Portogallo).

Berhaneyesus Demerew Souraphiel, arcivescovo eparchiale di Adiss Abeba (Etiopia).

John Atcherley Dew, arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda).

Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo (Italia).

Pierre Nguyên Văn Nhon, arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam).

Alberto Suárez Inda, arcivescovo di Morelia (Messico).

Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon (Myanmar).

Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok (Thailandia).

Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento (Italia).

Daniel Fernando Sturla Berhouet, arcivescovo di Montevideo (Uruguay).

Ricardo Blázquez Pérez, arcivescovo di Valladolid (Spagna).

José Luis Lacunza Maestrojuán, vescovo di David (Panamá).

Arlindo Gomes Furtado, vescovo di Santiago de Cabo Verde (Arcipelago di
Capo Verde).

Soane Patita Paini Mafi, vescovo di Tonga (Isole di Tonga).

 

E questi gli ultraottantenni (cioè cardinali che non entrano in un eventuale conclave):

José de Jesús Pimiento Rodríguez, arcivescovo emerito di Manizales.

Luigi De Magistris, arcivescovo titolare di Nova, Pro-Penitenziere maggiore
emerito.

Karl-Joseph Rauber, arcivescovo titolare di Giubalziana, nunzio apostolico.

Luis Héctor Villalba, arcivescovo emerito di Tucumán.

Júlio Duarte Langa, vescovo emerito di Xai-Xai.

 

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